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Sostenibilità

Sostenibilità: Simest, le persone al centro della nuova...

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Sostenibilità: Simest, le persone al centro della nuova strategia di crescita

Così Valeria Borrelli, responsabile Persone e Organizzazione in Simest, nel suo intervento all’evento 'Le nuove sfide della sostenibilità', a cura di Eikon Italia Società Benefit in collaborazione con il Gruppo Adnkronos

Valeria Borrelli in collegamento con l'evento Eikon-Adnkronos - (Foto Adnkronos)

"Il mercato del lavoro negli ultimi anni ha mostrato una rapida trasformazione che ha richiesto alle organizzazioni aziendali anche un grande sforzo di adattamento e azioni concrete. Parole come 'new ways of working', 'equilibrio vita-lavoro', 'nomadi digitali' sono adesso parte integrante del nostro vocabolario quotidiano, ma in realtà per essere realmente poi assorbite nel Dna delle aziende necessitano di un'importante attività di cambiamento culturale. In questa cornice e per affrontare queste nuove sfide Simest, proprio all'inizio di quest'anno, ha approvato il nuovo piano strategico e ha deciso di dedicare alle persone e alla cultura aziendale un intero capitolo, mettendo proprio le persone al centro della nuova strategia di crescita del prossimo triennio". Così Valeria Borrelli, responsabile Persone e Organizzazione in Simest, nel suo intervento all’evento 'Le nuove sfide della sostenibilità', a cura di Eikon Italia Società Benefit in collaborazione con il Gruppo Adnkronos.

"Siamo partiti innanzitutto dall'individuazione di quelli che sono i principali bisogni emergenti della popolazione aziendale attraverso un processo bottom-up che ci ha restituito quattro elementi cardine: innanzitutto un New Work-Life Balance, un ambiente di lavoro inclusivo, collaborativo, ma soprattutto che permetta contaminazione positiva, trasversalità, una formazione continua e di qualità per il rafforzamento delle competenze e, infine, percorsi di carriera chiari, trasparenti, oltre a garantire opportunità di crescita professionale, quindi anche di valorizzazione del talento e del merito - spiega - Soddisfare questi bisogni è diventato per noi prioritario, soprattutto per incrementare la nostra retention verso giovani e nuovi talenti, anche tenuto conto che la popolazione di Simest si compone per il 40% circa di persone under 35, quindi una fascia veramente importante e consistente".

"Contestualmente, però, non dobbiamo dimenticare anche la necessità di potenziare la forza attrattiva di Simest e del nostro brand, sia presso le realtà accademiche che presso il mercato del lavoro. Abbiamo quindi deciso di declinare questi obiettivi in tre grandi linee di intervento: la prima coniuga i temi dell'inclusione e della diversità con sostenibilità e work-life balance. Qui abbiamo l'ambizione innanzitutto di lavorare sul gender gap, di garantire processi di talent acquisition equi ed inclusivi nel pieno rispetto delle pari opportunità e soprattutto di introdurre nuove iniziative a sostegno del benessere delle persone che siano proprio targettizzate sui bisogni specifici di classi omogenee di popolazione, nonché garantire il loro diritto alla disconnessione", continua.

La seconda direttrice di intervento "riguarda la valorizzazione del capitale umano, con un focus molto forte sullo sviluppo dei percorsi di carriera strutturati, crescente opportunità di mobilità interna ed infragruppo ed eccellenza delle competenze".

L'ultima linea di intervento "è rappresentata dal nostro Employer Branding, potente canale di diffusione di una totalmente rinnovata value proposition di Simest, che anche qui andiamo a comunicare attraverso interventi puntuali presso business school e università. Lo facciamo sempre di più in una modalità nuova, ovvero con dei roadshow territoriali che svolgiamo in collaborazione con i nostri partner industriali dove andiamo a raccontare in maniera concreta agli studenti come si estrinseca il nostro core business, ma anche quali sono i valori di Simest, qual è la sua mission e questo sempre più lo stiamo facendo raccontare ai giovani che sono i nostri principali brand ambassador".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Sostenibilità

L’Italia è prima in Europa per morti premature da biossido...

