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Incidente vicino Roma, scuolabus si ribalta a Rocca di...

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Incidente vicino Roma, scuolabus si ribalta a Rocca di Papa: contusi autista e due bimbi

E' accaduto mentre il pulmino percorreva una curva in via San Sebastiano

Scuolabus ribaltato a Rocca di Papa, in provincia di Roma

Uno scuolabus si è ribaltato su un fianco questa mattina mentre percorreva una curva in via San Sebastiano a Rocca di Papa, in provincia di Roma. Contusi l'autista e due bambini.

Sul posto intervenuti i Carabinieri della locale Stazione e della Sezione Radiomobile di Frascati, insieme ai Vigili del Fuoco e al personale medico del 118. Nel veicolo, al momento dell'incidente, erano presenti l'autista, un assistente e cinque bambini di 12 anni. L'autista e due bambini, rimasti contusi, sono stati portati in ospedale per accertamenti. In corso i rilievi del sinistro da parte dei Carabinieri.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

“Putin vuole distruggere l’Occidente e durare...

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"Negli ultimi due anni l'Europa ha dormito, non ha capito che doveva immediatamente concentrare tutti i suoi sforzi sull'industria militare"

Mikhail Khodorkovsky

A margine di una tavola rotonda organizzata da Ecfr, European Council on Foreign Relations, l'Adnkronos ha intervistato Mikhail Khodorkovsky, un tempo l'uomo più ricco di Russia, oggi dissidente in esilio e oppositore del regime putiniano.

A 32 anni acquisisce, con i metodi opachi dell'era Eltsin, il gigante del petrolio Yukos, che sarà poi ri-nazionalizzato, con i metodi brutali dell'era Putin: nel 2003 Khodorkovsky viene arrestato per frode fiscale e passerà 10 anni in prigione sulla base di condanne che ha sempre considerato politicizzate e manovrate dal Cremlino. Amnistiato nel 2013, da allora vive a Londra e gira per università, think tank ed eventi pubblici con l'obiettivo di costruire una coscienza democratica nei suoi concittadini. La ricetta è condensata nel libro pubblicato l'anno scorso 'Come uccidere un drago': per lui la Russia può essere o unita o democratica, dunque propone di passare dal presidenzialismo a un sistema parlamentare e dal centralismo al federalismo. Eppure la frammentazione che è seguita al crollo dell'URSS negli anni '90 non è stata sicuramente sinonimo di stabilità o democrazia.

"Guardi, a parte un po' di confusione e il caso estremo della Cecenia, in quegli anni la situazione non è stata così drammatica. In una Russia federale ci sarebbero diversi sistemi politici: alcune regioni, tra cui Mosca, San Pietroburgo, Novosibirsk, diventerebbero delle democrazie piene, simili a quelle europee. Mentre altri avrebbero sistemi meno democratici, delle autocrazie 'leggere', ma sicuramente meno distruttive di quella attuale".

Si diceva che Putin lo avesse graziato in cambio della promessa di non occuparsi di politica, ma quando glielo chiedo reagisce seccato: "Non ho mai detto una cosa del genere e lo stesso Putin l'ha negata. Possibile che tutti gli altri credano a questa storia?". Vista la fine che hanno fatto altri dissidenti, non ha paura di conseguenze su di sé o sulla sua famiglia? "Nelle dittature, chiunque è in pericolo. Soprattutto dopo tanti anni i dittatori diventano più insicuri e più aggressivi con gli oppositori. Ma io non cerco ruoli politici in Russia, sono un manager che studia e prova a fare il suo dovere civico. Se Putin domani volesse farmi fuori, dovrebbe rinunciare a far fuori qualcun altro che magari in questo momento è più insidioso per lui".

