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Carte prepagate per minorenni: che cosa c’è da sapere

Le carte prepagate rappresentano la soluzione ideale per garantire una certa indipendenza economica a un minorenne. Tuttavia, non sono tutte uguali, e di conseguenza non tutte riescono a soddisfare le esigenze di un adolescente. Ad aiutarci in questo ambito sono gli esperti di Salex, un portale che fornisce guide, approfondimenti e notizie sul mondo delle carte prepagate, delle carte di debito e delle carte di credito, consentendo a tutti di gestire il proprio denaro in maniera consapevole. Per altro, esistono tante ragioni per le quali si potrebbe avere il desiderio o la necessità di intestare a un minorenne una carta prepagata.

Carta prepagata a un minorenne: perché sì

Per esempio, si potrebbe decidere di responsabilizzare il ragazzo rispetto all’utilizzo dei soldi ed educarlo in tal senso. Ma una motivazione molto più pratica è quella di evitare che il minorenne vada in giro con addosso denaro cash: è chiaro, infatti, che una carta prepagata garantisce molta più sicurezza da questo punto di vista, e altrettanta affidabilità. Se, poi, il ragazzo deve andare in vacanza studio o comunque viaggiare all’estero, questa è la soluzione ideale.

Come è fatta una carta prepagata per minorenni

Le carte prepagate per minorenni devono poter essere intestate a un soggetto con meno di 18 anni. Quasi sempre per la loro attivazione è necessario che il contratto venga firmato da uno dei genitori. Diverse banche emittenti mettono a disposizione carte prepagate e ricaricabili che sono ideali per i minorenni anche perché possono essere impiegate non solo in Italia ma anche all’estero. Il mercato propone un’offerta decisamente variegata, ma il consiglio è quello di puntare unicamente sulle carte che si basano su Visa, Maestro o Mastercard: circuiti di cui ci si può fidare e che sono presenti in tutto il mondo, Italia compresa. Così, è possibile prelevare denaro cash da qualunque ATM ovunque ci si trovi; le carte, inoltre, si possono usare per effettuare pagamenti da tutti i POS. Va notato anche che le carte prepagate con Iban consentono di inviare e ricevere bonifici in ogni parte del mondo.

Le banche che offrono carte per minorenni: la proposta di Unicredit

UnicreditCard Click è la carta prepagata che è stata sviluppata da Unicredit per i minorenni, e può essere utilizzata dai 14 anni in avanti; per la sua attivazione c’è bisogno della firma di un tutore legale o di un genitore. Si tratta di una carta a zero spese e che non prevede alcun canone; si basa sul circuito Mastercard e non richiede l’apertura di un conto corrente con l’istituto di credito emittente. UnicreditCard Click presenta un sistema contactless e si caratterizza per un funzionamento simile a quello di una prepagata tradizionale. Tuttavia non si può richiederla online, ma occorre andare direttamente in filiale, per ricevere sia la carta che il Pin. È possibile iniziare a utilizzare la carta dopo aver compiuto la prima ricarica. Nel caso in cui si debba pagare una somma pari a meno di 25 euro, è possibile impiegare la carta senza il codice Pin.

La proposta di Intesa San Paolo

Anche Intesa San Paolo ha sviluppato e messo a punto una carta per minorenni: si tratta della Carta Flash nominativa, e non prevede costi per gli under 35. Vi si può ricorrere per fare acquisti sia all’estero che in Italia e non presuppone spese supplementari nel caso in cui si debba prelevare denaro contante presso le casse veloci automatiche del nostro Paese. Apprezzabile è il servizio Geocontrol, finalizzato alla protezione antifrodi, mentre altre funzioni utili sono la gestione delle notifiche attraverso le app e la messaggistica. È di 5mila euro il plafond di spesa, mentre ogni giorno è possibile spendere fino a un massimo di 500 euro. Il canone è di 6 euro all’anno, pari a 50 centesimi al mese.

La proposta di Banca Sella

Infine, l’ultima carta prepagata disponibile in Italia per i minorenni è Start di Hype di Banca Sella, che può essere intestata già a partire dai 12 anni di età. È dotata di Iban, il che vuol dire che può essere usata anche dagli adulti che hanno, per esempio, la necessità di accreditare un bonifico o lo stipendio senza un conto corrente.

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Attualità

Gene Hackman, un patrimonio da 80 milioni e un testamento che divide: quali spiragli per...

