Politica
Basilicata, Follini: “Non è altro Ohio, voto locale...
Basilicata, Follini: “Non è altro Ohio, voto locale non indica destino Paese”
Il punto di vista di Marzo Follini per Adnkronos
"E’ il territorio il punto debole della nostra costruzione politica. Infatti i luoghi vengono evocati come simboli di vittorie che si festeggiano altrove e di sconfitte che magari invece vengono fatte impietosamente ricadere sugli indigeni. Così, c’è stata la Sardegna che ha virato a sinistra e poi l’Abruzzo che si è confermato a destra. E ora si annuncia la Basilicata, pronta a diventare per qualche settimana un altro Ohio, laddove si scruta per l’ennesima volta l’oroscopo del duello tra la maggioranza e l’opposizione. Ogni regione, ogni comune, ogni lembo d’Italia, per piccolo che sia, sembra sempre racchiudere in sé l’intero destino politico del paese.
In tutti questi casi si annunciano conseguenze fondamentali. Che però non vertono quasi mai sulle sorti di quelle comunità chiamate al voto. Ma da cui semmai si fa discendere un vaticinio più o meno apocalittico, ancorché quasi sempre provvisorio, sul derby che centrodestra e centrosinistra si giocano nei palazzi della capitale. Si vince e si perde in nome del governo, del parlamento, della politica nazionale. E quel tanto di attenzione ai temi locali sembra più una svogliata adesione a un galateo rituale che non un modo di indagare nelle mille pieghe di cui è fatto il tessuto della nostra democrazia.
Peraltro la circostanza più curiosa è che da un lato, con l’autonomia differenziata, si pensa che le regioni possano fare quasi tutto di testa loro e dall’altro però ogni volta che c’è da scegliere un candidato locale si allestiscono caminetti romani nei quali la parola del leader nazionale di turno conta assai più delle indicazioni che provengono dal luogo interessato.
Così, si resta in attesa che la politica faccia le sue scelte, chiamiamole così, di sistema. E nel frattempo però, col dovuto rispetto, si vorrebbe suggerire ai leader che si apprestano a tuffarsi nei paesini lucani di disfare i loro bagagli e di lasciare che per una volta sia il territorio a raccontare se stesso. Infatti, che vi sia un minimo di discrasia tra le preferenze romane e i numeri locali non dovrebbe destare troppo scandalo. E che si voti con riguardo ai temi del luogo sarebbe pur sempre un segno di salute della nostra democrazia. Pretendere di omologare tutto in modo così uniforme finisce per sottrarre ai cittadini la libertà di scegliere un buon amministratore di un colore e magari la volta dopo di scegliere un deputato o un senatore di un colore diverso. Libertà di cui peraltro non si è mai abusato troppo, a quanto pare.
Ora, è evidente che dalla somma dei voti locali si potrà sempre ricavare qualche elemento in più sulla tendenza generale: se il governo piace, se i voti oscillano tra destra e sinistra, fin dove arriva la protesta e via dicendo. La nostra è una democrazia dell’ascolto, e del resto i sondaggi monitorano quasi quotidianamente gli orientamenti in atto e le loro modifiche, anche le meno rilevanti. Ma proprio la nostra collettiva attitudine a considerare indicativo o addirittura decisivo il più piccolo segnale che si ascolta in lontananza dovrebbe servire a ricordarci che anche la periferia del paese ha diritto a qualcosa. E cioè a non venir presa sistematicamente in ostaggio e utilizzata al modo di un sondaggio d’opinione sulle sorti della contesa nazionale.
Noi siamo in un’epoca “glocal” come si usa dire. Nel senso che a contare davvero sono le due dimensioni più estreme. Quella internazionale, planetaria, globale per l’appunto. E quella locale, radicata più in basso, laddove cioè le cose sono più a portata e si possono vedere anche da vicino. Ma sono proprio queste due dimensioni le più neglette. Dato che i due principali cartelli politici sono divisi al loro interno da differenze tutt’altro che irrilevanti sulla politica estera. E dato che le contese locali, anche quelle che sembrano svolgersi in difformità dagli schemi politici che vanno per la maggiore, vengono poi per così dire annegate nell’oceano solcato dai partiti che ne governano le rotte e ne affrontano le tempeste.
Se per una volta si evitasse di trarre auspici tanto decisivi dal voto che si esprime qua e là forse il confronto politico acquisterebbe una maggiore autenticità e anche un maggior respiro. Anche se è molto difficile che il consiglio venga preso in qualche considerazione". (di Marco Follini)
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Europee, Vittorio Sgarbi si candida con Fratelli...
Lo conferma lo stesso critico d'arte all'AdnKronos: "Ho accettato dopo aver discusso nel tempo con La Russa, Donzelli e la stessa Meloni"
Ci sarà anche Vittorio Sgarbi in lista con Fratelli d'Italia per le prossime europee. Lo conferma lo stesso critico d'arte all'AdnKronos spiegando di "aver accettato la candidatura, dopo aver discusso nel tempo con La Russa, Donzelli e la stessa Meloni". "Adesso vedremo il da farsi, e dove sarò candidato", dice infine rimandando a una prossima conferenza stampa.
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Lavoro, Meritocrazia Italia: “Nuovo decreto ‘1...
