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Anche il risparmio divide l’Italia, tra Nord e Sud c’è un...

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Anche il risparmio divide l’Italia, tra Nord e Sud c’è un abisso

“Avéi a péixe a-a stàcca”. No, non siete capitati per errore su un sito straniero, è così che i genovesi indicano una persona tirchia, che infila la mano in tasca malvolentieri come se, invece dei soldi, ci fosse della pece. E se vi state chiedendo dove si risparmia di più in Italia, la risposta è Genova, ma a patto che se si considerino solo le grandi città metropolitane.
Se invece si considerano anche le città capoluogo di province più piccole, invece, Genova si piazza solo in undicesima posizione. Insomma, l’opinione popolare è ben riposta, a metà.

L’indagine dello Studio Tagliacarne che quantifica la propensione al risparmio delle famiglie a livello provinciale relativa al 2022 riporta che è Biella la provincia dove si risparmia di più, mentre il primato regionale spetta al Piemonte. La Liguria è al quarto posto.

Italia spaccata in due

Dai dati relativi alle province emerge che sono i biellesi il popolo più risparmiatore d’Italia, con una propensione al risparmio del 15,4% del proprio reddito disponibile nel 2022. Seguono le province di Vercelli (13,8%) e Asti (13,1%).
Bisogna sottolineare che propensione al risparmio e reddito vanno di pari passo: per chi arriva a stento a fine mese diventa impossibile mettere qualcosa da parte. Nel determinare le scelte di risparmio background culturale e situazione economica si intersecano fino a dare l’esito definitivo.

Non sorprende quindi che al Nord ovest la popolazione mostri una maggiore capacità di risparmio (10,8%), contro una media nazionale dell’8,4%, con picchi dell’11,1% in Piemonte, seguito a stretto giro dalla Lombardia (10,8%) e dall’Emilia Romagna (10,1%). Nel 2019 l’ultimo gradino del podio apparteneva alla Liguria, che è scivolata al quarto posto con una propensione anch’essa pari al 10,1% ma più bassa in termini assoluti.

Anche l’indagine del Centro Studi Tagliacarne disegna un’Italia spaccata in due.

Si passa dall’11,1% del Piemonte al 5,3% della Sicilia, per poco ultima in classifica dietro alla Sardegna (5,4%). Nelle Isole al Sud gli italiani fanno molta fatica ad accantonare qualcosa per il futuro, principalmente a causa delle minori entrate.
Nelle province di Ragusa, Crotone e Siracusa le famiglie riescono a mettere da parte solo il 4,6% del loro reddito. In molti casi, una spesa imprevista sarebbe ingestibile.

Nelle prime 20 posizioni della classifica provinciale ben 19 sono del Nord. Mentre sul fronte opposto di questa speciale classifica le province del Sud occupano 18 delle 20 posizioni più basse.
C’è però una nota positiva: 16 province del Sud hanno registrato un miglioramento nel ranking per propensione al risparmio rispetto al 2019. Tra i casi eccellenti spiccano le province di Bari e Matera, entrambe con un recupero di sette posizioni. Segno che qualcosa sta cambiando? Ancora presto per dirlo, anche se l’imprenditore e autore Alessandro Brunello è convinto che il futuro del Paese risieda nel Mezzogiorno (tanto che da milanese doc si è trasferito a Taranto).

Tra le regioni, Sicilia e Sardegna sono distaccate di circa un quasi punto percentuale dalla Calabria che registra una propensione al risparmio pari al 6,2% del reddito, il dato peggiore dopo quello delle due isole. A seguire troviamo la Puglia con il 6,5%.

Tirando le somme, partendo da una media nazionale dell’8,4%, la propensione media al risparmio varia molto in lungo e in largo per la penisola:

Nord-Ovest: 10,8% del reddito;
Nord-Est: 8,7%;
Centro: 7,4%;
Sud: 6,9%;
Isole: 5,3%

Dove si risparmia di più in Italia

“Tante realtà del Mezzogiorno si trovano nelle posizioni di fondo, ma occorre considerare che il reddito familiare al Sud è di circa il 32% inferiore a quello del Centro-Nord, il che si traduce anche in una necessaria maggiore propensione al consumo, in particolare di beni primari”, osserva Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne.

