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Salute e Benessere

Infertilità in aumento, colpisce 15% coppie in Italia

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Disponibile in Italia una nuova formulazione di menotropina per un approccio personalizzato.

Infertilità in aumento, colpisce 15% coppie in Italia

L’infertilità è una patologia sempre più diffusa a livello globale, che riguarda approssimativamente il 17,5% della popolazione adulta, ossia circa 1 persona su 6. In Italia la percentuale si attesta intorno al 15% delle coppie. Numeri significativi che sottolineano l'importanza di rendere più accessibili le procedure di procreazione medicalmente assistita (Pma) e garantire trattamenti di alta qualità a chi ne ha bisogno. Nel nostro Paese è disponibile una nuova formulazione di menotropina - principio attivo per il trattamento dei disordini della fertilità - per un approccio personalizzato.

“A livello globale e nazionale stiamo assistendo a un calo costante della natalità e a un ritardo nell'età media della prima maternità. Sempre più coppie credono di poter facilmente concepire anche dopo i 40-45 anni, ignorando i limiti biologici – afferma Nicola Colacurci, past president della Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) e coordinatore Giss Medicina della riproduzione – Pertanto è essenziale promuovere un’educazione sulla maternità e sulla sessualità responsabile che sensibilizzi le coppie sull’età biologica ottimale per avere figli, considerando che la capacità riproduttiva diminuisce già dai 35 anni, il che va a incidere anche sulla riuscita del percorso di Pma”.

Le cause più comuni di infertilità "includono per la donna una ridotta riserva ovarica, problematiche alle tube, infertilità endocrina ed endometriosi - spiega Guglielmo Ragusa, presidente della Società italiana della riproduzione umana (Siru) - mentre l'infertilità maschile si verifica quando è basso il numero di spermatozoi sani o quando si riscontrano problemi con la funzionalità spermatica che rendono difficile la fertilizzazione dell'ovocita in condizioni normali. Il suggerimento per le coppie con difficoltà a concepire è quello di non aspettare troppo per consultare un ginecologo, soprattutto se la donna ha più di 35 anni".

Quello dell’età è sicuramente un fattore fondamentale anche per quanto riguarda la stimolazione ovarica, passaggio che avviene in una fase iniziale e per questo molto importante del percorso di Pma il cui obiettivo è quello di aumentare la produzione di follicoli maturi durante un ciclo ovarico, per raccogliere un numero adeguato di cellule uovo che possono poi essere fecondate in laboratorio con gli spermatozoi del partner o di un donatore esterno.

La fase di stimolazione, che dura in media 15 giorni - si legge in una nota - prevede l’iniezione sottocute di ormoni detti gonadotropine che stimolano le ovaie a produrre più ovociti maturi e che la donna può autosomministrarsi in autonomia. Nei cicli ovarici, questi ormoni sono fisiologicamente secreti dall’ipofisi e regolano le funzioni riproduttive degli organi genitali maschili e femminili.

“Grazie ai progressi scientifici, oggi abbiamo diverse opzioni di trattamento che ci consentono di personalizzare l'approccio alla stimolazione ovarica, selezionando il protocollo di trattamento ottimale per ciascuna paziente. In tal modo aumenta la probabilità di gravidanza al contempo minimizzando i rischi di questi trattamenti – commenta Adolfo Allegra, presidente nazionale di Cecos Italia (Centri conservazione ovociti e spermatozoi) - Poter disporre di nuove formulazioni versatili nelle modalità di somministrazione viene incontro concretamente all’esigenza, molto sentita da parte delle donne, di poter disporre di terapie facili da maneggiare e da autosomministrare, aumentando così l’aderenza al trattamento. Inoltre, in tal modo è possibile calibrare con grande precisione il dosaggio del farmaco sulla base delle specifiche esigenze individuali”.

Sono diversi i fattori che possono incidere sulla risposta ovarica alla stimolazione. “Oltre all’età della donna - ricorda Paola Anserini, presidente della Società italiana di fertilità, sterilità e medicina della riproduzione (Sifes-mr) - va considerata la sua riserva ovarica, ovvero il numero di ovociti ancora immaturi presenti nelle ovaie, che diminuisce in funzione dell’avanzare degli anni ma che può essere influenzata anche da altri elementi. Inoltre, altri fattori da considerare nella valutazione della fertilità della donna includono anche l’indice di massa corporea e la risposta a cicli precedenti di stimolazione ovarica, così come la causa di infertilità e la sua durata che possono influenzare l’esito dei trattamenti”.

