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Salute e Benessere

Salute, lo studio: “Per la metà dei pazienti con...

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Salute, lo studio: “Per la metà dei pazienti con malattie croniche intestinali cure non ottimali”

Nuovi dati italiani su Crohn e colite ulcerosa per dare ‘luce all’invisibile’

Salute, lo studio:

Il 54% dei pazienti con malattia di Crohn e il 49% di quelli con colite ulcerosa non sono controllati in modo ottimale. Oltre il 60% ritiene che queste malattie infiammatorie croniche dell’intestino (Mici, in inglese Ibd, Inflammatory bowel disease, Ndr) siano abbastanza diffuse ma altre informazioni, come le categorie di popolazione più a rischio o i sintomi, sono meno note. Sono alcuni dei dati dello studio osservazionale Podcast e dell’indagine Acquire-Ibd su più di mille pazienti, oltre ai risultati della ricerca IXE’ sulla conoscenza e la percezione di queste patologie nella popolazione italiana e presentati oggi a Milano, da Abbvie, con il claim ‘Malattia di Crohn e colite ulcerosa: diamo luce all’invisibile’.

Le Mici - spiega una nota - sono patologie che interessano l’apparato gastrointestinale e che manifestano un andamento cronico-recidivante, con un’alternanza di periodi di remissione e di riacutizzazione. Colpiscono quasi 7 milioni di persone in tutto il mondo (circa 250 mila in Italia). Queste malattie causano disabilità spesso invisibili e, allo stesso tempo, incidono in maniera molto pesante sulla vita quotidiana dei pazienti compromettendone seriamente la qualità di vita. Negli ultimi 10 anni, le diagnosi di nuovi casi e il numero di pazienti sono aumentati di circa 20 volte e si stima che, nei prossimi 10 anni, possa verificarsi una crescita della prevalenza di oltre il 30%-40%.Nel dettaglio, circa 150 mila italiani convivono con la Malattia di Crohn che viene più frequentemente diagnosticata tra i 20 e i 30 anni, anche se in realtà può manifestarsi a qualsiasi età, con sintomi, di differente gravità, che possono includere: diarrea persistente, dolore addominale, perdita di appetito e di peso. Una sintomatologia simile si riscontra anche nei casi di colite ulcerosa che, nel nostro Paese, colpisce circa 100mila persone.

“Si tratta di patologie altamente invalidanti che si manifestano con una sintomatologia che spesso spaventa il paziente e i familiari - afferma Massimo Fantini, direttore della Struttura Complessa di Gastroenterologia dell’Aou di Cagliari che ospita il Centro per la ricerca, diagnosi e cura delle Mici - Molte diagnosi, infatti, avvengono dopo che il paziente si è recato in pronto soccorso a seguito di sintomi acuti. La diagnosi precoce è di fondamentale importanza poiché può limitare l’impatto della malattia sulla vita delle persone, non solo dal punto di vista fisico, ma anche emotivo ed economico”. Dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi possono passare anche 5 anni, seppur nella maggior parte dei casi, il ritardo diagnostico è oggi inferiore a 6 mesi ed è differente, tra colite ulcerosa (più breve) e Malattia di Crohn (spesso più lungo).

“Oggi, grazie alla ricerca scientifica - sottolinea Alessandro Armuzzi, responsabile dell’Uo di Ibd, Malattie infiammatorie croniche intestinali, Irccs Istituto Clinico Humanitas Rozzano-Milano - gli obiettivi del trattamento si stanno concentrando sulla remissione clinica, sulla ‘guarigione’ della mucosa intestinale, e sull’assenza di disabilità, migliorando la qualità di vita senza dover ricorrere all’intervento chirurgico. Negli ultimi dieci anni - aggiunge - abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione nella gestione delle Mici. Dobbiamo continuare a impegnarci nel miglioramento della conoscenza, con particolare riguardo ai campanelli d’allarme che dovrebbero condurre il paziente da uno specialista gastroenterologo”.

