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Militari Usa uccisi in Giordania, ora per Biden una pericolosa scelta politica: gli scenari

Casa Bianca: "Presidente sta considerando possibili azioni multiple"

Joe Biden (Afp)

L'uccisione di tre militari americani nell'attacco di domenica alla base Usa in Giordania da parte di gruppi filoiraniani, mette Joe Biden in una pericolosa posizione politica, dovendo trovare un equilibrio tra il rischio, contro il quale gli Usa sono impegnati dal 7 ottobre scorso, di un ulteriore allargamento del conflitto Israele-Hamas. E quello di mostrare la "debolezza" nei confronti di Iran, di cui l'accusano repubblicani e, soprattutto, Donald Trump in vista del loro nuovo, sempre più probabile, duello elettorale a novembre.

Dalla Casa Bianca fanno sapere che il presidente americano Joe Biden sta considerando l'adozione di "azioni multiple" in risposta. "E' possibile che vedrete un approccio a più livelli, non solo una azione singola, ma potenzialmente azioni multiple", ha affermato il portavoce del Consigliere per la sicurezza nazionale, John Kirby.

Biden: "Ho deciso come rispondere. Iran responsabile? Ha fornito armi"

Joe Biden ha detto, intanto, di aver deciso come rispondere all'attacco. Il presidente non ha fornito ulteriori specificazioni, sottolineando però che gli Stati Uniti non hanno bisogno di un allargamento del conflitto in Medio Oriente.

Biden considera l'Iran "responsabile" dell'attacco "nel senso che stanno fornendo le armi alla gente che lo ha fatto". E a chi gli chiedeva se un collegamento diretto con l'Iran sia stato stabilito, ha replicato: "Discuteremo di questa cosa".

Quando gli è stato chiesto se comunque ha preso una decisione su come rispondere all'attacco, Biden si è limitato a rispondere "sì". Ed ai giornalisti che l'incalzavano chiedendo se l'azione di deterrenza sarà diversa questa volta, ha risposto: "Vedremo". "Non credo che abbiamo bisogno di un conflitto più ampio in Medio Oriente, non è questo che sto cercando".

Gli Usa e l'allargamento del conflitto

"Non non vogliamo un'altra guerra, non vogliamo l'escalation, ma faremo assolutamente quello che è necessario per proteggerci, continuare la missione e rispondere in modo appropriato a questi attacchi", così, riferendosi anche ai 160 attacchi contro strutture Usa in Siria registrati dallo scorso ottobre, il portavoce del consiglio di Sicurezza della Casa Bianca, John Kirby, ha sintetizzato la difficile posizione in cui si trova Biden. E lo stesso presidente nelle ultime ore ha ribadito che gli Stati Uniti non hanno bisogno di questo allargamento.

Con l'uccisione dei tre militari "è stata sicuramente superata la linea rossa delineata dal presidente", sottolinea alla Cnn il generale a riposo Mark Hertling, spiegando che ci si attende quindi una risposta più robusta da parte di Washington, che potrebbe non limitarsi ad un solo Paese o ad un solo attacco. Anche se, riferisce ancora l'emittente Usa, alcune fonti ritengono che sia improbabile che Biden ordini di attaccare all'interno del territorio iraniano.

Le ipotesi e gli scenari sulla risposta all'attacco

L'amministrazione Biden potrebbe decidere di nuovo attaccare i gruppi militari in Iraq e Siria, o in entrambi i Paese, prendendo le milizie regionali. Con fonti che spiegano alla Cnn che Washington è molto attenta a non indicare con precisione da dove e quale milizia abbia lanciato il drone di domenica per mantenere l'effetto sorpresa della risposta, limitandosi a dire che si tratta di un gruppo che ha il sostegno dei filoiraniani Kata'ib Hezbollah. "Non escludiamo nulla dal tavolo", affermano dal Pentagono.

Un'azione del genere, però, forse non sarebbe sufficiente per i repubblicani del Congresso che chiedono, a gran voce, che venga colpito per rappresaglia direttamente l'Iran e non i gruppi filoiraniani. E ricordano, in opposizione alla debolezza del presidente democratico, come Trump ordinò il raid a Baghdad con cui fu assassinato il generale iraniano Qasem Soleimani, comandante della Forza Quds.

"Posso dirvi che all'Iran non importa se facciamo un occhio nero ai gruppi filoiraniani, ma importa se facciamo un occhio nero a loro", ha dichiarato Don Bacon, membro repubblicano della commissione Difesa della Camera, generale a riposo che ha servito in Iraq, che ha liquidato come "stupidaggini, le parole di Kirby e altri riguardo a non volere l'escalation, ci preoccupano sempre dell'escalation, che è già avvenuta".