“Basti pensare – aggiunge – che dal 2014 al 2022 l’incidenza della spesa media mensile per prodotti alimentari nel Sud è passata dal 21,7 al 23,5% sul totale degli acquisti. E questo anche in virtù di una brusca accelerazione dei prezzi di questi beni che, dopo la pandemia, sono cresciuti in misura maggiore nel Mezzogiorno rispetto al complesso del Paese”. Il tutto in un contesto nazionale in cui l’inflazione è cresciuta a un ritmo decisamente più elevata degli stipendi, erodendo il potere d’acquisto (e di risparmio) delle famiglie italiane.

Si risparmia di più nelle piccole province

Il caro-vita è forse alla base di un trend evidenziato dalla ricerca: la propensione al risparmio è maggiore nelle province minori. La top ten è occupata, nell’ordine, da Biella, Vercelli (prime anche nell’analisi 2019), Asti, Modena, Varese, Alessandria, Pavia, Novara, Piacenza, Cremona, province che nella maggioranza dei casi non superano i 400.000 abitanti.

Un altro trend molto particolare emerso dall’indagine del Centro Studi Tagliacarne è che il risparmio aumenta nelle province con una rilevante presenza di nuclei familiari stranieri. Nelle 48 province che hanno una incidenza di famiglie composte unicamente da stranieri superiore a quella media nazionale, la propensione al risparmio si attesta al 9,1% contro il 7,5% del complesso delle altre province.

Per trovare la prima Città metropolitana per propensione a risparmiare, bisogna scendere fino all’undicesimo posto occupato da Genova, che precede la città metropolitana di Milano, in dodicesima posizione. Nonostante il recupero di quattro posizione rispetto all’analisi 2019, nel 2022 la Capitale si colloca in 60esima posizione per propensione al risparmio.

Gaetano Fusto Esposito spiega: “Se in valore assoluto le due ‘Capitali’ del Paese, Milano e Roma, concentrano il 18,4% del risparmio del Paese, molto diversa è la situazione rapportata al reddito delle famiglie che, invece, premia la provincia italiana. A testimonianza di un ruolo ancora forte di queste realtà più piccole di poter alimentare anche il processo di investimenti delle imprese familiari locali”.

I single risparmiano di più

C’è ancora un altro spunto interessante in chiave demografica. L’indagine del Centro Studi Tagliacarne dimostra che la propensione al risparmio è più alta nei single. Questo, nonostante altri studi dimostrino che le spese “obbligate” per chi non vive in coppia siano mediamente molto più alte degli altri nuclei che possono dividere il costo di bollette e simili.
Come si conciliano le due cose?

Innanzitutto, considerando che chi è single non necessariamente vive da solo (in città come Milano, Roma e Bologna sarebbe praticamente impossibile) e poi, ovviamente, considerando quanto sia costoso mantenere una famiglia.
Non a caso, le tre province salite sul podio per propensione al risparmio hanno tutte una quota di famiglie di single superiore alla media nazionale. Nelle 45 province nelle quali la quota di famiglie monocomponente supera la media nazionale la propensione al risparmio è del 9,1%, contro l’8,1% del dato nazionale.

Non si può certo affermare che gli italiani vivano un momento di grande splendore economico. Basti pensare che, un italiano su tre spenderà tra 500 e 1.000 euro per godersi le tante attese vacanze estive. Qualcuno si concederà pure qualcosa che non può permettersi, perché se non si può diventare ricchi per sempre, si può almeno fingere per qualche giorno.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Maturità 2024, date orali e toto-tracce prima prova: come...