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Ci sembra doveroso condividere una storia che lascia molte domande in sospeso. Gene Hackman, attore iconico e vincitore di un Premio Oscar, non è più tra noi, e con lui se n’è andata anche Betsy Arakawa, la compagna che gli è stata accanto a lungo. Come testata, non possiamo evitare di ripensare alla complessità di un legame familiare che, alla fine, si ritrova racchiuso in un testamento controverso. E sono 80 milioni di dollari a fare da sfondo a questa vicenda.

Una fortuna che sembrava destinata alla moglie… e poi alla beneficenza

Le carte che circolano, documenti che abbiamo esaminato con attenzione, riferiscono di un’eredità inizialmente destinata alla moglie di Hackman. In seguito, sarebbe stato creato un trust finalizzato a supportare enti benefici e a coprire spese mediche. Ora che entrambi sono scomparsi, sembra che la rete di volontà e vincoli legali diventi sempre più intricata. Non sappiamo, con certezza assoluta, chi finirà per gestire davvero questi fondi, ma diversi esperti hanno già avanzato ipotesi su eventuali strascichi giudiziari.

Ci colpisce, però, il dettaglio più sconcertante: i figli di Hackman, nati dalla precedente unione con Faye Maltese, non sarebbero menzionati. Christopher Allen, 65 anni, avrebbe manifestato in passato difficoltà nel rapporto con il padre dopo il divorzio. Leslie, 58, ed Elizabeth Jean, 62, sembrano invece aver avuto contatti più regolari con lui, almeno stando ai racconti di chi li ha visti insieme a qualche prima cinematografica. Questa potenziale esclusione, in ogni caso, ha acceso le speculazioni su un conflitto legale che potrebbe aprirsi ora che né Hackman né la moglie sono in vita.

Un testamento del 2005 e l’ombra dell’Alzheimer

Gira voce che le ultime volontà dell’attore siano state firmate nel 2005, in un periodo in cui alcune fonti ipotizzavano una diagnosi di Alzheimer. La domanda che ci poniamo, e che forse anche voi condividete, è quanto questa condizione possa aver inciso sulle sue decisioni. Non esistono prove incontrovertibili, ma persiste un senso di incertezza sulle possibili motivazioni che avrebbero portato a escludere i tre figli.

Resta la prospettiva di un lungo iter per chiarire come questi 80 milioni verranno effettivamente ripartiti. Noi continueremo a seguire la vicenda, perché sentiamo che ogni ulteriore dettaglio potrà gettare nuova luce su una storia familiare carica di dubbi e lacune. E forse, soltanto il tempo riuscirà a diradare ogni sospetto.

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Attualità

Jim Morrison, il fantasma che non trova pace? Il nuovo documentario risveglia l’enigma

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Una storia che mette i brividi, quasi come se ci fosse una porta socchiusa nel passato pronta a riaprirsi. Potremmo persino dire che questa vicenda ci riporta a un bivio in cui ogni certezza traballa: si parla ancora di Jim Morrison. Non si tratta della solita leggenda metropolitana da bar, ma di una questione che è riemersa con vigore grazie al documentario Before the End: Searching for Jim Morrison, firmato dal regista Jeff Finn e disponibile su Apple TV+.

Guardandolo, saltano fuori sussurri, ipotesi, tracce polverose. E c’è una domanda, lì, che spiazza: Morrison è davvero morto a Parigi nel 1971 per un attacco di cuore, come afferma la versione ufficiale, oppure ha inscenato la propria uscita di scena per sfuggire ai riflettori?

Un documentario che sfida i referti

Il film di Finn fa qualcosa di audace: non si limita a riflettere sulla vita travagliata del frontman dei Doors, ma rilancia l’idea che il suo decesso possa essere stato, in realtà, un piano per sparire. Vecchie testimonianze, interviste raccolte nel tempo e voci che continuano a puntare su un uomo misterioso, un tale “Frank,” risvegliano antiche curiosità. Alcuni sostengono di aver incontrato questo sconosciuto negli Stati Uniti, in luoghi anonimi come un condominio di Syracuse, e di aver notato su di lui una cicatrice esattamente dove Jim aveva un piccolo neo in volto.

Una realtà capovolta

Diventa sconcertante pensare a un Morrison che abbandona tutto: musica, fan, ribalta mediatica. Cosa l’avrebbe spinto a tanto? Per alcuni, la pressione insopportabile di essere un’icona rock. Per altri, la semplice voglia di respirare una vita più normale, lontana dagli assedi dei paparazzi e dall’industria discografica. C’è chi considera questa ipotesi un’eresia, eppure il documentario s’insinua negli spiragli di dubbio come un’ombra tenace.

