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25 aprile, la strage nazista di Civitella in Val di Chiana: cosa è successo

Il 29 giugno 1944 furono massacrati 244 civili

Mattarella depone una corona presso il Monumento ai Caduti a Civitella in Val di Chiana in occasione del 79° anniversario di Liberazione - (Quirinale)

Oggi 25 aprile 2024 il presidente della Repubblica Mattarella ha scelto quest'anno per la celebrazione della festa della Liberazione Civitella in Val di Chiana, in Toscana. Ma cosa è successo in questo paese?

Il 29 giugno 1944 a Civitella in Val Chiana, in provincia di Arezzo, che durante la ritirata tedesca si trovava nelle immediate retrovie del fronte lungo la Linea Gotica, divenne teatro di una efferata strage nazifascista. Qualche giorno dopo la morte di alcuni soldati tedeschi, i nazisti iniziarono a rastrellare gli uomini e poi irruppero in chiesa, dove il parroco, don Alcide Lazzeri, tentò senza successo di salvare i fedeli offrendosi come vittima.

A cinque a cinque tutti gli uomini, compreso il prelato, vennero trucidati e il paese fu incendiato, per uccidere anche chi in qualche modo era riuscito a nascondersi. Sommando ai martiri di Civitella quelli delle due frazioni di Solaia e Cornia, dove furono uccise con spietata ferocia anche donne e bambini, e della vicina San Pancrazio, in tutto furono massacrate 244 persone.

Cosa è successo il 29 giugno 1944

La sera del 18 giugno 1944, domenica, nove soldati tedeschi, forse paracadutisti della divisione "Hermann Göring", si avvicinano ad una casa colonica in località Madonna presso Civitella. Dopo aver ordinato la cena e mangiato, si diressero verso il Dopolavoro del paese, sedendosi ad un tavolo, le armi appoggiate a terra. Un gruppo di partigiani, saputo che nel paese giravano dei tedeschi, decise di tentarne il disarmo. Verso le 21, essi entrano nel locale armati. Qui le versioni divergono: chi dice che i partigiani aprirono subito il fuoco, chi invece propende per una intimazione di resa, a cui i tedeschi avrebbero reagito. In ogni caso, ci fu un conflitto a fuoco e tre tedeschi cadono a terra. Uno di essi, illeso, invece riusciva a fuggire. Nel Dopolavoro la confusione era al massimo, i civili scappavano da ogni parte e qualcuno era stato anche ferito. Dei tedeschi, due erano morti e uno e ferito.

Verso le 23 della notte, alla casa colonica della Madonna, arriva un tedesco che porta sulle spalle un compagno ferito. E' lo stesso del Dopolavoro, che viene lavato e curato, finchè i suoi compagni lo portano via su un camion. Al paese, intanto, quando spunta l'alba, la popolazione scappa terrorizzata dalla rappresaglia. Nel frattempo, l'arciprete don Alcide Lazzeri, saputo dell'accaduto, decide di far lavare i due morti tedeschi rimasti nel Dopolavoro, ed organizza loro il funerale con le poche donne che è riuscito a trovare. Ma dei tedeschi ancora nessuna traccia.

Il 20 giugno arriva un militare tedesco, forse un medico, ad esaminare i due cadaveri che ancora giacciono nel locale di ritrovo. Assieme ad una interprete, egli ascolta don Lazzeri che rammenta le fasi dell'attacco e dichiara che i civili sono estranei a quanto accaduto. L'ufficiale accetta, come segno di buona volontà, che i due soldati siano sepolti nel locale cimitero, e così avviene, con la partecipazione di un picchetto militare tedesco. Ma ancora le intenzioni dei soldati non sono chiare, e i paesani hanno paura a tornare.

