La casa di Rosa Parks nel Palazzo Reale di Napoli
La casa di Rosa Parks simbolicamente esposta a Napoli, nel cortile d’onore del Palazzo Reale.
Rosa Louise McCauley Parks, conosciuta come Rosa Parks, nata il 4 febbraio 1913 a Tuskegee in Alabama e morta il 24 ottobre 2005 a Detroit nel Michigan. Era una donna afroamericana, figura emblematica della lotta alla segregazione razziale negli Stati Uniti, conosciuta come “madre del movimento per i diritti civili” dal Congresso degli Stati Uniti.
È diventata famosa il 1° dicembre 1955, a Montgomery in Alabama, rifiutandosi di cedere il posto a un passeggero bianco sull’autobus guidato da James F. Blake. Arrestata dalla polizia, fu multata di quindici dollari. Il 5 dicembre 1955, impugnò questa sentenza. Un giovane pastore nero di ventisei anni, “Martin Luther King“, con l’aiuto di Ralph Abernathy, pastore della First Baptist Church in America, lancia quindi una campagna di protesta e boicottaggio contro la compagnia di autobus che dura 380 giorni.
Il 13 novembre 1956, grazie a Rosa Parks, la Corte Suprema degli Stati Uniti ribalta le leggi segregazioniste sugli autobus, dichiarandole incostituzionali. La casa di Rosa Parks, figura emblematica della lotta alla segregazione razziale negli Stati Uniti, è attualmente in mostra a Napoli nel cortile d’onore del Palazzo Reale.
Una casa quasi scomparsa nel 2008 durante la crisi dei subprime. La famiglia di Rosa Parks ha chiesto all’artista Ryan Mendoza di dargli nuova vita.
“Era una casa che doveva essere demolita, una casa che il governo degli Stati Uniti stava per distruggere. La famiglia ha pagato $500 per proteggere la casa dalla distruzione e mi hanno chiesto, dopo averlo chiesto a 25 istituzioni diverse, se fossi disposto ad aiutare a salvare la casa, e ho detto, naturalmente, sì, lo avrei fatto“.

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Cultura
Nuove prospettive sull’amore: “Dio, come Mi amo… Per amarti di più!” scuote il dialogo...

Un bagliore, quasi inaspettato. L’incontro con un testo capace di farci fermare, per un istante, a guardare dentro le dinamiche tra uomo e donna, prima che tutto scorra via in fretta. “Dio, come Mi amo… Per amarti di più!” (Graus Edizioni) è esattamente questo: un frammento di luce che salta fuori dalle pagine e si insinua nel nostro quotidiano, suggerendo un viaggio lungo ottant’anni di relazioni, passioni, conflitti e passi avanti.
Si parla di epoche distanti tra loro, di donne che desiderano indossare i pantaloni quando la società fa resistenza, e di corrispondenze private che si trasformano in finestre sull’interiorità. L’epistolario fittizio fra Gilda e Riccardo – i due protagonisti di questa avventura letteraria – ci spinge a domandarci come sia cambiato l’amore dal secondo conflitto mondiale a oggi. Siamo noi, come giornale, a notare la cura con cui l’opera disegna la crescita di una coppia nel tempo: c’è il rispetto dei ruoli, ma anche l’audacia di sfidare convenzioni, e una costante ricerca di equilibrio tra identità individuale e vita condivisa.
Un itinerario di coraggio e autostima
Qualcuno di voi si chiederà: basta davvero imparare ad amarsi per poter poi amare l’altro? Gli autori, Ettore Bassi e Debora Iannotta, sembrano rispondere con un netto sì. E non è un sì ingenuo. È un sì costruito, ragionato, esplorato nelle lettere e nelle riflessioni che attraversano l’intero libro. Se mettiamo in discussione la nostra autostima, ecco che il concetto di coppia si trasforma in un laboratorio in cui ci si valorizza davvero a vicenda, senza annullarsi, ma facendo leva su desideri, paure, sbalzi d’umore e nuovi inizi.
