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Politica

Follini: “Non infierire sul Pd ma Schlein prima o poi al bivio”

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"Troppe identità, troppe sensibilità, troppe sfumature, troppe differenze al proprio interno per offrire certezze al proprio elettorato"

Follini:

“Non si dovrebbe infierire troppo sul Partito democratico. Né dalla landa un po’ desolata dell’opposizione, né dal prato fiorito del governo e della sua maggioranza. Un robusto partito di alternativa serve infatti al buon andamento della dialettica democratica. E serve anche a tenere in miglior forma un esecutivo che farebbe bene a non crogiolarsi troppo contando i voti guadagnati e le bandierine issate qua e là.

Certo, il dato delle amministrative fa impressione. E i commenti del giorno dopo hanno aggiunto una cospicua quantità di sale sulle ferite del responso elettorale. Così, a questo punto, sparare a palle incatenate sul Nazareno diventa uno sport fin troppo praticato e per niente nobile. Quasi un invito a maramaldeggiare, a cui sarebbe bene non associarsi.

Ora, chi scrive ha qualche ragione in più per non unirsi al coro dei critici. Personalmente non posso dimenticare di aver ricevuto dal Pd delle origini una ospitalità generosa, e non vorrei mai infierire su chi si trova oggi nella maggiore difficoltà. Resta il fatto però che la crisi della politica (di tutta la politica) trova dalle parti del Nazareno un effetto moltiplicatore, e dunque non lascia troppo spazio a parole consolatorie.

Il punto è che il Pd è il partito che copre, da sempre, il territorio più esteso della politica italiana. Nasce essenzialmente dall’incontro tra alcuni che erano stati democristiani e alcuni che erano stati comunisti, più molti altri discendenti delle altre grandi famiglie del dopoguerra. Di qui la difficoltà di amalgamare, come si disse all’epoca, storie politiche tanto diverse e tanto controverse. Con, in più, l’ambizione di voler chiamare a raccolta nuove generazioni e dunque aggiungere nuove sensibilità. E, inevitabilmente, anche nuove complicazioni.

Così, mentre una parte del Pd ancora oggi sacrifica a piene mani incenso sull’altare di Moro e di Berlinguer, sapientemente accomunati, un’altra parte considera piuttosto che l’amalgama tra quei suoi filoni non sia riuscito più di tanto, e che dunque magari quelle due storie e culture prima o poi debbano riprendere la loro autonomia. Cosa che non avviene, si dirà. Ma che pure resta nell’aria, come a indicare l‘esistenza di una contraddizione non risolta e forse non risolvibile. Ultima puntata di un antico conflitto tra riformisti e massimalisti che già da molto prima aveva attraversato i destini della sinistra italiana.

Questo conflitto è rimasto per così dire senza esito. Salvo riproporsi di tanto in tanto accompagnando il frenetico andirivieni di segretari incoronati e rapidamente disarcionati. Alcuni dei quali peraltro approdati addirittura ad altri lidi -come è fin troppo noto. E se quelle ferite non sono mai state rimarginate del tutto, altre se ne sono poi aggiunte anche senza più dover scomodare i padri nobili.

La nuova segreteria di Elly Schlein avrebbe dovuto archiviare tutte queste dispute, voltando pagina e consegnando a un nuovo gruppo dirigente le leve del comando. Il fatto è però che se si è fatto finta di cancellare la differenza tra le storie del passato remoto, e se ci si è illusi di aver bruciato le scorie delle rivalità del passato prossimo, il Pd continua a tutt’oggi ad avere troppe identità, troppe sensibilità, troppe sfumature, troppe differenze al proprio interno per offrire certezze al proprio elettorato.

A tutte queste controversie ereditate dal passato sembra peraltro ora aggiungersi e quasi sovrapporsi un conflitto più inedito ma forse non meno lacerante. Conflitto di cui la nuova segretaria finisce per essere, insieme, la vittima e l’espressione.

Esiste infatti una linea di scissione -antropologica, non solo politica- tra un partito che si propone come assemblaggio di una classe dirigente collaudata e sperimentata e un partito che si offre come luogo di innovazione e sperimentazione. Da un lato c’è mestiere, esperienza, professionalità, un che di rassicurante. Dall’altro c’è invece una sorta di culto di una appassionata e al tempo stesso ingenua improvvisazione di cose nuove. E’ il derby tra l’astuzia e il candore, tra le volpi e le colombe, tra la sapienza dell’establishment e il movimentismo degli outsider.

Nei pressi di questo bivio, che anche Schlein prima o poi dovrà attraversare, si intuisce un’incertezza in più sul carattere del partito. Che da un lato porta appunto sulle sue spalle nobili e antiche tradizioni, e dall’altro sogna di inoltrarsi verso percorsi che nessuno fin qui ha mai attraversato. Sono i dilemmi che a suo tempo avevano riguardato anche i predecessori del Pd. Il Pci che Berlinguer amava definire “conservatore e rivoluzionario”, insieme. E la Dc che si considerava, con un po’ di ottimismo, alternativa a se stessa. Peccato però che i tempi non siano più quelli. E i protagonisti neppure”.