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La Lombardia è la regione messa peggio in Ue, allarme per i dati dell’Eea

Uomo con mascherina antismog - Canva

L’Italia ha registrato il più alto numero di decessi per biossido di azoto in Europa: sulle 52.483 morti premature dovute all’esposizione al biossido di azoto nei paesi dell’Unione, l’Eea ha stimato 11.282 morti premature in Italia, di cui 3.458 nella sola Lombardia (dati 2021). Praticamente, su 27 Stati, è avvenuta in Italia quasi una morte prematura su 5 legata a quest’agente inquinante.

Quello registrato dall’Agenzia europea per l’ambiente nel territorio lombardo non è un dato elevato solo in termini assoluti, ma anche in termini relativi dato che la regione detiene, insieme alla regione di Atene, l’Attica, il triste primato delle morti premature in rapporto alla popolazione (35/100.000 abitanti).

Bisogna anche notare che il decesso è l’evento estremo, ma l’inquinamento porta anche ad altre conseguenze nocive che l’Eea traduce negli anni di vita persi, identificati con la sigla Yll (Years of Life Lost).

Si tratta di una stima del numero medio di anni aggiuntivi che le persone in una popolazione avrebbero vissuto statisticamente se non fossero morte prima di raggiungere una certa aspettativa di vita statistica. L’impatto della Yll dipende anche dall’età in cui si verificano i decessi; pertanto, una morte che si verifica in età più giovane aumenta di più questa metrica rispetto a quanto faccia una morte in età più avanzata.

Dal 2005 l’Eea pubblica i dati relativi all’impatto sulla salute derivante dall’esposizione agli agenti inquinanti per i diversi livelli territoriali (stato, regione, provincia, città) in una banca dati attualmente aggiornata al 2021. I risultati sono allarmanti: fra le regioni europee con più morti premature per esposizione al biossido di azoto nel 2021, 5 su 10 sono italiane.

L’analisi regionale

Il dato sul biossido di azoto è particolarmente interessante perché ha una fonte emissiva più specifica, ovvero il trasporto su strada dei veicoli con motori endotermici, diesel su tutti.

Sulle 52.483 morti premature dovute all’esposizione al biossido di azoto nei paesi dell’Unione Europea, a livello nazionale in Italia l’Eea ha stimato 11.282 morti premature, il dato più elevato di tutti i Paesi europei. Gli effetti sono visibili anche nella classifica delle regioni con più morti premature per biossido di azoto, come dimostra questo grafico:

[Fonte: Ambientenonsolo.com]

Oltre alla citata Lombardia rientrano nelle prime 10 posizioni la Campania, il Lazio, il Piemonte e il Veneto. Tra le prime 20 regioni con più morti premature per esposizione al biossido di azoto si registra anche l’Emilia-Romagna, 18ma.

Il dato sulla Lombardia non è certamente una novità: una ricerca condotta da Openpolis insieme ad altre sei redazioni dello European data journalism network (Edjnet), sotto la direzione di Detusche Welle, dimostra che il Nord Italia, e soprattutto la Pianura padana, è la zona più inquinata d’Europa anche considerando la concentrazione di Pm2.5 nell’aria. Le prime province europee per concentrazione di particolato fine Pm2.5 nell’aria sono Milano, Cremona e Monza, con valori superiori a 21 milligrammi ogni metro cubo, oltre 4 volte superiori ai limiti stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), pari a 5 µg/m³.

Oltre ad aver incassato i dati più preoccupanti, la Pianura padana ha anche registrato il più grave peggioramento della qualità dell’aria a livello europeo tra il 2018 e il 2022.

L'analisi provinciale

Nonostante lo spiacevole primato della Lombardia, la provincia europea con maggiori morti premature per esposizione al biossido di azoto nel 2021 è stata quella di Bucarest, in Romania. Tra le prime 10 province europee, ben 4 sono italiane: Milano, Torino, Napoli e Roma.

[Fonte: Ambientenonsolo.com]


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Sostenibilità

Obiettivo net zero nel 2040, Alperia presenta la sua...

