Economia
Smart working addio, da domani stop anche per genitori di...
Smart working addio, da domani stop anche per genitori di under 14 e fragili
Nessuna proroga nel privato, resta aperta la strada degli accordi individuali tra azienda e lavoratori. Il parere degli psicologi: "Da casa alta produttività, l'optimum è una forma mista tra presenza e in remoto"
Smart working stop nel settore privato, dall'1 aprile scatta il rientro in ufficio per tutti. Lunedì 1 aprile, Pasquetta, segna il ripristino delle vecchie regole pre-covid che torneranno pienamente in vigore da martedì 2 aprile, primo giorno feriale del mese. Finisce il lavoro agile 'per decreto' per genitori con figli minori di 14 anni e lavoratori fragili. La bocciatura dell'emendamento al decreto milleproroghe per estendere ulteriormente la scadenza determina il ritorno alle norme tradizionali: si tornerà tutti, senza alcuna distinzione, in ufficio. Resta aperta tuttavia la strada degli accordi individuali tra azienda e lavoratori: lo smart working potrà essere infatti concesso dal datore di lavoro in base a esigenze aziendali.
Il cambiamento, ovviamente, determina variazioni rilevante nelle routine dei lavoratori e delle aziende. "Io credo che non si deve generalizzare sull'uso dello smart working, ci saranno persone che dall'1 aprile subiranno questa decisione e altri invece che vivranno meglio il ritorno totale in presenza. Il tema dello smartworking, però, non deve essere liquidato come un tema di emergenza, ma dovrebbe far parte di una riorganizzazione complessiva in cui si tiene conto delle esigenze del lavoratore e del datore. Deve essere una delle opzioni, concordata e programmata. Diciamo che l'optimum è una forma mista, in presenza e in remoto", dice David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi (Cnop), facendo il punto per l'Adnkronos Salute sugli effetti che lo stop allo smartworking per legge potrebbe avere su quanti non ha raggiunto un accordo con l'azienda.
"Rispetto a quello che noi abbiamo potuto osservare - prosegue Lazzari - mantenere un certo livello di presenza all'interno dei contesti lavorativi è un fatto importante. Ma non c'è una risposta netta alla domanda 'meglio smartworking o tutti in ufficio?', non è un sì o no. Mentre si deve tener conto che oggi il lavoro da remoto deve essere una opzione offerta al lavoratore. Si può pensare magari - suggerisce - a metà giorni in presenza e l'altra meta a casa. Abbiamo bisogno flessibilità per le esigenze psicologiche del lavoratore, ma al contempo anche nel rispetto delle scelte delle aziende".
Dal primo aprile "serve un accompagnamento che faccia sì che le persone che rientrano da un lungo smartworking non siano gravate dai cambiamenti che troveranno. Magari questo passo dovrebbe essere preceduto da una valutazione organizzativa delle possibili difficoltà psicologiche individuali che possono intervenire. Quindi il consiglio è di predisporre delle azioni di mitigazione rispetto ad un ritorno in presenza con colleghi magari nuovi", sottolinea quindi all'Adnkronos Salute Franco Amore, psicologo del lavoro dell'Ordine degli psicologi del Lazio.
Ma quali sono gli aspetti positivi dello smartworking? "Chi ci metteva tanto tempo per raggiungere la propria sede di lavoro è contento di non dover passare ore in macchina o sui mezzi pubblici - spiega Amore -. Abbiamo riscontrato che lo smartworking è riuscito a tenere alta la produttività delle aziende anche durante un'emergenza come è stata la pandemia Covid. E poi l'effetto positivo è nella maggior conciliazione del binomio vita-lavoro, perché" il modello smart "permette a chi deve gestire figli e anziani di star loro più vicino. Poi c'è un aspetto interessante. Le aziende - osserva lo psicologo del lavoro - risparmiano sul numero delle postazioni nei propri edifici e consumano meno energia. Un altro aspetto notevole è la flessibilità oraria, che porta anche a ridurre l'inquinamento perché si usano meno le auto. Infine, le persone stanno meglio perché gestiscono il loro tempo e cala lo stress collegato a far coincidere i due mondi, casa e lavoro".
Non tutto è oro quello che luccica, però. Ci sono anche aspetti negativi. "Lo smartworking non può essere per tutti - evidenzia Amore - Chi è a contatto con il pubblico, chi deve svolgere una prestazione in presenza, gli operatori sanitari ad esempio, non possono accedervi. Molto dello smartworking è legato alla decisione del singolo dirigente e non solo a livello apicale, mi spiego: ci sono attività che sarebbe utilissimo che fossero fatte da remoto, ma si rientra nella contrattazione tra lavoratore e azienda e quindi rimanda alla decisione. Ebbene, c'è il rischio che, se non c'è una sufficiente definizione di cosa è smartworking, ci sia troppa discrezionalità del manager. Poi c'è il nodo dell'attrezzatura per lavorare da remoto che non deve essere del dipendente, così come la connessione. E poi i limiti orari: spesso si lavora di più, con carichi di stress maggiori che entrano con la commistione tra vita e lavoro perché si è sempre connessi. O può accadere che da remoto non ci sia la giusta interfaccia con gli altri: manca una supervisione, ad esempio".
