Restauratori equilibristi sulla Torre Pendente di Pisa, conosciamola
Provetti Restauratori d’arte sono impegnati sulla Torre Pendente di Pisa, in bilico all’estremità di una fune. Non è il lavoro più sicuro del mondo, ma qualcuno deve pur farlo. La straordinaria Torre Pendente di Pisa ha bisogno della sua facciata controllata regolarmente e il modo più semplice per farlo è stando appesi a una corda.
Il lavoro di questi Restauratori d’arte “Acrobati” è quello di verificare non solo lo stato dei pilastri e delle decorazioni, ma anche la loro stabilità e l’eventuale rischio di caduta massi.
“Abbiamo approfittato della chiusura, spiega Roberto Cela, Direttore Tecnico dell’Opera Primaziale Pisana, per organizzare un corso di formazione e un corso di aggiornamento: corso di aggiornamento per i due ristoratori che già svolgevano questa attività e corsi di formazione per pochi giovani ristoratori che vorranno proporsi”.
Se state quindi pensando di diventare un restauratore d’arte a Pisa, perché apprezzate il comfort di un lavoro minuzioso su un dipinto o un mosaico, ripensateci!!! Potreste infatti finire per lavorare sulla Torre Pendente di Pisa e questo significa che dovreste librarvi su e giù come veri acrobati stando appesi ad unancorda.
Sono 8 restauratiri attualmente a lavoro, 4 donne altamente qualificate e 4 uomini ugualmente qualificatissimi, che non hanno bisogno di ponteggi per lavorare alla Torre più famosa del mondo, ma quello di cui hanno bisogno è una sana dose di coraggio, equilibrio, determinazione ed impegno.
“Il momento in cui l’adrenalina è al massimo – spiega Chiara Di Marco, giovane restauratrice – è quando scendi dall’alto e ti ritrovi in volo: le emozioni sono forti. Inoltre, puoi guardare i monumenti da una prospettiva completamente diversa ed è un’esperienza davvero emozionante ”.
“Controlliamo parti molto specifiche”, aggiunge Mirco Bassi, un suo collega, “quindi se qualcun altro sta lavorando al tuo fianco, quattro occhi sono meglio di due. Inoltre, per ragioni di sicurezza, qualcuno lo sta pronto a intervenire se hai bisogno di aiuto “.
Dall’alto della torre, la vista su Piazza dei Miracoli e sulla città di Pisa è impressionante quanto la minuziosa e coraggiosa opera di questi eccellenti esperti che la preservano.
Conosciamo più a fondo la Torre Pendente di Pisa
Ci sono volute tre fasi e 177 anni per costruire la Torre Pendente di Pisa. L’architetto Bonanno Pisano iniziò la costruzione nel 1173 con il primo piano che era circondato da 15 colonne di marmo bianco con capitelli classici e archi ciechi. Con la costruzione del terzo piano nel 1178, la Torre si piegò di 5 cm. a sud-est, a causa del basamento instabile su cui era stato rialzato, cessando così la sua costruzione. Questo periodo è stato molto importante perché ha permesso al terreno di assestarsi, altrimenti la Torre sarebbe crollata.
L’Architetto e Scultore Giovanni Di Simone, 100 anni dopo, riprese i lavori, cercando di compensare l’inclinazione della Torre costruendo quattro piani in verticale, ma i risultati non furono quelli attesi, il Campanile era ancora inclinato ed i lavori si fermarono ancora. Nel 1.298 fu misurato un dislivello di pioggia di 1,43 mt e 60 anni dopo raggiunse 1,63 mt. Tommaso Pisano, terzo ed ultimo architetto di questa magnifica Torre che per la sua pendenza stava iniziando a divenire celebre, continuò la costruzione della Torre e la terminò nel 1372. Secondo l’esimio Pittore, Architetto e Storico dell’arte Giorgio Vasari, l’Architetto e Scultore Nicola Pisano e suo figlio Giovanni meritano il merito di questo lavoro.
L’inclinazione della Torre rallenta nei secoli successivi, il suo peso è considerato un fattore importante che consente una certa stabilizzazione dell’edificio. L’architetto Alessandro Gherardesca realizzò il primo restauro nel 1.835 asportando il terreno fangoso e sostituendolo con una base in marmo. Il risultato fu terribile e provocò una nuova inclinazione e nel 1.918 la deviazione della linea di piombo raggiunse i 5,1 mt. Fino al 1.990 l’inclinazione della Torre ha continuato ad aumentare da 1 a 1,2 mm ogni anno.