Dopo una serie di indagini, i tedeschi vanno via. Anzi, qualcuno dice ai civitellini di stare tranquilli, perché non ci saranno rappresaglie. Ma invece, la mattina del 29 giugno 1944, quando anche per la festa di San Pietro e Paolo, molti sono rientrati, unità della divisione paracadutisti corazzati "Hermann Göring", a cui si affiancano altri militari, pare ci siano stati anche degli italiani, circonda il paese all'alba. Tutti gli uomini vengono strappati alle case e portati sulla piazza del paese, tra essi anche don Lazzeri che offre la sua vita in cambio di quella dei civili. Non viene ascoltato: sarà ucciso con un colpo alla nuca come tutti gli altri 149 i morti, tra cui due sacerdoti. Poi, i corpi vengono gettati nelle case a cui i tedeschi hanno dato fuoco.

L'ampiezza dell'operazione e il numero di compagnie coinvolte nei fatti di Civitella non permette di stabilire con esattezza l'ora, ma tutti i testimoni sopravvissuti concordano nell'aver individuato l'arrivo dei soldati tedeschi intorno alle 5,30 del mattino, quando le famiglie si preparavano ad andare alla messa nel giorno di Pietro e Paolo.

Tra gli intenti dell'operazione vi era sicuramente anche quello di rallentare l'avanzata delle truppe Alleate, nel momento in cui si stava costruendo negli Appennini la Linea Gotica a difesa dell'Italia settentrionale.

I primi ad essere uccisi furono gli abitanti delle frazioni intorno al paese. Le case di Palazzina, Querciola, Maestà Tonda furono perquisite dai soldati tedeschi e in ognuna furono uccisi uomini, donne e ragazzi, che erano rimasti a casa. A Civitella i militari entrarono da Porta Senese, percorrendo le strade del paese e spingendo in direzione della chiesa parrocchiale coloro che venivano catturati lungo il loro tragitto. I soldati tedeschi giunsero poi presso la Casa di Riposo e qui uccisero otto ospiti che si trovavano al suo interno.

Giunti alla chiesa, dove erano riuniti gli abitanti, trovarono la porta chiusa. Il parroco don Alcide Lazzeri, comprendendo con ogni probabilità cosa stava accadendo, aveva benedetto la popolazione facendola chiudere dentro l'edificio. I soldati lanciarono una bomba a mano per aprile la porta e trascinarono fuori gli abitanti che si erano rinchiusi sperando di salvarsi. Sembra che allora proprio don Alcide abbia gridato: "Sono io il responsabile di quanto è accaduto, uccidete me".

Il tentativo fu inutile. Gli uomini furono portati a lato della chiesa a gruppi di cinque, e uccisi. Lo stesso don Lazzeri morì nell'eccidio. Dopo le esecuzioni, i soldati tedeschi continuarono a cercare e uccidere gli abitanti rimasti dentro le abitazioni. In ultimo, incendiarono le case di Civitella, provocando la morte anche di coloro che avevano tentato di salvarsi nascondendosi nelle cantine o nelle soffitte. Solo pochi uomini riuscirono a sfuggire al massacro.

Allo stesso tempo in cui veniva sferrato l'attacco a Civitella, un altro gruppo di tedeschi partìti da Monte San Savino lungo il sentiero di montagna che va al piccolo paese di Cornia, passando per le fattorie Il Burrone e Solaia, da dove il prete don Natale Romanelli, dopo aver celebrato la messa delle sette, era appena partito per Verniana. Dopo un chilometro circa, incontrò un amico che gli disse di tornare indietro e avvertire la gente che doveva scappare. La madre e la sorella del prete si rifiutarono di ascoltarlo, sostenendo che i tedeschi non avrebbero toccato le donne, ma a Cornia essi non risparmiarono nessuno. Alle nove, ora in cui gli uomini si erano nascosti nei boschi di Valibona, i tedeschi arrivarono. Qualcuno di loro fu testimone delle scene terribili che si verificarono. I soldati chiusero cinque donne in una casa, spararono loro e poi appiccarono il fuoco. Una donna fu colpita da una bomba a mano e saltò insieme ad un maiale. La sorella del prete, affetta da poliomielite, fu uccisa nel giardino della sua casa, che restò un mucchio di rovine. Solo la chiesa rimase intatta, ma fu bombardata in seguito dai cannoni alleati.