Putin ha due obiettivi: mantenere il potere più a lungo possibile, "anche per altri 15 anni", e indebolire l'Occidente, con la propaganda, i sabotaggi, la minaccia nucleare. Una strategia cinese "dei mille tagli", un processo lento ma inesorabile per introdurre e rafforzare i problemi sociali, politici ed economici. Così da costringere Europa e Stati Uniti a chiudersi in loro stessi e abbandonare velleità globaliste. "Eppure negli ultimi due anni l'Europa ha dormito, non ha capito che doveva immediatamente concentrare tutti i suoi sforzi sull'industria militare per sostenere lo sforzo ucraino, che ora è davvero al limite. Soprattutto quando parliamo di droni, la superiorità russa è impressionante. Solo adesso vi state muovendo, meglio tardi che mai. Certo, per me è inspiegabile che Macron, dopo il suo giusto discorso sulla capacità di Putin di distruggere l'Europa, mandi il suo rappresentante all'inaugurazione presidenziale a Mosca".

Altra fissa del potere putiniano è la contrapposizione con gli Stati Uniti, unici considerati in grado di fermare il suo disegno. "Basti pensare allo scontro tra Israele e Hamas. Ora Putin si schiera con l'Iran non perché creda alla causa palestinese, ma perché sa che questo crea problemi agli Stati Uniti".

Le sanzioni occidentali sono riuscite a fiaccare il regime? "E' un bilancio in chiaroscuro. Ce ne sono di quattro tipi: personali destinate all'élite putiniana, sono state utili perché li hanno privati di molti strumenti economici; finanziarie, contro lo Stato e le aziende, non hanno creato forti conseguenze, visto che la bilancia economica russa resta positiva; energetiche, che invece hanno colpito duramente soprattutto le esportazioni di gas, e devo dire di essere stato sorpreso dalla determinazione tedesca; tecnologiche, per impedire a Mosca di accedere a chip e strumenti fondamentali per la sua industria bellica, che iniziano a fare effetto ma hanno molti difetti, soprattutto nelle categorie-colabrodo di prodotti vietati". (di Giorgio Rutelli)

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Cronaca

Fondazione Gi Group e Valore D, ecco l’effetto della...

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Fondazione Gi Group e Valore D, ecco l’effetto della maternità sul lavoro delle donne

L’effetto della maternità allarga ulteriormente il divario occupazionale con gli uomini e segna una frattura, a volte temporanea, a volte definitiva, nel percorso professionale di molte lavoratrici. È un fenomeno comune a livello europeo ma con un impatto particolarmente negativo in un Paese come il nostro, all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile e con uno fra i più bassi tassi di fecondità. Se guardiamo infatti i dati (al 2022), da noi solo il 51,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).

La posizione del nostro Paese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.

L’effetto della maternità allarga ulteriormente il divario occupazionale con gli uomini e segna una frattura, a volte temporanea, a volte definitiva, nel percorso professionale di molte lavoratrici. È un fenomeno comune a livello europeo ma con un impatto particolarmente negativo in un Paese come il nostro, all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile e con uno fra i più bassi tassi di fecondità. Se guardiamo infatti i dati (al 2022), da noi solo il 51,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).

La posizione del nostro Paese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.

La forte penalizzazione delle madri nel mercato del lavoro ha alle spalle un concorso di fattori sociali, demografici, culturali, normativi e legislativi che fa sì che da noi i carichi di cura siano ancora fortemente sbilanciati sulle donne, impegnate in media per 4,9 ore al giorno in questo tipo di attività rispetto alle 2 degli uomini, secondo gli ultimi dati pubblicati (2023), per un totale di 43,5 giorni in più all’anno.

L’effetto della maternità allarga ulteriormente il divario occupazionale con gli uomini e segna una frattura, a volte temporanea, a volte definitiva, nel percorso professionale di molte lavoratrici. È un fenomeno comune a livello europeo ma con un impatto particolarmente negativo in un Paese come il nostro, all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile e con uno fra i più bassi tassi di fecondità. Se guardiamo infatti i dati (al 2022), da noi solo il 51,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).

La posizione del nostro Paese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.

La forte penalizzazione delle madri nel mercato del lavoro ha alle spalle un concorso di fattori sociali, demografici, culturali, normativi e legislativi che fa sì che da noi i carichi di cura siano ancora fortemente sbilanciati sulle donne, impegnate in media per 4,9 ore al giorno in questo tipo di attività rispetto alle 2 degli uomini, secondo gli ultimi dati pubblicati (2023), per un totale di 43,5 giorni in più all’anno.