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Si avvicinano gli esami di maturità 2024. Anche per quest’anno si conferma lo stesso impianto: due prove scritte a carattere nazionale (decise, cioè, dal Ministero) e un colloquio. Le commissioni sono composte da commissari interni ed esterni e presiedute da un presidente esterno. E mentre nell’aria si sente già intonare “Notte prima degli esami” di Antonello Venditti, ecco quando si svolge la prima prova e quali sono le toto-tracce e nuove tendenze dei giovani di quest’anno.

La prima prova

La prima prova d’esame di Maturità 2024 accerta la padronanza della lingua italiana (o di quella nella quale avviene l’insegnamento): capacità espressive, logico-linguistiche e critiche degli studenti. Avrà luogo a partire dalle 8.30 di mercoledì 19 giugno con la stessa modalità in tutti gli istituti e una durata di sei ore. Come specificato in una nota del Ministero, i candidati possono scegliere tra tipologie e tematiche diverse. A disposizione degli studenti sette tracce che fanno riferimento agli ambiti artistico, letterario, storico, filosofico, scientifico, tecnologico, economico, sociale. “Gli studenti possono scegliere, tra le sette tracce, quella che pensano sia più adatta alla loro preparazione e ai loro interessi – scrive il Ministero -. La prova può essere strutturata in più parti. Ciò consente di verificare competenze diverse, in particolare la comprensione degli aspetti linguistici, espressivi e logico-argomentativi, oltre che la riflessione critica da parte del candidato”.

Il toto-tracce

Da giorni si è dato il via al solito toto-tracce: cioè l’insieme degli argomenti più papabili per la prima prova scritta di italiano. Questa riguarderà gli autori di prosa e la coppia D’Annunzio-Pirandello, con Ungaretti, Svevo e Pascoli come possibili rincalzi sono le più diffuse. Per la poesia è Ungaretti a fare il vuoto dietro sé, anche se Montale recupera qualche posizione. Matteotti, Oppenheimer e Lenin restano in testa alle preferenze per la sezione “anniversari”. Tra le ricorrenze storiche spicca la Prima Guerra Mondiale ma si fa strada anche lo sbarco in Normandia. Intelligenza Artificiale, confitto israelo-palestinese e violenza di genere sono, invece, in cima alla lista delle questioni di attualità favorite. Questo è quanto si legge dall’analisi di Skuola.net, in un’indagine elaborata grazie al contributo di 1.500 maturandi.

Se il Ministero dovesse puntare su un autore dell’Ottocento, per 4 studenti su 10 il pronostico ricade su Gabriele D’annunzio. Una dinamica simile per gli autori del Novecento vede Luigi Pirandello, opzionato da oltre un terzo (34% e l’ultima volta che uscì fu nel 2003). In alternativa, gli studenti propongono: Giovanni Verga (lo indica quasi 1 su 3) e Alessandro Manzoni (votato dal 18%). Mentre per il ‘900 i diplomandi festeggerebbero se capitassero Italo Svevo (selezionato dal 22% del campione), uscito l’ultima volta nel lontano 2009, o Italo Calvino (così per il 17%), capitato in sorte ai maturandi nel 2015, forse troppo poco tempo fa.

Passando alla poesia, Giuseppe Ungaretti è stato pronosticato da 1 su 4, mentre Eugenio Montale, “adottato” dal 14% dei maturandi e con il quale si sono già confrontati i loro colleghi del 2004, del 2008 e del 2012. Altrimenti, vengono visti bene anche Giovanni Pascoli (12%), uscito nel 2022, e Giacomo Leopardi (11%), che essendo morto prima dell’Unità d’Italia non rientra perfettamente nel novero degli autori papabili per l’analisi del testo.