Il 3 luglio altre truppe tedesche appartenenti alla 1 Fallschirmjäger-Division in ritirata della Linea Albert arrivarono nella zona e si sistemarono nella chiesa di Cornia, dove distrussero tutto. Don Natale affermò che questi soldati erano stati peggiori dei loro commilitoni che erano entrati a Civitella due giorni prima. Quest'ultimi si servirono del paese come principale posizione difensiva per più di quindici giorni, creando alloggi all'esterno delle mura, dormendo nella cantine delle case che ancora erano in piedi, mettendo i materassi per terra in chiesa, non senza averla dissacrata, usando i paramenti sacri come carta da gabinetto e sparando alle immagini sacre. L’artiglieria della 4 British Division, che in quel momento si trovò già nelle vicinanze, bombardò continuamente il paese con l'intento di cercar di annientare questi tedeschi, col risultato di far crollare altre case. La torre del castello fu danneggiata, e tutta la chiesa parrocchiale andò in rovina, con la torre campanaria rasa al suolo.

A Solaia, oltre all'intera famiglia Valli, fu uccisa Modesta Rossi, staffetta partigiana e moglie del partigiano Dario Polletti, mentre si trovava in casa con il figlio piccolo in braccio, anch'egli ucciso con una scure insieme alla madre, sotto gli occhi dell'altro figlio di sette anni, Mario.

La divisione "Hermann Goering" era composta in larghissima parte di giovani tra i 17 e i 24 anni ed era reclutata su base volontaria dalla Hitlerjugend e da altre organizzazioni collaterali del partito nazista. Aveva fatto le sue uniche prove nell’Europa occupata, specializzandosi in massacri di civili. A partire dal marzo del 1944, era stata spostata in Toscana partecipando a diverse incursioni nell'area appenninica.

L'eccidio di Civitella, Cornia e San Pancrazio fu sicuramente uno dei più efferati dei massacri compiuti. Nell'area aretina, l''Hermann Goering' aveva trucidato, nel mese di aprile del 1944, tutta la popolazione di Vallucciole, nell'alto Casentino, rubricando poi come 'Banditen' gli uomini, le donne e i bambini, spesso infanti, sorpresi nelle loro case. Alla Divisione appartenevano anche i membri di un ex Corpo musicale che durante il 1942 si era esibito in varie città italiane, venendo sciolto nel 1943 quando le truppe tedesche presenti in Italia necessitavano di rinforzi. Alcuni dei suoi componenti si trovavano sicuramente, come truppe ausiliarie del reparto di Polizia militare, tra i soldati che perpetrarono l''eccidio del 29 giugno 1944 a Civitella, tanto è vero che i due ufficiali condannati dal Tribunale di La Spezia, ne facevano parte.

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M5S, Grillo pronto a scontro con Conte sul simbolo: il...

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In attesa del voto online bocche cucite su strategia futura, 'under construction...'

Beppe Grillo

Beppe Grillo fa il 'funerale' al Movimento 5 Stelle e scalda i motori in vista di un possibile nuovo progetto: "Ho un'idea per il futuro che proporrò dopo" il nuovo voto sul ruolo del garante che si terrà dal 5 all'8 dicembre, annuncia il comico nel tanto atteso videomessaggio, girato a bordo di un carro funebre e postato sul blog e sui suoi canali social. "Il M5S è morto", tuona l'Elevato invitando Giuseppe Conte & Co a farsi "un nuovo simbolo", perché, spiega, "vedere tutto quello che ha rappresentato" il contrassegno del Movimento "in mano a queste persone mi dà un senso di disagio...".

La partita del logo

Proprio sul logo pentastellato si giocherà il braccio di ferro decisivo tra Grillo e Conte. Il garante del M5S ha fatto capire chiaramente che non intende rassegnarsi all'idea di lasciare nelle mani di Conte e del 'suo' Movimento il simbolo della forza politica fondata insieme a Gianroberto Casaleggio. "Piuttosto, meglio che finisca in una teca'', avrebbe detto a chi lo ha sentito in queste ore.

Grillo aspetta l'esito del voto bis sulle modifiche statutarie per decidere la strategia futura, che potrebbe passare anche per un ricorso legale per impugnare lo statuto del 2022 e congelare l'uso del simbolo attualmente in uso al Movimento.

