Bollettino Coronavirus del 9 Marzo 2021, rapporto positivi/tamponi diminuito al 5,71%
In data 9 marzo l’incremento nazionale dei casi è +0,64% (ieri +0,45%) con 3.101.093 contagiati totali, 2.521.731 dimissioni/guarigioni (+12.999) e 100.479 deceduti (+376); 478.883 infezioni in corso (+6.350). Ricoverati con sintomi +562 (22.393); terapie intensive +56 (2.756) con 278 nuovi ingressi del giorno. Elaborati 345.336 tamponi totali (ieri 184.684) di cui 176.331 molecolari (ieri 102.428) e 169.005 test rapidi (ieri 82.256) con 106.573 casi testati (ieri 59.549); 19.749 positivi (target 4.311); rapporto positivi/tamponi totali 5,71% (ieri 7,52% – target 2%); rapporto positivi/casi testati 18,53% (ieri 23,34%, target 3%).

Nuovi casi soprattutto in: Lombardia 4.084; Campania 2.709; Emilia Romagna 2.429; Piemonte 2.018; Veneto 1.608; Lazio 1.431; Puglia 1.286; Toscana 1.001. In Lombardia curva +0,64% (ieri +0,36%) con 47.619 tamponi totali (ieri 22.996) di cui 30.006 molecolari (ieri 19.320) e 17.613 test rapidi (ieri 3.676) con 11.411 casi testati (ieri 8.119); 4.084 positivi (target 1.000); rapporto positivi/tamponi totali 8,57% (ieri 10,0% – target 2%); rapporto positivi/casi testati 35,79% (ieri 28,34% – target 3%); 640.362 contagiati totali; ricoverati +216 (5.416); terapie intensive +14 (611) con 56 nuovi ingressi del giorno; 28.853 decessi (+63). Ieri, 8 marzo, il conteggio ufficiale ha tagliato il triste traguardo di 100.000 vittime da Covid-19: traguardo con valore simbolico, perché i numeri reali hanno già superato ampiamente questa soglia.
Il quinto “Rapporto sull’impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente – anno 2020”, realizzato congiuntamente da Istat e Istituto superiore di Sanità e pubblicato lo scorso 5 marzo, ha infatti analizzato l’eccesso di mortalità rispetto alla media degli anni precedenti (2015-2019). Vediamo brevemente i dati principali: il 2020 si è chiuso con 746.146 decessi totali, il numero più alto registrato in Italia dal secondo dopoguerra. L’eccesso di mortalità, considerato nell’arco di 12 mesi, è di 100.526 decessi. Per avere una misura corretta dell’impatto della pandemia occorre però considerare due elementi: nel periodo gennaio-febbraio 2020 i decessi erano sotto la media dello stesso bimestre degli anni precedenti (-7.600). 2) I primi decessi da Covid-19 risalgono all’ultima settimana di febbraio 2020, ed è quindi corretto considerare ai fini delle ricadute dell’epidemia i dieci mesi compresi tra marzo e dicembre.
L’eccedenza di mortalità così calcolata è di 108.178 decessi rispetto alla media dello stesso periodo negli anni 2015-2019; e soprattutto è di 34.019 unità superiore rispetto ai decessi ufficiali attribuiti alla Covid-19 (74.159) alla data del 31 dicembre 2020. Questi 34.019 decessi possono essere ricondotti a due cause: decessi Covid-19 non correttamente diagnosticati; oppure decessi legati a pazienti con altre patologie che non hanno trovato un’adeguata risposta terapeutica, in particolare a causa dell’eccessivo stress a cui è stato sottoposto il sistema sanitario. Appare probabile che l’interpretazione più corretta sia una combinazione dei due fattori appena elencati. Osservando le rilevazioni Istat/Iss si notano anche alcune importanti differenze tra prima e seconda ondata pandemica: nel corso della primavera 2020, per esempio, la Lombardia ha avuto un eccesso di mortalità del 111%, il Veneto del 19% e il Friuli Venezia Giulia del 9%. A inizio autunno, con la seconda ondata, gli stessi valori si sono così modificati: Lombardia +37%; Veneto +44%; Friuli Venezia Giulia +45%.
L’eccesso di mortalità ha continuato a manifestarsi anche a inizio 2021, nonostante gennaio sia stato un mese caratterizzato, per la prima metà, da misure di mitigazione: le stime segnalano 70.538 decessi totali, circa 2.000 oltre la media dello stesso mese degli anni 2015-2019, e 8.500 in più rispetto a gennaio 2020. Questo eccesso dipende, per il 75%, dalle Regioni del Nord: con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna che da sole rappresentano il 50% dell’incremento registrato a livello nazionale. Utilizzando i dati Eurostat, che prendono per ora in considerazione un periodo più ridotto (2015-2019), si ottiene un confronto con i principali Paesi europei. Tra marzo e dicembre 2020 l’eccesso di mortalità dell’Italia, così calcolato, è del 20,4%: inferiore a Spagna (23,6%), Belgio (20,8%) e Polonia (23,2%); superiore a Olanda (14,7%), Portogallo (13,9%), Francia (13,2%) e Germania (7%). Infine, utilizzando i dati dell’ultimo Bollettino epidemiologico dell’Oms, possiamo verificare come si posiziona l’Italia nella classifica per Paesi dei decessi Covid-19 ogni 100.000 abitanti (calcolati da inizio pandemia).
Al primo posto troviamo San Marino (218,0), seguito da Slovenia (197,7), Belgio (190,4), Repubblica Ceca (189,9), Uk (180,8) e Italia (161,3). Seguono Portogallo (159,6), Montenegro (159), Bosnia ed Erzegovina (155,1), Ungheria (155,0) e Usa (153,1). Tra i cosiddetti “grandi” Paesi otteniamo quindi un poco gratificante secondo posto, che stride con la narrazione del “siamo stati più bravi” che ci ha accompagnati negli ultimi mesi. Dedicheremo l’analisi di questa settimana agli errori commessi nel passato e da noi più volte sottolineati: che ci costringono (loro, molto più delle varianti) ad adottare oggi e in una condizione di maggiore emergenza misure di contrasto stringenti.

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