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Aereo russo precipitato, Il-76: cosa sappiamo sul cargo...

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Aereo russo precipitato, Il-76: cosa sappiamo sul cargo strategico dell’esercito di Mosca

Nome in codice Nato 'Candid', è un quadrimotore da trasporto di fabbricazione sovietica entrato in servizio nel 1974

L'Ilyushin Il-76

Sarebbe un Ilyushin Il-76 l'aereo da trasporto militare russo che si è schiantato nella regione russa di Belgorod, vicino al confine con l'Ucraina. Ma cosa sappiamo di questo velivolo?

Nome in codice Nato 'Candid', l'Ilyushin Il-76 è un aereo quadrimotore da trasporto militare strategico sviluppato a cavallo degli anni '60 e '70 dall'ufficio di progettazione Ilyushin dell'Unione Sovietica.

E' stato progettato per muovere considerevoli quantità di merci, truppe e mezzi, equipaggiamento militare e armi sulle grandi distanze ed è entrato in servizio nell'aeronautica militare sovietica nel 1974, riscuotendo un notevole successo commerciale. Di solito ha un equipaggio di cinque persone e può trasportare fino a 90 passeggeri.

Al giorno d'oggi l'Il-76 viene spesso utilizzato come aereo cargo per merci che richiedono l'utilizzo di una rampa di carico, in particolare per carichi eccezionali o pesanti che non potrebbero essere trasportati altrimenti. È stato utilizzato anche per aiuti umanitari e soccorsi in caso di calamità in tutto il mondo. L'aereo può decollare da una pista non asfaltata, rendendolo utile negli interventi di risposta alle emergenze.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Esteri

Gaza, Netanyahu: “Biden? Spero supereremo...

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Il premier israeliano nel mezzo delle tensioni con gli Stati Uniti: "Faremo quello che dobbiamo fare per proteggere il nostro Paese e questo significa proteggere il nostro futuro"

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu - Afp

"Conosco Joe Biden da molti anni, da più di 40 anni. Spesso siamo stati d'accordo, ma abbiamo anche avuto divergenze. Siamo stati in grado di superarle. Spero potremo superarle anche adesso". Si è espresso così il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel mezzo delle tensioni tra Stati Uniti e Israele.

"Faremo quello che dobbiamo fare per proteggere il nostro Paese e questo significa proteggere il nostro futuro - ha poi insistito il premier israeliano in un'intervista al talk show 'Dr. Phil' rilanciata dalla Cnn -. E significa che sconfiggeremo Hamas, anche a Rafah". "Non abbiamo altra scelta", ha insistito il premier.

Il videomessaggio: "Avanti da soli"

Il premier israeliano, del resto, era stato chiaro. ''Se dobbiamo restare soli, resteremo soli'', ma ''combatteremo con le unghie e con i denti'' perché ''siamo determinati e siamo uniti per sconfiggere i nostri nemici e coloro che vogliono farci del male'', aveva detto nel videomessaggio diffuso su 'X' in vista del Giorno dell'Indipendenza che si celebra il 14 maggio. ''75 anni fa. Eravamo pochi contro molti'' mentre ''oggi siamo molto più forti'', aveva rimarcato.

Operazione a Rafah e scontro con gli Usa: il punto

La posizione assunta dal presidente degli Stati Uniti non sembra quindi condizionare i programmi di Israele. Il presidente americano ha affermato che Washington non invierà più armi a Israele se l'operazione a Rafah, dove sono rifugiati circa 1,5 milioni di palestinesi, avesse luogo. Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno ''armi a sufficienza per le missioni pianificate, anche per Rafah'', ha spiegato portavoce delle Idf, Daniel Hagari . ''Le Idf dispongono di armi per le missioni che stanno pianificando, e anche per le missioni a Rafah. Abbiamo ciò di cui abbiamo bisogno'', ha detto.

Hagari ha quindi sottolineato che ''gli Stati Uniti hanno finora fornito assistenza in materia di sicurezza allo Stato di Israele e alle Idf durante la guerra in un modo senza precedenti''. Inoltre, il capo di stato maggiore delle Idf, il generale Herzi Halevi, parla ogni giorno con il capo del Centcom Usa, il generale Michael Erik Kurilla. ''Anche quando ci sono disaccordi tra noi, li risolviamo a porte chiuse'', ha detto Hagari.