Nello specifico, lo studio Ibd-Podcast, osservazionale e multicentrico, con una componente trasversale e una retrospettiva condotto su 103 strutture in 10 Paesi, tra cui l’Italia, aveva l’obiettivo di comprendere qual è la percentuale di pazienti con Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa controllata in modo non ottimale. In base allo studio, su 220 pazienti italiani con Ibd, il 54% di quelli con Malattia di Crohn e il 49% di quelli con colite ulcerosa sono controllati in modo non ottimale secondo i criteri adattati dalla consensus Stride-II. Questo compromette la qualità di vita, determina manifestazioni extraintestinali, o il mancato raggiungimento della guarigione mucosale in entrambe le patologie. Il mancato controllo può inoltre portare a un eccesso di uso di corticosteroidi. Lo studio ha inoltre evidenziato quanto, a volte, possa essere divergente la consapevolezza sul controllo di malattia e l’impatto sulla qualità di vita tra medico e paziente. Non solo: i pazienti in cui il controllo delle Mici non è ottimale riportano ripercussioni sulle relazioni (con un punteggio di 10 vs 12.6 per i pazienti con malattia di Crohn e di 10.2 vs 12.4 per i pazienti con colite ulcerosa) e sul proprio benessere emotivo (con un punteggio, rispettivamente, di 13.4 vs 16.9 e di 12.1 vs 16.6).

“Lo studio Podcast - osserva Annalisa Iezzi, direttore medico di AbbVie - rappresenta egregiamente l’attività di ricerca e sviluppo di AbbVie in gastroenterologia: in Italia abbiamo quasi 80 studi attivi in 400 centri. La nostra attività di ricerca in Italia spazia dall’implementazione di trial interventistici per lo sviluppo di nuovi asset allo svolgimento di studi osservazionali, colmando bisogni di cura e di conoscenza”.

Nel corso del 2023, l’associazione Amici Ets (Associazione nazionale per le malattie infiammatorie croniche dell’intestino) ha realizzato un’indagine (Acquire-Ibd) su un campione composto da 1039 pazienti 58% femminile, 42% maschi; 47% con malattia di Crohn e 53% con colite ulcerosa. Nel corso dell’ultimo anno, il 14% ha subito un ricovero, il 38% un intervento chirurgico e l’89% sta attualmente seguendo una terapia farmacologia. I dati evidenziano che: il 94% dei pazienti sa che è possibile avere disturbi a carico di altri organi; solo il 20% conosce la probabilità di sviluppare una complicanza intestinale della malattia di Crohn e, nel caso della colite ulcerosa, quasi 1 su 2 è informato della probabilità di subire un intervento di colectomia totale, ma nessuno sa indicare l’evoluzione negativa dell’andamento della patologia nel corso del tempo. Più della metà del campione conosce la differenza tra remissione clinica e remissione endoscopica. Circa 8 pazienti su 10 ritengono di aver ben compreso la salienza della scelta terapeutica. Una percentuale inferiore (57%) dichiara che il proprio gastroenterologo abbia fornito diverse opzioni terapeutiche spiegandone le differenze.

“L’associazione pazienti svolge un ruolo chiave nello sviluppo di un ‘Patient Health Engagement’, cioè nel generare consapevolezza della patologia - commenta Salvo Leone, direttore generale Amici Ets - La maggior parte dei pazienti (+70%) dichiara, infatti, l’importanza dei gruppi di supporto nella gestione e accettazione della malattia. L’attenzione deve rimanere focalizzata su diagnosi tempestive, percorsi di cura sempre più appropriati e personalizzati e che tengano conto della condizione di cronicità. E’ quindi fondamentale garantire sostegno, anche quello psicologico, a questa comunità di malati invisibili che hanno diritto alla miglior qualità di vita possibile”.