(di Marco Follini)

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Politica

Cofferati annuncia rientro nel Pd, renziani in rivolta

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Sensi (Pd): "Rispetto per chi ha militato e lavorato per questo partito". E da Iv Renzi manda "un abbraccio ai riformisi presi in giro"

Sergio Cofferati - Fotogramma

“Ho deciso di iscrivermi di nuovo al Pd perché condivido l’orientamento che il partito ha preso dopo l’elezione di Elly Schlein alla segreteria. Penso sia giusto dare una mano: la stagione del renzismo è definitivamente finita”. L’annuncio di Sergio Cofferati a ‘La Stampa’ scatena la rivolta dei renziani dentro e fuori le file dem.

“Quando si entra o si torna in un partito – tuona via Twitter il senatore dem Filippo Sensi – sarebbe buona norma rispettare le persone che ci sono, che in questi anni hanno militato e lavorato per questo partito, le loro idee, le loro storie. Rispettando le persone si rispetta il Pd”.

Dura anche la reazione di Marianna Madia che sempre via social relica all’ex leader della Cgil citando una sua frase: “‘Se qualcuno nel Pd approva il Jobs Act deve spiegare qual è il contenuto riformista di quella brutta legge’ (cit. Sergio Cofferati). Ero responsabile Lavoro – ricorda Madia – nella prima segreteria Renzi. Pronta! Ad argomentare cosa siamo riusciti a fare e dove non siamo arrivati”.

In tema di Jobs Act arriva anche la replica della dem Lia Quarapelle: “Le riforme hanno sempre bisogno di un tagliando, alla luce delle cose che hanno funzionato e dei problemi nati nell’implementazione. La furia iconoclasta con cui alcuni – ultimo Cofferati – si scagliano contro il Jobs Act non aiuta a ragionare e guardare avanti”.

Mentre da Italia viva, il leader Matteo Renzi attraverso la sua Enews manda “un abbraccio a riformisti” per l’annunciato ritorno del ‘Cinese’. “Ieri Sergio Cofferati, l’uomo che scelse di far perdere il Pd in Liguria dopo aver perso le primarie contro Lella Paita, – scrive l’ex premier – è rientrato nel Pd e ha sparato contro il Jobs Act. Mando un abbraccio affettuoso a tutti i riformisti rimasti nel Pd. Vi stanno prendendo in giro”.

“Il ritorno di Sergio Cofferati nel Pd – gli fa eco il senatore Iv, Ivan Scalfarotto – è il segno che la mutazione genetica del partito prosegue senza sosta, in barba a quella vocazione maggioritaria che è stata la ragione stessa della sua fondazione. L’unica ragione per cui i tanti che hanno creduto in quel Pd possano restarci in questa versione movimentista – afferma Scalfarotto – e fatalmente minoritaria è che pensino sia soltanto una fase passeggera. È un grave errore di valutazione, dettato più dal sentimento che dalla ragione”.

Per il presidente dei senatori di Iv-Azione Enrico Borghi “la traiettoria corbyniana del ‘nuovo Pd’ si compie: rientra Cofferati, il campione del conservatorismo di sinistra (che peraltro assicura rendite alla destra, come si vide in Liguria). Lo sport dell’abiura iconoclasta al Nazareno continua. Non è più la casa dei riformisti”.

“Riconosco la coerenza con cui Sergio si sta muovendo. Aveva deciso di uscire da quel partito – commenta invece dalla Cgil il leader Maurizio Landini – perché evidentemente non vedeva più le condizioni per starci e il fatto che oggi coerentemente con quelle idee, riveda uno spazio, mi pare che confermi la sua coerenza. Cofferati fa quello che dice e quello che pensa. Poi la scelta di iscriversi a un partito – sottolinea – è sempre una scelta individuale ma il suo potrà essere un contributo importante”.

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Politica

Museo egizio, Schlein: “Da Meloni voglia di controllo e fame di poltrone”

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La segretaria Dem difende il direttore Greco: "L’unico motivo per cui la destra lo attacca è che non lo ritengono allineato al governo"

Non si placa lo scontro politico sul direttore del Museo egizio di Torino. Dopo l’attacco frontale del numero due della Lega Andrea Crippa che ha chiesto le dimissioni di Christian Greco accusato di essere “un direttore di sinistra” che ha gestito il museo “in modo ideologico e razzista contro gli italiani”, oggi in sua difesa interviene la segretaria del Pd Elly Schlein.

“Greco ha guidato con professionali il Museo egizio. L’unico motivo per cui la destra lo attacca – sottolinea Schlein a margine di una iniziativa sulla non autosufficienza al Nazareno – è che non lo ritengono allineato al governo. Meloni ha molta voglia di controllo e fame di poltrone: lo abbiamo visto con l’occupazione della Rai, con Inps e Inail, con il Centro sperimentale di cinematografia. È grave, un atteggiamento sbagliato e inaccettabile. Non è quello che serve al Paese”, conclude.

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Forza Italia si ‘allarga’ in provincia di Roma, Tajani: “Avanti su fisco e giustizia”

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Il 14 ottobre evento a Monza con amministratori locali azzurri

Antonio Tajani  - Fotogramma

La famiglia di Forza Italia si allarga, accogliendo nuovi amministratori locali della provincia di Roma, e continua a lavorare per affermarsi come “centro di gravità permanente della politica italiana”, concetto che il segretario del partito Antonio Tajani va ripetendo da tempo e che ribadisce oggi, dando il benvenuto ai nuovi ‘azzurri’ nel corso di una conferenza stampa al Palazzo dei gruppi di Montecitorio.

