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Israele-Hamas, secondo giorno di tregua: oggi rilascio di...
Israele-Hamas, secondo giorno di tregua: oggi rilascio di altri 13 ostaggi
Superato lo stallo, il secondo gruppo di prigionieri è stato liberato come da accordi in cambio di 39 detenuti palestinesi
Schiarita tra Israele e Hamas dopo la tensione nella seconda giornata di tregua nella Striscia di Gaza. Sono rientrati in Israele i 13 ostaggi, rilasciati da Hamas: dopo essere stati in un primo tempo consegnati alla Croce Rossa e portati al valico di Rafah sono stati riportati in Israele per essere sottoposti a esami medici in ospedale.
Le autorità hanno fornito i nomi degli ostaggi rilasciati: Shoshan Haran, 67 anni, sua figlia Adi Shoham, 38 anni, e suoi nipoti, Naveh e Yahel, rispettivamente di otto e tre anni. Sono state liberate anche Shiri Weiss, 53 anni, e sua figlia Noga, 18 anni, Sharon Avigdori, 52 anni, e suo figlio Noam, 12 anni, e i fratelli Noam e Alma Or, rispettivamente di 17 e 13 anni. Sono state rilasciate anche Maya Regev, 21 anni, Hila Rotem, 12, e Emily Hand, nove anni.
Anche i quattro ostaggi thailandesi liberati torneranno in Thailandia direttamente dall'Egitto. Secondo quanto ricostruisce Haaretz, Israele aveva chiesto di aggiungere un altro ostaggio alla lista dei 13 identificando un'altra persona che rientrava nei termini fissati dall'accordo, cioè il rilascio di madri e figli insieme, se i figli hanno meno di 19 anni. Ma per Hamas - alla quale era stato offerto il rilascio quindi di 42 prigionieri invece di 39 - la richiesta di Israele non rispettava i termini e quindi non è stata accolta. Si è ritornati, quindi, al numero originario di 13 ostaggi e 39 prigionieri palestinesi rilasciati.
Fra le detenute palestinesi che sono state scarcerate in cambio della liberazione di ostaggi israeliani, c'è Israa Jaabis, una donna accusata di voler compiere un'attentato suicida con una bombola di gas. Lo ha affermato Hamas, secondo quanto scrive Times of Israel. Jaabis aveva 31 anni nel 2015 quando ha fatto esplodere una bombola di gas nella sua auto dopo essere stata fermata dalla polizia presso l'insediamento di Maale Adunim, vicino Gerusalemme. L'esplosione ha provocato gravi ustioni a Jaabis e ferito al petto e al volto un poliziotto. Secondo le autorità israeliane, Jaabis voleva compiere un attentato suicida in Israele.
L'intervento di Biden e del Qatar
Il presidente americano Joe Biden ha parlato con l'emiro e il primo ministro del Qatar nell'ambito degli sforzi per far ripartire l'accordo per la liberazione degli ostaggi israeliani, catturati da Hamas. Lo ha reso noto la portavoce del Consiglio Nazionale di Sicurezza, Adrienne Watson, citata dalla Cnn. Altri alti funzionari americani sono stati in contatto con le controparti israeliane, del Qatar e l'Egitto, con Biden che è stato costantemente informato, ha aggiunto Watson. Poi il Qatar ha informato Washington che la questione era stata risolta. "Le parti hanno superato tutti gli ostacoli grazie all'intervento di Qatar ed Egitto" conferma anche il canale tv israeliano 'Channel 12' che cita il portavoce del ministero degli Esteri del Qatar.
Il segretario alla Difesa americano Lloyd J. Austin ha avuto, poi, un colloquio telefonico con il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant e ha espresso la necessità di maggiori aiuti umanitari a Gaza. Lo riporta il quotidiano Haarets citando il Pentagono. "Il segretario Austin ha condiviso il suo punto di vista secondo cui gli aiuti umanitari devono aumentare e che i civili devono avere aree sicure per ricevere aiuti in tutta Gaza", riferisce la nota del Dipartimento Usa alla Difesa. Austin ha, inoltre, riaffermato la necessità di impedire che il conflitto si espanda al Libano.