Cos’è oggi la Torre di Pisa?
La Torre di Pisa, detta anche “Torre Pendente di Pisa”, si trova nella città di Pisa, esattamente sulla Piazza del Duomo conosciuta come la “Piazza dei Miracoli”. Questa famosa Torre iniziò ad inclinarsi non appena la sua costruzione iniziò nel 1.173. La Torre Pendente di Pisa è alta 55,86 metri con un peso stimato di 14.700 tonnellate e un’inclinazione di circa 4 ° che si estende da 3 a 9 mt dalla verticale. Nel 1.964, il Governo italiano si impegnò per impedire il crollo della Torre di Pisa.
Nel 1987, l’UNESCO ha dichiarato il complesso monumentale di Piazza Dei Miravoli, Patrimonio dell’Umanità. Nel 1990 la Torre Pendente di Pisa chiuse i battenti al pubblico come misura di sicurezza e dopo diversi lavori di ristrutturazione, il 16 giugno 2001 riaprì.
Curiosità della Torre Pendente di Pisa
Sapevate che c’è una leggenda secondo cui Galileo Galilei lanciò due palle di cannone dalla Torre Pendente di Pisa? La sua intenzione era di dimostrare che la velocità della caduta era indipendente dalla massa.
Sapevate che la Torre Pendente di Pisa non è la Torre più inclinata del mondo? La Torre Pendente di Pisa ha una pendenza di 3,97 gradi a sud, ma la Torre più inclinata del mondo ha un’inclinazione di quasi 5,7 gradi e si trova nella Bassa Sassonia, in Germania, è il Campanile di Suurhusen .
Perché visitare la Torre Pendente di Pisa?
La Torre di Pisa è un vero gioiello dell’arte romanica. È anche un monumento che ha acquisito importanza nel corso dei secoli con la sua spiccata inclinazione, suscitando l’ammirazione e la preoccupazione di addetti ai lavori e turisti. La Torre di Pisa è stata proposta come una delle 7 Meraviglie del Mondo Moderno!
Questa Torre è il Campanile della Cattedrale di Santa Maria Assunta in Piazza Del Duomo ed è alta 55,86 metri, 8 piani e circa 294 gradini. Gli otto piani sono circondati da una loggia con archi che riproducono il motivo della facciata del Duomo e presenta 7 campane all’ultimo piano della Torre, i suoi nomi sono: Assunta, la più grande e pesante, Crocifisso, San Ranieri, Dal Pozzo, Pasquereccia, Terzo e Vespruccio. Per il momento continuano a suonare prima dell’inizio della Messa in Cattedrale ed a mezzogiorno grazie a un sistema elettronico.
Come visitare la Torre Pendente di Pisa?
DPCM e Pandemia da Coronavirus Covid-19 permettendo, per visitare questa inimitabile attrazione, vi consigliamo di prenotare una visita guidata di Pisa e della Torre Pendente per scoprire e approfondire la storia di questi meravigliosi luoghi grazie alle spiegazioni di una Guida esperta autorizzata.
Altre attrazioni della zona
Pisa è conosciuta soprattutto per la sua strabiliante Torre Pendente, ma questa città ha molte altre attrazioni come la sua splendida “Piazza dei Miracoli” o “Piazza Duomo” dove si possono vedere il Duomo ed il Battistero, oltre alla Torre Pendente. Lungo il perimetro della Piazza troviamo anche il Camposanto, il Museo dell’Opera e il Museo delle Sinopie. Godetevu una meravigliosa passeggiata lungo il suggestivo fiume Arno fino a raggiungere l’antico Palazzo dell’Orologio e Piazza dei Cavalieri dove si trova la prestigiosa “Scuola Normale di Pisa”.
“Un po’ fuori della graziosa e tranquilla cittadina di Pisa si distende, appartato e racchiuso tra quieti prati verdi, un severo e silenzioso universo marmoreo, solitario e soffuso dall’incantesimo di un’antica arte tramontata. Si tratta del celebre gruppo di edifici pisani, il Battistero, il Duomo, il Campanile, il Campo Santo. […] Invano è venuto in Italia chi non è sopraffatto da un senso di rispetto e da un brivido sacro in questo luogo; non ne troverà infatti un altro in cui un frammento di Italia antica si sia conservato con altrettanta grandiosa purezza e nobiltà” (Herman Hesse, Dall’Italia, 1901)

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Attualità
Maestra su OnlyFans, la storia di Elena e la sfida tra privacy e professione

Un racconto di passione, diritti e responsabilità condivise…
Abbiamo riflettuto a lungo sulla linea sottile che separa la vita privata di un docente dall’immagine pubblica che l’istituto scolastico richiede. Voi, probabilmente, vi starete chiedendo se sia giusto tracciare un confine netto o se esista uno spazio di libertà in cui ognuno può costruire la propria identità senza temere ripercussioni sul lavoro. È una domanda scomoda. Eppure, il caso di Elena Maraga, maestra di 29 anni in una scuola dell’infanzia cattolica nel trevigiano, ci costringe a guardare la realtà da prospettive che non sempre coincidono con i regolamenti o con l’opinione pubblica.