Poi, però, c’è la grande incognita del “testo argomentativo”, le cui tracce contengono riferimenti ad anniversari e ricorrenze storiche. Se ciò dovesse accadere, gli studenti raggiunti dal sondaggio di Skuola.net scommettono sempre più in blocco sul centenario del delitto Matteotti. Sul secondo gradino del podio, vengono piazzati i 110 anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, votati dal (12%). Al terzo posto, gli 80 anni dello sbarco in Normandia (6 giugno 1944), che sale al 10% dei consensi, forse spinto dalle recentissime celebrazioni. Minoritari i pronostici sui 20 anni dalla nascita di Facebook, i 35 anni dalla caduta del Muro di Berlino, i 75 dalla fondazione della Nato, i 70 anni della Tv italiana.

Se il protagonista fosse un personaggio, sarebbe il fisico Robert Oppenheimer – di cui ricorrono i 120 anni dalla nascita – probabilmente lanciato dal biopic da premio Oscar sulla sua figura ma che porta con sé un argomento di indubbia attualità, quale è il dibattito sulla bomba atomica. Stabile pure una possibile traccia sul centenario della morte di Lenin: ci crede 1 su 5. A dividersi la terza posizione sono Guglielmo Marconi con i suoi 150 anni dalla nascita e i 100 anni dalla morte di Franz Kafka.

Per quanto riguarda l’attualità, la sfida è fra un terzetto diviso da una manciata di voti: prima è la traccia su “Intelligenza artificiale e nuove frontiere digitali” (24%), seconda è quella sul “Conflitto tra Israele e Palestina” (21%), terza è la doppia questione della “Violenza sulle donne” e della “Parità di genere” (18%). Ai piedi del podio, ma in calo, la “Guerra in Ucraina” (9%).

La seconda prova

La seconda prova riguarda una o più delle discipline che caratterizzano il corso di studi o dalle competenze in uscita e sui nuclei tematici fondamentali di indirizzo. È un’unica prova integrata in cui il Ministero fornisce la “cornice nazionale generale di riferimento” e le commissioni costruiscono le tracce declinando le indicazioni ministeriali secondo lo specifico percorso formativo attivato dalla scuola.

Per le sezioni ESABAC, ESABAC techno, sezioni con opzione internazionale, per le scuole della Regione autonoma Valle d’Aosta e della Provincia autonoma di Bolzano, per le scuole con lingua d’insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno/italiano del Friuli Venezia Giulia, è presente una terza prova scritta.

Il colloquio orale

Il colloquio orale si svolge dopo gli scritti e riguarda anche l’insegnamento trasversale dell’educazione civica. La commissione valuta sia la capacità del candidato di cogliere i collegamenti tra le conoscenze acquisite sia il profilo educativo, culturale e professionale dello studente. Prenderà il via da uno spunto iniziale scelto dalla Commissione. “È la fase dell’Esame in cui valorizzare il percorso formativo e di crescita, le competenze, i talenti, la capacità dello studente di elaborare, in una prospettiva pluridisciplinare, i temi più significativi di ciascuna disciplina – scrive il Ministero -. Questi ultimi saranno indicati nel documento del Consiglio di Classe di ciascuno studente. Nell’ambito del colloquio il candidato espone, mediante una breve relazione e/o un elaborato multimediale, l’esperienza PCTO (percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) svolta nel percorso degli studi”.

Gli orali avranno luogo orientativamente a partire da lunedì 24 giugno o martedì 25, fatta eccezione per li Esabac, gli artistici e per le scuole che saranno seggio elettorale per i ballottaggi previsti.

Il documento del consiglio di classe

Entro domani, 15 maggio 2024, il consiglio di classe dovrà elaborare un documento che esplicita i contenuti, i metodi, i mezzi, gli spazi e i tempi del percorso formativo, i criteri, gli strumenti di valutazione adottati e gli obiettivi raggiunti, insieme a ogni altro elemento che lo stesso consiglio di classe ritenga utile e significativo per lo svolgimento dell’esame. La commissione si attiene ai contenuti del documento nello svolgimento della prova orale. Durante il colloquio, infatti, la commissione valuta la capacità dello studente di elaborare, in una prospettiva pluridisciplinare, i temi più significativi di ciascuna disciplina. Questi ultimi sono indicati nel documento del Consiglio di Classe di ciascuno studente.