Infine, sono stati presentati i risultati dell’indagine sulla popolazione condotta, sempre nel 2023 in collaborazione con l’Istituto di Ricerca IXE’, su un campione di 800 persone di età compresa tra i 25 e i 45 anni per far emergere la conoscenza e la percezione delle Mici tra la popolazione: oltre il 60% degli intervistati ritiene siano malattie abbastanza diffuse ma altre informazioni, come le categorie di popolazione più a rischio o i sintomi, sono meno note. Poco più della metà del campione, ad esempio, crede che la probabilità di ammalarsi si concentri tra i giovani adulti e gli adulti e senza distinzioni di genere. Anche se la gran parte è certa che il medico a cui rivolgersi sia il gastroenterologo, sulle cure, meno della metà del campione ritiene che ne esistano e il 27% che si possa guarire completamente. Solo il 13% dichiara di aver sentito parlare della guarigione mucosale ma quasi 8 intervistati su 10 - conclude la nota - sono consapevoli che le indicazioni e le terapie mediche vadano seguite con estrema attenzione, anche quando i sintomi sono in remissione.

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Zanzara della malaria in Italia dopo oltre 50 anni: la...

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Dallo studio dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale locale e della Basilicata emerge "la necessità di rafforzare la sorveglianza in tutto il Mezzogiorno"

Zanzara della malaria (Afp)

La zanzara della malaria ritrovata in Puglia dopo oltre 50 anni. E' il risultato di uno studio dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, pubblicato su PubMed. "La scoperta ha una forte rilevanza e impatto sanitario, evidenziando un aumento della ricettività delle aree meridionali del Paese", scrivono gli autori. Nel settembre del 2022 un unico esemplare di 'Anopheles maculipennis' fu raccolto nel comune di Lecce e identificato molecolarmente come Anophelse sacharovi. Questa rilevazione ha portato ad attuare nel settembre 2023 un'indagine entomologica mirata.

"Ogni anno vengono segnalati casi di malaria importata nei paesi europei, il rischio di introduzione del plasmodium della malaria da parte di portatori di gametociti tra i viaggiatori provenienti da Paesi endemici dovrebbe essere preso in maggiore considerazione - avvertono gli autori -. I nostri risultati consentono di ripensare e costruire nuovi modelli per la previsione e l'espansione della malaria. Inoltre, per prevenire il rischio di reintroduzione della malattia, va considerata la necessità di rafforzare la sorveglianza dell'anofelismo residuo in tutto il Mezzogiorno".

Le indagini sono state condotte concentrandosi sugli allevamenti di animali, i maneggi e potenziali siti di riproduzione della zanzara.

Lopalco: "Nessun allarmismo, ma sorveglianza"

"La presenza di zanzare del genere anofele, quelle cioè in grado di trasmettere la malaria, è una informazione da tenere nella giusta considerazione" dice all'Adnkronos Salute, Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all'università del Salento. "Si fa la sorveglianza della circolazione delle zanzare per questo motivo. Niente allarmismi, quindi". Si tratta, per Lopalco, in ogni caso, di "un altro segnale di preoccupazione sui cambiamenti che il clima e le modificazioni dell'ambiente stanno comportando. Certamente non parliamo di rischio immediato di riportare la malaria in Italia. Ma è un avvertimento che impone di prendere seri provvedimenti per migliorare ancora di più la sorveglianza delle zanzare e ridurne la circolazione''.

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Sorriso ‘social’ perfetto e subito, è boom per...

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Aumentano le richieste per la tecnica che consente di avere un sorriso 'spettacolare' senza i tempi lunghi e il fastidio delle cure ortodontiche, "ma non mancano i rischi", spiega l'odontoiatra Raoul D'Alessio

Sorriso 'social' perfetto e subito, è boom per le faccette sui denti anche a 14 anni

Un sorriso perfetto e candido, senza l'ombra di un difetto, da sfoggiare sui social rapidamente senza aspettare, per eventuali correzioni, i tempi spesso lunghi di cure ortodontiche comunque meno 'spettacolari'. C'è questo dietro l'aumento di richieste per l'applicazione delle cosiddette 'faccette dentali', che rivestono il dente e che permettono di avere un risultato estetico "ottimale, con uno standard elevatissimo, grazie alle tecnologie e ai materiali di cui disponiamo oggi". E l'età di chi le richiede "si sta molto abbassando, parliamo anche di 14-15 anni". Un fenomeno non senza rischi, "se la scelta non viene fatta con la necessaria valutazione dell'odontoiatra", spiega all'Adnkronos Salute Raoul D'Alessio, noto professionista della capitale che è anche docente del master della Società italiana di odontoiatria forense (Siof) dedicato all'etica della professione. E convito assertore "dell'estetica, in odontoiatria e non solo, che è fortemente legata all'etica, nella sua corretta applicazione".

