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Covid, Astrazeneca ritira il vaccino in tutto il mondo
L'azienda ha riconosciuto per la prima volta che Vaxzevria può causare trombosi come raro effetto collaterale
Il vaccino contro il Covid del gigante farmaceutico AstraZeneca è stato ritirato in tutto il mondo dopo che l'azienda ha riconosciuto per la prima volta che Vaxzevria può causare trombosi come raro effetto collaterale e pericoloso. E' quanto riporta il quotidiano britannico 'The Telegraph'.
L'azienda ha annunciato che il vaccino è stato ritirato dal mercato per motivi commerciali. Ha inoltre dichiarato che non viene più prodotto o fornito, essendo stato sostituito da vaccini aggiornati che combattono nuove varianti.
La richiesta di ritiro del vaccino è stata presentata il 5 marzo ed è entrata in vigore il 7 maggio. Il vaccino non può più essere utilizzato nell'Unione Europea in seguito alla decisione dell'azienda di ritirare la sua "autorizzazione all'immissione in commercio". Nei prossimi mesi saranno presentate domande simili nel Regno Unito e in altre nazioni che hanno dato il via libera al vaccino.
Negli ultimi mesi, Vaxzevria è stato messo sotto osservazione per un effetto collaterale molto raro, che causa coaguli di sangue e un basso numero di piastrine. Nei documenti del tribunale, AstraZeneca ha ammesso a febbraio davanti all'Alta Corte che il vaccino "può, in casi molto rari, causare TTS".
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Gaza, Usa ferma consegna bombe a Israele per timori su Rafah
La spedizione comprende 1.800 bombe da 910 chili e 1.700 bombe da 225 chili. Tel Aviv ha il controllo del valico
Gli Stati Uniti hanno sospeso la spedizione di bombe a Israele a causa delle preoccupazioni sul loro potenziale utilizzo nell'annunciata incursione a Rafah. Lo riportano i media americani citando un funzionario dell'amministrazione Biden. La spedizione, trattenuta la settimana scorsa, comprende 1.800 bombe da 910 chili e 1.700 bombe da 225 chili.
"Siamo particolarmente concentrati sull'uso finale delle bombe e sull'impatto che potrebbero avere in ambienti urbani densi, come abbiamo visto in alcune parti di Gaza", ha detto il funzionario, aggiungendo che "non abbiamo preso una decisione definitiva su come procedere con questa spedizione".
Washington si oppone a un'offensiva su larga scala preparata dalle truppe israeliane a Rafah, e ha chiarito che non sosterrà un attacco senza un piano per proteggere i civili ed evitare un’espansione della catastrofe umanitaria in corso nell’enclave palestinese.
Ieri Israele ha effettuato quella che gli Stati Uniti hanno descritto come un’operazione “limitata” a Rafah, prendendo il controllo del valico di frontiera con l’Egitto dalla quale passano gli aiuti umanitari per la popolazione. "Questa sembra essere un'operazione limitata, ma ovviamente molto dipende da ciò che verrà dopo", ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Matt Miller. “Hanno detto chiaramente che vogliono condurre lì una grande operazione militare. Abbiamo chiarito che siamo contrari a tale operazione”.
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Putin, atto quinto: governo Russia può cambiare, le...
Ipotesi rimpasto, possibile un cambio generazionale: Lavrov e Shoigu in pensione?
Vladimir Putin, atto quinto. Il presidente della Russia, dopo il prevedibile trionfo alle elezioni di marzo, si è insediato al Cremlino per aprire il nuovo capitolo. E' ''un periodo difficile'' quello che sta attraversando la Russia, ma ''insieme lo attraverseremo con dignità e diventeremo ancora più forti'', ha detto Putin. ''Supereremo tutti gli ostacoli e daremo vita a tutti i nostri progetti'', ha aggiunto, affermando che ''guardiamo avanti con fiducia, pianifichiamo il nostro futuro, stiamo già realizzando nuovi progetti per renderci ancora più dinamici, ancora più potenti''.
