Economia
Mes, Giorgetti: “Mai detto in Ue che Italia lo...
Mes, Giorgetti: “Mai detto in Ue che Italia lo avrebbe ratificato”
Il ministro dell'Economia: "Legge di bilancio migliora tutti i saldi di finanza pubblica". Poi sul Patto di stabilità: "Discussione viziata da allucinazione psichedelica su debito e deficit"
"Non ho mai detto in Parlamento, né in sede europea né in altra sede che l'Italia avrebbe ratificato il Mes". Così il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, nel rispondere alle domande in commissione Bilancio della Camera. "Quello che ho fatto in sede europea - ha aggiunto - è stato ricordare che il Parlamento italiano, che è competente e sovrano sulla materia, aveva di volta in volta rimandato la votazione rispetto a una richiesta che arrivava dall'opposizione. Cosa ho fatto io e mi prendo la responsabilità? Dopo il quarto rinvio ho ritenuto" che il Parlamento una decisione "avrebbe dovuto per serietà prenderla. Il Parlamento ha votato come avevo anticipato in qualche modo in sede europea, dove ho sempre detto che con larga parte del Parlamento contraria, sia di maggioranza che di opposizione, l'esito sarebbe stato questo", ha detto ancora Giorgetti.
"Avere uno strumento in più sarebbe stato più comodo, ma quello che voglio dire è che il Mes non è né la causa né la soluzione del nostro problema. Il nostro problema si chiama debito. Dobbiamo concentrarci sul fatto di quanto costa ed è oneroso e va tenuto sotto controllo, altrimenti questo Paese non ce la fa, o ce la fa mantenendo la rendita e non premiando chi fa produzione, chi lavora e chi intraprende", ha proseguito il ministro che ha spiegato come, rispetto alle conseguenze della mancata ratifica del Mes, "abbiamo il sistema bancario più solido in Europa".
E a una domanda di Luigi Marattin (Iv) su "chi fosse il ministro dell'Economia, Giorgetti o Borghi?", ha replicato: "Non so se questa decisione" sul Mes "è stata adottata con una telefonata tra la presidente Meloni e l'onorevole Borghi, io questo non lo so. Tendo a non leggere i giornali, per cui non ho motivo di pensare se sia giusto o falso".
Patto di stabilità
Con il nuovo Patto di stabilità è stato raggiunto "un compromesso, se verso il basso o verso l'alto la valutazione la faremo tra qualche tempo" ma "abbiamo creato un sistema di regole complesso, ma ahimé mobile, che rischia di diventare addirittura prociclico", ha detto il ministro dell'Economia nel rispondere alle domande in commissione Bilancio della Camera. Inoltre, ha ricordato, "se non ci fosse stato un accordo" sul nuovo Patto di stabilità "sarebbe entrato in vigore dal primo gennaio il vecchio Patto di stabilità e crescita scritto col fiscal compact" mentre con quello nuovo "abbiamo fatto un passo in avanti".
Comunque, ha sottolineato Giorgetti, "le nuove regole non toccheranno il 2024, semplicemente perché non potranno che partire dal 2025 e quest'anno funzionerà un meccanismo misto di vecchie regole con le linee guida della Commissione europea".
"Non possiamo né dobbiamo fare festa" sul nuovo Patto di stabilità, ha aggiunto, ma "mi sono preso tutta la responsabilità di accettare un accordo invece di mettere un veto a caso per tornare a delle regole molto peggiori di quelle che il nostro Paese affronterà nei prossimi mesi".
Secondo il ministro "tutta la discussione" sul nuovo Patto di stabilità "è viziata dall'allucinazione psichedelica che abbiamo vissuto in questi 4 anni, in cui abbiamo pensato che sì gli scostamenti si potessero fare, che il debito si potesse fare, che il deficit si potesse fare, che si potesse andare tranquillamente avanti così senza tornare a un sistema di regole. Il problema non è l'austerità, è la disciplina. E' la capacità di prendere decisioni e difenderle anche se sono impopolari".
Manovra 2024
Nel rispondere sulla manovra 2024 Giorgetti ha spiegato che l'esame della legge di bilancio al Senato "ha prodotto una serie di cambiamenti" che hanno portato "a un miglioramento di tutti i saldi di finanza pubblica". Sono stati mantenuti "intatti la quadratura e l'impianto della nostra proposta e il governo lo valuta positivamente", ha aggiunto. Più nel dettaglio, ha elencato il ministro, "il saldo di competenza ammonta a 198,9 miliardi nel 2024, a 165,3 miliardi nel 2025, a 131,6 miliardi nel 2026. Il corrispondente saldo di cassa ammonta a 250 miliardi nel 2024, 209 miliardi nel 2025 e 176,1 miliardi nel 2026".
Giorgetti ha sottolineato: "Abbiamo fatto un sforzo importante nel 2024 per restituire il reddito disponibile alle famiglie, in particolare a quelle con redditi medio-bassi". "Rivendico al governo - ha ribadito - di aver fatto lo sforzo anche in extra deficit per i lavoratori dipendenti con reddito medio-bassi, così che possano spenderlo in modo vario, per loro scelta, e non disperdere importanti risorse indirizzate a bonus monodirezionali e non necessariamente a beneficio di chi ha redditi medio-bassi".