Crediti e voti

Il voto finale dell’Esame di Stato è espresso in centesimi. Ecco come funziona:
• massimo 40 punti per il credito scolastico
• massimo 20 punti per il primo scritto
• massimo 20 punti per il secondo scritto
• massimo 20 punti per il colloquio.

La commissione può assegnare fino a cinque punti di “bonus” per chi ne ha diritto. Dalla somma di tutti questi punti risulta il voto finale dell’Esame. Il punteggio massimo è 100 (c’è la possibilità della lode). Il punteggio minimo per superare l’esame è 60/100.

Curriculum dello studente

Una delle novità degli ultimi anni è la redazione del Curriculum dello studente. Si tratta di un documento che viene allegato al diploma conseguito al superamento dell’esame di Stato. Da quest’anno, a sottolineare il valore orientativo del Curriculum dello studente, le informazioni in esso presenti sono desunte dall’E-Portfolio orientativo personale delle competenze introdotto dalle Linee guida per l’orientamento, cui si accede tramite la piattaforma Unica. “Nel Curriculum dello studente – specifica il Ministero -, infatti, confluisce quanto presente nelle sezioni “Percorso di studi” e “Sviluppo delle competenze” dell’E-Portfolio. Nella prima sezione i candidati possono visualizzare le informazioni sul loro percorso di studi, che figureranno nella prima parte del Curriculum. Tramite la sezione “Sviluppo delle competenze” i candidati possono inserire sia informazioni sulle certificazioni conseguite sia soprattutto sulle eventuali attività extra scolastiche, che vanno a confluire rispettivamente nella seconda e nella terza parte del Curriculum. Ciò permette di dare evidenza alle esperienze più significative, soprattutto quelle che possono essere richiamate nello svolgimento del colloquio”.

L’Intelligenza artificiale

Una riflessione va dedicata all’intelligenza artificiale che, oltre ad essere tra le papabili tracce del saggio breve, rientra anche tra i possibili strumenti utilizzati dagli studenti. Oltre 1 maturando su 4, infatti, sta già “interrogando” strumenti come ChatGPT o similari durante il ripasso prima dell’esame, per approfondire gli argomenti da preparare o per farsi dare una mano a superare i momenti di stallo. E un altro terzo abbondante (37%) potrebbe ricorrervi sotto data, qualora si trovasse in difficoltà. Alla fine, dunque, l’IA potrebbe essere una compagna di studio per ben 2 studenti su 3. A riportarlo è ancora una volta Skuola.net, su un campione di circa 1.000 alunni di quinto superiore.

L’uso più frequente di questo strumento è quello per “scrivere” temi ed elaborati assegnati per casa o per preparare verifiche e interrogazioni chiedendo informazioni al chatbot. Un approccio eticamente discutibile che, in ottica esame, potrebbe però trasformarsi in una pratica illegale. “Ben 3 maturandi su 10, però – scrive Skuola.net -, stanno già scaldando i motori: il 17% è ormai sicuro che proverà a consultare l’assistente virtuale in occasione degli scritti, il 13% lo farà solo se si ritrovasse con l’acqua alla gola. Peraltro non sarebbe un fatto del tutto nuovo: il 37% degli intervistati, almeno una volta, ha già utilizzato ChatGPT e simili durante una verifica scritta”.

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Flessibilità lavorativa e fertilità: uno studio conferma il...

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Le donne continuano a essere pagate meno degli uomini anche a parità di lavoro, competenze e capacità. In nessuna parte del Mondo si è raggiunta la parità di genere nei salari e nei diritti. A confermarlo è anche l’ultimo Global Gender Gap Index 2024, nel quale l’Italia si è posizionata all’87º posto e su come questo influenzi il tasso di natalità ci sono diversi studi e ricerche a supporto.