Il social, "con la necessità di mostrare la propria immagine tanto perfetta da rasentare l'irrealtà - continua D'Alessio - sono sicuramente all'origine di questo aumento di richieste, cresciute negli ultimi 5 anni di un buon 30%. Per molti sono particolarmente importanti, infatti, gli elementi di rapidità della 'correzione del sorriso' con questa metodologia, che grazie all'elevato miglioramento tecnologico, oggi può permettere l'applicazione delle faccette in 2 sedute, con uno standard estetico elevatissimo".

In generale, quindi, precisa l'odontoiatra, "rappresentano una soluzione assolutamente innovativa. Con le nuove tecniche, usando le faccette in zirconio, in soli 0,2 millimetri e con una preparazione poco invasiva, che non danneggia lo smalto, è possibile avere un dente praticamente perfetto. Si tratta di una soluzione utilissima per la correzione dei denti in caso di discromie, rotture, spazi irregolari, denti malformati o irregolari".

Tecniche molto 'performanti' dunque, scelte però anche in casi in cui potrebbero essere necessarie, invece, cure ortodontiche più lunghe. "Questa ricerca di un risultato più immediato fa sì che alcune volte non vengano fatte le necessarie analisi e approfondimenti sulla salute della bocca. Il paziente si accontenta dei soli risultati estetici. E questo può avere conseguenze legate ai mancati interventi funzionali. In nome dell'immediatezza e della perfezione (indotta da immagini spesso irrealistiche proposte in rete) si rischia di fare danni involontari, utilizzando tecniche non adatte al caso", aggiunge D'Alessio che è anche coordinatore nazionale dei presidenti provinciali del Sindacato unitario specialità ortodonzia (Suso).

Le faccette possono essere di diversi materiali, con costi diversi, quelle di ceramica, ormai 'datate' rispetto ai nuovi prodotti, costano, ognuna, dai 600 ad oltre 1.500 euro. "Ma si può arrivare a oltre 2mila euro l'una se parliamo di faccette digitali, ultrasottili in zirconio. Ovviamente si può usare un solo elemento per una discromia. Ma la linea più diffusa è coprire da canino a canino, sopra e sotto, quindi 12 denti", conclude l'esperto.

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Influenza in rialzo nei bimbi, l’esperto: colpa di...

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Andreoni: "L'arrivo di temperature più miti farà progressivamente spegnere i casi"

(Fotogramma/Ipa)

Il rialzo dell'incidenza dell'influenza nei bimbi piccoli "anche a fine aprile non è inconsueto: in questo periodo circola l'influenza B (Haemophilus influenzae di tipo B) e questo fa aumentare gli effetti di un colpo di coda epidemiologico, poi il picco di freddo di queste settimane aiuta le malattie da raffreddamento come l'influenza perché i virus penetrano meglio nelle mucose. Immagino che l'arrivo di temperature più miti e in linea con la stagione farà progressivamente spegnere l'influenza". Così all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), interviene sull'ultimo bollettino del sistema di sorveglianza RespiVirNet, curato dall'Istituto superiore di sanità.

Pediatri: "Ripresa insolita per il periodo ma ora confidiamo nel caldo"

Dunque, gli studi dei pediatri di famiglia tornano a riempirsi per l'influenza 'fuori stagione'. "Una ripresa insolita per il periodo che sta facendo registrare l'aumento del numero dei casi legati a virus respiratori, non solo influenzali. Stimiamo una crescita del 20% rispetto alle medie di questa fase dell'anno. Confidiamo però che con l'aumento delle temperature, previsto nelle prossime settimane - e quindi con più vita all'aria aperta - ci saranno meno contagi e i casi tenderanno a ridursi, insieme all'impatto sulla salute e sulla quotidianità delle famiglie", dice all'Adnkronos Salute Antonio D'Avino, presidente Federazione italiana medici pediatri (Fimp).

