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Israele, Riad ancora aperta a normalizzazione con Tel Aviv...

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Israele, Riad ancora aperta a normalizzazione con Tel Aviv ma prezzo potrebbe essere più alto

Israele, Riad ancora aperta a normalizzazione con Tel Aviv ma prezzo potrebbe essere più alto

Il filo del dialogo tra Riad e Tel Aviv non si è spezzato. Nonostante i tre mesi di guerra che hanno provocato oltre 24.000 morti palestinesi (secondo il ministero della Salute controllato da Hamas) e la rabbia nel mondo arabo per la reazione israeliana, da Riad si sostiene che la normalizzazione dei rapporti diplomatici con lo Stato ebraico è ancora sul tavolo. A testimonianza di questo anche le dichiarazioni della settimana scorsa di Antony Blinken durante il suo tour in Medio Oriente e anche in Arabia Saudita: il segretario di Stato Usa, infatti, ha spiegato che i colloqui di normalizzazione continuano e che "c'è un chiaro interesse nella regione a perseguire questo obiettivo".

"Per quanto riguarda la normalizzazione dei rapporti diplomatici, sì, ne abbiamo parlato in ogni tappa, anche qui in Arabia Saudita", ha detto Blinken ai giornalisti in Arabia Saudita prima di recarsi in Israele. "E posso dirvi questo: c'è un chiaro interesse a perseguire questo obiettivo. Questo interesse c'è, è reale". Lo scorso 9 gennaio, in un'intervista rilasciata alla Bbc, l'ambasciatore dell'Arabia Saudita in Regno Unito aveva ribadito che "c'è assolutamente interesse" a normalizzare le relazioni con Tel Aviv. "L'interesse c'è dal 1982", aveva detto il principe Khalid bin Bandar.

Ma secondo gli esperti il prezzo che l'Arabia Saudita chiederebbe in cambio della normalizzazione dei rapporti diplomatici, rileva la 'Cnn' in un'analisi, sarebbe più alto ora rispetto a prima della guerra di Gaza, poiché Riad potrebbe sentirsi costretta a strappare maggiori concessioni agli Stati Uniti e a Israele. "Il governo saudita è ancora aperto alla normalizzazione dei rapporti a condizione che Israele compia passi concreti sul terreno per creare le basi di una soluzione a due stati", ha spiegato alla 'Cnn' Ali Shihabi, autore e analista saudita. "Questo significherebbe, ad esempio, la fine completa del blocco da Gaza, il pieno rafforzamento dell'Autorità Palestinese a Gaza e in Cisgiordania, il ritiro dalle aree chiave della Cisgiordania, ecc". I passi da compiere, ha detto Shihabi, devono essere "promesse concrete e non vuote che Israele potrebbe dimenticare dopo la normalizzazione come ha fatto con altri paesi".

Sebbene Blinken non abbia chiesto un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, il Segretario di Stato Usa ha evidenziato come un'ulteriore integrazione di Israele in Medio Oriente richiederebbe che "il conflitto finisca a Gaza", nonché la creazione di un "percorso fattibile" verso uno Stato palestinese. La maggior parte dei paesi musulmani e arabi si sono rifiutati di riconoscere Israele fino a quando non sarà creato uno Stato palestinese. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e altri funzionari israeliani hanno ripetutamente respinto la prospettiva di uno Stato palestinese. Il mese scorso il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che il governo israeliano "non vuole una soluzione a due Stati".