"Lo sforzo a favore di imprese e famiglie" in manovra "produrrà una crescita del Pil pari alle nostre aspettative", ha rimarcato ancora. "E' chiaro che queste - ha spiegato - eccedono rispetto alle stime aggiornate, ed è quello che accade in tutti i Paesi in Europa, perché hanno fatto stime come noi e purtroppo assistono a una guerra che non accenna a finire e che ha causato un autentico cataclisma sotto l'aspetto finanziario" come "l'inflazione, questa sconosciuta, che è tornata a falcidiare i redditi delle famiglie europee e che ha condizionato il commercio globale e la crescita in Europa" e che ha "inceppato la crescita del principale Paese europeo che come è noto qualche influenza sulla crescita economica dell'Italia l'esercita, cioè la Germania che è di fatto in recessione", ha spiegato ancora Giorgetti.
Superbonus
Quanto al superbonus, "io ho i dati degli ultimi mesi che vanno peggio rispetto a quelli previsti dalla Nadef. Poi il Parlamento deciderà, io so quale è il limite che posso fare e che proporrò in Cdm e oltre al quale non si potrà andare". "Questa - ha proseguito - è la realtà dei numeri di una norma fatta in un momento eccezionale che purtroppo ha degli effetti radioattivi, è come una centrale nucleare che ha effetti che non riusciamo a gestire".
Ponte sullo Stretto
Nel rispondere alle domande il ministro ha detto che il Ponte di Messina "era nel testo originario" della legge di bilancio, "è stata modificata la spalmatura per quanto riguarda le annualità" e "non trovo per niente scandaloso che il Fondo di sviluppo e coesione di alcune Regioni, le più direttamente interessate, contribuisca all'opera medesima".
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Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza
Sulla questione Ita Airways e Lufthansa la Commissione europea attende nuove proposte sul taglio delle rotte con un probabile rinvio della decisione a metà giugno. Per l'acquisto del 41% di Ita il gruppo tedesco vuole investire 325 milioni ma Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza.
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Webuild, bilancio e nuovo Cda lanciano titolo in Borsa...
Giornata particolarmente brillante in Borsa per Webuild che, dopo l'approvazione del bilancio 2023 e la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione, che ha riconfermato Pietro Salini come amministratore delegato, chiude la seduta odierna di scambi in deciso rialzo: il titolo balza a quota +5,17% attestandosi a 2,27 euro per azione.
L'assemblea degli azionisti della società, riunitasi questa mattina, ha approvato anche la distribuzione di un dividendo per un importo pari a 0,071 euro per ciascuna azione ordinaria ed 0,824 euro per ciascuna azione di risparmio esistente ed avente diritto al dividendo alla data di stacco della cedola.
Quanto al nuovo cda, composto da 15 membri, vede Gian Luca Gregori con funzioni di presidente, oltre a Davide Croff, Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, Paola Fandella, Francesca Fonzi, Flavia Mazzarella, Itzik Michael Meghnagi, Francesco Renato Mele, Teresa Naddeo, Alessandro Salini, Pietro Salini, Serena Torielli, Michele Valensise, Laura Zanetti e Francesco Chiappetta.
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Università, Free Academy: “Atenei tradizionali e...
Benché l’Italia abbia un bassissimo numero di laureati (in Europa unicamente la Romania ha risultati peggiori), all’interno del bilancio pubblico il comparto universitario pesa in maniera significativa. Secondo l’ultimo rapporto dell’Anvur, il Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo) delle università ammonta a 9,205 miliardi di euro, che vanno a coprire più dei 2/3 delle necessità delle università statali. Di questa somma, soltanto lo 0,73% (68 milioni di euro) è destinato alle università non statali, sia tradizionali sia telematiche.
A giudizio di Aurelio Mustacciuoli, responsabile Studi e Ricerche di Free Academy, “limitandoci a considerare l’Ffo lo studente di un’università statale ogni anno costa al contribuente ben 5.701 euro, mentre di media uno studente delle università private costa 195 euro. Se poi si considerano le università telematiche (lasciando quindi da parte gli atenei privati tradizionali: la Bocconi di Milano, la Luiss di Roma ecc.) le risorse che lo Stato destina alle università online ammontano a soli 2,8 milioni”. Questo significa che uno studente universitario telematico grava sullo Stato per la risibile cifra di 12,5 euro: lo 0,21% di quanto costa in media uno studente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, della Sapienza di Roma o della Federico II di Napoli.
Non basta. La maggior parte delle università telematiche sono fondazioni, ma alcune di loro – quelle più 'sotto attacco' da parte dei difensori dello status quo – sono società di capitali e quindi ogni anno versano somme considerevoli all’erario. Sempre ad avviso di Mustacciuoli, “considerando unicamente il gruppo universitario Multiversity (che è controllato dal fondo Cvc Capital Partners e che include Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma) nel 2022 per le sole imposte dirette è stato registrato un esborso di 43 milioni di euro: il che significa che soltanto questi tre atenei online danno allo Stato ben 15 volte quanto tutte le università telematiche nel loro insieme ottengono in forma di Ffo”. Quindi vi sono ben 5050 studenti italiani delle università pubbliche che possono studiare grazie alle entrate fiscali garantite dal gruppo Multiversity.
Da questo punto di vista, una crescita degli atenei privati telematici – la cui retta è mediamente assai inferiore al costo che ogni studente comporta per le casse statali – condurrebbe non soltanto a un minor costo complessivo per ogni studente, ma aiuterebbe anche a ridurre l’esorbitante prelievo fiscale che grava sulle imprese, sulle famiglie e sui lavoratori.
In conclusione, secondo Mustacciuoli, “alla luce dei dati sopra riportati è chiaro che lo studente tradizionale costa allo Stato ben 5.701 euro soltanto per l’Ffo, mentre ognuno degli oltre 144 mila studenti di Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma (a.a. 2022-23) porta alle casse statali 331 euro. Si tratta di cifre che devono far riflettere”.