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E' stata la prima utility italiana a diventare carbon neutral per le emissioni operative (scope 1 e 2)

Obiettivo net zero nel 2040, Alperia presenta la sua strategia

Ridurre le proprie emissioni di CO2e (Scope 1, 2 e 3) del 46% entro il 2027 e del 70% entro il 2031, rispetto a 2021, per raggiungere infine l'obiettivo Net Zero nel 2040, ben 10 anni prima degli intenti europei. E' questo l'obiettivo di Alperia che destina l’80% degli investimenti previsti dal Piano Industriale 2020-2024 per soddisfare almeno 10 obiettivi di sostenibilità delle Nazioni Unite.

E proprio per questo impegno che Alperia prende parte alla COP28. A presentare la strategia climatica e le misure per il raggiungimento del Net Zero saranno Kathrin Madl, responsabile Csr Management in Alperia, con il direttore generale, Luis Amort.

Alperia è stata la prima utility italiana a diventare carbon neutral per le emissioni operative (scope 1 e 2). Ma il percorso della strategia climatica di Alperia non si ferma qui: la società si è impegnata a fissare obiettivi di riduzione in linea con Science Based Targets Initiative, un’iniziativa che promuove la riduzione dei gas a effetto serra sulla base di obiettivi calcolati scientificamente.

“Da 120 anni Alperia produce energia verde da fonti rinnovabili e i principi della nostra attività d’impresa – dalla fornitura di energia verde fino alla mobilità elettrica e all’efficienza energetica – sono sempre stati guidati da una visione di sostenibilità e tutela dell’ambiente”, ha spiegato Kathrin Madl. “In quanto partner per la transizione energetica, il contrasto al cambiamento climatico è la sfida verso cui vogliamo accompagnare il nostro territorio e i nostri clienti,” ha sottolineato Luis Amort durante la COP28.

La possibilità di presentare la propria strategia climatica alla conferenza clima delle Nazioni Unite non è l'unico riconoscimento che Alperia ha ricevuto nel 2023. Il rinomato quotidiano britannico Financial Times ha nominato Alperia tra gli "Europe's Climate Leaders 2023". La classifica, in cui l'azienda altoatesina di servizi energetici si colloca al 57esima posto su 500 aziende attive a livello internazionale nonché prima tra le utility italiane, comprende le aziende che hanno ridotto maggiormente le loro emissioni di CO2.

Alperia, inoltre, ha fatto valutare le sue numerose iniziative di sostenibilità da EcoVadis, piattaforma internazionale e indipendente per la valutazione della sostenibilità, e ha subito ottenuto lo status Gold. Risultati particolarmente positivi sono stati conseguiti nei settori ambiente e condizioni di lavoro. Con la medaglia Gold di EcoVadis, Alperia si posiziona tra le prime 6% delle aziende certificate nel settore energetico: un risultato davvero considerevole per il fornitore di servizi energetici.

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Sostenibilità

Investimenti green, migliorano le prestazioni in Italia e...

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Risultati incoraggianti dall'indagine Consob sulla gestione dei rischi Esg

Monete con sopra piantine - Canva

L’economia italiana ed europea sta imparando a gestire i rischi Esg. Questo, in sintesi, è quanto emerge dal rapporto Consob “Principali tendenze in tema di investimenti sostenibili e criptoattività”, che analizza l’andamento del Sustainalytics Esg risk score da dicembre 2019 a dicembre 2022.

Questo significa una maggiore prontezza nell’affrontare non solo le calamità naturali, sempre più frequenti a causa del surriscaldamento climatico, ma anche le sfide di equità sociale e lavorativa verso le quali è aumentata anche la sensibilità del mercato.

Il Sustainalytics Esg risk score quantifica infatti l’esposizione delle società a fattori di rischio Esg come i cambiamenti climatici, il rischio di transizione, le condizioni di lavoro inique, la mancanza di inclusione sociale, la trasparenza nella governance, le politiche di remunerazione del management.

Visto da vicino

Disaggregando settorialmente l’indicatore, la Consob rileva che in media l’esposizione ai fattori di rischio delle utilities e delle società che producono energia è più elevata rispetto a quella delle imprese appartenenti al settore manifatturiero e al comparto finanziario.

Un elemento fondamentale per valutare queste prestazioni è la volatilità, che indica la variazione percentuale del prezzo di uno strumento finanziario nel corso del tempo.

Nel contesto dell’eurozona, l’andamento dell’indicatore di “greenium”, ossia del premio al rischio connesso con la eco-sostenibilità di un’impresa che si basa sui rendimenti delle società quotate, mostra una significativa volatilità soprattutto in corrispondenza di periodi di stress sui mercati finanziari e un trend crescente da maggio 2020.

