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Ucraina, Macron e ipotesi invio soldati. Italia: “No...

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Ucraina, Macron e ipotesi invio soldati. Italia: “No truppe Nato in campo”. Da Europa coro di no

Le nazioni occidentali prendono le distanze dalle dichiarazioni del presidente francese: "Nessun invio militari di Paesi europei e Nato"

Soldati in Ucraina

Dalla Germania all'Ungheria, dalla Polonia alla Gran Bretagna, le nazioni occidentali prendono le distanze dalle dichiarazioni di Emmanuel Macron. Il presidente francese non ha escluso l'ipotesi dell'invio di truppe in Ucraina, sottolineando che bisogna fare "tutto il necessario per garantire che la Russia non possa vincere questa guerra".

Cosa dice l'Italia

La posizione dell'Italia è chiara. "La Conferenza organizzata ieri a Parigi dal Presidente Macron ha costituito l'occasione per riaffermare, con la partecipazione del Vice Ministro Cirielli, il pieno impegno dell'Italia a sostegno dell’Ucraina nella lotta a difesa della propria sovranità e integrità territoriale. Fin dall'aggressione russa di due anni fa vi è stata piena coesione di tutti gli Alleati nel supporto da offrire a Kiev. Questo supporto non contempla la presenza sul territorio ucraino di truppe di Stati europei o Nato", si legge in una nota di Palazzo Chigi.

"E' un'idea di Macron, mi pare che quando si parla di inviare truppe si debba essere molto prudenti, non dobbiamo far pensare che siamo in guerra con la Russia. Il mio giudizio personale è che non sono favorevole a inviare truppe italiane a combattere in Ucraina", dice il ministro degli Esteri Antonio Tajani, parlando a Zagabria a margine della riunione del comitato di coordinamento Italia-Croazia.

Le reazioni dall'Europa

Mentre il Cremlino sottolinea che tale possibilità porterebbe inevitabilmente a uno scontro militare diretto tra Russia e Nato, il cancelliere tedesco Olaf Scholz sottolinea che "ciò che è stato concordato fin dall’inizio tra di noi vale anche per il futuro, vale a dire che non ci saranno truppe di terra, né soldati inviati sul suolo ucraino dai paesi europei o gli Stati della Nato".

Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha affermato che Budapest non è disposta a inviare armi o truppe a Kiev e che la sua posizione sulla questione è "solida come la roccia".

"Non siamo d'accordo", ha detto la portavoce del governo di Madrid, Pilar Alegría. "Quello che è urgente" è "accelerare la consegna di materiale" militare a Kiev, ha aggiunto.

Anche la Gran Bretagna non ha piani per uno spiegamento di truppe su larga scala in Ucraina, ha detto un portavoce del primo ministro britannico Rishi Sunak. "Oltre al piccolo numero di personale che abbiamo nel paese a sostegno delle forze armate dell'Ucraina, non abbiamo alcun piano per un dispiegamento su larga scala", ha detto il portavoce ai giornalisti, aggiungendo che un gran numero di truppe ucraine vengono addestrate in Gran Bretagna e Londra sostiene Kiev con attrezzature e rifornimenti.

Sulla stessa linea, anche "la Polonia non ha piani per inviare le sue truppe in territorio ucraino", ha detto Donald Tusk. "Credo che non dovremmo fare ipotesi oggi se ci saranno circostante che potrebbero cambiare questa posizione", ha aggiunto il premier del paese confinante con l'Ucraina.

"Sono convinto che dobbiamo sviluppare le vie di sostegno che abbiamo intrapreso dopo l'aggressione della Russia", le parole del premier ceco Petr Fiala. "Io credo non dobbiamo aprire ad altri metodi o modi", ha aggiunto Fiala, escludendo quindi l'ipotesi dell'invio di truppe, e sottolineando che il focus al momento è sull'invio di aiuti militari e sul sostegno umanitario ed economico.

