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Esteri

Iran oggi al voto tra stanchezza politica e crisi economica

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Paese alle urne per il rinnovo del Parlamento e dell'Assemblea degli Esperti, vincitori annunciati gli ultraconservatori

Manifesti elettorali a Teheran, Iran - Afp

Sullo sfondo di due guerre a cui non è certo estraneo, a Gaza come attore protagonista e in Ucraina più defilato, l'Iran vota oggi per il rinnovo del Parlamento e dell'Assemblea degli Esperti. In quelle che saranno le prime consultazioni nazionali dalla morte nel settembre 2022 di Mahsa Amini, che innescò un'ondata di proteste antigovernative, i vincitori annunciati sono i cosiddetti 'principalisti' (gli ultraconservatori), mentre il Fronte riformista, che raggruppa 31 fazioni, ha annunciato il boicottaggio. Decisivo, come sempre nella Repubblica islamica per valutare il livello di sostegno popolare al sistema, sarà il dato dell'affluenza. Le stime non fanno sorridere gli ayatollah: gli ultimi sondaggi indicano che sarà tra il 37 ed il 46%, con grandi differenze tra Teheran, dove è stimata intorno al 17%, e le altre province.

L'appello di Khamenei per una partecipazione "massiccia"

Come sempre accade alla vigilia delle elezioni, la Guida Suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, ha lanciato un appello per una partecipazione "massiccia". Prendendo la parola durante un incontro con un gruppo di giovani che voteranno per la prima volta, Khamenei ha sottolineato che un'alta partecipazione alle elezioni causerà "una delusione per i nemici che tengono gli occhi puntati sull'Iran" per poi tentare di pungere nell'orgoglio gli iraniani. "Venerdì andranno alle urne tutti coloro che amano l'Iran e la Repubblica islamica, la rivoluzione, il potere nazionale ed il progresso", ha scandito, prima di scatenarsi con la solita retorica anti-statunitense e anti-israeliana.

"Stanchezza economica e politica, è momento cruciale con cambio generazionale"

Secondo Raffaele Mauriello, docente dell'Università 'Allameh Tabatabai' di Teheran, le elezioni "non democratiche ma con elementi democratici" di oggi non vanno sottovalutate, malgrado tutte le loro imperfezioni. Innanzitutto per il 'peso' che ha il Majlis, uno dei tanti organi politici della Repubblica islamica, che oltre ad approvare i singoli ministri ed il budget, ha il compito di votare anche gli accordi internazionali come avvenuto nel 2015 per il Jcpoa, l'intesa sul nucleare. Il Paese, spiega all'Adnkronos il professore, arriva al voto in un clima di "stanchezza" economica e politica e in un momento in cui la Repubblica islamica è alle prese con una "crisi di legittimità".

L'economia "non brilla", taglia corto, sottolineando come il Paese fatichi a rialzarsi dopo il combinato disposto del Covid-19 che si è sommato alle sanzioni ripristinate dagli Stati che hanno avuto un'incidenza "devastante". L'inflazione è schizzata in alto (l'ultimo dato di autunno della Banca Centrale indicava un più 56%), ma finalmente da circa un anno - ed è tra i meriti del governo Raisi - i prezzi stanno iniziando a tornare sotto controllo. Quei problemi già visti verso la fine del mandato di Hassan Rohani sono esplosi sotto l'attuale presidenza e l'inflazione ha toccato livelli "mai visti nella storia della Repubblica islamica".

C'è anche una malcelata stanchezza politica. Le proteste nazionali innescate dalla morte in custodia della polizia di Amini, che secondo Mauriello nascevano di fondo da problemi economici ed erano "più complesse" di una semplice battaglia femminista come è stata rappresentata, hanno portato "pochi risultati", ma proprio sull'obbligo di indossare velo si sono registrati "passi avanti" sul piano pratico.

"Oggi tante donne a Teheran non lo portano, anche se la legge non è cambiata", precisa. Il momento è "cruciale", prosegue il professore, ricordando come lo stesso Raisi, il presidente eletto con il numero più basso di voti nella storia dell'Iran, abbia faticato nella prima fase del suo mandato e solo ora sia riuscito a "consolidare" la sua amministrazione. Intanto a Teheran c'è un clima di relativa tranquillità, ma le autorità per sicurezza in questi giorni hanno imposto qualche limite in più alle comunicazioni con l'esterno.