Le gonadotropine, impiegate nei trattamenti di Pma già dagli anni ‘80 - riporta la nota - hanno un solido profilo di efficacia e sicurezza dimostrato nel tempo. “Per ciò che concerne la possibile relazione tra l'uso delle gonadotropine e l’aumento del rischio di cancro non vi sono ancora evidenze conclusive - aggiunge Allegra - anche se la letteratura più recente appare confortante, almeno per le donne che non hanno avuto figli. Peraltro, con l’uso di questi farmaci non sono stati riportati né effetti a distanza né un incremento del rischio di insorgenza di altre malattie in maniera significativamente diversa rispetto alla popolazione controllo non trattata”.

L'avanzamento tecnologico ha inoltre migliorato sempre più nel tempo i processi di produzione delle gonadotropine, garantendo oggi un elevato grado di purezza e affidabilità. “Nel campo della medicina della riproduzione, Ibsa ha una lunga esperienza e ha generato un know-how scientifico e tecnologico molto solido. La nostra filosofia di ricerca e sviluppo si basa sull'ascolto attento dei pazienti per offrire trattamenti nella forma migliore” – afferma Tiziano Fossati, Responsabile della Ricerca e Sviluppo Farmaceutica di Ibsa.

Secondo recenti stime, dal 2012 al 2022 - dettaglia la nota - si è registrato un aumento del 73% nell'utilizzo delle tecniche di Pma, con ben 3,7 parti su 100 ottenuti con procreazione assistita. In particolare, la fecondazione in vitro con trasferimento di embrioni nell’utero (Fivet) si conferma la tecnica più utilizzata passando in dieci anni dal 37% al 48%. Le procedure di Pma entreranno prossimamente anche a far parte dei Livelli essenziali di assistenza (Lea).

"L'integrazione delle tecniche di Pma nei Lea è un passo avanti fondamentale per garantire l'accesso equo a tutte le coppie con problemi di fertilità in cerca di un figlio, indipendentemente dalla Regione di residenza – rimarca Luca Mencaglia, presidente Fondazione Pma - Purtroppo, è notizia recente che l’entrata in vigore del nuovo tariffario Lea è slittata ulteriormente a gennaio 2025, rinvio che pesa in particolare nell’ambito della medicina della riproduzione dove il fattore tempo gioca un ruolo cruciale sulla probabilità di successo dei trattamenti, almeno per quelle coppie che si avvicinano a questi percorsi già in età avanzata”.

Il percorso di Pma, incluso lo step di stimolazione ovarica, è un cammino complesso anche dal punto di vista psicologico. “La diagnosi di infertilità e il ricorso alla Pma possono rappresentare una vera e propria crisi di vita, personale, relazionale e familiare - ammette Silvia Grossi, psicologa psicoterapeuta - dal momento che sono una fonte importante di stress, cronico e costante, che ha un impatto significativo sia sul benessere psicologico sia in diverse sfere di vita". Tali livelli di stress "possono incidere in modo significativo anche sulla decisione di abbandonare i trattamenti: 1 coppia su 4 rinuncia proprio a causa delle sfide emotive e fisiche spesso sottovalutate all’inizio del percorso. Molte coppie evitano il supporto psicologico per timore di sentirsi ancora più inadeguate, ma in realtà è un’occasione per vivere meglio le fatiche emotive del momento, migliorare il benessere individuale e rafforzare il legame di coppia, con conseguenti effetti positivi anche sulla compliance ai trattamenti" conclude l'esperta.

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Sanità, Siaarti: ‘anestesisti merce rara ma serve...

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Giarratano, 'contrari a formare specializzandi rianimatori, medici d'urgenza e chirurghi in ospedali periferici fuori rete formativa'

Sanità, Siaarti: 'anestesisti merce rara ma serve riforma sistema post-laurea'

"Anestesisti, rianimatori, medici d'urgenza e chirurghi sono ormai merce rara. Tuttavia, formare questi specializzandi anche in ospedali fuori rete formativa per colmare carenze di organico dovute ad anni di programmazione sbagliata ci lascia molto perplessi. La formazione sul campo e negli ospedali non è in discussione. Anzi, è fondamentale, ma occorre una riforma piena del sistema di formazione post-laurea Medicina che garantisca qualità della stessa, competenze e attività maturate sul campo". Così all'Adnkronos Salute il presidente della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) Antonino Giarratano, commenta l'approvazione da parte del Senato del 'Decreto Pnrr' che tanto preoccupa i medici specializzandi in cerca di una vera formazione post-laurea.