Bacon, comunque, come la maggioranza dei repubblicani, non si spinge fino a chiedere di colpire obiettivi all'interno dell'Iran, ma suggerisce l'idea di colpire sue infrastrutture petrolifere nella regione o la sua marina: "E' un modo per attirare la sua attenzione senza esporre le nostre forze a rischi non necessari", ha aggiunto il deputato. Anche Michael McCaul, presidente della commissione Esteri della Camera, afferma che gli Usa possono facilmente colpire obiettivi dei Guardiani della Rivoluzione islamica, e non dei suoi proxies, in Iraq, Siria e Yemen. "Colpire l'Iran ora, colpire duramente", è il lapidario commento del senatore Lindsey Graham, grande alleato di Trump.

Dal fronte interno, quello democratico, Biden però si trova a subire pressioni in senso opposto, con appelli alla cautela ed alla prudenza, anche da un ex Marine, che ha servito in Iraq, come il deputato Seth Moulton: "Ai polli-falchi che invocano la guerra con l'Iran, dico che state facendo il gioco del nemico - ha detto il dem rivolto ai repubblicani - vorrei vedervi mandare i vostri figli e figlie a combattere. Dobbiamo avere una risposta strategica ed effettiva, nei nostri termini e tempi. La deterrenza è difficile, la guerra è peggio".

Sostegno a Israele, l'insofferenza dei dem

Il fatto è che dall'inizio della guerra a Gaza, Biden deve fare i conti con la sinistra democratica sempre più insofferente del sostegno incondizionato di Washington ad Israele, con una pressante richiesta di cessate il fuoco e l'opposizione ad un allargamento del conflitto. Posizioni condivise da gruppi di elettori - gli esponenti della comunità araba americana, e, soprattutto, i giovani - che saranno cruciali per la rielezione a novembre.

Fino all'attacco di domenica, si era sottolineato infatti come l'attivismo dell'amministrazione Biden nella regione per evitare l'allargamento del conflitto fosse uno dei suoi principali successi nella risposta alla guerra a Gaza scatenata dopo gli attacchi del 7 ottobre. Ma ora, dopo l'intensificarsi degli attacchi contro obiettivi militari Usa nella regione e i morti ed i feriti di domenica scorsa, la posta in gioco è diventata molto più alta per Biden, con l'escalation che effettivamente sta diventando una realtà.

Un difficile equilibrio

"E' veramente un difficile equilibrio da cercare, perché se non rispondi o non rispondi in maniera sufficientemente dure, si vede solo la continuazione di quello che è stato - commenta con il Washington Post la posizione in cui trova Biden, Brian Katulis, vice presidente del Middle East Institute, notando che "ci sono stati così tanti attacchi contro le truppe Usa che mi sorprende che non ci siano stati più morti".

Il nodo Congresso

Infine c'è la questione, non irrilevante, dell'autorizzazione che secondo alcuni Biden dovrebbe chiedere al Congresso per i raid, in particolare quelli che continua a condurre nel Mar Rosso contro i ribelli Houthi. Un gruppo di deputati bipartisan hanno inviato una lettera in questo senso al presidente, ed un'altra, firmata da quattro senatori, due per ogni partito, chiede alla Casa Bianca di illustrare le ragioni strategiche e legali dei raid. Secondo Kirby, il presidente ha però la necessaria autorità, sulla base dell'articolo II della Costituzione per la difesa delle truppe, di rispondere all'attacco di domenica senza chiedere l'approvazione del Congresso.

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Re Carlo torna agli impegni pubblici. I medici: “Fa...

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Martedì prossimo visiterà un centro di oncologia con Camilla

Carlo e Camilla (Fotogramma)

Re Carlo torna a svolgere i suoi impegni pubblici dalla prossima settimana. Il team medico del sovrano britannico è, infatti, "molto incoraggiato" dai progressi registrati nel trattamento cui si sottopone dall'inizio di febbraio e che proseguirà. Ad annunciarlo è stato un portavoce di Buckingham Palace: "Il team medico di Sua Maestà è molto incoraggiato dai progressi compiuti finora e rimane positivo quanto al continuo recupero del re".

"Il programma di cure di Sua Maestà continuerà, ma i medici sono sufficientemente soddisfatti dei progressi compiuti finora", tali per cui "il Re è ora in grado di riprendere una serie di compiti a contatto con il pubblico". Assieme alla dichiarazione è arrivata anche una nuova fotografia del Re e della Regina, scattata a Buckingham Palace il 10 aprile, il giorno dopo il loro 19mo anniversario di matrimonio.