La gestione dei rischi Esg in Italia

Gli Esg risk scores registrati in Italia si attestano su valori in linea con quelli dell’area euro, ma cambia la composizione a livello settoriale dato che l’esposizione ai fattori di rischio del comparto finanziario appare in media più elevata rispetto al settore corporate.

L’autorità di vigilanza evidenzia come il gruppo di imprese con score di sostenibilità più elevato si differenzi dall’altro gruppo solo per la dimensione e la liquidità. In sostanza, il cluster di società con rating Esg più alto è rappresentato dalle imprese con maggiore liquidità e capitalizzazione mentre non si registrano differenze significative tra i due gruppi in termini di performance, volatilità e valutazioni di mercato.

L’analisi delle obbligazioni ESG inclusa nel rapporto si fonda sull’identificazione dei titoli sulla base degli International Capital Market Association (Icma) principles e si focalizza sui titoli quotati in Italia. Ne emerge che circa il 12% circa delle obbligazioni Esg così definite non è incluso nella lista dei “Green e Social bonds” di Borsa Italiana. In pratica c’è un forte disallineamento tra la classificazione internazionale del profilo di sostenibilità e quella italiana.

Rilevanza ai piccoli investitori

Un altro aspetto interessante riguarda i tipi di investimenti Esg del mercato italiano. Il rapporto Consob “Principali tendenze in tema di investimenti sostenibili e criptoattività” evidenzia che le obbligazioni Esg sono prevalentemente:

- green bonds (53%);

- appartenenti al settore sovranazionale (54%);

- con una durata compresa fra i 7 e i 10 anni (43%),

- rivolti al piccolo investitore: il 54% dei titoli Esg quotati su Borsa Italiana presenta un lotto minimo minore uguale a 1.000 euro, quindi accessibile agli investitori retail;

- negoziati sul segmento di mercato Mot (69%).

Infine, la classificazione dei fondi aperti sostenibili disponibili per la vendita in Italia è stata effettuata adottando i criteri di Mornigstar per l’identificazione dei fondi Esg. Il risultato è positivo, considerando che la maggiore parte dei fondi che possono essere negoziati in Italia presenta un Morningstar sustainability rating superiore alla media (59%), ma la nota negativa è che solo l’8% è domiciliato in Italia.

Le prospettive future

Attualmente il volume degli investimenti cosiddetti green ammonta a 154 miliardi di dollari all'anno, una cifra che dovrà triplicare entro il 2030, raggiungendo i 484 miliardi di dollari all'anno per rispettare i parametri fissati dagli Accordi di Parigi e dagli altri accordi sovranazionali e internazionali.

Questo è quanto suggerito dagli esperti durante il summit europeo “Business and Nature Summit” di ottobre, la conferenza dedicata alla creazione di modelli di business sostenibili che pongono al centro la biodiversità.

Durante l’evento si è evidenziato come questi investimenti non solo generino benefici ambientali, ma anche significative opportunità economiche, compresi 395 milioni di nuovi posti di lavoro e 10 mila miliardi di dollari di entrate aggiuntive entro il 2030.

Il summit europeo “Business and Nature Summit”, co-organizzato dal Forum per la Finanza Sostenibile insieme alla Commissione Europea, alla Piattaforma Europea per il Business e la Biodiversità, Etifor e la Regione Lombardia, ha riconosciuto agli operatori finanziari un ruolo cruciale nell’incremento di questi investimenti e nell’attuazione di azioni efficaci per tutelare il clima e la biodiversità, sollecitando una maggiore sinergia pubblico-privato nella finanza Esg.

In questo senso va anche l’European Green Bond, il ‘bollino Ue’ per le obbligazioni sostenibili. Si tratta di uno standard volontario che conferisce una sorta di “marchio premium” ai green bond. Quindi, le società emittenti europee possono continuare ad emettere obbligazioni verdi secondo altri standard, ma senza alcuna certificazione, a differenza di quelle ‘marchiate’ col bollino Ue che verranno ritenute più affidabili dagli investitori, sempre più attenti alla trasparenza delle imprese in ambito Esg.

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