Cosa accadrà dopo il voto di domenica? "Siamo nei 360 gradi di possibilità di scelta. L'iniziativa di Beppe fotografa lo stato attuale del Movimento. Lunedì, dopo i risultati della votazione, ci sarà una valutazione su qualsiasi tipo di iniziativa. In questo momento è come andare sulla pagina di un sito internet in costruzione e trovare l'omino con la scritta 'under construction', lavori in corso...", risponde sibillino all'Adnkronos Enrico Maria Nadasi, commercialista di Grillo e segretario dell'Associazione Movimento 5 Stelle 2012 che, come si legge nell'ultimo bilancio, è "proprietaria dei simboli Movimento 5 Stelle e dei domini www.beppegrillo.it e www.movimento5stelle.it". Pagina web, quest'ultima, che risulta proprio "in costruzione" in questo momento con ultimo aggiornamento risalente al 23 agosto.

L'ostacolo per Grillo

L'ostacolo per l'Elevato è rappresentato però dalla scrittura privata, stipulata tra il 2021 e il 2022 da Grillo e dal Movimento, con la quale il comico si è impegnato a non promuovere "alcuna contestazione" nei confronti del M5S per quanto riguarda l'uso del nome e del simbolo, anche se in futuro il logo sarà modificato "in tutto o in parte". Nel documento rivelato nei giorni scorsi dall'Adnkronos si fa riferimento alla "manleva" garantita dal Movimento, che solleva Grillo dalle conseguenze patrimoniali derivanti da eventuali cause giudiziarie.

In cambio dello scudo legale, l'Elevato si impegna "a non formulare in proprio e quale legale rappresentante delle associazioni" M5S del 2009 e del 2012 "alcuna contestazione" nei confronti dell'Associazione Movimento 5 Stelle 2017 (ovvero quella presieduta da Conte) "con riguardo all'utilizzo del nome Movimento 5 Stelle e/o del simbolo" del Movimento "come finora modificato e in futuro modificabile, in tutto o in parte".

Grillo è inoltre obbligato "a non prestare collaborazione funzionale e/o strutturale ad altre associazioni che hanno quale finalità quella di svolgere attività in contrapposizione e/o concorrenziale" con il Movimento. Per i contiani, la scrittura privata rappresenta la conferma del fatto che Grillo "ha le mani legate" e non può bloccare l'utilizzo del simbolo da parte di Conte. Per i seguaci del comico e per l'avvocato Lorenzo Borrè, invece, il documento certifica "che né il nome né il simbolo sono di proprietà del M5S del 2017".

Secondo il notaio del Movimento Alfonso Colucci, fedelissimo di Conte, gli estremi per un ricorso da parte di Grillo non esisterebbero: "La situazione è limpida dal punto di vista giuridico, la titolarità del simbolo è in capo alla comunità del Movimento 5 Stelle, Associazione rappresentata dal presidente Giuseppe Conte. Qualsiasi iniziativa tesa a contestare la titolarità e l'utilizzo del simbolo sarebbe temeraria, sia in ragione della titolarità del simbolo che spetta al Movimento, sia in ragione degli accordi contrattuali sottoscritti da Grillo, coperti da riservatezza, che precludono qualsiasi fondata iniziativa giuridico...", spiega il deputato.

Cosa dice l'esperto

Per il giurista Gabriele Maestri, esperto di simboli, la questione "è molto complessa, perché si intrecciano diversi piani: quello del diritto civile, quello del diritto della proprietà industriale, quindi quello dei marchi, e quello del diritto elettorale". "Il simbolo originario è di Beppe Grillo e lo aveva depositato come marchio europeo e poi italiano, per poi cederlo all'Associazione del 2012, presieduta da lui", spiega l'autore del libro 'I simboli della discordia'.

L'Associazione che ora convoglia deputati, senatori, europarlamentari e tutti gli eletti pentastellati, però, è quella del 2017, che aveva ricevuto in uso quello stesso simbolo e ne ha utilizzato versioni molto simili con piccolissime differenze, motivo per il quale, dice ancora Maestri, Grillo potrebbe avere la facoltà di negarne l'uso, andando allo scontro e intraprendendo una lunga battaglia che potrebbe causare "tanti feriti".