Mauriello evidenzia come in queste elezioni parte dei candidati ammessi siano indipendenti, mentre sono pochi i riformisti. Secondo la Bbc, sono solo 30. Ci sono, è vero, liste elettorali, ma si sono costituite solo dopo il via libera del Consiglio dei Guardiani e sulla base della sensibilità dei politici che hanno ricevuto il via libera. A Teheran ci sono tre liste, una riconducibile all'ex sindaco e attuale Speaker, Mohammed Bagher Qalibaf, una a Raisi e una chiamata 'Voce della Nazione', guidata da Ali Motahari e che vede tra le sue fila la 44enne Afifeh Abedi, una delle rare riformiste ammesse al voto.

Un personaggio che promette di far parlare di sé e che rappresenta a pieno il "ricambio generazionale" a livello politico in corso in Iran, precisa Mauriello, sottolineando come i politici che a lungo sono stati per l'Occidente punti di riferimento sono usciti di scena o sono sul punto di farlo. L'unico caposaldo sono i Guardiani della Rivoluzione che continuano ad avere "tantissimo peso" sulla scena politica e rappresentano sempre più "l'ossatura dello Stato".

I numeri: 15.200 candidati per 290 seggi del nuovo Majlis

Secondo i media ufficiali, 15.200 candidati tra cui 1.713 donne - oltre il doppio delle 819 registrate nel 2020 - si sfideranno per i 290 seggi del nuovo Majlis, che si insedierà a fine maggio. Gli occhi saranno puntati anche sull'Assemblea degli Esperti, organo composto da 88 membri eletti ogni otto anni, che elegge ed, eventualmente, può rimuovere la Guida Suprema e che assume un ruolo fondamentale visto che Khamenei ad aprile spegnerà 85 candeline.

Nelle scorse settimane ha suscitato scalpore l'esclusione dalla corsa all'Assemblea degli Esperti dopo tre mandati consecutivi dell'ex presidente, Hassan Rohani. Le motivazioni di questa decisione non sono state chiarite. Probabilmente sono politiche, ma è anche una conferma di un ricambio generazione che a livello politico si sta concretizzando lontano dagli occhi dell'Occidente.

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Decine di armi nucleari in Bielorussia, Lukashenko:...

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"Se Occidente continua pressioni su Mosca, rischio apocalisse nucleare", l'avvertimento lanciato dal presidente bielorusso

Missili nucleari - (123RF)

"Diverse decine" di armi tattiche nucleari russe sono state dispiegate nel territorio della Bielorussia. Lo ha detto il presidente dell'ex repubblica sovietica, Alexander Lukashenko, citato dalla Tass, in un riferimento all'accordo firmato lo scorso anno con il presidente russo Vladimir Putin.

In un discorso dinanzi all'Assemblea popolare, Lukashenko ha affermato che, se l'Occidente continua a fare pressioni sulla Russia, Mosca potrebbe utilizzare tutto il suo arsenale. "Sarebbe l'apocalisse nucleare", ha avvertito, spiegando che "una parola incauta, un movimento potrebbero causare un conflitto armato fino all'uso di armi nucleari". "Non vogliamo combattere contro nessuno. E sono convinto che non lo faremo. I nostri avversari hanno chiaro che possiamo sferrare una risposta seria che ucciderà milioni di persone all'istante. Sarà una nuova guerra", ha aggiunto.

Il presidente bielorusso ha paventato anche "l'alto rischio" di incidenti militari al confine con l'Ucraina, accusando gli Stati Uniti di "fare di tutto" per trascinare Minsk in guerra. In un discorso dinanzi all'Assemblea nazionale suprema, Lukashenko ha detto: "Il rischio principale è rappresentato da un punto caldo regionale, che è certamente l'Ucraina. Washington trascinerà in ogni modo il nostro Paese nel conflitto".

"Se l'Ucraina non dà il via a negoziati, perderà la sua statualità e potrà cessare di esistere", ha detto ancora il Presidente della Bielorussia. "E' la situazione migliore per fare la pace e firmare un accordo di pace", ha aggiunto. I russi, ha precisato, "non lasceranno la Crimea o le regioni dell'Est".

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Ue, Macron: “Europa oggi può morire, dipende da...