Nel 2020, quattro nazioni arabe, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan, hanno riconosciuto Israele in base a una serie di trattati noti come Accordi di Abramo, eludendo la richiesta araba di lunga data di uno Stato palestinese. Da allora, l'amministrazione Biden ha lavorato per portare l'Arabia Saudita, ampiamente considerata il leader del mondo musulmano sunnita, a seguire l'esempio, una mossa che avrebbe potuto aprire la porta ad altri paesi per riconoscere Israele. Considerato uno degli artefici degli accordi, l'ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti Yousef Al Otaiba all'epoca sottolineò la fattibilità della soluzione dei due Stati, indicando che non sarebbe stata abbandonata per il bene della normalizzazione. La creazione di uno Stato palestinese è stata la posizione ufficiale di Riad per due decenni ma era assente dalla retorica ufficiale negli ultimi anni, prima dell'attacco del 7 ottobre. Alla domanda sulle richieste dell'Arabia Saudita per la normalizzazione con Israele, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Mbs) a settembre aveva spiegato a Fox News che auspicava che l'accordo "raggiunga un punto che faciliti la vita dei palestinesi", fermandosi prima di chiedere la costituzione uno Stato.

L'attacco del 7 ottobre a Israele e la devastante guerra nella Striscia di Gaza, osserva la 'Cnn', hanno spinto l'Arabia Saudita a sospendere i colloqui di normalizzazione con un governo israeliano disprezzato nel mondo arabo che lo considera responsabile della sofferenza dei palestinesi. Un sondaggio condotto dal Washington Institute for Near East Policy, dal 14 novembre al 6 dicembre, ha rilevato che il 96% dei 1.000 sauditi intervistati ha dichiarato di ritenere che "i paesi arabi dovrebbero interrompere immediatamente tutti i contatti diplomatici, politici, economici e di altro tipo con Israele, in segno di protesta contro la sua azione militare a Gaza".

"Data l'infiammabilità dell'opinione pubblica saudita alla luce della guerra a Gaza, Riad avrà ora bisogno di concessioni israeliane molto più significative nei confronti dei palestinesi, che potrebbero includere la creazione di uno Stato palestinese provvisorio", ha spiegato Firas Maksad, senior fellow e direttore del Middle East Institute di Washington, Dc.

"Anche se continuiamo a credere nella normalizzazione anche dopo il 7 ottobre, questa non avverrà a spese del popolo palestinese", ha spiegato alla Bbc l'ambasciatore saudita nel Regno Unito descrivendo i palestinesi come "l'elemento chiave" in qualsiasi accordo di normalizzazione con Israele. "Questo non è un piano di pace israelo-saudita, questo è un piano di pace israelo-palestinese". Alla domanda se Hamas farà parte di un futuro Stato palestinese, l'ambasciatore non ha escluso la prospettiva, dicendo che "richiede molta riflessione, molto lavoro... C'è sempre spazio per il cambiamento se si ha ottimismo e speranza".

L'Arabia Saudita può, tuttavia, permettersi di aspettare fino a quando non ci saranno le condizioni giuste per un accordo con Israele, ha spiegato Maksad alla 'Cnn'. La normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele è diventata uno dei principali obiettivi politici degli Stati Uniti in Medio Oriente. Biden, che durante la sua campagna presidenziale ha promesso di trasformare l'Arabia Saudita in un "paria" per l'omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi in Turchia, ha messo da parte le sue divergenze con Mbs negli ultimi due anni quando Riad ha segnalato la sua volontà di avvicinarsi a Israele. Per l'amministrazione Biden, mediare un accordo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita sarebbe un'importante vittoria in politica estera in vista delle elezioni presidenziali di quest'anno.

Ieri secondo l'agenzia di stampa israeliana Tazpit Press Service che citava fonti israeliane e arabe, Arabia Saudita e Israele vogliono normalizzare i loro rapporti; sono disposti a continuare negli sforzi di pace che si sono interrotti il 7 ottobre scorso con l'attacco di Hamas ad Israele e vogliono che Hamas se ne vada da Gaza. "Ma gli sforzi di pace tra i due paesi si sono complicati con la guerra a Gaza e sciogliere la matassa avrà un impatto significativo sul futuro post-bellico della Striscia di Gaza", sottolineano. "Lo scenario migliore che i Paesi del Golfo, in particolare l'Arabia Saudita, vedono - ha spiegato a Tps una fonte araba con stretti legamenti con i circoli dirigenti degli Stati del Golfo - è la creazione di un'entità palestinese completamente nuova, che controllerà la Striscia di Gaza, che sarà completamente smilitarizzata e soggetta a fondamentali e nuovi accordi di sicurezza in coordinamento con l'Egitto. Questo scenario prevede anche un coinvolgimento saudita e arabo significativo nella ricostruzione della Striscia di Gaza", ha aggiunto.