Ma a sorprendere sono realtà come la Norvegia, dove le norme di genere sono relativamente egualitarie, ma nelle quali il divario salariale si attesta ancora al 12,4% (dato del 2022). Proprio lì, sono stati condotti studi per capire quanto il lavoro, le aspettative professionali, il guadagno e la gestione del tempo influenzino i tassi di natalità. Ecco cos’è emerso.

Flessibilità lavorativa e fertilità: quale legame

Recentemente, le teorie sul perché il divario salariale di genere persista si sono concentrate sulla flessibilità temporale. La professoressa di Harvard Claudia Goldin, premio Nobel per l’Economia, ha sostenuto diverse volte che il “lavoro avido”, cioè quello che leva tempo alla vita privata, gioca un ruolo chiave: la capacità di lavorare in orari specifici aumenta i salari. Le donne che faticano a fornire questa flessibilità temporale a causa delle esigenze della cura dei figli guadagneranno un salario inferiore.

L’Institute for Fiscal Studies ha deciso di sviluppare un modello teorico nel quale sono stati presi ad esempio donne con lavoro “avido” e con una maternità che richiedeva altrettanto tempo e cura e hanno trovato un legame tra l’aumento della flessibilità e l’aumento della fertilità.
“Sfruttiamo il primo lockdown Covid-19 in Norvegia nel marzo 2020, cioè un evento inaspettato ed esogeno, per studiare l’impatto che ha l’aumento della flessibilità sul lavoro sulla fertilità – hanno spiegato i ricercatori -. La Norvegia ha sperimentato misure di distanziamento, restrizioni di viaggio e chiusura di scuole e un certo numero di industrie di servizio, con la maggior parte delle occupazioni di livello superiore che si sono trasferite in smart working e ambienti casalinghi. La prima cosa sorprendente che è emerso è stato il persistente numero di nascite, nove mesi dopo l’inizio del primo lockdown Covid-19: circa 0,8 nascite mensili aggiuntive per 1000 donne, o l’11% delle nascite di base negli stessi mesi nei tre anni prima. L’aumento della fertilità è concentrato tra le donne impiegate di 25-39 anni con un partner”.

Gli studiosi hanno categorizzato le donne tra chi aveva lavori a bassa o alta flessibili immediatamente prima del primo lockdown. Questa categorizzazione ha prodotto la possibilità di misurare di quanto il lockdown abbia aumentato la flessibilità: i lavori a bassa flessibilità hanno avuto un aumento della stessa con le restrizioni e quelli ad alta flessibilità erano già flessibili e meno colpiti dal passaggio al lavoro da casa. E il risultato è che l’aumento della fertilità era concentrato tra le donne con lavori meno flessibili prima del lockdown: “Interpretiamo questo come una prova che l’aumento della flessibilità dovuto al lockdown ha permesso a queste donne di conciliare meglio carriera e famiglia, in linea con il nostro modello teorico. Stabiliamo anche che la fertilità è aumentata di più per le donne che guadagnavano sopra il reddito medio prima del lockdown”.

I risultati

Le donne che hanno partecipato all’indagine hanno sperimentano più interruzioni di lavoro durante il giorno, apprezzavano però l’opzione di lavorare da casa, beneficiavano anche del congedo parentale dei padri e diventano più produttive con più flessibilità. “Negli Stati Uniti, la pandemia di Covid-19 ha innescato un boom di nascite tra le donne americane, in particolare le donne con lauree; quest’ultimo è simile ai nostri risultati per la Norvegia – continuano i ricercatori -. Boom di nascite simili sono stati osservati in Finlandia e Spagna. I demografi hanno sottolineato il ruolo che il sistema di sicurezza sociale può aver giocato nell’aumento della fertilità in Norvegia; questo è coerente con i nostri risultati, poiché la rete di sicurezza ha ridotto l’incertezza del Covid-19 che le donne norvegesi hanno affrontato, permettendo ai cambiamenti nella flessibilità di aumentare la fertilità in modo indipendente”.