“L’adesione di tanti amministratori locali a Forza Italia – commenta soddisfatto il vicepremier e ministro degli Esteri – dimostra lo stato di salute del nostro movimento”. Una comunità politica che coltiva “la propria identità” all’interno della coalizione di centrodestra “e che non ha bisogno di inseguire le idee degli altri”, perché, rimarca Tajani, “essere alleati non vuol dire essere un solo partito”. L’appuntamento fissato dal leader di Fi è per il 14 ottobre, quando a Monza “riuniremo gli amministratori locali di Forza Italia per affrontare il tema del governo del territorio”.

Per Alessandro Battilocchio, deputato di Forza Italia e coordinatore provinciale di Roma, si tratta di una “giornata importante”: “L’idea di fondo – spiega – è una grande squadra che si rafforza ed è pronta a portare avanti la più grande eredità che ci ha lasciato Silvio Berlusconi: le sue idee che rappresentano per noi la cornice di riferimento per il presente e il futuro”.

Pomezia, Albano, Fiumicino, Marino, San Cesareo, Anguillara, Rocca di Papa, Santa Marinella, Monterotondo, Valmontone, Campagnano, Castel Gandolfo, Tolfa: questi alcuni dei comuni della provincia di Roma dove Fi è attualmente presente. Ma i nuovi ingressi potrebbero non fermarsi qui. “Questa giornata non sarà l’ultima perché sono tanti gli amministratori che vogliono aderire al nostro progetto”, assicura Battilocchio.

La presentazione delle nuove adesioni è l’occasione per rilanciare alcuni temi cari a Fi, a partire dalla battaglia per la riduzione delle tasse: un impegno che, garantisce Tajani, Forza Italia intende onorare in vista della prossima manovra economica: “Faremo di tutto perché il governo conservi il taglio del cuneo fiscale. E ci batteremo per il taglio delle tasse su tredicesime, straordinari e premi di produzione”. Il vicepremier pone l’accento anche sulle privatizzazioni (“serve il coraggio di una riflessione”, sprona Tajani) a partire dal dossier Mps, sul quale occorre “accelerare”.

Sui migranti il titolare della Farnesina – reduce dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York – registra “molti riscontri positivi, soprattutto dai paesi di partenza. Già sta diminuendo il numero delle persone che arrivano in Italia da Tunisia e Libia. Non servono slogan ma tanto lavoro”.

Spazio anche al tema della giustizia, con il capogruppo alla Camera Paolo Barelli che insiste sulla separazione delle carriere e su una riforma delle intercettazioni: su quest’ultimo punto, il presidente dei deputati azzurri annuncia che sarà presentato un ordine del giorno “per un impegno del ministro Nordio, nei prossimi mesi, a presentare al Parlamento una riforma completa sulle intercettazioni”. Prosegue inoltre la battaglia dei Fi per l’abolizione dell’abuso d’ufficio, “reato che impedisce a tanti amministratori di fare bene il proprio lavoro”, sottolinea Tajani.

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Politica

Guardian incorona Giorgia Meloni: “Uno dei politici più potenti d’Europa”

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Il presidente del Consiglio "ottiene consensi anche a sinistra"

Giorgia Meloni

”Una volta era difficile trovare un italiano che ammettesse di amare Giorgia Meloni”, ma ora è riconosciuta ”come uno dei politici più potenti d’Europa”. Lo scrive il Guardian in un lungo articolo sulla presidente del Consiglio che ora, ”dopo quasi un anno al potere, ha ottenuto consensi anche a sinistra”. Con il trionfo di Fratelli d’Italia, nel Paese è salito al potere ”il governo più di destra dalla seconda guerra mondiale”, si legge nell’articolo, secondo cui però la presidente del Consiglio italiano ”ha assunto un tono rassicurante e pragmatico nel resto d’Europa e non solo”. Viene ricordato il suo ”incrollabile sostegno all”Ucraina” e la sua posizione favorevole a ”grandi accordi in Africa, siano essi sull’energia o, in modo più controverso, sull’immigrazione”.

Quanto alle alleanze internazionali, il Guardian scrive che ”un tempo fan di Donald Trump e Vladimir Putin, Meloni ha trovato nuovi amici in Joe Biden e Volodymyr Zelensky. Ha stretto un legame con Rishi Sunak, ha un rapporto più cordiale con Emmanuel Macron e la si vede spesso lavorare al fianco di Ursula von der Leyen”, l’ultima volta domenica a Lampedusa. ”Meloni ha stretto rapporti più profondi con i suoi alleati di estrema destra in Europa”, scrive il Guardian citando l’intervento a favore di Vox prima delle elezioni spagnole di luglio e l’incontro, la settimana scorsa a Budapest, con il suo omologo ungherese Viktor Orban con il quale ha parlato della difesa della famiglia ”tradizionale”.

Il quotidiano ricorda anche che Meloni è stata anche elogiata da un rivale di sinistra, Enrico Letta, ex primo ministro ed ex leader del Partito Democratico, che l’ha definita ”migliore del previsto”, e che Stefano Bonaccini, presidente della regione Emilia-Romagna, è stato criticato dai membri del Pd per aver definito Meloni ”capace”. Tuttavia, si sottolinea nell’articolo, il governo non esita a esercitare ”la sua influenza sulla Rai”, dove vorrebbe ”prendere il controllo” e ”cambiare la narrazione secondo il suo modo di pensare”.