Alla domanda su quali messaggi Tel Aviv abbia ricevuto da Riad, un funzionario politico israeliano che è informato sugli sforzi di normalizzazione ha detto a Tps: "Il coinvolgimento saudita non dovrebbe essere escluso nemmeno nella gestione della Striscia di Gaza il giorno dopo la guerra". "Il processo in corso per la normalizzazione dei rapporti tra Israele e l'Arabia Saudita c'è ed è stabile. Non si sono fermati per un momento e nonostante la situazione nella Striscia di Gaza, si possono fare progressi verso un accordo per stabilire nuovi rapporti", ha spiegato a Tps un'altra fonte araba, anch'essa vicina ai circoli dirigenti del Golfo. "Tale accordo - ha rilevato - potrà essere firmato solo alla fine della sanguinosa guerra nella Striscia di Gaza e non durante i combattimenti".

I sauditi sanno che la pace con Israele darebbe loro accesso alle armi e alla tecnologia nucleare americana. E avere un ruolo nell'amministrazione di Gaza aumenterebbe il profilo regionale di Riad. Ma il regno non vuole essere parte di un nuovo status quo a Gaza che non porti a uno Stato palestinese. "È inconcepibile che un Paese arabo, e ancor di più l'Arabia Saudita, accetti di essere la parte che taglierà in due parti la 'patria palestinese' e accetti la violazione della sovranità palestinese sulla Striscia di Gaza", ha spiegato ancora a Tps.

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Europee, Gualtieri: “Saranno elezioni decisive, invito a...

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"Le elezioni europee saranno elezioni decisive, penso che mai come questa volta il nostro futuro dipenderà anche dagli equilibri che si determineranno nel Parlamento europeo. Il mio messaggio istituzionale è quello di partecipare, perchè se non si vota qualcun altro deciderà per noi”. Così il sindaco di Roberto Gualtieri a margine della conferenza stampa, svoltasi nello spazio Esperienza Europa – David Sassoli in piazza Venezia a Roma, con cui è stata lanciata la campagna istituzionale in vista del voto europeo i prossimi 8 e 9 giugno.

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Europee, Corazza: “Andare a votare: democrazia...

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"Un eurobarometro che abbiamo pubblicato qualche giorno fa ci dice che l'81% degli intervistati ritiene questo voto particolarmente importante per il contesto in cui siamo. Abbiamo un'Europa al bivio, sempre più schiacciata da regimi autoritari e vittima di disinformazione. Quindi il primo messaggio che dobbiamo lanciare è ‘andare a votare’: una democrazia vibrante e forte, infatti, vede una forte partecipazione”. Sono le parole di Carlo Corazza, rappresentante in Italia del Parlamento Europeo, a margine della conferenza stampa, svoltasi nello spazio Esperienza Europa – David Sassoli in piazza Venezia a Roma, con cui è stata lanciata la campagna istituzionale in vista del voto europeo i prossimi 8 e 9 giugno.

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Giornata dell’Europa, Giordani (Civita): “Monumenti simbolo...

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"Come associazione abbiamo voluto promuovere l’illuminazione di luoghi iconici della cultura, sia delle grandi città d’arte che dei piccoli borghi, per rimarcare lo stretto collegamento tra la nostra identità e l'Europa". Lo ha detto Simonetta Giordani, segretario generale dell’associazione Civita, presentando una delle molte iniziative organizzate per la Giornata dell’Europa, che cade il 9 maggio. Gli eventi legati a questa ricorrenza sono stati illustrati in occasione della conferenza stampa, svoltasi nello spazio Esperienza Europa – David Sassoli in piazza Venezia a Roma, durante la quale è stata lanciata la campagna istituzionale in vista del voto europeo i prossimi 8 e 9 giugno.

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