Bassi – figura nota nel panorama teatrale e televisivo – ci aveva già mostrato il suo lato più impegnato in altre opere: “Dio come ti amo, per uomini che amano le donne,” “Femmena,” “Caro Pino ti scrivo,” “Il sindaco pescatore” e “Il mercante di luce.” Ciascuno di questi progetti testimonia una tensione costante verso temi sociali e culturali che toccano le corde più intime di noi tutti. A volte ci chiediamo come faccia un artista abituato ai riflettori a cimentarsi in questioni tanto personali, e forse la risposta è proprio nello sguardo che tende la mano al prossimo, senza dimenticare il proprio vissuto.
La voce di due autori votati alla relazione
Non c’è retorica qui, ma piuttosto un invito a riscoprire che l’altro – quando ci confrontiamo da vicino – può essere contemporaneamente maestro e discepolo. Lo dimostra con forza Debora Iannotta, studiosa e performer che ha fondato centri di ricerca e formazione come Accademia Filoquantica (Napoli), Ingegneristica del Pensiero (Roma) e Human sustainability (Lecce). Lei stessa ama ripetere di non possedere rivelazioni straordinarie, ma di avere molte storie da raccontare, e in questo libro racconta, eccome. Nelle sue pagine si respira l’audacia di chi non ha paura di collegare l’esistenza individuale con un più ampio disegno sociale.
Epistole e rotture degli schemi
Fra i passaggi più potenti, c’è il momento in cui Gilda – in un’epoca rigida – desidera indossare i pantaloni. Un gesto simbolico, a prima vista, ma anche una piccola rivoluzione che simboleggia l’urgenza di scardinare imposizioni imposte dal contesto storico. In quell’istante, lui e lei diventano specchi, riflettono dubbi e slanci, ci portano a domandarci quanta libertà abbiamo davvero conquistato oggi.
Una prefazione illustre e un messaggio universale
In apertura, la prefazione firmata da Roberto Vecchioni aggiunge ulteriore profondità, mettendo radici in una riflessione sul senso dello scrivere e del condividere sentimenti così forti. Il libro non fa sconti: ci punge, ci rammenta che ogni evoluzione passa attraverso qualche scossone, un piccolo smottamento interiore. Ma è anche un percorso dolce, che prova a unire uomo e donna in una danza dove l’amore di sé diventa il primo passo per rispettare chi abbiamo di fronte.
Le pagine scorrono come un dialogo accorato: noi lo consideriamo una chiamata a rimetterci in viaggio. Potreste trovarci provocazioni o consolazioni, oppure entrambe. Ciò che importa è accogliere l’invito a leggere, scrivere, riscoprire l’intimità dell’altro e, soprattutto, ad avere cura di noi stessi per poter amare con più consapevolezza. È qui che “Dio, come Mi amo… Per amarti di più!” posa il suo cuore.
Cultura
Intrigo tra gli Acquedotti: il noir di Marcello Favale si fa strada nelle librerie

Sì, c’è un battito quasi segreto tra i viali ombreggiati e le antiche arcate del Parco degli Acquedotti. Noi lo abbiamo percepito subito quando abbiamo aperto La morte veste casual, l’ultimo romanzo di Marcello Favale pubblicato da MTS Edizioni. In ogni pagina, ci si ritrova immersi in un’estate rovente, con quel sole che spacca i marciapiedi e rende asfissiante l’atmosfera nella Capitale. Eppure, ciò che più ci ha colpito è la profondità psicologica che si intreccia alla vicenda: un uomo viene ritrovato senza vita, e nessuno sembra davvero voler capire cosa sia successo.