Il giallo sul rilascio degli ostaggi
Il rilascio è avvenuto dopo ore di stallo che aveva fatto temere in un blocco dell'operazione: gli ostaggi dovevano essere liberati alle 16 di sabato, ora locale, ma Hamas aveva annunciato uno slittamento fino a quando Israele avesse "rispettato i termini dell'accordo relativo all'ingresso di camion umanitari nel nord della Striscia di Gaza". Lo scambio è arrivato, dopo che Israele aveva lanciato un ultimatum, sostenendo che "se gli ostaggi non fossero rilasciati entro mezzanotte, l'offensiva a Gaza avrebbe ripreso".
L'accordo, approvato mercoledì dal governo israeliano, prevede che Hamas rilasci da 12 a 13 ostaggi per ogni giorno di tregua. Il rilascio di ogni 10 ostaggi aggiuntivi comporterà un giorno in più di pausa nei combattimenti. In base all'intesa, le Forze di Difesa Israeliane si asterranno dall'utilizzare droni di sorveglianza a Gaza per sei ore ogni giorno del cessate il fuoco. Israele consentirà inoltre al carburante di entrare nella Striscia durante quel periodo e aumenterà drasticamente il volume delle merci consentite nell’enclave. Negli ultimi due giorni, circa 200 camion carichi di aiuti umanitari sono entrati a Gaza dal Sinai, più di 50 dei quali destinati alla parte settentrionale della Striscia.
Tra i 13 israeliani rilasciati venerdì, solo quattro erano bambini e le altre donne. Il 7 ottobre Hamas e altre fazioni attive nella Striscia di Gaza hanno rapito circa 240 persone, tra cui circa 40 bambini.
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Europee 2024, inchiesta su Instagram e Facebook: violazioni...
La decisione della Commissione Ue
La Commissione europea ha aperto un'inchiesta su Instagram e Facebook perché sospettate, in vista delle elezioni europee, di non rispettare gli obblighi in materia di lotta alla disinformazione.
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Ue, Atlantic Council: “Draghi guidi Consiglio, fra...
"Il rapporto Draghi proporrà interconnessioni tra sistemi produttivi nazionali"
"Mario Draghi dovrebbe essere il prossimo presidente del Consiglio europeo". Non al vertice della Commissione al posto della 'spitzenkandidatin' Ursula von der Leyen, come da rumor delle scorse settimane, ma come successore di Charles Michel alla testa dei capi di governo dell'Unione. E' quanto si legge in un editoriale pubblicato sul sito dell'Atlantic Council, uno dei principali think tank americani, firmato dal nonresident senior fellow Mario De Pizzo.
"L'Unione Europea è a un bivio: deve scegliere se attuare riforme significative o accettare il suo imminente declino. Uno dei pochi leader disposti a fare le riforme necessarie è Mario Draghi, ex presidente della Banca centrale europea ed ex primo ministro italiano", scrive De Pizzo. Draghi è stato incaricato da von der Leyen di redigere un rapporto sulla competitività dell'Ue, che sarà pubblicato dopo le elezioni europee del 6-9 giugno.
"Secondo una fonte vicina a Draghi, che ha condiviso i primi dettagli a condizione di anonimato, il rapporto includerà probabilmente una valutazione franca delle debolezze dell'Europa, sulle sue limitate capacità creative e produttive. In questo momento all'Europa mancano sia le risorse che la volontà di competere con il resto del mondo, soprattutto se si considera la capacità di Stati Uniti e Cina di stimolare l'economia attraverso la spesa pubblica", prosegue De Pizzo.
Il rapporto sulla competitività europea che sta preparando Draghi su incarico di von der Leyen e che sarà presentato dopo le elezioni europee "metterà probabilmente in evidenza il fatto che l'Europa ha enormi opportunità di correggere le sue carenze produttive", si legge ancora.
"Una riforma che il documento promuoverà è la creazione di interconnessioni tra i sistemi produttivi nazionali, con l'obiettivo di creare un unico sistema europeo di catene di approvvigionamento continentali integrate - un obiettivo a dir poco ambizioso. La visione di Draghi potrebbe essere la fonte di ispirazione per un programma di governo dell'Ue per i prossimi cinque anni. E l'Europa ha bisogno del suo impegno per realizzare questi obiettivi".