Per quanto riguarda la lotta all’immigrazione clandestina, il Guardian scrive che il numero di persone che arrivano in Italia è più che raddoppiato tra gennaio e settembre rispetto allo stesso periodo del 2022.

”La patina di stabilità del governo italiano è dovuta in parte – sostiene il quotidiano britannico – al fatto che ha un’ampia maggioranza in parlamento e anche al fatto che l’opposizione è debole”.

Ma, ritiene il Guardian, ”finora è stato ottenuto ben poco” perché ”il governo sta venendo meno ai suoi impegni sull’immigrazione” e ”l’economia sta rallentando” mentre ”non ha una strategia chiara per affrontare la crisi climatica”. E in vista delle elezioni europee del prossimo anno il Guardian prevede ”un ritorno di una retorica intransigente e nazionalista”.

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Politica

Pd, segretario romano Foschi assunto al Cal: “Nessun imbarazzo”

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Un contratto a tempo determinato con "uno stipendio normalissimo, tra i 1600 e i 1800 euro" dice all'Adnkronos l'esponente Dem

Enzo Foschi (Fotogramma)


Il segretario Pd di Roma, Enzo Foschi, ha trovato lavoro. Dal primo settembre è infatti stato assunto dal presidente del Cal, Consiglio delle Autonomie Locali della Regione Lazio, con una funzione amministrativa. Un contratto a tempo determinato con “uno stipendio normalissimo, tra i 1600 e i 1800 euro”, dice all’Adnkronos l’esponente dem, che è pronto a rescindere nel caso in cui alle prossime elezioni del Cal, previste il 9 novembre, dovesse esser nominato un presidente di opposto schieramento rispetto al suo.

Ma cos’è il Cal? E’ un organismo di controllo costituito con decreto del presidente della Regione, attualmente di centrodestra, ma indipendente. Al vertice, infatti, un presidente scelto a scrutinio segreto dai componenti, i sindaci del territorio, a maggioranza assoluta. “Non c’entra nulla con il presidente della Regione – precisa Foschi -. Questo è un ente strumentale, il presidente non viene nemmeno nominato dal governatore o chi per lui, ma eletto dai sindaci del Lazio, a maggioranza di centrosinistra”.

Il segretario del Pd di Roma, 57 anni, all’interno del Cal, è “una persona di fiducia”, spiega lui stesso all’Adnkronos, scelto dal presidente di centro sinistra, Sandro Runieri. Per questo motivo, ribadisce, “non ho alcun imbarazzo, visto che ho anche una esperienza amministrativa tale che mi consente di assolvere le funzioni che il Cal svolge, cioè controllo sui bilanci e sostegno ai comuni”. Se alle elezioni il presidente dovesse essere scelto in linea con il governatore del Lazio, io me ne andrei, dice Foschi, ”mi pare evidente”. ”Sono stato preso a collaborare da un presidente di centrosinistra – precisa – e non riterrei opportuno rimanere”. (di Silvia Mancinelli)

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Politica

Lega contro direttore del Museo Egizio: “Greco razzista con italiani, lo cacceremo”

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Così Andrea Crippa, vicesegretario del Carroccio: "Faremo di tutto per cacciarlo e chiediamo al ministro della Cultura di cacciarlo se non si dimette lui". Opposizione protesta, Pd: "Vergognosa aggressione"

Christian Greco - Fotogramma /Ipa

“Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, faccia un gesto di dignità e si dimetta. Faremo di tutto per cacciarlo e chiediamo al ministro della Cultura Sangiuliano di cacciarlo se non si dimette lui”. Andrea Crippa, vicesegretario della Lega intervistato da Affaritaliani.it, va all’attacco del direttore del Museo Egizio di Torino dopo che Christian Greco ha affermato “Mi valutino con criteri oggettivi. Sono qui da nove anni, puntiamo a un milione di ingressi, stiamo lavorando al bicentenario. Mi lasciano basito gli attacchi della politica”. E ha invitato la premier Giorgia Meloni a visitare il Museo.

“Qualche anno fa – racconta Crippa – Greco decise uno sconto solo per i cittadini musulmani e io chiesi ai cittadini di protestare inondando il centralino di telefonate. Lui mi denunciò, fui condannato in primo grado e assolto in secondo, vincendo la causa. E’ un direttore di sinistra che ha gestito il Museo Egizio di Torino in modo ideologico e razzista contro gli italiani e i cittadini di religione cristiana. Ha fatto sconti solo per i musulmani e mai per chi professa altre religioni. Va cacciato subito, meglio quindi se fa un gesto di dignità e se ne va lui. Incredibile che dopo aver gestito il Museo in modo ideologico ora chieda di mantenere la poltrona al governo di centrodestra”. “Il Museo Egizio di Torino viene pagato dai cittadini e lui ascolta solo la sinistra. E’ un razzista contro italiani e cristiani. Si dimetta subito farebbe più bella figura”, conclude il vicesegretario della Lega.