La fragilità di un mito

Tutto ruota attorno a un conflitto tra la storia che conosciamo e le supposizioni che resistono da decenni. Da un lato, abbiamo un certificato di morte che parla chiaro: insufficienza cardiaca. Dall’altro, individui che giurano di aver visto il leggendario artista ben oltre la data del 1971. Pura follia? Oppure frammenti di verità rimasti in sordina per mezzo secolo?

A ben pensarci, la fascinazione verso i miti eterni è una costante: tanti fan, forse, non vogliono accettare che il Re Lucertola se ne sia andato così presto. E Before the End rimescola le carte, trasformando una vecchia ferita in un nuovo motivo di stupore. Noi non pretendiamo di fornirvi risposte definitive, ma ammettiamo che questa storia – proprio come la voce di Morrison – sa risvegliare in chiunque un’indomita voglia di andare oltre ciò che appare.

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Attualità

Blake Lively e Justin Baldoni, scontro giudiziario a Hollywood: l’attrice ottiene un...

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Una vicenda che intreccia accuse gravi, contrattacchi e il timore che dettagli intimi finiscano in pasto alla stampa. Sembra un romanzo drammatico, invece è un fatto reale: Blake Lively, in lotta legale contro il regista e attore Justin Baldoni, ha ottenuto un parziale successo per tenere al sicuro alcune informazioni delicate. Non un trionfo definitivo, ma un primo passo per impedire che conversazioni private e dati strettamente personali possano raggiungere un pubblico affamato di scandali.

È una disputa che si sta consumando nei corridoi di un tribunale federale, dove Lively ha denunciato Baldoni con pesanti accuse di molestie sessuali e ritorsione. Come se non bastasse, Baldoni ha scelto di contrattaccare, portando in causa lei e Ryan Reynolds per diffamazione. Un intreccio complicatissimo di accuse incrociate, punteggiato da strategie legali sofisticate e decisioni giudiziarie che potrebbero fare giurisprudenza. Il giudice Lewis Liman, pochi giorni fa, ha parzialmente accolto la richiesta di Lively di mantenere “solo per gli avvocati” alcuni materiali di divulgazione. Parliamo di messaggi, piani e appunti creativi che Baldoni vorrebbe introdurre come prove per sostenere le proprie ragioni.

Perché mai limitare l’accesso soltanto ai legali?

La motivazione, in fondo, è semplice: proteggere segreti commerciali, piani di marketing, questioni di salute e persino i sistemi di sicurezza dell’attrice, che sarebbero esposti a un rischio enorme se condivisi liberamente. Senza dimenticare l’aspetto ancora più delicato: la salvaguardia di terzi estranei alle diatribe giudiziarie, i cui dati riservati potrebbero emergere involontariamente e generare danni irreparabili.

L’incubo della fuga di notizie aleggia come un’ombra su tutta la vicenda. Il giudice Liman ha sottolineato che quando in gioco ci sono star, addetti stampa e un case ufficiale di accuse pesanti, il pericolo di rivelazioni non autorizzate si alza vertiginosamente. Ciò che in teoria resta “riservato” rischia di finire nel circolo dei pettegolezzi – soprattutto all’interno della comunità artistica, dove una semplice allusione può devastare carriere e reputazioni.

Gli avvocati di Baldoni, dal canto loro, ammettono la necessità di proteggere materiale sensibile ma contestano l’idea di una condivisione esclusiva fra legali. Ritengono che un simile muro possa rallentare il processo, generando inevitabili attriti e continui ricorsi al giudice su ciò che dev’essere tenuto segreto e ciò che può essere trasmesso ai rispettivi clienti. Il tribunale, però, ha scelto un equilibrio: ha accolto alcuni punti avanzati dalla difesa di Lively ma non tutti. Ha fissato paletti precisi: niente divulgazioni che possano causare danni “significativi”, con un margine piuttosto ridotto di interpretazione.

Per ora la bilancia pende leggermente dalla parte dell’attrice, anche se il conflitto legale resta aperto e denso di sfumature da chiarire. Noi continuiamo a seguire l’evoluzione di questo caso sui generis, convinti che la verità, qualsiasi essa sia, emergerà tra i faldoni legali e la fermezza di chi vigila sul rispetto della riservatezza. Non è una storia con un vincitore annunciato, ma un racconto che si aggiorna di ora in ora, in un palcoscenico giudiziario dove la tensione è tutt’altro che scesa. E alla fine, la domanda chiave resta: fino a che punto si spingerà questo duello, e cosa accadrà se i segreti di Hollywood dovessero varcare i confini di quell’aula di tribunale?

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