Cocktail bar, laboratorio culturale, scuola di musica, eventi, congressi. Il Kesté, è uno dei simboli di largo San Giovanni Maggiore Pignatelli, più elegante della zona. Frequentato da studenti turisti, giovani e meno giovani, il magnifico locale è un vero e proprio hub multidisciplinare. Tutto nasce nelle sale sotterranee del bistrot, un tempo cisterne e stalle dell’antico palazzo soprastante, egregiamente recuperate ad arte. Gli ambienti ospitano eventi teatrali, musicali, vernissage d’arte. La direzione di questa struttura è curata da Fabrizio Caliendo, fondatore e proprietario.
Fabrizio Caliendo ha preso parte alle recenti manifestazioni anti DPCM svoltesi in città perché dichiara di essere stato abbandonato dalle autorità. Per due volte ha resistito ai tentativi della camorra di rilevare la sua attività che da allora ha visto declinare e denuncia una situazione di caos a vantaggio della mafia napoletana.
“Attualmente, per la camorra, la cosa più importante è fare affari. Inietta liquidità nel mercato e acquista immobili e attività commerciali, spiega. Non è interessata a ciò che accade per le strade e non organizza manifestazioni. Ero lì nel giorno delle manifestazioni più violente, c’erano intorno a me amici, comuni cittadini, commercianti, famiglie. Quindi non credo che dietro queste manifestazioni ci fosse la camorra.“
Il rischio di vedere qualcuno rivolgersi alla mafia
Nel 1998 la testimonianza coraggiosa di Fabrizio Caliendo, portò all’arresto di quattro membri della camorra. Oggi denuncia la mancanza di sostegno da parte delle autorità nel pieno della crisi economica causata dalla triste pandemia. Per lui c’è il grande rischio di vedere le famiglie, rivolgersi alla mafia, per pura disperazione.
“Se qualcuno si presentasse alla mia porta con una buona offerta, non sono sicuro che controllerei da dove provengono i fondi. In passato, però, ho deciso di vendere la mia vecchia attività ai giovani piuttosto che alla camorra” afferma rattristato.
Molti considerano Napoli un monito su ciò che attende il resto del Paese. Lo si è visto con le ultime proteste contro il DPCM che da lì sono partite per poi estendersi a tutta Italia.
Crescente insicurezza economica
Molti napoletani hanno perso il lavoro a causa delle restrizioni legate al Covid-19, che ha aumentato la precarietà.
“È la congiunzione di due fattori che rende le persone ancora più disperate: una situazione sanitaria sempre più difficile e una sempre maggiore incertezza economica“, assicura Lorenzo Baselice, della rete Il Sud Conta, che riunisce le organizzazioni dei lavoratori.
L’attraversamento del deserto riguarda in particolare il settore turistico.
“La vera protesta sarebbe restare aperti nonostante le restrizioni”, suggerisce Ivano Bembo, il cui ristorante ha abbassato il sipario. Dovremmo smettere di pagare le tasse per prosciugare le finanze delle istituzioni.“
Sul lungomare gli spettatori scarseggiano. La popolazione è preoccupata tanto per la seconda ondata di coronavirus quanto per le tensioni sociali, ma molti ritengono che la cura sia peggiore della malattia.
“Se dovessero esserci ulteriori restrizioni senza un’adeguata assistenza finanziaria per le persone colpite, la situazione potrebbe degenerare in modo drammatico“, precisa Fabrizio.
In questa già fragilissima area del sud Italia, questa volta la resilienza napoletana è messa alla prova.
“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.” (Paolo Borsellino)