Salute e Benessere
Cancro endometrio, ok Ue a dostralimab in prima linea con...
Cancro endometrio, ok Ue a dostralimab in prima linea con chemio
Approvato anche in seconda linea come monoterapia per le forme ricorrenti o avanzate
La Commissione europea ha concesso l'autorizzazione all'immissione in commercio per dostarlimab in combinazione con chemioterapia a base di carboplatino-paclitaxel nel trattamento di pazienti adulte con carcinoma endometriale primario avanzato o ricorrente con una condizione genetica nota come deficit di riparazione del mismatch (dMMR)/MSI-H, alto livello di instabilità dei microsatelliti) e candidate alla terapia sistemica. Con l'autorizzazione per questa indicazione - annuncia Gsk - la Ce ha convertito in piena approvazione anche la precedente approvazione condizionata per dostarlimab in monoterapia in seconda linea per le stesse indicazioni.
"Le persone che vivono con questo tipo di cancro dell'endometrio - afferma Hesham Abdullah, Vicepresidente senior, Global Head Oncology, R&D di Gsk - con gli attuali standard di cura, in genere, sperimentano una progressione della malattia e scarsi risultati a lungo termine. Con questa approvazione possiamo ampliare il numero di pazienti che possono potenzialmente beneficiare del trattamento in Europa, compresi le pazienti che si trovano all'inizio del loro percorso. Siamo orgogliosi delle recenti approvazioni poiché crediamo che dostarlimab continui a trasformare il panorama del trattamento in prima linea del cancro dell'endometrio e si mostri promettente come terapia immuno-oncologica fondamentale". Come osserva Mansoor Raza Mirza, oncologo capo dell'Ospedale Universitario di Copenaghen (Danimarca) e ricercatore principale dello studio registrativo Ruby, "l'approvazione della Commissione europea è una notizia importante perché ritengo definirà un nuovo standard di cura per alcune pazienti con cancro dell'endometrio avanzato o ricorrente. I risultati dello studio Ruby, che ha portato a questa approvazione, sottolineano il potenziale di dostarlimab, in grado di cambiare la pratica clinica di queste pazienti".
L'ok Ue a dostarlimab si basa infatti sui risultati dello studio Ruby che ha dimostrato una solida durata mediana del follow-up ≥ 25 mesi e un beneficio statisticamente e clinicamente significativo nelle pazienti dMMR/MSI-H trattate - riporta una nota - con una riduzione del 72% del rischio di progressione della malattia o di morte rispetto alla sola chemioterapia. In un'analisi esplorativa prespecificata della sopravvivenza globale, l'aggiunta di dostarlimab alla chemioterapia ha determinato una riduzione del 70% del rischio di morte rispetto alla sola chemioterapia. I risultati sono stati presentati in anteprima alla riunione plenaria virtuale della Società europea di oncologia medica (Esmo) e alla riunione annuale della Società di oncologia ginecologica (Sgo) nel marzo scorso. e contemporaneamente pubblicati sul 'New England Journal of Medicine'.
In una successiva analisi pianificata - prosegue la nota - lo studio Ruby ha raggiunto il suo altro endpoint primario di sopravvivenza globale, dimostrando un beneficio statisticamente e clinicamente significativo nella popolazione complessiva di pazienti. Il profilo di sicurezza e tollerabilità della terapia di combinazione è stato coerente con i profili di sicurezza noti. Le reazioni avverse più comuni (≥ 10%) sono state eruzione cutanea, ipotiroidismo (tiroide ipoattiva), aumento dell'alanina aminotransferasi o aumento dell'aspartato aminotransferasi (aumento dei livelli degli enzimi epatici nel sangue), febbre e pelle secca.
Il cancro dell'endometrio è il tumore ginecologico più comune nei Paesi sviluppati, con circa 417mila nuovi casi segnalati ogni anno in tutto il mondo. Si prevede che i tassi di incidenza aumenteranno di quasi il 40% tra il 2020 e il 2040. A circa il 15-20% delle pazienti verrà diagnosticata una malattia già in fase avanzata. Si stima che il 20-29% di tutti i tumori endometriali siano dMMR/MSI-H. Nell'Ue (Francia, Germania, Italia e Spagna) ogni anno a circa 3mila persone viene diagnosticato un cancro endometriale primario avanzato o ricorrente dMMR/MSI-H.
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Studio, immunoterapia a 2 braccia funziona su artrite...
