In data 25 giugno l’incremento nazionale dei casi è +0,01% (ieri +0,01%) con 4.256.451 contagiati totali, 4.068.798 dimissioni/guarigioni (+2.769) e 127.418 deceduti (+56; dei quali 21 della Regioni Puglia non comunicati tra marzo e maggio); 60.235 infezioni in corso (-2.074). Ricoverati con sintomi -128 (1.899); terapie intensive -22 (306) con 8 nuovi ingressi del giorno. Elaborati 192.541 tamponi totali (ieri 188.191) di cui 71.542 molecolari (ieri 82.676) e 115.999 test rapidi (ieri 105.515) con 42.411 casi testati (ieri 11.429); 753 positivi (target 4.311); rapporto positivi/tamponi totali 0,39% (ieri 0,49% – target 2%); rapporto positivi/casi testati 1,77% (ieri 8,11% – target 3%).
Nuovi casi soprattutto in: Lombardia 134; Lazio 91; Campania 77; Puglia 68; Sicilia 67; Emilia Romagna 57; Toscana 42; Piemonte 35; Veneto 35. In Lombardia curva +0,01% (ieri +0,01%) con 33.328 tamponi totali (ieri 32.837) di cui 15.380 molecolari (ieri 18.358) e 17.948 test rapidi (ieri 14.479) con 12.325 casi testati (ieri 11.674); 134 positivi (target 1.000); rapporto positivi/tamponi totali 0,40% (ieri 0,47% – target 2%); rapporto positivi/casi testati 1,08% (ieri 1,32% – target 3%); 841.318 contagiati totali; ricoverati -23 (298); terapie intensive -2 (63) con 0 nuovi ingressi del giorno; 33.767 decessi (+2).
Oggi il tema è la “variante delta”, che in Italia sembriamo aver improvvisamente scoperto con sorpresa. Quando da tempo (lo abbiamo scritto più volte) era chiaro sia che sarebbe inevitabilmente arrivata, sia che il suo destino è quello di diventare prevalente perché più diffusiva della precedente. Sorprendersi ora è come restare stupiti davanti al puntuale sorgere del Sole. Per capire quanto sia diverso il nostro atteggiamento rispetto a quello di altri Paesi possiamo guardare all’Australia: dove con 65 casi di variante delta in due settimane è stato deciso un lockdown localizzato (fabbriche incluse) in quattro aree della capitale, Sidney. Oppure a Israele: dove, nonostante il 60% della popolazione già vaccinata con doppia dose (in Italia siamo al 28%), è stata fatta una rapida retromarcia tornando a imporre l’uso delle mascherine al chiuso proprio per contrastare sul nascere la diffusione della variante delta, che rappresenta il 70% dei nuovi casi. Che una sola dose di vaccino abbia meno efficacia contro la variante delta (si vedano i Bollettini epidemiologici dell’Oms) è noto da tempo: in particolare quello di AstraZeneca (efficacia 33%).
Un valore che si riferisce al rischio di infezione, ossia alla possibilità di contrarre la malattia. Con doppia dose (AstraZeneca incluso) i vaccini mostrano invece un’efficacia simile a quella verificata contro le varianti precedenti, superiore al 90% contro il rischio di malattia grave e di decesso. È pertanto scorretto mescolare le due cose e parlare di “rischio variante delta” per la campagna vaccinale (vedremo i risultati degli studi in corso nella prossima analisi settimanale). Anche perché i vaccini sono stati approvati per la loro capacità di ridurre il rischio di ricovero e di decesso, non di interrompere la catena del contagio. Il rischio è invece reale per chi non vuole (o non può) vaccinarsi, e parzialmente per chi ha ricevuto una sola somministrazione, in particolare con vaccino AstraZeneca, ed è in attesa della seconda. Ma ripetiamo, dopo la doppia dose i vaccini funzionano benissimo contro il rischio di ricovero, di malattia grave e di decesso.
Per questo motivo in Uk (dove la variante delta è ormai al 95%) stiamo assistendo a un forte aumento delle nuove infezioni giornaliere, ma non a un parallelo e uguale incremento dei ricoveri in ospedale e dei decessi. Purtroppo in Italia pesano negativamente il basso numero dei test eseguiti, peraltro in progressivo e ulteriore calo, e il basso numero di sequenziamenti che impediscono di avere una visione completa della diffusione delle nuove infezioni e delle varianti che le causano. Per questo motivo sarebbe fondamentale: 1) Mantenere misure di contenimento facilmente applicabili per la popolazione: mascherine sì o no, piuttosto che “mascherine sì a patto che…”, oppure “mascherine no, a patto che…”, legate a criteri di valutazione (come la misurazione della distanza o il concetto di assembramento) lasciati alla libera interpretazione e sensibilità del singolo. 2) Procedere a chiusure in presenza di nuovi focolai (zone rosse e lockdown mirati quando necessari); 3) Vaccinare rapidamente, con doppia dose, la quota più elevata possibile di popolazione: diminuendo gli intervalli tra prima e seconda somministrazione, in precedenza dilatati sulla base dell’esperienza inglese. Che aveva funzionato con la variante alfa, per poi fallire con quella delta: a dimostrazione che l’immunologia creativa non si fa a epidemie in corso, soprattutto in presenza di un virus come il Sars-CoV-2 che ha dimostrato di saper produrre con una certa frequenza varianti più diffusive e in grado di crearci problemi. Comunque niente panico (i vaccini in doppia dose funzionano benissimo) e soprattutto nessun inutile allarmismo mescolando dati differenti. Se e quando ci saranno novità, sulla base dei dati scientifici, non mancheremo come abbiamo sempre fatto di riportarle: dicendo la verità, anche se scomoda.