Da un asilo cattolico a una piattaforma per adulti: il fatto che divide
Prima di entrare nel vivo, è essenziale ricostruire a grandi linee la vicenda. Secondo diverse fonti, una madre ha scoperto che la maestra pubblicava contenuti osé su OnlyFans, un sito per adulti con contenuti a pagamento. La donna ha avvisato la scuola, che ha immediatamente chiesto a Elena di cancellare il profilo. Lei ha detto no. Ha ribadito che l’impegno in classe era sempre stato serio e che la vita privata non intaccava il suo modo di educare i bambini.
Il passo successivo è stato drastico: sospensione e blocco dello stipendio. L’istituto si è appellato ai valori religiosi e alle clausole sulla “condotta morale” presenti nel contratto. Così, da un giorno all’altro, Elena si è ritrovata a dover difendere la propria professionalità in pubblico. Abbiamo letto di reazioni furiose, ma anche di genitori pronti a sostenerla. Ed è proprio questo sostegno che fa riflettere sulla complessità del caso.
Il sostegno dei genitori e l’amore per i bambini
Voi, al posto loro, come avreste reagito? In questo contesto, molte famiglie hanno scelto di scendere in campo a favore della maestra, definendola “fantastica” e sottolineando il suo impegno costante in classe. Circa una trentina di genitori (stando a vari resoconti) si sono uniti per firmare una lettera indirizzata alla parrocchia, chiedendo con fermezza di non allontanarla. “I bambini le vogliono bene”, hanno riferito alcuni. Per noi, questo ci dice tantissimo: il suo ruolo educativo è stato apprezzato dai più piccoli e, di conseguenza, dai loro genitori. È un punto cruciale che la stessa Elena ha ribadito: i bimbi non dovrebbero pagare il prezzo di una scelta privata.
Una clausola morale e il dibattito etico: dove finisce la libertà?
Le voci della scuola parlano di incompatibilità con i principi di un asilo d’ispirazione cattolica. Noi comprendiamo che ogni istituto abbia delle linee guida, ma siamo di fronte a un interrogativo importante: quanto può incidere un’attività personale, magari considerata inopportuna, sul diritto di insegnare? Soprattutto se non si commette alcun reato e non si infrangono norme palesi. È vero che esiste una clausola “generica” sulla condotta morale e la direzione scolastica l’ha interpretata in modo rigido, sostenendo che la presenza su OnlyFans macchi l’immagine dell’istituto.
Elena, dal canto suo, ha spiegato che non condivide contenuti pornografici e che, anzi, non ha mai promosso apertamente il suo profilo. È stato un genitore a far emergere la questione. Alcuni riferiscono che la docente fosse pienamente consapevole dei rischi, ma ciò non la distoglieva dal ritenere di essere nel giusto: “Non ho fatto nulla di male, visto che il mio dovere a scuola l’ho sempre svolto con rigore”, ha confidato in diverse interviste riportate dai media.
La posizione dei sindacati: diritti e tutele per ogni lavoratore
Mentre l’istituto difende la propria immagine, la CGIL si è schierata apertamente a favore di Elena. Il sindacato ha ricordato che non esiste alcuna norma legale che impedisca a un insegnante di svolgere attività private a pagamento, purché la sfera professionale non risulti compromessa. “Chi intende licenziarla non ha la legge dalla sua parte”, ha detto un rappresentante locale, rimarcando l’assenza di specifici divieti contrattuali. Una presa di posizione piuttosto netta, che ha aperto la strada a un possibile conflitto legale, e noi ci domandiamo come si concilieranno queste due esigenze: da un lato il diritto alla vita privata, dall’altro le regole della scuola religiosa.