“L’attacco politico di esponenti della destra, Fratelli d’Italia e Lega, contro il direttore del Museo Egizio Christian Greco è assolutamente vergognoso”. Così in una nota i Senatori Pd Francesco Verducci, della Commissione Cultura, Anna Rossomando, vice Presidente dell’Assemblea, Andrea Giorgis, capogruppo Commissione Affari costituzionali, Simona Malpezzi, della Presidenza del Gruppo. “Contro il Direttore Greco viene esercitata una violenta caccia alle streghe che è una vera e propria aggressione e un tentativo di intimidire e condizionare l’intero mondo della cultura. I risultati di Greco alla direzione del Museo Egizio sono di straordinaria qualità, e sono incontrovertibili. È inaccettabile che per ragioni di brutale e feroce occupazione politica si sia scatenata una polemica ad personam assurda e strumentale. Il Ministro Sangiuliano ponga fine a questa canea e prenda pubblicamente le parti del Direttore Greco. C’è in ballo l’autonomia della cultura in Italia”.

“Cacciare, cacciare, epurare… è lo slogan preferito dai leghisti, affamati di potere e di controllo politico su tutto. Ora tocca al direttore del Museo Egizio. Tornino nelle caverne piuttosto, e rispettino il mondo della cultura, il pluralismo e le istituzioni”, scrive su Twitter il segretario nazionale di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra.

“La destra vuole le purghe contro gli intellettuali che non si allineano al suo pensiero. Dopo aver colonizzato la Rai con TeleMeloni, adesso vuole cacciare i direttori dei musei come Christian Greco, direttore del Museo Egizio colpevole di aver promosso iniziative per avvicinare le persone di origine araba, alla storia e cultura egizia: un modo per costruire l’integrazione attraverso la cultura”. Così il co-portavoce di Europa Verde e deputato di AVS Angelo Bonelli. “Un giorno sì ed uno no, Gasparri vuole cacciare Mario Tozzi, Roberto Saviano è stato cacciato dalla Rai, Foa invita i medici negazionisti no Vax a Radio 1 e ora si vogliono cacciare i direttori dei musei. Sono purghe degne di un regime autoritario.”

“L’anno scorso ho portato i ragazzi al Museo Egizio di Torino. Come ebbi modo di scrivere mi è sembrato uno dei musei meglio gestiti, allestiti e organizzati d’Italia. Rimuoverei piuttosto chi chiede di rimuovere Christian Greco”, scrive il leader di Azione Carlo Calenda su twitter.

“Vi ricordate quando qualche anno fa Giorgia Meloni rimediò una figuraccia con Christian Greco, il direttore del Museo Egizio? Ecco. Ora che Meloni è al governo, serve la sua vendetta e ne chiede le dimissioni. Forse Greco è troppo competente e forse ha rilanciato con troppo successo il Museo Egizio di Torino: insopportabile per questa maggioranza. Insopportabile per Giorgia Meloni, le cui accuse sono state rispedite al mittente con ignominia dallo stesso direttore”. Così Riccardo Magi su twitter postando il video dello scambio tra Giorgia Meloni e Christian Greco.

“Troppo insopportabile per una destra che vuole la cultura asservita al potere, che vuole occupare ogni poltrona per favorire amici e parenti magari della stessa Meloni. Sangiuliano dimostri di avere la schiena dritta, riconosca l’autorevolezza, la professionalità e il lavoro di Greco ed eviti questa umiliazione alla cultura italiana”.

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Politica

Migranti, Mattarella: “Italia e Germania sapranno collaborare”

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Conferenza stampa del Capo dello Stato con il presidente tedesco Steinmeier: "No provvedimenti improvvisati e tampone, serve visione del futuro"

Sergio Mattarella e Frank-Walter Steinmeier - (Foto Quirinale)

Della questione dell’accoglienza dei migranti da parte della Germania, “stanno discutendo i ministri dell’Interno di Roma e Berlino e sono sicuro che troveranno certamente una soluzione collaborativa, come è sempre avvenuto e come avviene abitualmente tra Germania e Italia”. Lo ha affermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’incontro stampa congiunto con l’omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier. “Quello che è emerso nei colloqui tra il Presidente Steinmeier e me -ha proseguito il Capo dello Stato- è la perfetta omogeneità di valutazione del fenomeno migratorio che non colpisce soltanto l’Italia, colpisce anche la Germania con altre rotte che non attraversano il Mediterraneo ma l’Europa continentale e altre parti del mondo. Il fenomeno è globale”.

“Abbiamo entrambi la percezione che è un fenomeno epocale globale, che va governato con visione del futuro, non con provvedimenti improvvisati o tampone che risolvono qualche occasione temporanea, ma che esaminino e affrontino il problema con una visione del futuro coraggiosa e nuova rispetto ad un fenomeno così grande. Ma su questo l’operatività è rimessa ai Governi, non è rimessa né al Presidente Steinmeier né a me”.

Di fronte al fenomeno migratorio “occorre studiare, definire e porre in campo soluzioni nuove e coraggiose e non superficiali e approssimative. Occorrono soluzioni naturalmente europee, perché non è un problema che un Paese da solo può affrontare, neppure il più grande. Soluzioni nuove da studiare approfonditamente, con serietà”, ha affermato il Presidente della Repubblica. “I dieci punti della presidente Von der Leyen sono interessanti -ha aggiunto il Capo dello Stato- come lo sono stati alcuni passi avanti compiuti nei Consigli europei dei mesi passati. Quello che è importante che tutti in Europa comprendano come il problema esiste e non si rimuove ignorandolo, va affrontato per non lasciare il protagonismo di questo fenomeno globale ai crudeli trafficanti di esseri umani”.