Normalmente, in questo periodo dell'anno, "nei nostri ambulatori le visite per malattie allergiche e le gastroenteriti con vomito, diarrea, erano più frequenti. Nella settimana scorsa e in quella precedente abbiamo però registrato un cambiamento, con una ripresa delle malattie respiratorie virali che hanno variato il quadro. In particolare i piccoli con meno di 5 anni hanno manifestato nuovamente malattie respiratorie che vanno dalla rinite fino all'impegno delle basse vie respiratorie. C'è stata una vera e propria recrudescenza di alcune malattie infettive".

Molto presenti, in particolare, "tutte quelle forme parainfluenzali che sono caratterizzate da sintomi molto comuni all'influenza - come la rinite, cioè il naso che cola, la tosse - che in questa fase dell'anno non erano usuali. Una risalita dei casi probabilmente legata al fatto che, abbassandosi le temperature nei giorni scorsi, è stata favorita di nuovo la promiscuità dei bambini in luoghi chiusi. Confido molto nell'aumento delle temperature delle prossime settimane perché la vita all'aria aperta di per sé riduce la circolazione non solo del virus influenzale ma anche di tutti quegli altri virus (i parainfluenzali, gli adenovirus, i rinovirus) che determinano una sintomatologia simile a quella dell'influenza".

Più giochi all'aperto e verdure a tavola contro i virus

Il consiglio dei pediatri è più giochi all'aperto e verdure a tavola per i più piccoli, con l'obiettivo di contrastare i virus respiratori che hanno 'rialzato' la testa. "Con il previsto aumento delle temperature dei prossimi giorni l'invito che farei alle famiglie è di portare i piccoli fuori all'aria aperta, a giocare nel verde, evitare gli assembramenti in luoghi chiusi che favoriscono la trasmissione virale ma anche la sedentarietà del tempo passato davanti a uno schermo", è l'appello di Antonio D'Avino ai genitori.

Con il ritorno del bel tempo "facciamo stare di più i bambini fuori, meno attaccati alle tecnologie. E facciamoli mangiare secondo i principi, semplici, della dieta mediterranea", aggiunge D'Avino che ribadisce "l'importanza di portare a tavola verdure, frutta fresca e di stagione. Un discorso che a noi pediatri è molto caro, che oltre ad essere un caposaldo della prevenzione fa parte della nostra cultura culinaria. Una cultura che è lontana dai fast food e da quelle modalità che ci arrivano da oltreoceano tutt'altro che salutari".

L'invito del pediatra è "a evitare cibi preconfezionati e super raffinati, e preferire quelli genuini che garantiscono l'apporto di vitamine e nutrienti che a loro volta sono in grado di favorire una risposta migliore del sistema immunitario alle infezioni".

I dati

Secondo quanto riportano gli ultimi bollettini, superano quota 14 milioni gli italiani messi a letto da influenza e virus 'cugini', infezioni che ancora sembrano non voler mollare la presa, complici gli 'up and down' del meteo di questa strana primavera. Anzi, tra i bimbi più piccoli l'incidenza torna a risalire.

"Nella sedicesima settimana del 2024", dal 15 al 21 aprile, si legge, "i casi stimati di sindrome similinfluenzale, rapportati all'intera popolazione italiana, sono circa 282.000, per un totale di circa 14.399.000 casi a partire dall'inizio della sorveglianza". Nei 7 giorni analizzati l'incidenza delle sindromi simil-influenzali resta "stabile", pari a 4,8 casi per mille assistiti (erano 4,7 nella settimana precedente). Rimangono "maggiormente colpiti i bambini sotto i 5 anni di età, in cui si osserva un livello di incidenza di 14 casi per mille assistiti, in leggero aumento rispetto alla settimana precedente (13,7)". In Toscana, Puglia e Basilicata, l'incidenza di influenza & Co. torna alla soglia basale.

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