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Gaza, Netanyahu: “Biden? Spero supereremo...

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Gaza, Netanyahu: “Biden? Spero supereremo divergenze”. Ma su Rafah va avanti

I 'piani israeliani' per evitare lo scontro con gli Usa. A che punto sono i negoziati, le news. Razzi palestinesi contro il valico di Kerem Shalom, il punto sulla guerra

Militari israeliani - Afp

Ci sarebbero 'piani israeliani' su Rafah mentre vanno avanti le tensioni tra Stato ebraico e Stati Uniti sull'operazione. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu sceglie infatti di andare avanti in solitaria sull'invasione - promettendo di sconfiggere Hamas - nonostante le pressioni della Casa Bianca e con la speranza di "superare le divergenze" con il presidente americano.

Secondo quanto scrive il sito di notizie israeliano Ynet, l'intera zona est di Rafah è accerchiata con i tank delle forze israeliane che hanno preso il controllo della principale arteria che divide l'est dall'ovest della città.

Intanto, sul fronte cessate il fuoco a Gaza e liberazione degli ostaggi, frenano i negoziati andati avanti a fatica, con l'organizzazione islamista che ora scarica ogni responsabilità di un accordo interamente sulle spalle di Israele: "Ora la palla è completamente nel loro campo". Continua intanto la guerra nella Striscia, razzi palestinesi lanciati contro il valico di Kerem Shalom: le news.

Ok gabinetto sicurezza a espansione operazioni a Rafah

Il gabinetto di sicurezza israeliano ha approvato "l'espansione dell'area di operazione" delle Idf a Rafah. Lo hanno indicato tre fonti citate dal giornalista di Axios, Barak Ravid, sul social X. Secondo il giornalista, due fonti hanno sostenuto che si tratta di una "espansione limitata" che non supera le linee rosse stabilite dal presidente, Joe Biden. La terza fonte, invece, ha affermato che l'espansione approvata include azioni che potrebbero essere interpretate dagli Stati Uniti come un superamento delle linee rosse.

Le tre fonti hanno sottolineato che il gabinetto di sicurezza ha anche incaricato i negoziatori israeliani di continuare gli sforzi per raggiungere un accordo sugli ostaggi e di provare a formulare una nuova iniziativa che possa portare ad una svolta. I ministri ultranazionalisti Ben Gvir e Smotrich hanno votato contro questa decisione.

Soldati israeliani si addestrano per possibile conflitto con il Libano

I soldati israeliani si addestrano nell'eventualità di un conflitto con il Libano. Lo hanno confermato gli stessi militari, riferendo di esercitazioni di riservisti di una brigata tenute nel corso della settimana per "accelerare la preparazione per un'operazione in questo teatro". L'obiettivo è esser pronti a livello operativo "per vari scenari di combattimento nel nord", al confine con il Libano, dove prosegue il 'confronto' con gli Hezbollah. Durante l'addestramento, nel nord di Israele, sono state simulate situazioni di combattimento in Libano. Fanteria e truppe corazzate si sono addestrate insieme alle unità logistica e trasmissioni. Altri reparti hanno partecipato all'addestramento con l'Aeronautica.

Tensioni Netanyahu-Biden su Rafah: cosa succede

"Conosco Joe Biden da molti anni, da più di 40 anni. Spesso siamo stati d'accordo, ma abbiamo anche avuto divergenze. Siamo stati in grado di superarle. Spero potremo superarle anche adesso". Si è espresso così il premier israeliano Benjamin Netanyahu nel mezzo delle tensioni con gli Usa dopo lo stop di Biden all'invio di armi al Paese in caso di operazione a Rafah. "Faremo quello che dobbiamo fare per proteggere il nostro Paese e questo significa proteggere il nostro futuro - ha poi insistito il premier israeliano in un'intervista al talk show 'Dr. Phil' rilanciata dalla Cnn -. E significa che sconfiggeremo Hamas, anche a Rafah". "Non abbiamo altra scelta", ha insistito il premier.

Il premier israeliano, del resto, era già stato chiaro. ''Se dobbiamo restare soli, resteremo soli'', ma ''combatteremo con le unghie e con i denti'' perché ''siamo determinati e siamo uniti per sconfiggere i nostri nemici e coloro che vogliono farci del male'', aveva detto nel videomessaggio diffuso su 'X' in vista del Giorno dell'Indipendenza che si celebra il 14 maggio. ''75 anni fa. Eravamo pochi contro molti'' mentre ''oggi siamo molto più forti'', aveva rimarcato.