Grillo potrebbe decidere di non rispettare l'accordo, visionato dall'Adnkronos, che limita lo spazio di manovra del garante in cambio della manleva legale, ma di base - osserva il giurista - la legge tende a far prevalere il diritto elettorale su quello civile, e questo a tutela soprattutto degli elettori. Essendo il Movimento 5 Stelle un partito a (quasi) tutti gli effetti, dunque, secondo l'esperto la lotta potrebbe vedere sconfitto Grillo. Ma il rischio c'è da entrambe le parti, spiega Maestri, "perché un giudice potrebbe anche emettere un provvedimento cautelare e bloccare tutto". Non solo, aggiunge: "Non c'è nessuno che possa essere considerato immune dai rischi per eventuali contenziosi", e questo perché con una battaglia in atto "rischia di essere meno appetibile lo stesso M5S". "Le parti in causa devono valutare se vale la pena iniziare o subire un'azione legale", conclude Maestri. (di Antonio Atte e Mariacristina Ponti)

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M5S, de profundis Grillo: “Movimento è morto”....

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Alta tensione su simbolo, il garante deciso a non mollare: "Piuttosto lo metto in una teca"

Beppe Grillo e Giuseppe Conte

Un carro funebre e l'inno alla gioia di Beethoven: così Beppe Grillo si presenta per il suo messaggio 'delicato' alla nazione. Criptico, lungo, un po' avvelenato e che chiude alla sua maniera: teatrale. "Il Movimento è morto ma è compostabile, l'humus che c'è dentro non è morto. Io ho un'idea che vi svelerò dopo, non è finita qui. Se volete andate a votare o andate a funghi, questo Movimento avrà un altro decorso, meraviglioso, che ci siate voi o no", avverte i militanti. E a questo risponde Giuseppe Conte, che a fine serata, con un video sui social torna a invitare la comunità a votare per dare una svolta: "Questa è una comunità orgogliosa, che non si lascia calpestare da nessuno, che non vuole andar per funghi".

Cosa ha voluto dire Grillo e cosa vuole fare?

Quali sono però i sottotesti dell'idea di Grillo? Vuole riprendersi il simbolo dall'associazione presieduta da Conte? Il sentiment, come riferiscono autorevoli fonti all'Adnkronos, sembra andare proprio verso questa direzione, ma ci sarà da aspettare la votazione del fine settimana.

"Non lascerà il simbolo a chi non rappresenta più il Movimento, per lui meglio finisca in una teca...", spiega chi gli è vicino. Potrebbe però rivelarsi un buco nell'acqua, tanto che sul tema, da Campo Marzio, si continuano a dire tranquilli. "Perché c'è da preoccuparsi?", dice l'ex premier in Transatlantico ai cronisti. Sul resto del messaggio, però, qualche sassolino dalla scarpa se lo levano anche lui e i parlamentari.

L'affondo su Conte Oz

"Be', sono ottimista per le votazioni del 5 di dicembre", esordisce Grillo dopo aver aperto il finestrino della sua macchina funebre nel videomessaggio. Poi inizia una serie di reprimende contro Conte, alias il 'Mago di Oz', e l'attuale 'gruppo dirigente' del movimento: "Tutti i miei progetti, che arrivavano, non arrivavano perché lui non si faceva mai trovare, e i progetti sono stati tantissimi", dice elencando quelle che, per lui, sono proposte che da parte degli eletti non sono state ascoltate.

Non per loro, però, e neanche per il presidente che, sempre nel video sui social, dopo essersi detto dispiaciuto per il comportamento del garante, afferma che "molte delle proposte menzionate in realtà si sono già tradotte in proposte di legge in Parlamento già depositate, che stiamo portando avanti con forza e determinazione".

Questo, però, non è l'unico affondo di Grillo: "Siete diventati un partito che segue un Oz, di gente che non riconosco più - continua l'Elevato -. Infatti quando venivo giù, in quel famoso ufficio che mi era stato concesso non c'era nessuno, non veniva nessuno".