Invertire la rotta, per correggere uno dei principali fattori di insostenibilità del mercato del lavoro e dell’intero sistema Paese, è necessario e urgente. Una direzione la traccia lo studio di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding, realizzato in collaborazione con Valore D “Donne, Lavoro e Sfide Demografiche. Modelli e strategie a sostegno dell’occupazione femminile e della genitorialità”, che sarà presentato il prossimo 14 maggio a Milano nel Convegno organizzato all’Auditorium del Palazzo del Lavoro in Piazza IV novembre 5.

Il rapporto è unico nel suo genere perché combina, in un approccio multidisciplinare e multistakeholder, l’analisi della letteratura internazionale, uno sguardo comparato su sei Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Svezia) e l’ascolto della voce diretta delle imprese, PMI, grandi aziende e multinazionali.

Attraverso un corposo lavoro di analisi che ha visto la collaborazione di alcuni fra i massimi esperti italiani di temi di genere, demografici e occupazionali, lo studio evidenzia una serie di possibili soluzioni capaci concretamente di favorire occupazione, sviluppo professionale delle donne e genitorialità, coinvolgendo, in un’ottica di sistema, tutti gli attori: istituzioni, imprese, parti sociali, terzo settore.

Il Convegno, con avvio in streaming alle ore 10.30, sarà moderato da Fabio Insenga, Vicedirettore di Adnkronos, e introdotto da Chiara Violini, Presidente di Fondazione Gi Group e Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D. A loro seguirà l’intervento dello scrittore Alessandro D’Avenia, che rifletterà sul valore della genitorialità in un talk ispirazionale dal titolo “Generare o degenerare? Questo è il problema”.

L’effetto della maternità allarga ulteriormente il divario occupazionale con gli uomini e segna una frattura, a volte temporanea, a volte definitiva, nel percorso professionale di molte lavoratrici. È un fenomeno comune a livello europeo ma con un impatto particolarmente negativo in un Paese come il nostro, all’ultimo posto in Europa per tasso di occupazione femminile e con uno fra i più bassi tassi di fecondità. Se guardiamo infatti i dati (al 2022), da noi solo il 51,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavora, contro una media UE27 del 64,9%, e il numero medio di figli per donna è 1,24, un valore molto al di sotto di Paesi come la Francia (1,79), la Svezia (1,53) e l’Olanda (1,49).

La posizione del nostro Paese non cambia se si considera l’occupazione femminile nella fascia di età 25-49 – il periodo della vita in cui tendenzialmente si entra nel mercato nel lavoro e si costruisce una famiglia – che vede le donne svantaggiate di circa 20 punti percentuali sugli uomini e di 14,6 sulla media UE.

La forte penalizzazione delle madri nel mercato del lavoro ha alle spalle un concorso di fattori sociali, demografici, culturali, normativi e legislativi che fa sì che da noi i carichi di cura siano ancora fortemente sbilanciati sulle donne, impegnate in media per 4,9 ore al giorno in questo tipo di attività rispetto alle 2 degli uomini, secondo gli ultimi dati pubblicati (2023), per un totale di 43,5 giorni in più all’anno.

Invertire la rotta, per correggere uno dei principali fattori di insostenibilità del mercato del lavoro e dell’intero sistema Paese, è necessario e urgente. Una direzione la traccia lo studio di Fondazione Gi Group e Gi Group Holding, realizzato in collaborazione con Valore D “Donne, Lavoro e Sfide Demografiche. Modelli e strategie a sostegno dell’occupazione femminile e della genitorialità”, che sarà presentato il prossimo 14 maggio a Milano nel Convegno organizzato all’Auditorium del Palazzo del Lavoro in Piazza IV novembre 5.

Il rapporto è unico nel suo genere perché combina, in un approccio multidisciplinare e multistakeholder, l’analisi della letteratura internazionale, uno sguardo comparato su sei Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Svezia) e l’ascolto della voce diretta delle imprese, PMI, grandi aziende e multinazionali.

Attraverso un corposo lavoro di analisi che ha visto la collaborazione di alcuni fra i massimi esperti italiani di temi di genere, demografici e occupazionali, lo studio evidenzia una serie di possibili soluzioni capaci concretamente di favorire occupazione, sviluppo professionale delle donne e genitorialità, coinvolgendo, in un’ottica di sistema, tutti gli attori: istituzioni, imprese, parti sociali, terzo settore.