“Occorre pensare in maniera adeguata, altrimenti è come usare strumenti rudimentali e superati di fronte a fenomeni totalmente nuovi. Ad esempio le regole di Dublino sono preistoria: voler regolare il fenomeno migratorio facendo riferimento agli accordi di Dublino è come dire realizziamo la comunicazione in Europa con le carrozze a cavalli”. “Era un altro mondo quello -ha ribadito il Capo dello Stato- pensare di fare riferimento, come alcuni Paesi dell’Unione fanno ancora basandosi su Dublino, è come fare un salto nel pleistocene, in un’altra era zoologica, è proprio una cosa fuori dalla realtà. Per questo occorre uno sforzo in cui nessuno ha la soluzione in tasca, nessuno deve dare soluzioni, ma insieme cercarla, velocemente, prima che sia impossibile governare il fenomeno”. Servono “nuove formule e nuove soluzioni”.

Mattarella e Steinmeier hanno visitato a Piazza Armerina all’Associazione ‘Don Bosco 2000’ che si occupa di accoglienza ed integrazione. n’esperienza messa in campo, ha ricordato appunto il Capo dello Stato italiano, “non soltanto per accogliere migranti, pervenuti attraverso le sofferenze indicibili dei viaggi nei loro Paesi attraverso il deserto, attraverso la Libia, ma accoglierli integrandoli, inserendoli in progetti di crescita e di realizzazione personale, incentivando, attraverso di loro, programmi nei Paesi di origine, perché i giovani di quei luoghi, trasferendo loro alcune esperienze, alcune competenze che qui hanno acquisito, possano lì, come sta avvenendo, assumere e organizzare attività professionali, di attività economica, per poter crescere lì, migliorando lì, e creando aspettative e opportunità di vita positiva nei luoghi in cui vivono e in cui resterebbero volentieri se non fossero spinti dalla fame, dalla miseria, dalla difficoltà, dalle guerre civili, dalle persecuzioni, dall’intolleranza o dal terrorismo”.

“Se si guardano i recenti arrivi l’Italia e la Germania sono i Paesi che sono più colpiti dagli aumenti degli arrivi degli ultimi mesi”, ha detto il presidente tedesco. “Per quanto riguarda il meccanismo volontario di solidarietà, voglio ricordare che la Germania è stato il Paese che ha accolto il maggior numero di profughi anche dall’Italia”, ha detto ancora il presidente tedesco.

Poi ad una domanda riguardo alla decisione della Germania di sospendere la selezione dei migranti in arrivo dall’Italia ha risposto: “noi abbiamo attivato il meccanismo volontario di solidarietà supponendo che Dublino andasse avanti”. “Ci saranno delle discussioni su come poter gestire questo conflitto che vale solo per la parte volontaria del meccanismo di solidarietà – ha aggiunto – ci devono essere degli avvicinamenti e io sono sicuro che i ministri si adopereranno in questo senso”. Steinmeier ha ricordato che nei primi sei mesi di quest’anno sono state presentate in Germania 162mila richieste d’asilo, “oltre un terzo di quelle presentate in Europa”.

“Dobbiamo adoperarci perché il numero degli arrivi diminuisca, e abbiamo bisogno, non è possibile fare diversamente, abbiamo bisogno di soluzioni europee”, ha detto sottolineando anche che “è molto importante il rafforzamento della cooperazione con i Paesi di origine e transito”. “Per quanto riguarda le soluzioni europee c’è la politica comune dell’asilo, ci sono da tempo delle proposte” ha aggiunto esprimendo “l’aspettativa che ci siano delle decisioni definite per quanto riguarda gli accordi presi”. “Abbiamo bisogno di regole comuni europee – ha ribadito il presidente tedesco – perché se vogliamo mantenere aperti i confini interni dell’Europa allora abbiamo bisogno di un dibattito sugli strumenti per fare in modo che i confini aperti possano rimanere aperti”.

Steinmeier ha rivolto infine un appello “a tutte le forze della Libia per fare in modo che, soprattutto in questa situazione, possano fare riferimento a ciò che li unisce. E sulla “situazione gravissima in Libia dopo la drammatica alluvione”, ha espresso l’auspicio che “la catastrofe terribile sia un campanello d’allarme per fare in modo” che il Paese possa avere “pace e stabilità”. “E’ davvero il momento – ha detto – di superare i fossati, di trovare dei percorsi in Libia per la riconciliazione” e “per riportare la pace”.

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Politica

Migranti, Conte: “Nessuno si permetta di paragonarmi a destra”

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Il leader M5S: "Io non mi sono mai permesso in campagna elettorale di fare quello che ha fatto Giorgia Meloni"

Giuseppe Conte - Fotogramma

“Il blocco navale è irrealizzabile, e bisogna lavorare con serietà nei Paesi d’origine per contenere i flussi migratori perché altrimenti rimarremo sopraffatti, nessuno si permetta di schiacciarmi in questa propaganda di destra, perché noi partiamo sempre dal rispetto della dignità di ogni essere umano, dalla tutela dei diritti fondamentali. Io non mi sono mai permesso in campagna elettorale di fare quello che ha fatto Giorgia Meloni”. Lo ha detto Giuseppe Conte, presidente del Movimento 5 stelle, rispondendo alle domande dei giornalisti nella conferenza stampa di presentazione delle proposte di legge del movimento sulla scuola, alla Camera.

