Economia
Lavoro, ecco 6 consigli per affrontare al meglio un...
Lavoro, ecco 6 consigli per affrontare al meglio un colloquio in inglese
La lista di Edusogno, la startup di English learning online fondata da 3 giovani under 30
L'inglese si conferma una delle lingue più utilizzate nel mondo del lavoro, tanto che la sua conoscenza è ormai richiesta in quasi tutti gli annunci. È quanto emerge da uno studio recente di EF su più di 10.000 annunci di lavoro, che ha identificato i settori in cui la padronanza dell'inglese è più ricercata, in quanto competenza diventata quasi implicita in alcune aree di mercato (come le vendite e l'accoglienza), e le professioni innovative (per esempio: supporto all’amministrazione, sviluppatore, tecnico, addetti vendita) che ne richiedono una solida padronanza. Ed Edusogno, la startup di English learning online fondata da 3 giovani under 30, ha messo a punto una lista di 6 consigli per affrontare al meglio un colloquio in inglese.
Primo - essere trasparenti. Onestà e precisione circa la propria capacità di esprimersi in lingua inglese sono fondamentali per affrontare il colloquio serenamente. Per questo è importante riportare correttamente il proprio livello sul curriculum in base al Quadro comune europeo di riferimento per le lingue, e non mentire su eventuali certificazioni e soggiorni all’estero durante il colloquio: sono in gioco la nostra serietà e senso di responsabilità. Inoltre, condividere con il recruiter la volontà di intraprendere un percorso volto al miglioramento della lingua, può essere un gesto molto apprezzato.
Secondo - studiare l’interlocutore. Arrivare al colloquio dopo aver fatto una ricerca sulla realtà per cui ci si candida – in particolare guardando sito e pagine social – è importante perché permette di arrivare preparati ed essere più pronti nel discutere in inglese delle aspettative o dei dubbi legati alle prospettive di lavoro in quella posizione.
Terzo - il cv in inglese è importante. Anche se si sta cercando lavoro in Italia, avere una copia del proprio cv in lingua inglese è un plus irrinunciabile, tanto che molte aziende chiedono di ricevere esclusivamente questa versione, anche quelle con sede in Italia. È importante quindi essere in grado di esporlo parlando della propria istruzione e delle esperienze lavorative con la stessa fluidità con cui siamo in grado di farlo in Italiano.
Quarto - preparare le risposte. Stilare una lista di domande e risposte in inglese permette di non essere colti di sorpresa se posti di fronte ai tipici quesiti di un colloquio. Oltre alle domande sul proprio percorso di studi e background professionale, è bene prepararsi a rispondere anche in merito a passioni e attitudini personali, e alle domande più insidiose come 'Tre pregi e tre difetti?' o 'Dove vorresti essere tra 5 o 10 anni?'. Esercitarsi a essere fluenti nelle risposte può davvero fare la differenza.
Cinque - proattività. In genere, all’inizio del colloquio l’intervistatore pone al candidato qualche domanda più 'leggera' per rompere il ghiaccio. Preparare un breve argomento a piacere su un tema di natura personale (per esempio circa i propri interessi, il viaggio più recente, etc.) evita l’imbarazzo di non saper da dove cominciare e trasmette molta più sicurezza di sé.
Sei - fare una simulazione. Perché non chiedere a un amico madrelingua o particolarmente fluente di fare le veci del recruiter e darci un supporto in una breve sessione di allenamento? Simulare il colloquio in un ambiente protetto ci permetterà di analizzare i nostri punti deboli e intervenire tempestivamente. Questo esercizio è utile per chi ha un inglese particolarmente arrugginito.
“La maggior parte dei ruoli professionali richiede una competenza linguistica intermedia, situata tra il livello B1 e B2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue. Per posizioni più specializzate e di livello più alto, come ingegneri e professionisti del marketing, è necessario un livello avanzato d’’inglese, almeno C1 o C2. Questi dati dimostrano l'importanza di investire nella formazione linguistica per tutti coloro che aspirano a carriere di successo", commenta Marco Daneri, director of education di Edusogno.
“È questo il motivo che ci ha spinto a condividere dei consigli per affrontare al meglio un colloquio di lavoro in lingua inglese. Crediamo fortemente che investire in corsi di lingua caratterizzati da metodologia e insegnanti altamente qualificati sia cruciale per rimanere competitivi sul mercato del lavoro e per sfruttare appieno le opportunità professionali, siano esse in Italia o all'estero", conclude.