Il Convegno, con avvio in streaming alle ore 10.30, sarà moderato da Fabio Insenga, Vicedirettore di Adnkronos, e introdotto da Chiara Violini, Presidente di Fondazione Gi Group e Barbara Falcomer, Direttrice Generale di Valore D. A loro seguirà l’intervento dello scrittore Alessandro D’Avenia, che rifletterà sul valore della genitorialità in un talk ispirazionale dal titolo “Generare o degenerare? Questo è il problema”.

I lavori proseguiranno con la presentazione dei principali risultati dello studio, a cura di Rossella Riccò, Responsabile Area Studi e Ricerche di Fondazione Gi Group e Ulrike Sauerwald, Responsabile del Centro Studi di Valore D. Interverranno inoltre Alessandro Rosina, Professore Ordinario di Demografia e Statistica Sociale nella Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano e Dirigente del “Center for Applied Statistics in Business and Economics” e Francesco Seghezzi, Presidente ADAPT, che approfondiranno le principali evidenze demografiche e occupazionali della ricerca.

Spazio poi all’esperienza delle aziende in una tavola rotonda dedicata al racconto di alcune best practices. Interverranno: Annibale Baldari, Executive Director HR Transformation and Strategic Operation and DEI Champion Italy Hub di Eli Lilly, Donatella De Vita, Global Head of Engagement and Welfare and DEI di Pirelli, Valentina Pirrò, Recruiting, Employer Branding, Culture & Inclusion Manager di Vodafone, Stefano Fasani, Founder and Program Manager di Open-es.

Adnkronos Demografica sarà media partner dell’evento, che sarà trasmesso anche in live streaming su: https://youtube.com/live/XqroV7UFeoI?feature=share

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Sport

Quote Europei calcio, Spalletti fa la spesa in casa...

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La Serie A si avvia a concludere il suo percorso stagionale e, di conseguenza, sta crescendo, giorno dopo giorno, l’attesa per i prossimi Europei. L’Italia torna in Germania, da campione in carica, per tornare a Berlino a distanza di 18 anni dal trionfo Mondiale. Luciano Spalletti, il giorno dopo la conclusione del massimo campionato di calcio, diramerà la lista dei convocati che difenderanno il titolo conquistato a Wembley nell’estate del 2021. Il ct della Nazionale, molto probabilmente, farà la “spesa” ad Appiano Gentile perché, secondo gli esperti Sisal, sarà l’Inter la squadra che darà più convocati all’Italia per la kermesse continentale. I campioni d’Italia, dati a 1,16, si preparano così a vestirsi d’azzurro per provare ad aggiungere un altro trofeo al loro palmares stagionale. Il blocco italiano ad Appiano, in questi tre anni, è cresciuto tantissimo, basti pensare che, nella squadra campione d’Europa, c’erano solo due nerazzurri, Nicolò Barella e Alessandro Bastoni, i quali hanno grandi chance di volare in Germania.

Alle spalle dell’Inter si fa largo la Roma, offerta a 6,00, che potrebbe portare diversi suoi rappresentati a Euro 2024. Il gruppo nel giro azzurro, anche a Trigoria, è aumentato tantissimo anche a Trigoria visto che, al pari dei nerazzurri, anche i capitolini, tre anni fa, parteciparono alla campagna europea con i soli Leonardo Spinazzola e Bryan Cristante.

Il podio delle squadre che daranno più convocati all’Italia si completa con Juventus e Napoli che partono però decisamente staccate rispetto a Inter e Roma. Un dato che conferma un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi Europei quando bianconeri e partenopei avevano fornito, al CT Mancini, più giocatori di tutte le altre squadre del campionato. Uno scenario difficilmente ripetibile vista la quota di 16 per entrambe.

Rischia invece di non volare in Germania il Milan. Il Diavolo, a Euro 2020, era rappresentato dal solo Gigio Donnarumma, oggi passato al PSG, e rischia seriamente di non avere giocatori chiamati da Spalletti. Vedere una nazionale, a forti tinte rossonere, pagherebbe 100 volte la posta.

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