La tempesta mediatica e il timore per il futuro
Il rientro di Elena era previsto il 19 marzo, ma la sospensione ha bloccato tutto. Ora si trova in una situazione d’incertezza. Nessun licenziamento formale, nessuna lettera di dimissioni, almeno per il momento. Lei spera di tornare in classe, o di trovare comunque un accordo con la scuola per uscirne in modo dignitoso. Le sue parole dicono una cosa semplice: “Mi dispiace per i bambini, non vorrei che perdessero una figura di riferimento.” Noi crediamo che questa vicenda vada oltre la singola controversia. Riflette qualcosa di più grande: l’idea che un docente debba essere valutato dal lavoro che fa tra i banchi, non da ciò che fa altrove (ammesso che non violi la legge o clausole chiaramente esplicitate).
Una possibile evoluzione: codici etici più rigidi?
In alcuni comunicati, si legge che la Federazione Italiana Scuole Materne (FISM) starebbe vagliando un codice etico più stringente. Il Ministero dell’Istruzione – a sua volta – sembrerebbe intenzionato a rivedere le linee guida sull’uso dei social media per il personale scolastico. Questo dibattito, che ci coinvolge tutti, apre uno scenario in cui i confini tra pubblico e privato potrebbero diventare sempre più sfumati. Vi chiediamo: siete convinti che bastino regole più dure per tutelare i bambini, o si rischia di limitare eccessivamente le libertà individuali?
Un messaggio finale: libertà, responsabilità e il valore di insegnare
Alla fine, resta forte la consapevolezza che chiunque, nella propria vita, possa intraprendere scelte discutibili per alcuni e naturali per altri. Ciò che conta, nel contesto lavorativo, è la professionalità. Se un insegnante rispetta i doveri, ama i bambini e li segue con dedizione, forse non dovrebbe essere condannato per attività personali che non ledono diritti altrui. Questa è la lezione che sentiamo di cogliere.
Noi, come giornalisti e osservatori, vorremmo vedere Elena riconosciuta per il suo impegno in aula, senza che un profilo online – certo, difficile da conciliare con la morale religiosa di un asilo – possa offuscare la sua capacità di educare. Ognuno di noi può scegliere come arrotondare lo stipendio o esprimere una parte di sé, purché siano rispettate le regole e i valori fondamentali del vivere civile. Se la maestra ha sempre fornito ai piccoli l’attenzione e l’amore necessari, se non ha infranto alcuna norma giuridica concreta, perché condannarla senza appello?
Concludiamo con una riflessione che ci auguriamo possa coinvolgervi: siamo convinti che la società abbia bisogno di educatori appassionati, pronti a dare il meglio ai bambini, indipendentemente dal modo in cui trascorrono il proprio tempo libero. Sì, ci sono scelte personali che possono apparire scomode, ma la professionalità dovrebbe stare al primo posto. La storia di Elena ci insegna che la dignità di una persona va misurata sul campo, nella passione che mette nel proprio lavoro. E se la passione c’è, ha senso punirla solo per qualche fotografia ritenuta inopportuna? A voi la riflessione.
Attualità
Truman Capote e la ferita di un delitto: il nuovo sguardo di “Pagine” su Rai 5

Avvertiamo sempre un brivido, quasi un sussurro inquieto, quando pensiamo a quei delitti che scuotono intere comunità. Voi vi siete mai chiesti che cosa spinga uno scrittore a immergersi così a fondo in un omicidio da farne un romanzo-capolavoro? In “A sangue freddo” Truman Capote fece esattamente questo, scavando nella tragica vicenda della famiglia Clutter e finendo per portarsi dietro un peso enorme. Adesso, questo stesso racconto torna sotto i riflettori grazie al documentario di Julien Gaurichon e Frédéric Bas, che lunedì 24 marzo verrà proposto in seconda serata su Rai 5, all’interno di “Pagine”.
La voce di Federica Sciarelli: dal crimine narrato al crimine reale
Nel nuovo programma di Rai Cultura, ci affacciamo su scenari di letteratura che spesso s’intrecciano con la cronaca. Ed è proprio Federica Sciarelli, popolare volto di “Chi l’ha visto”, a introdurre il mondo di “A sangue freddo”. Sentiamo tutta l’intensità di chi ha familiarità con storie difficili, perché la Sciarelli di crimini ne ha raccontati tanti e sa bene quanto possa pesare l’eco di un fatto violento.