Una rivoluzione per la terapia dell’artrite reumatoide. Potrebbe arrivare dai risultati di una ricerca italo-tedesca pubblicata su 'Nature Medicine' e siglata dal gruppo della professoressa Maria Antonietta D’Agostino, direttore della Uoc di Reumatologia della Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs e ordinario di Reumatologia all’Università Cattolica, e del professor Georg Schett, dell’Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga (Fau).
Lo studio ha esplorato un nuovo possibile approccio terapeutico a questa malattia autoimmune, che consiste nell’organizzare una sorta di appuntamento al buio tra le cellule B e le cellule T, le due protagoniste della risposta immunitaria. L'incontro si conclude con l’eliminazione delle cellule B malate (cioè quelle che producono gli anticorpi responsabili dell’infiammazione e della distruzione delle articolazioni), da parte delle cellule T suppressor. A organizzare questa sorta di 'imboscata immunitaria' è il blinatumomab (o Blina), un immunoterapico già usato per il trattamento di alcuni tumori del sangue. Nel caso dell’artrite reumatoide il suo impiego è sperimentale, ma in questa ricerca ha ottenuto un effetto straordinario e inedito sul piano del risultato terapeutico.
"Nei sei pazienti con artrite reumatoide multi-resistente al trattamento (tra i quali anche una paziente italiana), ai quali è stato somministrato in via compassionevole e sperimentale Blina - spiega D’Agostino - il farmaco ha prodotto un rapido declino dell’attività di malattia, riducendo il livello di anticorpi circolanti e migliorando l’infiammazione dei tessuti sinoviali, come abbiamo documentato all’ecografia, alla Fapi-Pet-Tac e con l’analisi trascrittomica dell’infiammazione della membrana sinoviale. La terapia è stata molto ben tollerata: i pazienti hanno presentato solo un temporaneo rialzo della temperatura alla prima infusione, ma nessun segno di sindrome da rilascio delle citochine". Sofisticate analisi di laboratorio (come la citometria a flusso ad alta dimensione) hanno confermato che il miglioramento clinico è dovuto ad un reset immunitario, consistente nell’eliminazione delle cellule B ‘cattive’ (cioè con la memoria ‘attivata’ a produrre continuamente auto-anticorpi), che vengono rimpiazzate da cellule B ‘buone’.
"Questi risultati, molto promettenti per l’entità della risposta e la tollerabilità del farmaco - commenta D’Agostino - suggeriscono la potenziale utilità di questo approccio terapeutico nelle forme più gravi di artrite reumatoide, resistenti alla terapia. Potrebbe essere l’inizio di una nuova era di trattamento per altre malattie autoimmuni mediate dalle cellule B, dal lupus, alla sclerodermia. La via del T-cell engager per distruggere i linfociti B, produttori di auto-anticorpi, che mantengono lo stato di attività di malattia e responsabili della mancata risposta ai farmaci attualmente utilizzati, potrebbe dunque portare a una nuova maniera di aggredire le patologie autoimmuni, sfruttando l’azione del nostro stesso sistema immunitario. È lo stesso concetto utilizzato dalla terapia con Car-T, nella quale i linfociti T vengono ‘attivati’ per distruggere i linfociti B auto-reattivi”.
Il Blina è un anticorpo monoclonale bispecifico, cioè ‘a due braccia', una forma di immunoterapia che provoca la distruzione delle cellule B ad opera delle cellule T suppressor, facilitandone l’incontro. È insomma un farmaco ‘facilitatore’, che avvicina tra loro queste due categorie di cellule, rendendo più efficace l’eliminazione da parte linfociti T nei confronti delle cellule B ‘deviate’, cioè con la memoria bloccata nella produzione incontrollata di anticorpi rivolti contro le articolazioni, nel caso dell’artrite reumatoide.
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Aviaria, negativi test su carne venduta in negozi Usa
Sono negativi i test per l'influenza aviaria H5N1 sulla carne venduta nei negozi al dettaglio in Usa. Lo ha riferito il Dipartimento dell'Agricoltura americano (Usda), che nei giorni scorsi aveva avviato dei controlli e delle verifiche su campioni di carne proveniente dagli allevamenti bovini dove erano stati segnalati casi di H5N1. I laboratori nazionali dei servizi veterinari del Food Safety Inspection Service (Fsis) hanno testato 30 campioni di carne macinata, acquistati nei punti vendita al dettaglio negli stati con mandrie di bovini da latte risultati positivi. I campioni sono stati inviati ai National Veterinary Services Laboratories (Nvsl) per i test Pcr. Ieri - si legge nella nota pubblicata sul sito dell'Usda - i Nvsl hanno riferito che tutti i campioni erano risultati negativi per il virus H5N1. Questi risultati riaffermano che l'approvvigionamento di carne è sicuro".