Taglia corto il premier svedese, Ulf Kristersson, che ieri ha celebrato "la storica giornata" della ratifica ungherese, l'ultima rimasta, all'adesione della Svezia alla Nato. "Non c'è nessuna richiesta da parte Ucraina per questo, la questione non è rilevante". "Al momento siamo occupati a pieno nell'inviare equipaggiamento avanzato dalla Svezia all'Ucraina in molti modi diversi, come molti altri Paesi sono impegnati a fare", ha detto Kristersson, intervistato dall'emittente Svt, aggiungendo quindi che la questione dell'ipotetico invio di truppe "così è una questione interamente diversa".

"Comunque, possiamo dire che ci sono Paesi diversi che hanno tradizioni diverse nell'impegnarsi in altri Paesi - ha detto commentando ancora le parole del presidente francese - e la tradizione della Francia non è la tradizione svedese, così io rispetto la volontà della Francia di aiutare l'Ucraina. Noi ora aiutiamo l'Ucraina in un modo diverso con molto equipaggiamento avanzato". Alla domanda se può escludere l'invio di truppe svedesi nel caso in cui dovesse arrivare una richiesta, ha poi risposto: "Viviamo in momenti molto speciali, così una generale esclusione di qualcosa". Però poi ha ribadito che la questione "al momento non è rilevante, non c'è una discussione del genere in corso in Svezia, noi partecipiamo inviando risorse, materiale e soldi all'Ucraina e questo è molto apprezzato".

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Cronaca

Maltempo oggi, allerta meteo per temporali al sud

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Allerta gialla in Campania, Molise, Basilicata, Calabria e Sicilia

Un'auto sotto la pioggia

Italia divisa in due dal meteo oggi, con il maltempo che colpisce in particolare il sud facendo scattare l'allerta gialla per il rischio di temporali e nubifragi. La pioggia è il prodotto di correnti fredde e instabili. Il maltempo interesserà progressivamente il Sud portando precipitazioni, soprattutto temporalesche. Le previsioni meteo inducono la Protezione Civile a far scattare l'allerta gialla per Calabria, Basilicata, Campania, Molise e Sicilia. Per l'isola, anche allerta per rischio idraulico e per rischio idrogeologico condiviso con la Calabria. I temporali potranno essere accompagnati da grandine e forti raffiche di vento.

Situazione migliore al Centro-Nord. Spiccano le condizioni previste sulla Lombardia, dove il tempo risulterà in miglioramento, con una debole instabilità pomeridiana prevalentemente a ridosso dei rilievi. Le temperature massime nella regione vengono segnalate in graduale aumento.

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Esteri

Putin, atto quinto: governo Russia può cambiare, le...

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Ipotesi rimpasto, possibile un cambio generazionale: Lavrov e Shoigu in pensione?

Vladimir Putin

Vladimir Putin, atto quinto. Il presidente della Russia, dopo il prevedibile trionfo alle elezioni di marzo, si è insediato al Cremlino per aprire il nuovo capitolo. E' ''un periodo difficile'' quello che sta attraversando la Russia, ma ''insieme lo attraverseremo con dignità e diventeremo ancora più forti'', ha detto Putin. ''Supereremo tutti gli ostacoli e daremo vita a tutti i nostri progetti'', ha aggiunto, affermando che ''guardiamo avanti con fiducia, pianifichiamo il nostro futuro, stiamo già realizzando nuovi progetti per renderci ancora più dinamici, ancora più potenti''.

Il messaggio all'Occidente

Putin si è detto favorevole a ''un dialogo con gli Stati occidentali'', ma che sia ''alla pari''. "Noi non rifiutiamo il dialogo con gli Stati occidentali'', anzi ''siamo stati e saremo aperti a rafforzare buone relazioni con tutti i paesi che vedono nella Russia un partner affidabile e onesto'', ha affermato, rilanciando la palla nel campo avversario.