Per Giarratano "occorre evitare che lo specializzando sia considerato una risorsa destinata a coprire buchi di organico del Servizio sanitario regionale in strutture periferiche prive di molte specialità, dove - sottolinea - per restare alla disciplina di Anestesia e rianimazione, farebbe un'attività diversa e comunque priva di quelle specialità necessarie alla sua formazione, non maturando competenze essenziali per chi poi dovrà da tali nuovi specialisti essere assistito e curato".

Inoltre, "con questo provvedimento - evidenzia il presidente di Siaarti - è stata tolta ai docenti la loro funzione di certificare le acquisizioni di competenze. Chi lo farà, soprattutto se in alcune reti gli specializzandi non le matureranno? Insistiamo, troviamo soluzioni complessive che garantiscano tutte le esigenze, del sistema sanitario e della formazione. O la fuga dalle iscrizioni in alcune specialità diventerà una emorragia".

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I nani superlongevi dell’Ecuador hanno il cuore...

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Nuovo lavoro firmato da Valter Longo, padre della dieta mima-digiuno, sui vantaggi genetici della sindrome rara di Laron

Un laboratorio

Sono poche centinaia in tutto il mondo, non più di 400-500. Portatori di una mutazione genetica rara che causa sì una malattia associata a una forma di nanismo (sindrome di Laron o Ghrd, deficit del recettore dell'ormone della crescita), ma conferisce anche dei vantaggi: innanzitutto una super longevità (i topi con la stessa mutazione vivono il 40% in più) e poi un rischio molto basso di cancro e diabete di tipo 2, nonostante un tasso più alto di obesità, nonché cervelli più sani e migliori performance nei test cognitivi e di memoria. Ebbene, l'ultima scoperta è che questa mutazione - identificata per la prima volta in un gruppo di ecuadoriani i cui antenati erano fuggiti dalla Spagna durante l'Inquisizione oltre 3 secoli fa - sembra proteggere anche il cuore. Lo studio è pubblicato su 'Med' e porta la firma del padre della dieta mima-digiuno Valter Longo, scienziato italiano docente di gerontologia negli Usa alla University of Southern California, e dell'endocrinologo Jaime Guevara-Aguirre dell'Universidad San Francisco de Quito, Ecuador.

Lo studio

Per 2 decenni Longo, Guevara-Aguirre e i loro team hanno indagato sulle condizioni di salute e i processi di invecchiamento delle persone con Ghrd. Scoprendo che la mutazione che le caratterizza riduce la capacità dell'organismo di utilizzare l'ormone della crescita, ma rappresenta una specie di 'scudo' contro diverse patologie legate all'età. Finora, però, il rischio di malattie cardiovascolari nella sindrome di Laron restava poco chiaro. Anzi, l'idea era che negli esseri umani questa mutazione della longevità potesse aumentare i pericoli per cuore e vasi. Invece no.

I ricercatori hanno esaminato la funzione cardiovascolare, il danno all'apparato e i fattori di rischio nei pazienti Ghrd e nei loro parenti. Le valutazioni si sono svolte in due fasi a Los Angeles e in Ecuador, coinvolgendo un totale di 51 persone di cui 24 con sindrome di Laron diagnosticata e 27 familiari senza sindrome (controlli). E' risultato che "i soggetti Ghrd - riportano gli autori - presentavano livelli di glicemia, resistenza all'insulina e pressione sanguigna più bassi rispetto al gruppo di controllo. Avevano anche cuori più piccoli e carotidi meno spesse". Inoltre, "nonostante livelli elevati di colesterolo 'cattivo' Ldl, hanno mostrato una minor tendenza a sviluppare placche aterosclerotiche della carotide (7% vs 36%)".

"Questi risultati suggeriscono che gli individui con Ghrd hanno livelli normali o migliorati di fattori di rischio per patologie cardiovascolari rispetto ai loro familiari" senza sindrome di Laron, afferma Longo, autore senior del nuovo lavoro.