“Vi ricordate il video di Piacenza? Quello significa strumentalizzare questo tema vergognosamente. Come vi permettete di paragonarmi a questa destra? Però la sinistra chiarisca quali sono le sue reali proposte perché questo non è un Paese che può accogliere tutti, certo se arrivano dobbiamo prima soccorrerli e poi accoglierli dignitosamente, ma se ci arrivano 200mila migranti all’anno, il Pd cosa propone? Ce lo dica, senza far polemica”, ha concluso Conte.

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Migranti, scintille Conte-Schlein: leader M5S attacca, ira Pd

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L'ex presidente del Consiglio: "Vogliono accoglienza indiscriminata". La segretaria dem: "Parla come Meloni"

Elly Schlein e Giuseppe Conte - Fotogramma

Finora il vento delle europee era soffiato più dalle parti del centrodestra, con le recenti fibrillazioni tra Giorgia Meloni e alleati sull’immigrazione. Da martedì sera anche le opposizioni entrano in campo. Ad aprire le danze è stato il leader 5 Stelle Giuseppe Conte che sceglie lo stesso terreno per distinguersi, quello dei migranti. Ospite di Porta a Porta, il presidente pentastellato la mette così: un’alleanza strutturale con il Pd? Non è possibile perché ci sono “punti di diverbio, di dissenso”, come sui migranti, “noi siamo per la ‘terza via’ sull’immigrazione. Il Pd è per l’accoglienza indiscriminata. Non è possibile. Come non è possibile il blocco navale”.

Un attacco frontale a cui ribatte a stretto giro, in diretta tv da Bianca Berlinguer, Elly Schlein: “Conte non ha letto le proposte del Pd sull’immigrazione. Aspettiamo le sue”. E aggiunge: “Siamo in campagna elettorale”. La replica della segreteria Pd è gelida ma ieri mattina tra i parlamentari dem i toni erano piuttosto accesi in Transatlantico. “Accoglienza indiscriminata? E’ la stessa propaganda della destra, di Meloni e Salvini, le stesse parole”. Del resto, “a sventolare i decreti sicurezza con Salvini, c’era Conte e non c’eravamo noi”.

Alessandro Alfieri, senatore e membro della segreteria dem, bolla le parole del leader M5S come “sparate populiste”, rispolverando un vocabolario dei tempi in cui i rapporti tra Pd e 5 Stelle non erano dei migliori. “Capisco che la campagna elettorale per le europee sia iniziata, ma – rimarca Alfieri all’Adnkronos – consiglierei un po’ più di prudenza nel linguaggio. Eviti di fare caricature ridicole. Noi siamo per governare i fenomeni complessi legati ai flussi migratori e dare una mano ai sindaci sul territorio lasciati soli dal governo Meloni. Non servono sparate populiste”.

La prossima settimana si aprirà a Lampedusa la festa dell’Unità di Agrigento e c’è chi non esclude la presenza di Schlein. Conte invece è andato ieri sull’isola e ha ripetuto le valutazioni fatte in Tv: “Con il Pd ci confronteremo, io non volevo offendere nessuno e nessuno si deve sentire offeso, però dobbiamo dirlo agli italiani: l’accoglienza indiscriminata equivale alla non accoglienza”. Ed ancora: “Con questi numeri non siamo in condizioni di tutelare la dignità e i diritti fondamentali di queste persone. Dobbiamo offrire loro un’accoglienza dignitosa e dobbiamo lavorare anche sull’integrazione con un percorso efficace perché chi parla solo di accoglienza e non offre integrazione cade nell’ipocrisia”.

Dalla segretaria nessuna contro-replica. Ieri si è concentrata sulla presentazione delle 5 proposte Pd contro il ‘caro-vita’ e la manovra. “Oggi scopriamo dal ministro Giorgetti che si è reso conto solo adesso che in manovra non ci saranno le risorse sufficienti per sostenere le famiglie e le imprese in una contingenza difficile, oggi abbiamo sentito il ministro Urso dire che aspetta da un anno le nostre proposte contro il caro vita. Tocca ricordare ancora al governo e a Meloni che al governo ci sono loro”, incalza Schlein.

Intanto, però, i dem contano un nuovo abbandono. Quello di Rosa Maria Di Giorgi, ex-vicepresidente del Senato. Passa dal Pd a Italia Viva. “Esco da un partito dove vedo affermarsi giorno dopo giorno la tendenza a superare l’esperienza del Pd, di cui sono stata fondatrice, per tornare al passato Ds”, un partito che si sposta “a sinistra e verso i 5 Stelle”. E un altro ex, Andrea Marcucci, torna a sollecitare la minoranza dem: “Io, Enrico Borghi, Giuseppe Fioroni, oggi Rosa Maria Di Giorgi e tanti altri, abbiamo capito per tempo che nel Pd di Elly Schlein non ci sarebbe più stato spazio per i riformisti. Ai tanti amici che sono rimasti nel Pd, dico, venite nei Liberali democratici, per costruire insieme la casa dei riformisti”.