Un'altra bugia, stando a quello che raccontano, in primis Riccardo Ricciardi, vicepresidente del M5S che, in un altro video ancora, riepiloga tutti i momenti in cui, più che essere d'aiuto, il garante ha messo i bastoni tra le ruote alla creatura che lui stesso aveva contributo a dare vita. "Io scompaio proprio in funzione dei due mandati - continua ad attaccare -. Questa votazione aveva 20 domande per coprirne tre. Io ho già perso, lo so, ma sono ottimista perché questo movimento aveva un'identità straordinaria".

L'attacco a Fico

Per non lasciare niente al caso, il co-fondatore tira le orecchie anche a Roberto Fico. Il Movimento 5 stelle "si è trasformato in un partitino progressista con questi giochetti che non faceva neanche la Democrazia cristiana vent'anni fa: io ti appoggio il candidato Pd alle regionali in Liguria e in Emilia e tu mi appoggi il 'c'aggiafà' con l'autobus in Campania. Questi giochetti che voi non appoggiate hanno trasformato questo partitino in niente", è la bordata contro l'ex presidente della Camera. E poi l'idea, non prima di un'altra punta di veleno: vedere il Movimento 5 stelle "rappresentato da queste persone mi dà un senso di disagio. Bene, coraggio, fatevi un altro simbolo", conclude Grillo.

 

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Ucraina, Nato suona l’allarme: “Avanzata Russia...

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Mosca recluta 30mila soldati al mese e non si preoccupa delle perdite. Rutte: "Gli aiuti militari devono arrivare a Kiev"

Vladimir Putin

Il fronte della guerra tra Russia e Ucraina "si muove verso ovest", sia pure "lentamente" e non "verso est". Tradotto, Vladimir Putin avanza nel conflitto in corso da oltre 1000 giorni. I messaggi che arrivano dal segretario generale della Nato, Mark Rutte, hanno un tono decisamente diverso, rispetto a quelli che arrivavano dal quartier generale di Evere, alla periferia di Bruxelles, fino a qualche mese fa.

L'allarme Nato: "Russi avanzano anche 10 km al giorno"

Kiev si prepara ad affrontare "un inverno difficile" e avrà bisogno di tutto l'aiuto possibile da parte dell'Occidente per poter arrivare al "tavolo negoziale in posizione di forza". Pertanto, ha sottolineato Rutte, servono "meno discussioni su come potrebbe configurarsi un accordo di pace e più aiuti militari", che è quello di cui a Kiev hanno veramente bisogno.

Ancora più indicativi, se possibile, sono i messaggi che arrivano off the record. Le linee del fronte in Ucraina, ha spiegato un alto funzionario Nato, sono sottoposte ad una pressione "crescente" da parte delle forze russe. Il ritmo dell'avanzata delle truppe di Mosca aumenta: se prima "le forze russe avanzavano dieci metri al giorno", oggi ci sono giornate in cui "guadagnano terreno al ritmo di dieci chilometri al giorno". Il cambiamento nel tenore dei messaggi segnala, con ogni probabilità, che a Bruxelles hanno deciso che è opportuno mettere al corrente l'opinione pubblica della serietà della situazione.

Ad oggi in non pochi Paesi europei, specie in quelli più a ovest, che si sentono meno minacciati dalla Russia, l'opposizione all'invio di armi all'Ucraina in lotta contro l'invasore è molto diffusa.

Ucraina resiste nel Kursk, Russia sacrifica carne da cannone

Nella regione russa di Kursk, ha riferito la fonte Nato, le forze ucraine "controllano tuttora circa due terzi degli 8-900 km quadrati di territorio" che avevano conquistato nello scorso agosto, malgrado la "controffensiva russa" in corso da tempo nell'area. La Nato si attende che le forze di Mosca "continueranno a tentare di fiaccare le forze ucraine, usando la massa" per conquistare le "posizioni difensive" dei nemici e conseguire così "guadagni tattici" sul campo.

Le condizioni stagionali, ha osservato la fonte, "non hanno ancora prodotto alcuna riduzione delle operazioni offensive delle forze russe, che mantengono un significativo vantaggio quantitativo" rispetto a quelle ucraine in termini di "munizioni, uomini ed equipaggiamento".