Per quanto riguarda i paesi occidentali ''la scelta è loro'' e ''un dialogo, anche su questioni di sicurezza e stabilità strategica, è possibile''. Ma a condizione che questo dialogo non sia condotto ''da una posizione di forza'', ma ''senza alcuna arroganza, presunzione ed esclusività personale, ma solo ad armi pari, nel rispetto degli interessi reciproci''. Putin ha invece parlato di dialogo non possibile se i Paesi occidentali ''intendono continuare a cercare di frenare lo sviluppo della Russia, continuare la politica di aggressione''.

Cambiamento, possibilità o utopia?

Le politiche di Putin non cambieranno per il suo quinto mandato al Cremlino, ha affermato l'analista Tatyana Stanovaya, fondatrice di R-Politik, in una intervista a Politico. "L'obiettivo fondamentale di Putin è quello di produrre più armi, mantenere stabile l'economia, proteggerla da sanzioni e ridurre l'inflazione. Non ci dobbiamo aspettare una revisione di tale politica", ha aggiunto.

Anche se probabilmente ci sarà un rimpasto di governo da cui forse potranno emergere indicazioni su come intenderà portare avanti i suoi obiettivi, vale a dire la guerra in Ucraina, la repressione interna e l'antagonismo contro l'Occidente.

Alcuni dei ministri più fidati di Putin sono avanti con l'età, da Sergei Lavrov, agli Esteri, che ne ha 74, a Sergei Shoigu, alla Difesa, 68 anni. Il direttore dell'Fsb (Servizio federale di sicurezza), Aleksandr Bortnikov, ha 72 anni. Stessa età più o meno per il numero 1 dell'Svr (Servizi esteri), Sergei Naryshkyn, 69 e il direttore del Comitato investigativo, Aleksandr Batrykin, 70 anni.

"Se Putin vuole mantenere il suo sistema, deve cambiarlo", ha affermato l'analista politico Abbas Gallyamov, indicando nel recente arresto del vice ministro della Difesa, Timur Ivanov, per corruzione, come un segnale della possibilità che Putin "mini le fondamenta del sistema". Fra i favoriti per eventuali promozioni, sono Dmitry Patrushev, ministro dell'Agricoltura e segretario del Consiglio di sicurezza nazionale. Ma sorprese potrebbero arrivare, evidenzia Stanovaya, da chi si è distinto in Ucraina che Putin ha già definito "la nuova elite".

Per il Washington Post, rimpasti o meno, Putin pone al cuore pulsante dell'illiberalismo occidentale. Il discorso politico che ha maturato negli ultimi anni, e che probabilmente continuerà a cavalcare nei prossimi sei anni, è quello che vede la Russia non solo impegnata in una guerra contro l'Ucraina ma in una battaglia di civiltà di dimensioni molto più grandi.

Il conflitto oltre confine, per come la pone lui, non è solo una questione territoriale, o politica, ma è la punta dell'iceberg di uno scontro più ampio fra gli effetti corrosivi del liberalismo e i valori più tradizionali incarnati dal suo regime. Putin non è isolato nel suo progetto. Nell'Unione europea può contare sul sostegno del Premier ungherere Viktor Orban, di "despoti" del Sud Globale, e di esponenti di spicco della destra americana. "Hanno tutti una avversione per quello che viene percepito come establishment illiberale occidentale e apprezzano che Putin lo respinga", sottolinea il quotidiano americano.

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Esteri

Italia-Nato, Meloni oggi vede Stoltenberg: sul tavolo aiuti...

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L'Italia si appresta a varare il nono pacchetto a favore di Kiev

Jens Stoltenberg  e Giorgia Meloni - Fotogramma

Oggi, 8 maggio, il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg sarà a Roma, ricevuto dalla premier Giorgia Meloni alle 11.30. Tanti i dossier sul tavolo, dalla polveriera mediorientale alla crisi in Ucraina, con l'avanzata dei russi nel Donetsk e la crescente paura di un tracollo ucraino. Timori che alimentano le tensioni tra Mosca e i Paesi occidentali, con il Cremlino che evoca il rischio di un'"escalation diretta" dopo che il Presidente francese Emmanuel Macron è tornato ad avanzare la possibilità di inviare truppe al fronte e il ministro degli Esteri britannico David Cameron ha giudicato lecito per gli ucraini impiegare armi fornite da Londra per attaccare il territorio russo.