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Il presidente francese nel discorso alla Sorbona: "Siamo in ritardo, dobbiamo semplificare le regole e investire di più". E sottolinea: "Russia potenza disinibita, 'Ucraina e Moldova fanno parte nostra famiglia"

Emmanuel Macron  - (Afp)

"Siamo in un momento di grande accelerazione. Dobbiamo essere lucidi, l'Europa oggi può morire, è mortale. Questo dipende unicamente dalle nostre scelte, scelte che devono essere fatte oggi". Così Emmanuel Macron nel discorso che ha tenuto questa mattina alla Sorbona, sette anni dopo l'intervento con cui aveva gettato le basi per il suo impegno per l'Ue. Poi la denuncia: l'Europa "è circondata" e "ancora oggi è troppo lenta". Il presidente francese ha quindi citato la transizione ambientale, digitale, la difesa, la Russia e la Cina. "Sul nostro continente si gioca una questione di pace e di guerra".

L'Europa corre inoltre il rischio di impoverimento, di uno stallo, ha affermato ancora, precisando che "le regole del gioco sono cambiate" nel mondo. "La nostra Europa è sempre più contestata per il suo modello politico, nella sua capacità di costruire narrative", ha sottolineato Macron, ricordando che la "soluzione è la nostra capacità di prendere decisioni strategiche massicce, capire il cambiamento di paradigma e rispondere con la potenza, la prosperità e l'umanesimo", elementi "con cui sarà possibile dare contenuto all'Europa e a non farla sparire, un progetto politico".

La Russia è un vicino "disinibito, diventato aggressivo", l'Europa "deve cambiare paradigma" e costruire nuove capacità, ha affermato quindi Macron, senza escludere lo sviluppo di uno scudo antimissile. "La condizione necessaria per la nostra sicurezza è che la Russia non vinca la sua guerra contro l'Europa. Siamo di fronte a potenza disinibita, che ha attaccato un Paese d'Europa, che non ci dice quali sono i suoi limiti", ha denunciato, sottolineando: "Perché dovremmo dirglieli noi" i nostri limiti?

Stati Uniti e Cina stanno sovra finanziando i loro settori critici. "Va bene l'apertura commerciale, ma l'Europa deve difendere i suoi interessi". L'apertura non può funzionare se Stati Uniti e Cina "non rispettano le regole del commercio", ha affermato. "Se un bene non rispetta norme chiare, non potrà entrare in suolo Europeo. Giusto rispetto per le nostre frontiere e per i nostri produttori", ha aggiunto, denunciando il rischio che gli europei si trasformino in un popolo di soli consumatori.

Quanto a Ucraina e Moldova fanno parte "della nostra famiglia europea e hanno la vocazione all'adesione all'Unione", ha detto allora. "L'Europa si pensa oramai come un insieme coerente dopo l'aggressione russa, sostenendo che Ucraina e Moldova fanno parte della nostra famiglia europea e hanno la vocazione all'adesione all'Unione quando sarà il momento, come i Balcani occidentali".

"L'immigrazione comincia alle frontiere europee, non al confine della Francia", ha sottolineato, parlando del controllo delle frontiere esterne dell'Ue come di una delle sfide cruciali del blocco che in passato "ha dimenticato di proteggere le sue frontiere esterne". "La Francia è un Paese di movimento secondario. L'immigrazione rientra nello spazio europeo da altre frontiere e la Francia, più che altri Paesi ha bisogno di una politica efficace dato che comincia alle frontiere europee e non francesi"."Oggi siamo troppo divisi", ha aggiunto, sottolineando l'importanza del "rientro dei migranti nei loro Paesi di origine".

"Le nostre frontiere sono un bene comune. Dobbiamo costruire una struttura politica per prendere decisioni comuni su migrazioni ma anche terrorismo e criminalità organizzata", ha proposto il Presidente francese, nel discorso sull'Europa che ha tenuto alla Sorbona, a Parigi. L'Europa ha ora "iniziato a riaffermare chiaramente l'esistenza delle sue frontiere".

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Ucraina, Biden: “Invio armi a Kiev inizierà nelle...

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Il presidente Usa firma la legge da 95 miliardi di dollari per aiuti all'estero: "Per la sicurezza di Israele, ma anche per interventi umanitari a Gaza"

Joe Biden (Afp)

"Ora ci dobbiamo muovere velocemente, e lo faremo". E' quanto ha detto il presidente americano Joe Biden oggi alla Casa Bianca dopo aver firmato la legge da 95 miliardi di dollari per gli aiuti e le armi all'Ucraina, ad Israele e Taiwan, affermando che ora "gli Stati Uniti manderanno a Kiev gli aiuti di cui ha bisogno per continuare a combattere".