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Ita-Lufthansa, rinvio in vista: l’Ue attende nuove...
Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza
Sulla questione Ita Airways e Lufthansa la Commissione europea attende nuove proposte sul taglio delle rotte con un probabile rinvio della decisione a metà giugno. Per l'acquisto del 41% di Ita il gruppo tedesco vuole investire 325 milioni ma Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza.
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Webuild, bilancio e nuovo Cda lanciano titolo in Borsa...
Giornata particolarmente brillante in Borsa per Webuild che, dopo l'approvazione del bilancio 2023 e la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione, che ha riconfermato Pietro Salini come amministratore delegato, chiude la seduta odierna di scambi in deciso rialzo: il titolo balza a quota +5,17% attestandosi a 2,27 euro per azione.
L'assemblea degli azionisti della società, riunitasi questa mattina, ha approvato anche la distribuzione di un dividendo per un importo pari a 0,071 euro per ciascuna azione ordinaria ed 0,824 euro per ciascuna azione di risparmio esistente ed avente diritto al dividendo alla data di stacco della cedola.
Quanto al nuovo cda, composto da 15 membri, vede Gian Luca Gregori con funzioni di presidente, oltre a Davide Croff, Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, Paola Fandella, Francesca Fonzi, Flavia Mazzarella, Itzik Michael Meghnagi, Francesco Renato Mele, Teresa Naddeo, Alessandro Salini, Pietro Salini, Serena Torielli, Michele Valensise, Laura Zanetti e Francesco Chiappetta.
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Università, Free Academy: “Atenei tradizionali e...
Benché l’Italia abbia un bassissimo numero di laureati (in Europa unicamente la Romania ha risultati peggiori), all’interno del bilancio pubblico il comparto universitario pesa in maniera significativa. Secondo l’ultimo rapporto dell’Anvur, il Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo) delle università ammonta a 9,205 miliardi di euro, che vanno a coprire più dei 2/3 delle necessità delle università statali. Di questa somma, soltanto lo 0,73% (68 milioni di euro) è destinato alle università non statali, sia tradizionali sia telematiche.
A giudizio di Aurelio Mustacciuoli, responsabile Studi e Ricerche di Free Academy, “limitandoci a considerare l’Ffo lo studente di un’università statale ogni anno costa al contribuente ben 5.701 euro, mentre di media uno studente delle università private costa 195 euro. Se poi si considerano le università telematiche (lasciando quindi da parte gli atenei privati tradizionali: la Bocconi di Milano, la Luiss di Roma ecc.) le risorse che lo Stato destina alle università online ammontano a soli 2,8 milioni”. Questo significa che uno studente universitario telematico grava sullo Stato per la risibile cifra di 12,5 euro: lo 0,21% di quanto costa in media uno studente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, della Sapienza di Roma o della Federico II di Napoli.
Non basta. La maggior parte delle università telematiche sono fondazioni, ma alcune di loro – quelle più 'sotto attacco' da parte dei difensori dello status quo – sono società di capitali e quindi ogni anno versano somme considerevoli all’erario. Sempre ad avviso di Mustacciuoli, “considerando unicamente il gruppo universitario Multiversity (che è controllato dal fondo Cvc Capital Partners e che include Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma) nel 2022 per le sole imposte dirette è stato registrato un esborso di 43 milioni di euro: il che significa che soltanto questi tre atenei online danno allo Stato ben 15 volte quanto tutte le università telematiche nel loro insieme ottengono in forma di Ffo”. Quindi vi sono ben 5050 studenti italiani delle università pubbliche che possono studiare grazie alle entrate fiscali garantite dal gruppo Multiversity.
Da questo punto di vista, una crescita degli atenei privati telematici – la cui retta è mediamente assai inferiore al costo che ogni studente comporta per le casse statali – condurrebbe non soltanto a un minor costo complessivo per ogni studente, ma aiuterebbe anche a ridurre l’esorbitante prelievo fiscale che grava sulle imprese, sulle famiglie e sui lavoratori.
In conclusione, secondo Mustacciuoli, “alla luce dei dati sopra riportati è chiaro che lo studente tradizionale costa allo Stato ben 5.701 euro soltanto per l’Ffo, mentre ognuno degli oltre 144 mila studenti di Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma (a.a. 2022-23) porta alle casse statali 331 euro. Si tratta di cifre che devono far riflettere”.