Un’indagine dai contorni inattesi
All’inizio pareva il solito incidente, qualcosa di triste ma privo di sorprese. Poi, il vicequestore Vincenzo Del Duca – 46 anni, origini lucane, una tenacia fuori dal comune – si accorge che qualcosa non torna affatto. Anche se la sua squadra non avrebbe competenza sul luogo, decide di indagare a fondo sul decesso di Farouk Abbes, italiano di origine marocchina. Vi suona già intrigante? Noi lo abbiamo trovato avvincente e, a tratti, quasi spiazzante. Del Duca, infatti, si porta dietro un bagaglio di conflitti: sogni agitati, nostalgia della sua Latronico e qualche confronto teso con il Piemme. Non sono ostacoli da poco, ma sembrano renderlo più umano, più vicino a noi di quanto immaginiamo.
Roma, con la sua bellezza caotica, avvolge la storia in un’atmosfera densa di contrasti. Le passeggiate tra i resti degli antichi acquedotti diventano improvvisi momenti di riflessione, e a volte basta un aperitivo con amici fidati per innescare intuizioni cruciali. Non c’è un solo istante in cui ci si senta davvero al sicuro: Favale riesce a mescolare l’eleganza del noir classico con lo sguardo impietoso sulla realtà contemporanea.
Il risultato? Un romanzo che scava nelle relazioni umane e lascia emergere, tra un colpo di scena e l’altro, quei dilemmi che separano il bene dal male. La morte veste casual è già disponibile in libreria e sulle principali piattaforme online. Se volete scoprire un’indagine che non teme di sondare paure e desideri, vale la pena tuffarsi in queste pagine. Un noir che, a nostro avviso, indossa perfettamente l’anima di Roma.
Cultura
Un viaggio oltre le ombre: l’intenso messaggio di “Riflessioni di una demente”

Avete presente quella sensazione di calore che affiora quando ci rendiamo conto di non essere soli nelle nostre difficoltà? Ecco, è proprio ciò che ci ha colpito in “Riflessioni di una demente”, l’ultima opera di Anna Conte pubblicata da MTS Edizioni. Non si tratta di un semplice libro: è più una scintilla che illumina anche i momenti più tormentati.
C’è un messaggio chiaro, eppure delicato, che traspare fin dalle prime pagine. L’autrice ci racconta con coraggio le sue riflessioni, quasi fossero un dono da porgere a chiunque abbia perso la bussola nella tempesta quotidiana. Non mancano, fra le righe, versi poetici e richiami a figure celebri: spunti preziosi, perché ci aiutano a ricordare quanto una frase, al momento giusto, possa risollevare lo spirito.
Le radici di un amore infinito
Questo libro è dedicato alla nipotina Anna, e la dedica parla più di mille discorsi: “Non credo che avrò la possibilità di gioire dei traguardi che raggiungerai… Voglio lasciarti un insegnamento d’amore… affinché nel mondo ci sia sempre posto per l’amore e la bellezza”. Parole che pungono il cuore e ci inducono a domandarci: quale eredità vorremmo lasciare ai nostri cari? Forse, un testimone di speranza.
Conte, quasi fosse un “capitano di lungo corso”, ci sprona a non temere le onde più alte: insegna a cavalcarle con un coraggio sorprendente. Invece di arrenderci, suggerisce di afferrare ogni briciola di gioia che la vita ci regala, perché anche nei giorni più scuri si può scovare un raggio di luce.
Tutto sembra orchestrato per invitarci a riflettere e sorridere, a ricordarci che la felicità non è un traguardo riservato a pochi, ma un minuscolo seme da coltivare ogni giorno. “Riflessioni di una demente” diventa allora una sorta di manuale di resilienza: un’esortazione ad aprire gli occhi e a scoprire quanta bellezza ci circonda, pure quando ci sentiamo persi.
L’opera è già disponibile in libreria e sui principali store online. Noi l’abbiamo sfogliata e abbiamo provato quella strana sensazione di sentirci compresi. Forse, nel mezzo di mille pensieri, può succedere anche a voi.