Noi immaginiamo la vita a Holcomb, in Kansas, nel 1959. Un posto tranquillo dove improvvisamente accade qualcosa di mostruoso: quattro membri della famiglia Clutter vengono trovati assassinati il 15 novembre. Capote, ancora noto soprattutto per “Colazione da Tiffany”, resta catturato dalla notizia letta sul “New York Times”. Un crimine così efferato lo spinge a passare cinque anni tra interviste e ricerche, fino alla pubblicazione di “A sangue freddo” nel 1965 sulle pagine del “New Yorker”. Nel 1966 esce il romanzo completo, e quel successo esplode al punto da cambiare la sua vita e quella di una certa narrativa true crime.
Le ombre dei colpevoli e le ferite interiori
Vi siete mai chiesti come reagiremmo davanti a chi ha commesso un massacro? Capote incontrò più volte i due responsabili, Perry Smith e Dick Hickock, ex pregiudicati in libertà vigilata. Ci sconvolge sentire che lui descriveva Perry come colto e sensibile, mentre Dick sembrava incredibilmente pacato. Eppure, nel 1960 furono entrambi arrestati e poi condannati a morte. Cinque anni dopo, Capote assistette alle impiccagioni. Da lì la ferita, un vuoto che lui stesso definì insopportabile: “Nessuno conoscerà mai il vuoto che A sangue freddo ha scavato in me. In qualche modo credo che questo libro mi abbia ucciso”.
Con filmati d’archivio e testimonianze, Gaurichon e Bas riportano alla luce la forza devastante di quella storia e mostrano quanto abbia segnato Capote. Noi ci ritroviamo quasi senza fiato, perché scopriamo un autore diviso fra la voglia di raccontare e il peso di un’esperienza troppo intensa. “Pagine” – curato da Silvia De Felice, Emanuela Avallone e Alessandra Urbani, per la regia di Laura Vitali – ci accompagna lungo questo percorso fra parole e immagini, invitandoci a esplorare la letteratura come specchio della realtà più crudele.
Non sappiamo se avremo mai risposte definitive, ma restiamo uniti in questa riflessione collettiva, mentre la Sciarelli ci introduce a un racconto che vibra ancora di tensione. E forse, alla fine, ci rendiamo conto che l’anima di Capote aleggia ancora su quelle pagine, come se il crimine avesse stretto uno strano patto con la sua penna.
Attualità
Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti di voi, probabilmente, preferirebbero non rivivere certi ricordi. Eppure sentiamo il dovere di ripercorrere fatti come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, perché non possiamo permettere che scivolino nell’oblio.
Un processo fra indignazione e memoria
Il nome di Erich Priebke rimane un simbolo del male: ex ufficiale delle SS, coinvolto in uno dei massacri più atroci del nostro Paese. Nel 1996 lo arrestano in Argentina e lo trasferiscono in Italia. Sembra quasi un film, ma è tutto drammaticamente reale. Il tribunale militare di Roma, in un’aula piccola e soffocante, diventa il palcoscenico di un dibattito giuridico infuocato. La prima sentenza riconosce la colpevolezza di Priebke ma, incredibilmente, dichiara prescritto il reato.
Vi immaginate la rabbia? Familiari delle vittime che protestano, che occupano l’aula, che non riescono ad accettare una conclusione tanto assurda. Eppure quei momenti di tensione hanno contribuito a riaccendere l’attenzione collettiva su un capitolo oscuro della nostra storia. Nel 1997, alla fine, arriva la condanna definitiva all’ergastolo, con un principio che ormai conosciamo bene: i crimini di guerra non vanno in prescrizione.
Sentiamo un fremito nel presentarvi La verità del male – Il processo Priebke, un documentario prodotto da Golem Multimedia, in collaborazione con Rai Documentari e Fondazione Museo della Shoah, che va in onda venerdì 21 marzo in seconda serata su Rai 3. Il racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e Alberto Ferrari, e diretto dallo stesso Ferrari, mette in scena le voci di chi ha vissuto quei giorni intensi: Francesco Albertelli (ANFIM), Giovanni Maria Flick (Ministro della Giustizia di allora), Antonino Intelisano (pubblico ministero del Tribunale Militare) e Riccardo Pacifici, protagonista delle proteste e oggi vice presidente della European Jewish Association. La narrazione di De Cataldo penetra nelle pieghe del passato, mentre la colonna sonora, firmata da Gabriele De Cataldo e il montaggio di Luca Mariani completano un quadro crudo e necessario.
Siamo convinti che un lavoro del genere non sia solo un prodotto televisivo. È un richiamo collettivo a guardare in faccia l’orrore e a non smettere di fare i conti con ciò che è stato. Voi siete pronti a rivivere tutto questo? Noi crediamo che non ci sia scelta: occorre ricordare, sempre.