'Sia occasione per una riforma di struttura'
"È oggi in discussione in Consiglio dei Ministri il nuovo ‘decreto 1 Maggio’, che dovrebbe prevedere, secondo le prime indiscrezioni, una serie di interventi a favore di imprese e lavoratori a basso reddito. Mentre dalla parte delle imprese sembra procedersi sulla strada di scivoli e agevolazioni per chi assume, l’intervento sui redditi bassi, fino a 28.000,00 euro, prevederebbe un aumento di circa 100 euro con sgravi che ricadrebbero sulle tredicesime". Lo si legge in una nota di Meritocrazia Italia che aggiunge come "l’impressione, sempre stando alle poche notizie trapelate e in assenza di un testo ufficiale, è che la direzione sia ancora quella di interventi temporanei, a tampone, di certo poco utili in termini di assunzioni e creazione di nuova occupazione. Nessuna prospettiva di riforma strutturale del mercato del lavoro. Proprio quello che invece servirebbe. Altro capitolo quello della politica sui redditi. Meritocrazia Italia - continua la nota - più volte ha sottolineato la necessità, anche e non solo attraverso una rinnovata centralità della contrattazione collettiva, di recuperare margini sui redditi dei lavoratori, tra i più bassi nell’eurozona".
"Inflazione crescente, da una parte, e devalutazione dei risparmi, dall’altra, hanno prodotto un calo di possibilità di spesa che si ripercuote sull'intero sistema economico italiano. L’intervento a sostegno dei redditi più bassi, fino a 28.000 euro, pare insufficiente a colmare il deficitario status reddituale dei lavoratori nel loro insieme, e nello specifico di quelli a basso reddito. Non basta, poi, il solo abbassamento del cuneo fiscale a incrementare il potere di acquisto; ben altri dovrebbero essere gli sbocchi programmatici in un mercato del lavoro in forte evoluzione. - prosegue la nota -Per questo, Meritocrazia chiede che l’occasione del nuovo dibattito sia colta Italia per riflettere anche sull’opportunità di aprire tavoli di confronto con le rappresentanze sindacali e sociali, al fine di individuare nuovi modelli di sviluppo aziendali in cui il lavoratore persona sia messo al centro di progettualità, con effetti premiali rispetto al prodotto; riattivare i tavoli di contrattazione collettiva partendo da quei settori in stasi da diverso tempo; prevedere sistemi paracadute in caso di non adeguamento salariale attraverso la contrattazione collettiva con adeguamenti triennali e comunque al raggiungimento di una perdita del potere di acquisto pari al 10%; rafforzare i sistemi di welfare aziendali, prevedendo margini di detassazione per le aziende più accentuati e diffusi di quelli attuali".
"Le politiche ‘a tampone’, pure utili a produrre effetti palliativi nell'immediato, non servono davvero a garantire sviluppo e prosperità e questo sia a livello occupazionale, dove molte analisi prevedono un rimbalzo in negativo al termine delle agevolazioni concesse, sia a livello economico produttivo. Meritocrazia Italia chiede con forza una sistemazione del mercato del lavoro, curandone le criticità e le distorsioni in modo strutturale, e cogliendo le opportunità che una economia in fase di trasformazione offre", conclude Meritocrazia Italia.
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Due miliardi fermi nei cassetti, l’ira di Schifani...
Nei cassetti della Regione siciliana restano fermi circa due miliardi di euro, fondi che la Regione doveva versare entro lo scorso anno a imprese e dipendenti ma che pastoie burocratiche hanno finora bloccato. Uno stop forzato che ha causato, come rivela il Giornale di Sicilia, l'ira del governatore siciliano, Renato Schifani, che ieri ha inviato una nota ai dirigenti generali dei dipartimenti Energia, Infrastrutture e Territorio e Ambiente con un vero e proprio ultimatum. Entro il 3 maggio dovrà essere portato a termine il riaccertamento dei residui attivi. In caso contrario, avverte il presidente della Regione siciliana, "tale grave inadempienza potrà avere come conseguenza la decadenza dall'incarico dirigenziale".
"Ciò che è successo, spiegano dall'assessorato all'Economia, è frutto di regole contabili molto complesse - si legge sul quotidiano -. In pratica, le obbligazioni assunte ogni anno dalla Regione vanno saltate entro il 31 dicembre. Quando ciò non avviene, per poter pagare, bisogna fare nei presi mesi dell'anno successivo il cosiddetto riaccertamento. Cioè la verifica della sussistenza del debito, dei fondi necessari a onorarlo e di altri dettagli. E questo è quello che non è avvenuto tempestivamente. In particolare nei tre dipartimenti citati nella nota di Schifani, ma più in generale in quasi tutti gli assessorati".
Già a novembre la Presidenza della Regione aveva indicato le linee guida per portare a termine rapidamente la certificazione e una seconda direttiva datata 26 marzo indicava nel 3 aprile il termine ultimo. Ma, scrive Schifani nella nota inviata ieri ai vertici dei dipartimenti "permangono rilevanti irregolarità nelle risultanze contabili gestionali", che provocano "nocumento all'amministrazione in termini di spesa". Da qui l'ultimatum ai dirigenti: recuperate i ritardi o rischiate il posto.