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Politica

Migranti, Giorgia Meloni sferza Onu: “Guerra globale a scafisti è dovere Nazioni Unite”

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L'intervento della presidente del Consiglio all'Assemblea generale

Giorgia Meloni all'Onu


Le Nazioni Unite non devono “voltarsi dall’altra parte”, ma dichiarare “guerra globale e senza sconti ai trafficanti”. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni interviene all’Assemblea generale delle Nazioni Unite attorno alle 20 ore locali, notte fonda in Italia, chiede che l’Onu faccia la sua parte, che l’Italia non venga lasciata sola a fronteggiare un’onda che non accenna a fermarsi. Alimentata, il suo ragionamento, anche dalla guerra in Ucraina, rispetto alla quale Meloni usa parole durissime ricordando che l’Italia ha scelto, senza tentennamenti, “da che parte stare”.

Al mattino la premier non partecipa, come da programma e da attese, al Consiglio di sicurezza: al suo posto interviene il ministro agli Affari Esteri Antonio Tajani. Ne nasce un caso, anche perché la sera prima Meloni ‘diserta’ il tradizionale ricevimento organizzato dal Presidente statunitense per l’Unga: cena con la figlia e lo staff al Ribalta, nota pizzeria italiana nel cuore di Manhattan. Al Consiglio di sicurezza, precisano dal suo staff, Meloni non interviene perché impegnata in una serie di bilaterali, il dossier migranti al centro degli incontri. Ma assiste all’intervento di Volodymyr Zelensky, poi si intrattiene con il presidente ucraino: i due camminano l’uno di fianco all’altro, la mano del leader della resistenza ucraina confidenzialmente posata sulla spalla di Meloni.

Ed è proprio sul sostegno incondizionato all’Ucraina che la premier focalizza gran parte del suo intervento, rimarcando come l’Italia non starà mai dalla parte di “chi bombarda le infrastrutture civili sperando di piegare un popolo con il freddo e il buio”, con “chi utilizza come arma l’energia e ricatta le nazioni in via di sviluppo impedendo di esportare il grano, la materia prima indispensabile per sfamare milioni di persone”. In tante costrette a lasciare la loro terra, trovando spesso la morte in un mare diventato un cimitero a cielo aperto. Perché le conseguenze del conflitto in Ucraina travolgono tutti “come in un domino, ma impattano soprattutto sulle nazioni del sud del mondo. E’ una guerra mossa non solo contro l’Ucraina, ma contro le Nazioni più povere”, l’affondo.

Dietro l’aggressione della Russia -il ragionamento della presidente del Consiglio- c’è infatti “una scelta. Creare il caos e diffonderlo. E in quel caos, che produce decine di milioni di persone potenzialmente in cerca di condizioni di vita migliori, si infiltrano reti criminali che lucrano sulla disperazione per collezionare miliardi facili. Sono i trafficanti di esseri umani che organizzano la tratta dell’immigrazione illegale di massa. Illudono che affidandosi a loro chi vuole migrare troverà una vita migliore, si fanno pagare migliaia di dollari per viaggi verso l’Europa che vendono con le brochure come fossero normali agenzie di viaggio, ma su quelle brochure non scrivono che quei viaggi troppo spesso conducono alla morte, a una tomba sul fondo del mar Mediterraneo. Perché a loro non importa se la barca sia adatta o meno ad affrontare quel viaggio, l’importante per loro è solo il margine di guadagno”.

“Uno scempio” che occorre fermare: “combattere le organizzazioni criminali dovrebbe essere un obiettivo che ci unisce tutti, e che investe anche le Nazioni Unite”. “Sono convinta – sferza Meloni l’Assemblea – che sia dovere di questa organizzazione rifiutare ogni ipocrisia su questo tema e dichiarare una guerra globale e senza sconti ai trafficanti di esseri umani. E per farlo dobbiamo lavorare insieme a ogni livello, e l’Italia intende essere in prima fila su questo fronte”. Intanto Roma “dà l’esempio” con il Piano Mattei sull’Africa, lavorando alla stabilizzazione e alla cooperazione per offrire un’alternativa concreta alla migrazione di massa.

Nel suo intervento Meloni si sofferma anche sui rischi, potenzialmente “devastanti”, dell’intelligenza artificiale sul mercato del lavoro: “sempre più persone – avverte – non saranno necessarie, in un mondo sempre più dominato dall’ineguaglianza, dalla concentrazione di potere e di ricchezza nelle mani di pochi. Non è il mondo che vogliamo. E dunque non possiamo commettere l’errore di considerare questo dominio una ‘zona franca’ senza regole”. Per questo, “servono meccanismi di governance globale capaci di assicurare che queste tecnologie rispettino barriere etiche, che l’evoluzione della tecnologia rimanga al servizio dell’uomo e non viceversa”. Meloni chiude l’intervento chiedendo una riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu, con una distribuzione più equa dei seggi, lontana dall’assetto postbellico. Infine cita Papa Wojtyla, perché “l’attività politica, nazionale e internazionale, viene ‘dall’uomo’, si esercita ‘attraverso l’uomo’ ed è ‘per l’uomo'”. La speranza è che valga anche per l’emergenza migranti, e che le sue parole abbiano aperto un varco anche a New York. (dall’inviata Ileana Sciarra)

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