"Sebbene la popolazione testata sia ridotta - precisa lo scienziato - insieme agli studi su topi e altri organismi, questi dati sull'uomo forniscono preziose informazioni sugli effetti della carenza del recettore dell'ormone della crescita per la salute, e suggeriscono che farmaci o interventi dietetici che determinano effetti simili potrebbero ridurre l'incidenza di malattia e potenzialmente prolungare la longevità".

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Torna l’influenza, migliaia di bimbi a letto

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Risale l'incidenza. Ancora 280mila casi in una settimana

Bimbo con influenza - Fotogramma

Tornano a salire in Italia i casi di influenza e virus 'cugini', soprattutto tra i bimbi più piccoli, complici gli 'up and down' del meteo di questa strana primavera. Lo riportano gli ultimi bollettini del sistema di sorveglianza RespiVirNet, curato dall'Istituto superiore di sanità. E superano quota 14 milioni gli italiani messi a letto da infezioni che ancora sembrano non voler mollare la presa.

"Nella sedicesima settimana del 2024", dal 15 al 21 aprile, si legge, "i casi stimati di sindrome similinfluenzale, rapportati all'intera popolazione italiana, sono circa 282.000, per un totale di circa 14.399.000 casi a partire dall'inizio della sorveglianza". Nei 7 giorni analizzati l'incidenza delle sindromi simil-influenzali resta "stabile", pari a 4,8 casi per mille assistiti (erano 4,7 nella settimana precedente). Rimangono "maggiormente colpiti i bambini sotto i 5 anni di età, in cui si osserva un livello di incidenza di 14 casi per mille assistiti, in leggero aumento rispetto alla settimana precedente (13,7)".

In Toscana, Puglia e Basilicata, l'incidenza di influenza & Co. torna alla soglia basale.

Rezza: "Super coda per primavera ballerina"

"Abbiamo avuto una stagione influenzale molto molto intensa e attiva, con tantissimi casi: oltre 14 milioni di sindromi similinfluenzali che è un numero considerevole. E anche la parte finale, la 'coda' che stiamo sperimentando in queste settimane, è altrettanto lunga e intensa, e si accompagna alla circolazione ancora presente anche di altri virus circolatori". Complici "i cambiamenti di temperatura e una primavera ballerina e, in certi momenti, quasi invernale". Così all'Adnkronos Salute Giovanni Rezza, docente straordinario di Igiene all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano sulla ripresa delle infezioni nei bambini più piccoli.

Quando si hanno i forti sbalzi di temperatura aumentano i contagi soprattutto perché "con il freddo tendiamo a stare in ambienti chiusi che facilitano i contatti, come ormai tutti sanno molto bene dopo l'esperienza pandemica". Siamo, comunque, "nella fase finale della stagione dei virus respiratori: vediamo in circolazione un po' d'influenza e una piccola 'zuppa' di altri patogeni, dal virus respiratorio sinciziale ai più presenti rinovirus". L'influenza di quest'anno "è stata sicuramente pesante e prolungata", nonostante "l'inverno mite". Ora però, "ci aspettiamo che la circolazione vada sempre più a diminuire". Quella che stiamo vivendo, "per quanto altalenante e prolungata, rappresenta comunque una coda, con una circolazione più bassa rispetto a un mese fa. Con il rialzo delle temperature in vista, probabilmente, staremo tutti di più all'aria aperta, e vedremo anche assottigliarsi sempre di più questa lunga e fastidiosa coda".

Lopalco: "Sbalzi termici causa solo in parte"

"I fattori climatici, incluse le 'altalene termiche', sono solo in parte fattori che facilitano la circolazione dei virus respiratori. Quello che di sicuro sappiamo è che l'ultima stagione influenzale, compresa la coda che stiamo vivendo, si caratterizza per una straordinaria intensità di circolazione virale", afferma all'Adnkronos Salute Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all'università del Salento.

"Quello che osserviamo in questi giorni - continua Lopalco - è il tipico 'colpo di coda' stagionale. Non cambia la valutazione che abbiamo fatto dell'intera stagione influenzale: quella del 2023/24 è stata certamente una stagione molto intensa di circolazione virale sostenuta sia da virus dell'influenza che da altri virus 'cugini', fra cui il virus respiratorio sinciziale ed il Covid-19. A fronte di questa intensità virale, purtroppo, non abbiamo avuto una adeguata attenzione alla vaccinazione. E' stata un'occasione di prevenzione mancata", conclude Lopalco.

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