Nell'editoriale si sostiene che Draghi dovrebbe guidare il Consiglio europeo, anche se è una carica istituzionale spesso criticata per essere in gran parte simbolica e priva di un gabinetto. "E' la persona che fa la carica - precisa De Pizzo - Draghi sarebbe in grado di avviare il processo di riforma dei trattati istitutivi dell'Ue proponendo punti nelle discussioni formali e informali, nonché elaborando piani per realizzare le politiche che suggerirà nella sua relazione. Come ha detto il 16 aprile a Bruxelles, in occasione della Conferenza di alto livello sul Pilastro europeo dei diritti sociali, 'avremo bisogno di un partenariato rinnovato tra gli Stati membri, di una ridefinizione della nostra unione che non sia meno ambiziosa di quella che i padri fondatori fecero settant'anni fa con la creazione della Comunità europea del carbone e dell'acciaio'".
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Europee, Gozi (Renew): “Noi mai con l’Ecr”
"Ursula e Giorgia candidate per finta"
Per Renew Europe, l’apertura di Ursula von der Leyen ad una eventuale collaborazione con l’Ecr nel Parlamento Europeo dopo le elezioni “non è accettabile” e i Liberali non faranno mai “alleanze politiche e programmatiche” con “estremisti” di destra come i Conservatori e Riformisti Europei. A dirlo all’Adnkronos, dopo il primo dibattito di ieri tra gli Spitzenkandidaten a Maastricht, è Sandro Gozi, uno dei tre candidati di punta di Renew, segretario del Partito Democratico Europeo ed eurodeputato, eletto in Francia con Renaissance. Von der Leyen, osserva Gozi, “è già una candidata per finta: su questo ha una cosa in comune con Giorgia Meloni, perché vuole fare la presidente della Commissione e non si presenta da nessuna parte, mentre Meloni non vuole fare nulla, ma si presenta dappertutto. Quindi certamente, per finzioni e presa in giro degli elettori, Giorgia e Ursula sono molto vicine”. “La nuova finzione di Ursula - continua - è fare una distinzione tra gli estremisti di destra della Lega, dell’AfD e del Rassemblement National e gli estremisti di destra di Fratelli d’Italia, Vox ed Eric Zemmour. Estremisti sono: che siano in uno, due, tre o dieci gruppi, noi con l’Ecr, Meloni, Id, Le Pen, non faremo nessuna alleanza politica. Questo vale per ieri, per oggi e per domani. ”. (segue)
Per Gozi, “più von der Leyen va verso l’estrema destra, più si allontana da Renew”. Certo, continua, “non è che possiamo impedire a qualcuno di votare il prossimo presidente della Commissione. Non possiamo impedire a Meloni di fare ogni tanto una cosa giusta, ma noi alleanze politiche e programmatiche, un programma politico di legislatura, con obiettivi comuni, come abbiamo fatto nel 2019, con Ecr, Meloni, Fazzolari e altri estremisti del genere, non ne facciamo. Non l’abbiamo fatto nel 2019 con i polacchi del Pis, non lo faremo nel 2024 con Meloni”.
E questo, precisa, “non per pregiudizio, ma perché, semplicemente, abbiamo visioni profondamente diverse dell’Europa: la stessa Meloni lo ha detto chiaramente a Pescara, che è incompatibile con noi di Renew”. Nel 2019, ricorda, il Pis polacco “votò la presidente della Commissione (von der Leyen, ndr), perché avevano un commissario (all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, ndr). Secondo me più von der Leyen va verso gli estremisti, più si allontana dalla possibilità di succedere a se stessa”. Infine, il calendario. Il voto di conferma del prossimo presidente (o della prossima presidente) della Commissione si potrebbe tenere a settembre, calendario alla mano.
“Non è ancora deciso - spiega Gozi - a luglio è stretta, ma decideremo dopo le elezioni. Certo, per votare a luglio occorrerebbe una seconda sessione speciale, nella seconda metà del mese. Se non facciamo una sessione speciale in luglio, dovremo aspettare settembre. Ma la questione è ancora aperta”, conclude.