"Per questo, ora che dal primo aprile in molti rientreranno in azienda, è necessario ritrovare lo spirito di squadra, fare team building con gli altri colleghi, riappropriarsi della socialità sul luogo di lavoro", conclude lo psicologo del lavoro.
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Ita-Lufthansa, rinvio in vista: l’Ue attende nuove...
Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza
Sulla questione Ita Airways e Lufthansa la Commissione europea attende nuove proposte sul taglio delle rotte con un probabile rinvio della decisione a metà giugno. Per l'acquisto del 41% di Ita il gruppo tedesco vuole investire 325 milioni ma Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza.
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Webuild, bilancio e nuovo Cda lanciano titolo in Borsa...
Giornata particolarmente brillante in Borsa per Webuild che, dopo l'approvazione del bilancio 2023 e la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione, che ha riconfermato Pietro Salini come amministratore delegato, chiude la seduta odierna di scambi in deciso rialzo: il titolo balza a quota +5,17% attestandosi a 2,27 euro per azione.
L'assemblea degli azionisti della società, riunitasi questa mattina, ha approvato anche la distribuzione di un dividendo per un importo pari a 0,071 euro per ciascuna azione ordinaria ed 0,824 euro per ciascuna azione di risparmio esistente ed avente diritto al dividendo alla data di stacco della cedola.
Quanto al nuovo cda, composto da 15 membri, vede Gian Luca Gregori con funzioni di presidente, oltre a Davide Croff, Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, Paola Fandella, Francesca Fonzi, Flavia Mazzarella, Itzik Michael Meghnagi, Francesco Renato Mele, Teresa Naddeo, Alessandro Salini, Pietro Salini, Serena Torielli, Michele Valensise, Laura Zanetti e Francesco Chiappetta.
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Università, Free Academy: “Atenei tradizionali e...
Benché l’Italia abbia un bassissimo numero di laureati (in Europa unicamente la Romania ha risultati peggiori), all’interno del bilancio pubblico il comparto universitario pesa in maniera significativa. Secondo l’ultimo rapporto dell’Anvur, il Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo) delle università ammonta a 9,205 miliardi di euro, che vanno a coprire più dei 2/3 delle necessità delle università statali. Di questa somma, soltanto lo 0,73% (68 milioni di euro) è destinato alle università non statali, sia tradizionali sia telematiche.
A giudizio di Aurelio Mustacciuoli, responsabile Studi e Ricerche di Free Academy, “limitandoci a considerare l’Ffo lo studente di un’università statale ogni anno costa al contribuente ben 5.701 euro, mentre di media uno studente delle università private costa 195 euro. Se poi si considerano le università telematiche (lasciando quindi da parte gli atenei privati tradizionali: la Bocconi di Milano, la Luiss di Roma ecc.) le risorse che lo Stato destina alle università online ammontano a soli 2,8 milioni”. Questo significa che uno studente universitario telematico grava sullo Stato per la risibile cifra di 12,5 euro: lo 0,21% di quanto costa in media uno studente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, della Sapienza di Roma o della Federico II di Napoli.
Non basta. La maggior parte delle università telematiche sono fondazioni, ma alcune di loro – quelle più 'sotto attacco' da parte dei difensori dello status quo – sono società di capitali e quindi ogni anno versano somme considerevoli all’erario. Sempre ad avviso di Mustacciuoli, “considerando unicamente il gruppo universitario Multiversity (che è controllato dal fondo Cvc Capital Partners e che include Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma) nel 2022 per le sole imposte dirette è stato registrato un esborso di 43 milioni di euro: il che significa che soltanto questi tre atenei online danno allo Stato ben 15 volte quanto tutte le università telematiche nel loro insieme ottengono in forma di Ffo”. Quindi vi sono ben 5050 studenti italiani delle università pubbliche che possono studiare grazie alle entrate fiscali garantite dal gruppo Multiversity.
Da questo punto di vista, una crescita degli atenei privati telematici – la cui retta è mediamente assai inferiore al costo che ogni studente comporta per le casse statali – condurrebbe non soltanto a un minor costo complessivo per ogni studente, ma aiuterebbe anche a ridurre l’esorbitante prelievo fiscale che grava sulle imprese, sulle famiglie e sui lavoratori.
In conclusione, secondo Mustacciuoli, “alla luce dei dati sopra riportati è chiaro che lo studente tradizionale costa allo Stato ben 5.701 euro soltanto per l’Ffo, mentre ognuno degli oltre 144 mila studenti di Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma (a.a. 2022-23) porta alle casse statali 331 euro. Si tratta di cifre che devono far riflettere”.