Da due giorni nessuno aiuto è entrato dai valichi con il sud della Striscia di Gaza, come ha detto il direttore per la Palestina di World Food Programme (Wfp), Matthew Hollingworth, spiegando che ''il nostro magazzino principale non è accessibile. Nessun aiuto è entrato attraverso i valichi meridionali in due giorni''. Con un post su 'X', Hollingworth ha spiegato che ''solo un panificio funziona ancora. Le forniture di cibo e carburante a Gaza dureranno solo 1-3 giorni. Dopo di che, le nostre operazioni si fermeranno''.

I 'piani israeliani' per Rafah per evitare scontro con gli Usa

Ci sarebbero intanto "piani israeliani" per operazioni distinte in "ogni zona di Rafah", scrive il giornale libanese Al Akhbar che cita un ufficiale egiziano. L'obiettivo di Israele sarebbe evitare "lo scontro", ossia le ire di Stati Uniti e comunità internazionale in un contesto di tensioni. La situazione a Rafah, ammette la fonte, "sta peggiorando ulteriormente". Il giornale cita fonti egiziane secondo cui "Israele ha informato" Il Cairo del "proseguimento" delle operazioni militari al confine tra Gaza ed Egitto nella città di Rafah e dell'intenzione di effettuare "operazioni mirate" nella zona con informazioni fornite all'Egitto sulle unità e le dotazioni impiegate per le attività.

Negoziati con Hamas, il punto: ripresa colloqui a Doha?

"Ora la palla è completamente nel campo" di Israele, afferma Hamas confermando che "in pratica", Israele "ha respinto la proposta presentata dai mediatori e sollevato obiezioni su varie questioni centrali" per arrivare a un accordo di cessate il fuoco. Hamas avrebbe chiesto a Israele di accettare un'iniziale pausa di 12 settimane nei combattimenti, anziché di sei settimane, creando un "ostacolo importante" nei negoziati, riporta la Cnn che cita tre fonti in riferimento a quanto avvenuto lunedì scorso, alla più recente 'controproposta' di cessate il fuoco. I funzionari israeliani, evidenziano, sono fortemente contrari ad accettare la richiesta nella convinzione che non sia differente dall'accettare la fine del conflitto.

Guerra Hamas-Israele, le news

Razzi lanciati dal nord della Striscia di Gaza hanno intanto preso di mira il valico di Kerem Shalom con il sud di Israele, l'unico aperto dopo l'annunciata operazione militare israeliana su Rafah. Lo rende noto il sito di Ynet. Il Times of Israel spiega che le sirene di allarme antiaereo sono suonate nella comunità di Kerem Shalom per avvertire del pericolo. Meno di un'ora prima le sirene erano suonate nelle vicine Holit e Sufa.

Unrwa: "In 110mila fuggiti da Rafah"

Sono circa 110.000 le persone che sono fuggite da Rafah, nel sud della Striscia, alla ricerca di "sicurezza" altrove nell'enclave palestinese martellata da sette mesi di operazioni militari israeliane contro Hamas. "Mentre si intensificano i bombardamenti delle forze israeliane a Rafah, proseguono gli sfollamenti forzati", denuncia via X l'Unrwa, che stima siano "circa 110.000 le persone che hanno lasciato Rafah in cerca di sicurezza". "Ma nessun posto è sicuro nella Striscia di Gaza - denunciano - e le condizioni di vita sono atroci. L'unica speranza è un cessate il fuoco immediato".

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**Iran: Pedde, ‘Raisi ha scontentato tutti, nuovo...

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**Iran: Pedde, 'Raisi ha scontentato tutti, nuovo presidente espressione Pasdaran'**

Ebrahim Raisi ha "scontentato tutti" nel suo mandato, è stato "il più insignificante tra tutti i presidenti della Repubblica islamica". Il suo successore sarà un esponente della 'seconda generazione' della rivoluzione islamica, espressione diretta dei Guardiani della Rivoluzione, mentre il dibattito sulla candidatura di Raisi a terza Guida Suprema del Paese era forzato, in quanto mancava del carisma necessario e aveva "troppi scheletri nell'armadio". Lo afferma in un'intervista all'Adnkronos Nicola Pedde, direttore dell'Institute for Global Studies (Igs), delineando lo scenario politico che si apre in Iran all'indomani della morte in uno schianto in elicottero del presidente Raisi e del ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian.

Schianto che, ritiene Pedde, sia probabilmente da imputare a una tragica fatalità, anche "se in questa fase non può essere esclusa nessuna delle ipotesi". L'analista sottolinea come l'elicottero precipitato fosse un modello di fabbricazione americana mancante di parti di ricambio e come la Repubblica islamica abbia una storia di incidenti aerei civili e militari "lunga un chilometro". In più ieri le condizioni meteo nell'area dell'incidente erano "proibitive" e quindi "ci sono tutti i fattori a suffragare la tesi del'incidente". D'altra parte, rimarca, l'ipotesi che possa essere stato un "sabotaggio" prima dell'ispezione del veicolo non si può escludere ed il motivo principale di preoccupazione per i Pasdaran è che l'elicottero di Raisi proveniva dall'Azerbaigian che è un Paese "dove Israele ha una radicata presenza", ma "non hanno calcato la mano più di tanto sull'ipotesi di sabotaggio".