Gli studiosi hanno raccolto i dati da tre fonti amministrative: il registro della popolazione centrale, il registro del reddito annuale e il registro mensile datore-dipendente di Statistics Norway e delle amministrazioni fiscali e previdenziali norvegesi. Sebbene molti dei fattori strutturali che contribuiscono al divario salariale di genere, compresi i divari di istruzione ed esperienza, siano scomparsi, le donne continuano a guadagnare meno degli uomini per lo stesso lavoro. Ricerche recenti hanno sostenuto che le carriere ad alto reddito pongono specifiche esigenze temporali che sono difficili da conciliare con la vita familiare.

“Il nostro contributo è duplice – hanno concluso i ricercatori -. Prima di tutto, abbiamo potuto dimostrare che, quando la flessibilità sul lavoro aumenta, le probabilità di parto aumentano per tutte le donne, ma di più per le donne che sperimentano un maggiore aumento della flessibilità, o che lavorano molte ore e guadagnano di più. In secondo luogo, abbiamo potuto fornire prove empiriche che i cambiamenti nella flessibilità del lavoro guidano la fertilità. Durante il primo lockdown Covid-19 in Norvegia, la probabilità di partorire è aumentata maggiormente per le donne con lavori meno flessibili prima del lockdown, e con redditi superiori alla mediana, coerentemente con il modello teorico. Se un aumento della flessibilità sul lavoro “livella il campo di gioco” tra madri e non madri, questo dovrebbe avere un effetto stimolante aggiuntivo sulla fertilità. Fino ad ora, la discussione sulla fertilità in calo si è concentrata su politiche come il congedo di maternità e la fornitura di assistenza all’infanzia. Le nostre scoperte sottolineano l’importanza di un’altra dimensione – la flessibilità sul lavoro – che ha il potere di guidare le decisioni sulla fertilità e potrebbe diventare sempre più importante man mano che la natura del lavoro cambia”.

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Scuola, i genitori di figli con disabilità potranno...

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E se fossero i genitori a scegliere gli insegnanti dei propri figli?
Non esiste un meccanismo del genere, ma il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha annunciato qualcosa di simile, in casi particolari: a partire dal prossimo anno scolastico le famiglie italiane potranno decidere se confermare i docenti di sostegno per i propri figli.

Questa disposizione, parte del decreto 71/2024, è stata presentata durante un’audizione alla Commissione Cultura e mira a garantire continuità e stabilità nell’educazione degli studenti con disabilità. Per agevolare la continuità, il dirigente scolastico potrà proporre ai docenti specializzati e non specializzati che abbiano svolto servizio sul sostegno la conferma con precedenza assoluta sulla stessa cattedra dell’anno precedente.

Continuità didattica: un valore imprescindibile

Durante l’audizione, Valditara ha illustrato l’importanza di questa misura, spiegando che permetterà alle famiglie di mantenere gli insegnanti di sostegno che hanno già instaurato un rapporto di fiducia con i loro figli, purché questi siano disponibili e il dirigente scolastico approvi la riconferma. La misura non impatta solo sul piano formativo degli studenti, ma anche su quello occupazionale degli insegnanti, spesso precari e costretti a cambiare città di anno in anno.

“Vogliamo un rapporto virtuoso che metta al centro lo studente. La continuità didattica ha un valore imprescindibile da tutelare con tutti gli strumenti possibili,” ha dichiarato il Ministro, evidenziando l’importanza di una relazione solida e costante tra studenti con disabilità e i loro insegnanti di sostegno.