Il messaggio all'Occidente
Putin si è detto favorevole a ''un dialogo con gli Stati occidentali'', ma che sia ''alla pari''. "Noi non rifiutiamo il dialogo con gli Stati occidentali'', anzi ''siamo stati e saremo aperti a rafforzare buone relazioni con tutti i paesi che vedono nella Russia un partner affidabile e onesto'', ha affermato, rilanciando la palla nel campo avversario.
Per quanto riguarda i paesi occidentali ''la scelta è loro'' e ''un dialogo, anche su questioni di sicurezza e stabilità strategica, è possibile''. Ma a condizione che questo dialogo non sia condotto ''da una posizione di forza'', ma ''senza alcuna arroganza, presunzione ed esclusività personale, ma solo ad armi pari, nel rispetto degli interessi reciproci''. Putin ha invece parlato di dialogo non possibile se i Paesi occidentali ''intendono continuare a cercare di frenare lo sviluppo della Russia, continuare la politica di aggressione''.
Cambiamento, possibilità o utopia?
Le politiche di Putin non cambieranno per il suo quinto mandato al Cremlino, ha affermato l'analista Tatyana Stanovaya, fondatrice di R-Politik, in una intervista a Politico. "L'obiettivo fondamentale di Putin è quello di produrre più armi, mantenere stabile l'economia, proteggerla da sanzioni e ridurre l'inflazione. Non ci dobbiamo aspettare una revisione di tale politica", ha aggiunto.
Anche se probabilmente ci sarà un rimpasto di governo da cui forse potranno emergere indicazioni su come intenderà portare avanti i suoi obiettivi, vale a dire la guerra in Ucraina, la repressione interna e l'antagonismo contro l'Occidente.
Alcuni dei ministri più fidati di Putin sono avanti con l'età, da Sergei Lavrov, agli Esteri, che ne ha 74, a Sergei Shoigu, alla Difesa, 68 anni. Il direttore dell'Fsb (Servizio federale di sicurezza), Aleksandr Bortnikov, ha 72 anni. Stessa età più o meno per il numero 1 dell'Svr (Servizi esteri), Sergei Naryshkyn, 69 e il direttore del Comitato investigativo, Aleksandr Batrykin, 70 anni.
"Se Putin vuole mantenere il suo sistema, deve cambiarlo", ha affermato l'analista politico Abbas Gallyamov, indicando nel recente arresto del vice ministro della Difesa, Timur Ivanov, per corruzione, come un segnale della possibilità che Putin "mini le fondamenta del sistema". Fra i favoriti per eventuali promozioni, sono Dmitry Patrushev, ministro dell'Agricoltura e segretario del Consiglio di sicurezza nazionale. Ma sorprese potrebbero arrivare, evidenzia Stanovaya, da chi si è distinto in Ucraina che Putin ha già definito "la nuova elite".
Per il Washington Post, rimpasti o meno, Putin pone al cuore pulsante dell'illiberalismo occidentale. Il discorso politico che ha maturato negli ultimi anni, e che probabilmente continuerà a cavalcare nei prossimi sei anni, è quello che vede la Russia non solo impegnata in una guerra contro l'Ucraina ma in una battaglia di civiltà di dimensioni molto più grandi.
Il conflitto oltre confine, per come la pone lui, non è solo una questione territoriale, o politica, ma è la punta dell'iceberg di uno scontro più ampio fra gli effetti corrosivi del liberalismo e i valori più tradizionali incarnati dal suo regime. Putin non è isolato nel suo progetto. Nell'Unione europea può contare sul sostegno del Premier ungherere Viktor Orban, di "despoti" del Sud Globale, e di esponenti di spicco della destra americana. "Hanno tutti una avversione per quello che viene percepito come establishment illiberale occidentale e apprezzano che Putin lo respinga", sottolinea il quotidiano americano.