L'esperto giudica la presidenza Raisi "insignificante" dal momento che "non è piaciuta ovviamente alla componente riformista e pragmatica, ma poco anche agli stessi conservatori. E' stato visto come poco incisivo e inerte nella gestione del potere politico. Il suo è stato un mandato deludente perché non ha saputo prendere posizioni nette, scontentando tutti". Pedde ricorda quindi come il defunto presidente sia stato eletto con dei metodi "controversi" in quanto il Consiglio dei Guardiani gli "spianò la strada" non ammettendo al voto i suoi sfidanti più accreditati. Inoltre le elezioni che lo videro vincitore furono quelle con l'affluenza alle urne più bassa nella storia della Repubblica islamica.

Per quanto riguarda la successione a Raisi, secondo Pedde si sta erroneamente attribuendo alla sua scomparsa "un'importanza decisiva" per il futuro dell'Iran, ma "non ci saranno grandi cambiamenti". L'articolo 131 della Costituzione prevede la creazione di un consiglio di gestione composto dal presidente facente funzione Mokhber, dal presidente del Parlamento Qalibaf, e dal capo della magistratura, Mohseni-Ejei che ha 50 giorni per organizzare le elezioni. Durante questo periodo dovranno emergere le candidature, il Consiglio dei Guardiani dovrà selezionarle e si dovrà svolgersi la campagna elettorale.

"Si tratta di un lasso di tempo bravissimo che favorirà i cosiddetti candidati di sistema, quindi l'ala conservatrice e probabilmente più radicale - afferma - Ciò renderà molto difficile le candidature di riformisti e pragmatici: in passato aleggiava il nome di Zarif (l'ex ministro degli Esteri sotto la presidenza Rohani, ndr), ma bisogna vedere i tempi tecnici".

Per quanto riguarda i possibili candidati, il nome di Mokhber come futuro presidente lascia Pedde "abbastanza scettico in quanto molto debole da spendere politicamente". Ma in ogni caso, prosegue l'analista, si tratta di elezioni "molto enfatizzate in termini emotivi, ma che non vanno a cambiare il quadro della politica iraniana".

Quello che Pedde teme "fortemente" alla luce del "forte malcontento seppur sopito" in Iran e della "forte impopolarità di Raisi" è che un candidato di area ultraconservatrice "possa produrre un risultato ancora più basso in termini di affluenza alle urne. E' questo il vero problema per il sistema della Repubblica islamica che trae legittimità dalle elezioni". L'esperto evidenzia che in ogni caso "queste elezioni porteranno al potere un esponente di seconda generazione" ovvero "espressione diretta dei pasdaran".

Pedde esclude infine che la morte di Raisi possa influenzare la corsa alla successione di Khamenei dal momento che molti osservatori parlavano di corsa a due con il figlio della Guida Suprema, Mojtaba. E' "un dibattito che mi sembra molto occidentale e poco iraniano", taglia corto l'esperto, secondo cui Raisi "aveva un profilo che non lo avrebbe mai potuto collocare tra le candidature alla successone di Khamenei" in quanto non aveva "carisma né una credibilità spendibile di fronte al Consiglio dei Guardiani. Il presidente, a causa delle migliaia di oppositori mandati al patibolo quando era vice procuratore di Teheran, aveva troppi scheletri nell'armadio".

La candidatura di Raisi era "più costruita da noi al di fuori dell'Iran. Anche Mojtaba non ha le credenziali giuridico-religiose del padre, in più sancirebbe una linea di potere dinastica che è vista male in ambiente clericale. Non mi stupirei - conclude - che la terza Guida, come accaduto nel passaggio di poteri tra Khomeini e Khamenei, possa arrivare tramite un processo di riforma costituzionale vista la predominanza politica della seconda generazione che svuoterebbe la carica delle sue prerogative".

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L’Ue stringe su Andorra e San Marino, con la Russia...

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Fronte nord, russi preparano seconda fase offensiva –...

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 - (Fotogramma)

La conquista di Vovchansk potrebbe chiudere la prima fase dell'offensiva russa sul fronte nord, concentrata sul Kharkiv: l'intensificarsi degli attacchi sulla vicina regione di Sumy potrebbe essere il preludio all'apertura di un nuovo fronte.

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