Formazione e specializzazione per i docenti di sostegno

Il decreto introduce anche nuovi percorsi formativi per i docenti di sostegno. Fino al 31 dicembre 2025, sarà possibile ottenere la specializzazione tramite corsi organizzati dall’INDIRE (ente pubblico di ricerca già deputato alla formazione del personale della scuola), che assegnano almeno 30 crediti formativi. Questi corsi saranno aperti a chi ha accumulato almeno tre anni di servizio negli ultimi cinque anni, e i costi saranno a carico dei partecipanti. Questa iniziativa mira a potenziare la formazione dei docenti di sostegno, rendendoli più preparati e specializzati per affrontare le esigenze specifiche degli studenti con disabilità.

Si stima che l’intervento, di natura transitoria ed eccezionale, si rivolga ad una platea di circa 85 mila docenti che l’attuale sistema di specializzazione non è riuscito ad intercettare.

Affrontare la carenza di insegnanti in Italia

Queste misure arrivano in un contesto di grave carenza di insegnanti in Italia. Secondo recenti dati del Ministero dell’Istruzione, mancano circa 150.000 insegnanti in tutto il Paese, una situazione particolarmente critica nelle regioni del Sud e nelle materie scientifiche. La carenza di personale docente è dovuta a vari fattori, tra cui la burocrazia e i ritardi nei concorsi. Le nuove disposizioni mirano a rendere il sistema educativo più efficiente e a ridurre questa significativa carenza. Non mancano però le critiche di chi ritiene che il meccanismo di conferma degli insegnanti pregiudichi l’interesse di chi non ha ancora svolto quel ruolo, ma vorrebbe iniziare a lavorare e ad accumulare punteggio.

Il nodo dei titoli esteri

L’esigenza di insegnanti è alta e va colmata con vari canali.
Anche per questo, la stessa misura che istituisce la continuità formativa per gli studenti portatori di disabilità interviene per favorire la risoluzione del contenzioso collegato al mancato riconoscimento dei titoli di specializzazione sul sostegno conseguiti all’estero.

Si prevede, infatti, che i circa 11 mila soggetti con istanza di riconoscimento o contenzioso pendente possano accedere a percorsi di specializzazione specifici, sempre erogati da INDIRE. In questo modo, i docenti rinunceranno al contenzioso e riceveranno il titolo idoneo per insegnare agli alunni e studenti con disabilità al termine del percorso di specializzazione.

Altre novità del decreto

Oltre alle misure per i docenti di sostegno, il decreto introduce altre importanti novità:

Tutela dei diritti degli studenti con disabilità: saranno avviate attività sperimentali del nuovo decreto sulla disabilità in nove province italiane. Questa sperimentazione ha lo scopo di testare e affinare le nuove disposizioni, garantendo che rispondano efficacemente alle esigenze degli studenti;
Integrazione degli alunni stranieri: dal 2025/26, nelle classi con almeno il 20% di studenti stranieri neoarrivati, potranno essere assegnati docenti per l’insegnamento dell’italiano, in collaborazione con i Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA). Questa misura mira a facilitare l’integrazione linguistica e culturale degli studenti stranieri, migliorando la loro esperienza scolastica e il loro successo educativo;
Valutazione dei dirigenti scolastici: verrà introdotto un nuovo modello di valutazione basato su parametri di merito, con il coinvolgimento dei sindacati. Questo nuovo sistema di valutazione mira a garantire una gestione scolastica più efficace e trasparente, incentivando i dirigenti a migliorare continuamente le loro prestazioni;
Mobilità dei dirigenti scolastici: una norma transitoria regolerà la mobilità dei dirigenti scolastici per il prossimo anno scolastico, aumentando la percentuale di posti disponibili per la mobilità. Questa misura intende favorire una migliore distribuzione dei dirigenti scolastici, rispondendo alle esigenze delle scuole in diverse regioni del Paese.

Le nuove disposizioni rappresentano un importante passo verso un’istruzione più inclusiva. Tuttavia, la sfida principale resta quella di affrontare la carenza di insegnanti e di garantire una formazione adeguata a tutti i docenti. L’efficacia di queste misure dipenderà dalla loro attuazione concreta e dalla capacità del sistema educativo di superare le attuali criticità.

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