Le pressioni Usa, cosa chiede la Casa Bianca

La Casa Bianca, intanto, continua il pressing su Netanyahu. "Distruggere Rafah non porterà a raggiungere l'obiettivo di Washington e Tel Aviv di sconfiggere Hamas a Gaza'', ha detto dichiarato John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, spiegando che gli Stati Uniti hanno proposto a Israele ''metodi diversi per fare pressione su Hamas''. Ovvero, ''esistono modi migliori per sconfiggere ciò che resta di Hamas a Rafah rispetto a una grande operazione di terra''.

Il presidente Biden e il suo team "sono stati chiari per diverse settimane sul fatto che non supportiamo un'importante operazione di terra a Rafah, dove più di un milione di persone si stanno rifugiando senza un posto sicuro dove andare'', ha aggiunto Kirby, evidenziando la necessità di fornire aiuto alla popolazione. "Vogliamo che tutta l'assistenza umanitaria continui a passare attraverso il valico di Rafah e tutti gli altri valichi il più presto possibile", ha detto ancora. Gli Stati Uniti, ha spiegato, hanno chiesto agli israeliani di riaprire il valico e loro hanno accettato, ma senza fornire una tempistica.

Da due giorni nessuno aiuto è entrato dai valichi con il sud della Striscia di Gaza, come ha detto il direttore per la Palestina di World Food Programme (Wfp), Matthew Hollingworth, spiegando che ''il nostro magazzino principale non è accessibile. Nessun aiuto è entrato attraverso i valichi meridionali in due giorni''. Con un post su 'X', Hollingworth ha spiegato che ''solo un panificio funziona ancora. Le forniture di cibo e carburante a Gaza dureranno solo 1-3 giorni. Dopo di che, le nostre operazioni si fermeranno''.

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Trump ai big del petrolio: “Datemi un miliardo, batto...

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"Siete abbastanza ricchi, dovreste raccogliere un miliardo di dollari per farmi tornare alla Casa Bianca"

Donald Trump - Afp

Un miliardo di dollari alla campagna per riportare Donald Trump alla Casa Bianca ed azzerare tutti i regolamenti ambientali, e per la lotta ai cambiamenti climatici, adottati da Joe Biden che stanno limitando l'industria petrolifera Usa. E' questa la proposta fatta da Donald Trump ad un gruppo di Ceo delle principali società petrolifere Usa, invitati il mese scorso a Mar-a-Lago, dopo che uno di loro si è lamentato delle politiche dell'amministrazione democratica, nonostante i 400 milioni di dollari spesi per operazioni di lobbying.

"Siete abbastanza ricchi, dovreste raccogliere un miliardo di dollari per farmi tornare alla Casa Bianca", sarebbe stata, secondo quanto rivela oggi il Washington Post, la risposta del tycoon che, durante la cena servita in una sala con vista mare, ha assicurato che, se rieletto presidente, azzererà i regolamenti ambientali già entrati in vigore e fermerà quelli che devono entrare in vigore.

Trump non ha mancato poi di sottolineare, aggiungono le fonti informate citate dal Post, che versare un miliardo alla sua campagna sarebbe "un affare" per le grandi società petrolifere, considerate tutte le tasse che una sua presidenza farebbe loro risparmiare e i regolamenti che toglierebbe di mezzo.

Le rivelazioni gettano luce sul tipo di programma in materia ambientale e clima con cui Trump intende candidarsi, tutto teso a smontare il lavoro cruciale fatto da Biden, anche in materia di energia pulita e veicoli elettrici. Per il presidente democratico i cambiamenti climatici sono "una minaccia esistenziale" e negli ultimi anni ha approvato 100 nuovi regolamenti ambientali per tagliare l'inquinamento e le emissioni responsabili dei gas serra, limitare gli agenti chimici e tutelare territori e oceani. Trump invece ha definito i cambiamenti climatici "una bufala" e la sua amministrazione ha abolito o annacquato oltre 125 regolamenti ambientali.