I russi, secondo le stime dell'Alleanza, "reclutano probabilmente 30mila nuovi soldati al mese e, in questo modo, sono in grado di "assorbire perdite massicce", mentre tentano di "affossare" le forze ucraine usando la forza d'urto della massa. I russi hanno anche "intensificato i bombardamenti contro le infrastrutture critiche", in particolare le centrali elettriche.

"Senza dubbio", comunque, si è assistito ad un "aumento del ritmo dell'avanzata russa e gli attacchi che si sono visti contro le infrastrutture ucraine fanno chiaramente parte di una campagna orchestrata per aumentare la pressione" che il popolo ucraino avverte nella "vita di tutti i giorni", mentre "l'inverno avanza".

Rutte: "Zelensky fa bene a chiedere altre armi"

Per Rutte, dunque, il presidente ucraino Zelensky "ha ragione a chiedere aiuti militari non solo offensivi, ma anche difensivi", per proteggere le infrastrutture energetiche, che i russi prendono di mira per fiaccare la popolazione civile.

"Concordiamo sul fatto - ha proseguito Rutte - che dobbiamo rafforzare l'Ucraina perché oggi, mentre parliamo, il fronte non si sta muovendo da ovest verso est, ma da est verso ovest. Lentamente, con molte perdite sul lato russo". Per la Nato, oggi sono "700mila" le vittime russe, tra "morti e feriti gravi".

Mosca "sta pagando un prezzo molto elevato, ma è un fatto che il fronte non si muove verso est", bensì "verso ovest". Il segretario generale ha tenuto a concentrare l'attenzione sulle necessità immediate: gli alleati, ha detto, "concordano sul fatto che il futuro dell'Ucraina è nella Nato. Al summit di Washington abbiamo parlato di 'percorso irreversibile' verso l'Alleanza".

Ma, ha aggiunto Rutte, "penso che dobbiamo concentrarci molto su quello che è necessario ora. E quello che serve ora è che gli aiuti militari arrivino all'Ucraina, perché per loro sono cruciali: se decideranno di parlare con i russi, lo faranno da una posizione di forza".

Italia prepara decimo pacchetto di aiuti

La Nato, ha aggiunto, accoglie "con favore gli ulteriori aiuti militari" all'Ucraina "annunciati da parte di Usa, Germania, Svezia, Estonia, Lituania e Norvegia", ma "tutti dobbiamo fare di più: più forte sarà il nostro supporto in questo momento, prima potremo porre fine all'aggressione russa una volta per tutte in Ucraina". Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha detto che il decimo pacchetto di aiuti militari dell'Italia è "pronto" e che verrà inviato "entro fine anno".

Per Rutte, inoltre, "il coinvolgimento della Corea del Nord in questa guerra, in aiuto alla Russia, è una enorme escalation, che minaccia non solo l'Ucraina, ma anche Corea del Sud, il Giappone e gli Usa". Perché "la Corea del Nord non dispiega truppe senza ottenere soldi, su questo non c'è dubbio, ma anche tecnologia missilistica. Questo avvicina il teatro atlantico e quello dell'Indopacifico".

Oltre 12mila nordcoreani in guerra

Secondo fonti Nato, i soldati nordcoreani presenti nella regione russa di Kursk sono "oltre dodicimila", anche se "non possiamo confermare" che siano stati già impegnati in battaglia. Zelensky ha dichiarato all'agenzia giapponese Kyodo News che alcuni soldati di Pyongyang sono già caduti in battaglia, senza dare ulteriori dettagli.

La grande incognita sono le intenzioni sulla guerra in Ucraina del neo presidente degli Stati Uniti d'America Donald Trump, ma il segretario generale ha riferito di aver concentrato il suo colloquio con il tycoon, a Mar-a-Lago in Florida il mese scorso, su pochi punti, tra cui le spese militari degli Alleati europei (il 2% del Pil "non basta", ha insistito Rutte) e sulla necessità che l'Ucraina concluda un "buon accordo" con la Russia, perché la conclusione del conflitto in corso verrà guardata con attenzione anche in altre parti del mondo.

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