In realtà l'Ucraina ha già ricevuto i missili a lungo raggio Atacms. Il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, ha confermato la notizia diffusa da Politico secondo cui gli Stati Uniti hanno inviato in segreto all'Ucraina i missili a lungo raggio Atacms.

"Posso confermare, come avete sentito da altri, che il presidente ha ordinato al suo team di fornire all'Ucraina un numero significativo di missili Atacms da utilizzare all'interno del territorio sovrano dell'Ucraina", ha dichiarato Sullivan, aggiungendo che "ne invieremo altri, ora che abbiamo ulteriore autorità e denaro".

Cosa ha detto Biden

"Mi assicurerò che gli invii inizino subito - ha detto Biden alla Casa Bianca - nelle prossime ore cominceremo ad inviare munizioni per la difesa aerea, per artiglieria, sistemi missilistici e veicoli blindati". "Questo pacchetto è un investimento non solo per la sicurezza dell'Ucraina, ma anche dell'Europa e anche della nostra sicurezza", ha aggiunto.

Biden ha fatto riferimento al fatto che questa legge arriva dopo molti mesi dalla sua richiesta di fondi, lo scorso autunno. "Il cammino verso la mia scrivania è stato difficile, sarebbe dovuto arrivare prima, ma alla fine ha fatto quello che sempre fa l'America, è all'altezza del momento", ha sottolineato, non mancando però di fare un affondo ai repubblicani che hanno tenuto bloccati gli aiuti per Kiev.

"Mentre per mesi i repubblicani hanno bloccato gli aiuti, e agli ucraini venivano meno artiglieria e munizioni, gli amici di Putin lo mantenevano ben rifornito - ha scandito - gli iraniani mandavano droni, Corea del Nord mandava missili balistici, Cina componenti per rafforzare la produzione bellica. Con tutto questo sostegno, la Russia ha ripreso gli attacchi sulle città e le infrastrutture ucraine".

Il messaggio a Putin: "Se Russia attacca la Nato..."

Quanto a Mosca, "se Putin attacca un alleato Nato come sta attaccando l'Ucraina, non avremmo altra scelta che andare in loro aiuto, come hanno fatto con noi l'11 settembre", ha affermato Biden, riferendosi all'articolo 5 della difesa collettiva dell'Alleanza Atlantica, finora invocato solo dopo gli attacchi del 2001 a New York e Washington da parte di Al Qaeda. Il presidente americano ha infatti espresso la sua convinzione che se "Putin riuscirà ad averla vinta in Ucraina, la sua prossima mossa sarebbe un attacco diretto ad un alleato Nato".

"Il pacchetto odierno di aiuti militari americani per l'Ucraina è vitale", ha affermato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ringraziando sui social tutti gli americani che lavorano nelle imprese della difesa. "È fondamentale che gli accordi raggiunti tra me e il presidente Biden siano pienamente attuati. Grazie, America!", ha aggiunto il leader ucraino, annunciando "ogni sforzo" per compensare i mesi "trascorsi tra dibattiti e dubbi".

Aiuti per Israele e Gaza

Il pacchetto firmato da Biden contiene anche nuovi aiuti militari ad Israele. "Il mio impegno per Israele, voglio ribadirlo, è ferreo: voglio essere sicuro che abbia quello di cui ha bisogno per difendersi contro l'Iran e i terroristi che sostiene, e con questi aiuti gli Stati Uniti sostengono la difesa aerea e sistemi cruciali in modo che l'Iran non possa portare a termine la distruzione a cui puntava 10 giorni fa", ha detto il presidente Usa, aggiungendo che la legge però "allo stesso tempo, in modo molto significativo, aumenta l'assistenza umanitaria che stiamo mandando alla popolazione innocente di Gaza che sta lottando con le conseguenze di questa guerra iniziata da Hamas".

Il presidente americano ha parlato di un miliardo di dollari di aiuti aggiuntivi per Gaza per "assicurare immediatamente un aumento degli aiuti, che comprendono cibo e forniture mediche". "Israele deve garantire che gli aiuti raggiungano i palestinesi e Gaza senza ritardi", ha poi aggiunto Biden, ribadendo che "tutto quello che facciamo è teso a portare gli ostaggi a casa, assicurare il cessate il fuoco e fissare le condizioni per una pace duratura".

Il ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz, ha ringraziato il presidente degli Stati Uniti. "La nostra alleanza è di ferro", ha scritto Katz in un breve post sul social X.

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