Focus sull'Ucraina

L'allarme è altissimo e incendia la campagna elettorale per le europee, mentre l'opzione di un intervento diretto dell'Alleanza in caso di coinvolgimento di uno Stato terzo nelle ostilità è ormai entrata a pieno titolo nel dibattito pubblico. Ma soprattutto nelle stanze della Nato.

Il tema degli aiuti militari all'Ucraina sarà tra i focus dell'incontro tra Meloni e Stoltenberg, mentre il governo italiano si appresta a varare -prima del G7 a Borgo Egnazia- il nono pacchetto di aiuti militari che dovrebbe includere, condizionale d'obbligo visto che il decreto è secretato, il sistema di difesa aerea e antimissile a medio-lungo raggio Samp-T, una batteria resa disponibile dopo la 'smobilitazione' dello scorso marzo dalla Slovacchia. E che risponde alla richiesta del ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, perché unico mezzo, assieme ai Patriot americani, per fermare i missili balistici russi.

Il nodo 2% Pil per le spese militari

La mano tesa che l'Italia si appresta a tendere è una delle leve che Meloni, con ogni probabilità, userà nell'incontro con Stoltenberg per affrontare uno dei dossier più annosi sul tavolo: il raggiungimento del 2% del Pil per le spese militari. Per la Nato è una pregiudiziale di cui si parlerà anche a Washington, nella riunione dei premier dei Paesi dell'alleanza atlantica in programma la seconda settimana di luglio. E che vede l'Italia in affanno, fanalino di coda: gli States sono ben oltre il 3%, la Gran Bretagna punta a superare il 2,5%, la Polonia è al 4, la Francia e la Germania hanno raggiunto il 2. Roma è sotto l'1,5%, nonostante abbia 'conteggiato' tutte le spese per le missioni, anche quelle non strettamente attinenti alla difesa. Una scelta che, a ben guardare, la Nato potrebbe anche contestare.

L'obiettivo del 2% doveva essere centrato per l'anno in corso, ma per l'Italia la deadline è slittata al 2028 per un compromesso siglato dal governo Draghi: un rinvio all'epoca reso necessario per sedare fibrillazioni e malumori che avevano messo a dura prova la maggioranza, terremotata dal guanto di sfida lanciato da Giuseppe Conte. Da allora lo scenario internazionale si è fatto ancor più fosco, e visti i tempi difficili il traguardo del 2% appare un 'must' non più rinviabile.

Non ne fa mistero il ministro della Difesa Guido Crosetto. "Senza bisogno che arrivi Trump alla presidenza americana - ha rimarcato a Pescara, alla conferenza programmatica di Fdi -, vedrete quanto saranno duri con chi non arriverà al 2% del Pil per la spesa per la difesa, a quel punto" chi non adempierà alla percentuale "diventerà una nazione non di serie B ma addirittura che non potrà sedersi ai tavoli internazionali", perché “nessuno passerà più sopra questa cosa e diventerà una parte fondamentale per avere credibilità nel mondo”.

Ma le casse a Roma languono e il tentativo, fallito, di scorporare le spese militari dai parametri del Patto di stabilità ha reso ancor più ardua la partita. Qualche limatura al rialzo rispetto agli impegni presi nel Documento programmatico della difesa 2023-2025 non viene escluso: "vedremo", aprono fonti di governo, non escludendo uno sforzo, una piccola dote politica anche in vista del G7 in Puglia a guida italiana. Accompagnata a un'altra, ben più sostanziosa, che dimora nel nono decreto di aiuti a Kiev che il governo si appresta a varare.

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