Gli esperti dell'Usda hanno ricordato come i processi messi in atto dal Fsis, che si occupa della fase operativa dei controlli sulla carne che poi arriva al consumatore (da prima della macellazione fino a quando l'animale è una carcassa), prevedono che l'esemplare superi l'ispezione e abbia determinate caratteristiche prima di entrare nella catena alimentare dell'uomo. "L'Agricultural Research Service (Ars) - conclude la nota - condurrà uno studio sulla cottura della carne e utilizzerà un surrogato del virus iniettato nella carne, portandola a temperature diverse per determinare i tempi di riduzione della quantità di virus. I risultati verranno pubblicati non appena saranno disponibili".
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Infezioni batteriche, da Shionogi antibiotico di nuova...
Al congresso Escmid presentati i dati di uno studio in real-world di cefiderocol in pazienti adulti critici
Shionogi, in occasione del 34.esimo Congresso europeo di Microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid Global 2024), ha presentato nuovi dati clinici positivi tratti dal più ampio studio europeo in real-world evidence (Perseus) su cefiderocol (Fetcroja*), una cefalosporina siderofora di ultima generazione, nel trattamento delle infezioni batteriche da patogeni Gram-negativi resistenti ai carbapenemi in pazienti in condizioni critiche. Perseus - riporta una nota - è uno studio osservazionale retrospettivo multicentrico che valuta l’efficacia e la sicurezza in real-world di cefiderocol in pazienti adulti con infezioni batteriche causate da germi Gram-negativi.
L’analisi ha rilevato che i pazienti trattati con cefiderocol mostrano complessivamente una elevata percentuale di successo clinico (endpoint primario composito definito come la guarigione clinica e/o la sopravvivenza al giorno 28 del 78,5%) dell’84,3%, e una mortalità per tutte le cause del 21,5%. La maggior parte dei pazienti aveva infezioni del tratto respiratorio (47,9%) causate principalmente da Pseudomonas aeruginosa (66.7%), Klebsiella pneumoniae (10.0%) e Stenotrophomonas maltophilia (7.7). Inoltre, il 19,5% presentava infezioni polimicrobiche.
Lo studio - dettaglia la nota - ha incluso 261 pazienti adulti in condizioni critiche con opzioni terapeutiche limitate trattati con cefiderocol per non più di 28 giorni nell’ambito del programma Early access di Shionogi in Spagna. Di questi, il 64,8% era resistente a tutti gli antibiotici testati e il 44,4% aveva avuto un fallimento terapeutico con antibiotici utilizzati precedentemente. I pazienti hanno ricevuto cefiderocol per più di 72 ore consecutive dopo la diagnosi confermata di infezione batterica da germi Gram-negativi. I pazienti inclusi nell’analisi erano in condizioni critiche, con quasi due terzi (63,2%) in terapia intensiva, il 47,1% in ventilazione meccanica e il 28% in shock settico. In questi 261 pazienti, cefiderocol è stato generalmente ben tollerato, con sei pazienti che hanno presentato una reazione avversa al farmaco.
“La crescente resistenza delle infezioni batteriche da germi Gram-negativi alle terapie attuali ne rende difficile il trattamento – dichiara Carlo Tascini, direttore della Clinica di malattie infettive dell’Università di Udine - Le evidenze cliniche in real-world risultano particolarmente rilevanti quando si studia l'uso degli antibiotici nei confronti di patogeni multiresistenti ai farmaci, a causa delle difficoltà di condurre studi clinici randomizzati. Questi nuovi dati rafforzano l'importanza di cefiderocol e contribuiscono al numero crescente di evidenze real-world nel trattamento dei pazienti con infezioni da patogeni difficili da trattare e resistenti ad altri antibiotici in particolare nel contesto delle infezioni da P. aeruginosa”.
“Shionogi è impegnata da 60 anni nello sviluppo di farmaci antinfettivi e nel contrasto alla crescente minaccia dell’antibiotico-resistenza, una delle sfide riconosciute come prioritarie per la sanità pubblica – sottolinea Simona Falciai, General Manager di Shionogi Italia - Cefiderocol è incluso nell'elenco dei farmaci essenziali dell'Organizzazione mondiale della sanità e in Italia è il primo antibiotico ad aver ricevuto dall’Aifa la designazione di farmaco innovativo in forma piena. I dati appena presentati al Congresso Escmid confermano il suo importante valore terapeutico nel trattamento di quelle infezioni che ad oggi hanno ancora limitate opzioni di cura".