Economia
Astrofisica, gli scienziati confermano: “Le kilonove...
Astrofisica, gli scienziati confermano: “Le kilonove sono ‘fabbriche’ di terre rare nell’universo”
Giocano un ruolo significativo nella creazione di metalli pesanti, gli stessi che si trovano negli smartphone, nelle lampade e nelle batterie delle auto elettriche
Confermato da uno studio - a partecipazione italiana - che le kilonove giocano un ruolo significativo nella creazione degli elementi più pesanti nell’Universo, le note terre rare che si trovano anche negli smartphone, nelle lampade e nelle batterie delle auto elettriche. Esplosioni astronomiche che derivano dalla fusione di oggetti celesti super compatti, le kilonove appartengono a una rara classe di eventi osservati nel cielo, eventi catastrofici che sono caratterizzati da lampi gamma-Gamma-ray bursts brevi, che durano di solito meno di 2 secondi, tranne alcune eccezioni, tra cui il GRB 230307A piuttosto lungo - circa 40 secondi - rilevato nel 2023. Yuhan Yang, postdoc in Astrofisica ed Eleonora Troja, professoressa associata di Astrofisica del dipartimento di Fisica dell’Università di Roma Tor Vergata e associata a Inaf-Istituto Nazionale di Astrofisica, firmano un nuovo studio pubblicato su Nature (https://www.nature.com/articles/s41586-023-06979-5) che analizza l’evoluzione temporale delle kilonove e il loro coinvolgimento nella produzione di elementi pesanti, noti come lantanoidi o, più comunemente, terre rare, metalli che fanno parte della nostra quotidianità e che si trovano negli smartphone, nelle lampade e nelle batterie delle auto elettriche.
Secondo gli astronomi, nei giorni successivi ad un evento di fusione, l’evoluzione della kilonova è essenzialmente caratterizzata dal decadimento radioattivo degli elementi più pesanti del ferro, sintetizzati durante la fusione. Nel periodo che va da una settimana a un mese, ci si aspetta che il comportamento della kilonova diverga sulla base della composizione del materiale rilasciato e di ciò che rimane lì dove è avvenuta la fusione. "Di solito non si osservano le kilonove per così tanto tempo, ad eccezione di AT2017gfo, che è stata la prima e l’unica kilonova con segnali di onde gravitazionali finora osservata" spiega Yuhan Yang. Negli anni passati il telescopio spaziale Spitzer aveva osservato AT2017gfo mesi dopo la fusione ma, sfortunatamente, il debole segnale non aveva permesso di identificare la presenza di terre rare, lasciando comunque un pezzo mancante del puzzle.
Nella ricerca pubblicata su Nature sono state invece riportate le osservazioni legate a GRB 230307A. L'inizio della kilonova è stato identificato dalle osservazioni di questo GRB dopo un giorno. Lo studio è stato prorogato per due mesi dopo il lampo gamma. La sensibilità e la visione multicolore del telescopio spaziale Hubble e del telescopio spaziale James Webb hanno permesso di risolvere un pezzo cruciale del puzzle, ovvero l’evoluzione 'tardiva' di una kilonova.
"È stato emozionante studiare una kilonova come mai l'abbiamo vista grazie ai potenti occhi dei telescopi Hubble e James Webb Space Telescope" commenta Eleonora Troja. "Nei primi pochi giorni il comportamento di una kilonova non varia a seconda della sua composizione chimica, ci vogliono settimane per capire quali metalli sono stati forgiati nell’esplosione e noi non abbiamo mai avuto la possibilità di osservare una kilonova così a lungo. Ora, per la prima volta, abbiamo potuto verificare che i metalli più pesanti del ferro e dell’argento si sono formati davanti ai nostri occhi" afferma la scienziata.
I ricercatori spiegano che il rapido processo di cattura dei neutroni, il cosiddetto processo r, produce elementi più pesanti del ferro. La presenza di terre rare derivate dal processo r è cruciale per spiegare la brillante luce infrarossa proveniente da GRB 230307A. Questo conferma che le kilonove giocano un ruolo significativo nella creazione degli elementi più pesanti nell’Universo.
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Ita-Lufthansa, rinvio in vista: l’Ue attende nuove...
Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza
Sulla questione Ita Airways e Lufthansa la Commissione europea attende nuove proposte sul taglio delle rotte con un probabile rinvio della decisione a metà giugno. Per l'acquisto del 41% di Ita il gruppo tedesco vuole investire 325 milioni ma Bruxelles teme che con il matrimonio tra le compagnie venga ridotta la concorrenza.
Economia
Webuild, bilancio e nuovo Cda lanciano titolo in Borsa...
Giornata particolarmente brillante in Borsa per Webuild che, dopo l'approvazione del bilancio 2023 e la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione, che ha riconfermato Pietro Salini come amministratore delegato, chiude la seduta odierna di scambi in deciso rialzo: il titolo balza a quota +5,17% attestandosi a 2,27 euro per azione.
L'assemblea degli azionisti della società, riunitasi questa mattina, ha approvato anche la distribuzione di un dividendo per un importo pari a 0,071 euro per ciascuna azione ordinaria ed 0,824 euro per ciascuna azione di risparmio esistente ed avente diritto al dividendo alla data di stacco della cedola.
Quanto al nuovo cda, composto da 15 membri, vede Gian Luca Gregori con funzioni di presidente, oltre a Davide Croff, Moroello Diaz della Vittoria Pallavicini, Paola Fandella, Francesca Fonzi, Flavia Mazzarella, Itzik Michael Meghnagi, Francesco Renato Mele, Teresa Naddeo, Alessandro Salini, Pietro Salini, Serena Torielli, Michele Valensise, Laura Zanetti e Francesco Chiappetta.
Economia
Università, Free Academy: “Atenei tradizionali e...
Benché l’Italia abbia un bassissimo numero di laureati (in Europa unicamente la Romania ha risultati peggiori), all’interno del bilancio pubblico il comparto universitario pesa in maniera significativa. Secondo l’ultimo rapporto dell’Anvur, il Fondo per il finanziamento ordinario (Ffo) delle università ammonta a 9,205 miliardi di euro, che vanno a coprire più dei 2/3 delle necessità delle università statali. Di questa somma, soltanto lo 0,73% (68 milioni di euro) è destinato alle università non statali, sia tradizionali sia telematiche.
A giudizio di Aurelio Mustacciuoli, responsabile Studi e Ricerche di Free Academy, “limitandoci a considerare l’Ffo lo studente di un’università statale ogni anno costa al contribuente ben 5.701 euro, mentre di media uno studente delle università private costa 195 euro. Se poi si considerano le università telematiche (lasciando quindi da parte gli atenei privati tradizionali: la Bocconi di Milano, la Luiss di Roma ecc.) le risorse che lo Stato destina alle università online ammontano a soli 2,8 milioni”. Questo significa che uno studente universitario telematico grava sullo Stato per la risibile cifra di 12,5 euro: lo 0,21% di quanto costa in media uno studente dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, della Sapienza di Roma o della Federico II di Napoli.
Non basta. La maggior parte delle università telematiche sono fondazioni, ma alcune di loro – quelle più 'sotto attacco' da parte dei difensori dello status quo – sono società di capitali e quindi ogni anno versano somme considerevoli all’erario. Sempre ad avviso di Mustacciuoli, “considerando unicamente il gruppo universitario Multiversity (che è controllato dal fondo Cvc Capital Partners e che include Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma) nel 2022 per le sole imposte dirette è stato registrato un esborso di 43 milioni di euro: il che significa che soltanto questi tre atenei online danno allo Stato ben 15 volte quanto tutte le università telematiche nel loro insieme ottengono in forma di Ffo”. Quindi vi sono ben 5050 studenti italiani delle università pubbliche che possono studiare grazie alle entrate fiscali garantite dal gruppo Multiversity.
Da questo punto di vista, una crescita degli atenei privati telematici – la cui retta è mediamente assai inferiore al costo che ogni studente comporta per le casse statali – condurrebbe non soltanto a un minor costo complessivo per ogni studente, ma aiuterebbe anche a ridurre l’esorbitante prelievo fiscale che grava sulle imprese, sulle famiglie e sui lavoratori.
In conclusione, secondo Mustacciuoli, “alla luce dei dati sopra riportati è chiaro che lo studente tradizionale costa allo Stato ben 5.701 euro soltanto per l’Ffo, mentre ognuno degli oltre 144 mila studenti di Unipegaso, Mercatorum e San Raffaele Roma (a.a. 2022-23) porta alle casse statali 331 euro. Si tratta di cifre che devono far riflettere”.