Nonostante le lamentele dell'industria petrolifera sulle politiche di Biden, gli Usa ora producono più petrolio di qualsiasi altro Paese del mondo, pompando quasi 13 milioni di barili al giorno. ExxonMobil e Chevron, le principali società energetiche Usa, hanno riportato lo scorso anno il maggiore profitto dell'ultimo decennio. E con una nuova amministrazione Trump i loro profitti cresceranno ancora, ha promesso l'ex presidente durante la cena a Mar-a-Lago, assicurando che metterebbe immediatamente fine allo stop deciso dall'amministrazione Biden dei permessi per il gas naturale liquefatto (Lgn).

"L'avrete al mio primo giorno da presidente", ha assicurato Trump alla tavolata di una ventina di manager dell'industria petrolifera, aggiungendo che riaprirebbe anche le aste per altre concessioni di trivellazioni nel Golfo del Messico, abolendo anche le restrizioni di trivellazioni dell'Alaska artico.

"State aspettando i permessi da cinque anni, li avrete il primo giorno", ha detto Trump, mostrando invece tutta la sua opposizione alle forme di energia alternativa, come l'eolico. Trump ha anche promesso che abolirà "l'obbligo" della auto elettriche imposto da Biden, riferendosi in questi termini errati alle misure imposte dall'Epa di ridurre le emissioni delle auto, da lui definite "ridicole".

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Esteri

“Francia ha mandato soldati in Ucraina”, come...

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Un articolo, un post, una valanga di condivisioni e la menzogna vola

La smentita del ministero degli Esteri francese

L'Ue non manderà soldati in Ucraina per la guerra contro la Russia, "qualunque cosa dica" il presidente francese Emmanuel Macron. Le parole dell'Alto Rappresentante dell'Unione Europea per la Politica Estera, Josep Borrell, non lasciano spazio ai dubbi. L'Europa non entrerà nel conflitto. Eppure, dopo le recenti dichiarazioni di Macron, che ha ipotizzato l'invio di truppe in caso di cedimento del fronte ucraino, negli ultimi giorni - tra le varie fake news - è spuntata l'indiscrezione secondo cui la Francia avrebbe già inviato reparti della Legione straniera in Ucraina.

I social, in questo caso, hanno fatto da amplificatore come spesso accade. Il magazine Newsweek ha acceso i riflettori sulla vicenda, evidenziando in particolare il post pubblicato su X dall'emittente Nexta Tv. "La Francia ha segretamente inviato i suoi soldati in Ucraina", ha scritto l'emittente riportando le parole che Stephen Bryen, ex funzionario del Pentagono, ha inserito in un articolo per Asian Time. Il post, manco a dirlo, ha preso il volo con centinaia di migliaia di visualizzazioni in un paio di giorni.

Bryen, in particolare, "sostiene che unità del terzo reggimento della fanteria francese, una delle principali unità della Legione Straniera, è stato inviato a Slovyansk per offrire supporto alla 54esima brigata delle forze armate ucraine. Questo gruppo comprende circa 100 uomini per artiglieria e osservazione. Secondo Bryen, dovrebbero arrivare circa 1500 uomini". A corredo del post, anche uno screenshot dell'articolo con il titolo perentorio: "La Francia manda truppe da combattimento al fronte in Ucraina". A sostegno delle affermazioni, nessun elemento. Niente prove.

Stephen Bryen è un ex direttore dello staff della Sottocommissione Vicino Oriente sotto l'egida della Commissioni relazioni straniere del Senato americano. Da un blog riconducibile a Bryen, spiega Newsweek, il funzionario ha acquisito informazioni da Sputnik, media russo 'megafono' del Cremlino, e da un canale Telegram russo, Military Chronicle.

Cosa è successo? Sputnik ha eliminato il suo post e il canale Telegram si è blindato, vincolando l'accesso ad una autorizzazione che va richiesta e che non sempre viene concessa. "Non sono stato accurato e le mie fonti erano sospette - le parole di Bryen nel blog -. Alcuni le definiscono false ma per me non lo sono". Alla fine, è dovuto intervenire ufficialmente il ministero degli Esteri francese con un post su X: "Allerta fake news. Campagne di disinformazione sul sostegno della Francia all'Ucraina sono più attive che mai. La Francia non ha inviato soldati in Ucraina". Messaggio perentorio, visto però da appena 60mila utenti.

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