Il ritorno agli impegni di Carlo avverrà con la visita della coppia reale a un centro di oncologia martedì. "Questa visita sarà la prima di una serie di impegni esterni che Sua Maestà intraprenderà nelle prossime settimane", ha aggiunto Buckingham Palace. "Inoltre, il Re e la Regina ospiteranno le Loro Maestà l'Imperatore e l'Imperatrice del Giappone per una visita di Stato a giugno". Il Re e la Regina celebreranno il primo anniversario della loro incoronazione il 6 maggio.

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Ucraina-Russia, Blinken: “Cina aiuta Mosca in...

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Il segretario di Stato americano: "Pechino agisca o lo faranno gli Usa"

Un soldato in Ucraina

La Cina aiuta la Russia nella guerra contro l'Ucraina. E gli Stati Uniti, se Pechino non cambierà rotta, sono pronti ad agire. E' il messaggio che il segretario di Stato americano, Antony Blinken, recapita nella sua visita in Cina. "La Russia avrebbe problemi a sostenere il suo assalto all'Ucraina senza il sostegno della Cina", dice Blinken in conferenza stampa, dopo i colloqui con il leader cinese Xi Jinping e il capo della diplomazia, Wang Yi.

La Cina potrebbe avere "relazioni migliori" con gli Stati Uniti o l'Unione Europea se Pechino o "alcune delle sue aziende" smettere di fornire "componenti critiche" grazie alle quali la Russia può produrre più munizioni, ribadisce poi in un'intervista alla Bbc al termine della sua visita in Cina, spiegando che tra queste componenti ci sono "macchine utensili, microelettronica e ottica", in sostanza tecnologia che può avere un uso civile e militare.

"Questo sta aiutando la Russia a perpetuare la sua aggressione contro l'Ucraina, ma sta anche creando una crescente minaccia all'Europa a causa dell'aggressione russa", accusa il capo della diplomazia di Washington, secondo cui, così facendo, Pechino sta "contribuendo ad alimentare la più grande minaccia alla sicurezza (dell'Europa) dalla fine della Guerra Fredda". "Abbiamo già intrapreso azioni contro le entità cinesi che sono coinvolte in questo - ricorda Blinken - E quello che dico chiaramente oggi è che se la Cina non agirà, lo faremo noi".

Blinken si sofferma anche sui rapporti tra Cina e Teheran. Il segretario di Stato sollecita Pechino a sfruttare la sua influenza "per dissuadere l'Iran e i suoi proxy dall'allargamento del conflitto in Medio Oriente", mentre nel mosaico internazionale rischia di rafforzarsi l'asse Mosca-Teheran.

La Russia infatti è pronta ad espandere la cooperazione militare e tecnica con l'Iran, come assicura il ministro della Difesa di Mosca, Sergei Shoigu, nell'incontro avuto con l'omologo di Teheran, Gharaei Ashtiani, ad Astana, a margine di una riunione dell'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, che riunisce Russia, India, Cina, Iran, Pakistan, Kazakistan, Uzbekistan, Kyrgyzstan e Tagikistan. La Tass cita il ministro iraniano, secondo il quale i rapporti tra Mosca e Teheran "si stanno approfondendo ed espandendo, arrivando a un nuovo livello".

Da Ashtani, quindi, ringraziamenti a Shoigu per il sostegno ricevuto dopo l'attacco israeliano al consolato iraniano a Damasco lo scorso primo aprile. "Vorrei approfittare di questa opportunità per ringraziarvi per il vostro atteggiamento equo e onesto nei confronti della Repubblica islamica dell'Iran, per il vostro sostegno al momento dell'attacco al nostro consolato a Damasco e per la vostra risposta equilibrata alla nostra ritorsione proporzionata", dice.

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Biden e la confessione choc: “Ho pensato al...

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Il presidente americano: "E' stato quando morì la mia prima moglie"

Joe Biden (Afp)

Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, durante un'intervista radiofonica a Howard Stern, ha ammesso di aver pensato al suicidio dopo la morte della sua prima moglie Neilia e della figlia Naomi di 13 mesi in un incidente stradale nel 1972.

"Mi sedevo lì e pensavo solo che avrei tirato fuori una bottiglia di scotch. La berrò e mi ubriacherò", ha dichiarato il presidente, che ha poi confessato: "Non devi essere pazzo per suicidarti. In un breve momento, ho pensato di andare al (ponte, ndr.) Delaware Memorial e saltare, ma avevo due figli".

"Pronto a un dibattito con Trump"

"Non so quando e non so dove, ma sono felice di fare un dibattito con lui" ha dichiarato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, nel corso di un'intervista a Howard Stern che gli ha chiesto se fosse disponibile per un dibattito con il suo sfidante repubblicano, Donald Trump.

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