Esteri
Gaza, Usa ferma consegna bombe a Israele per timori su Rafah
Usa fermano consegna di bombe a Israele. La decisione di Washington nel timore che possano essere utilizzate nell'annunciata operazione di terra, ma Idf minimizza. Riaperto valico di Kerem Shalom
Hamas minaccia di interrompere i negoziati in corso al Cairo accusando il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, di riportare "tutto al punto di partenza" nel tentativo di "guadagnare tempo". Lo riferisce la tv del Qatar Al-Arabi, citando una fonte di Hamas secondo cui "il movimento studierà la sua posizione dopo questo ciclo di negoziati, e le cose non saranno più come prima dell'invasione di Rafah". "Le famiglie dei prigionieri israeliani - ha aggiunto la fonte - devono sapere che l'attuale ciclo di negoziati potrebbe essere l'ultima opportunità per riavere i loro figli".
Usa sospendono invio bombe a Israele, Idf minimizza
Gli Stati Uniti hanno intanto sospeso la spedizione di bombe a Israele a causa delle preoccupazioni sul loro potenziale utilizzo nell'annunciata operazione di terra a Rafah. Lo riporta oggi il Times of Israel citando un funzionario dell'amministrazione Biden. La spedizione, trattenuta la settimana scorsa, comprende 1.800 bombe da 910 chili e 1.700 bombe da 225 chili.
Ma l'Idf minimizza la mossa senza precedenti dell'amministrazione Usa. Rispondendo a una domanda durante una conferenza organizzata dal giornale Yedioth Ahronoth, il portavoce dell'Idf, Daniel Hagari ha detto che il coordinamento tra Israele e Stati Uniti sta raggiungendo "una portata, credo, senza precedenti nella storia di Israele". Ma ha poi comunque ammesso che gli alleati risolvono gli accordi "dietro le porte chiuse". E di fronte alle domande sullo stop della consegna delle bombe più potenti ha risposto: "Siamo responsabili per gli interessi di sicurezza di Israele e prestiamo attenzione agli interessi degli Usa nell'area", riporta Times of Israele.
L'amministrazione Biden ha poi confermato le notizie di aver bloccato l'invio delle bombe più potenti, quella da 910 chili e 1700 chili, nel timore che Israele le potesse usare nell'offensiva nella zona densamente popolata di Rafah, offensiva a cui Washington si oppone pubblicamente. E fonti israeliane hanno rivelato alla Nbcnews "la profonda frustrazione del governo israeliano per la decisione" che si aggiunge alla tensione provocata dal fatto che gli israeliani ritengono che gli Usa abbiano permesso che venissero colti di sorpresa dall'annuncio da parte di Hamas della proposta di tregua.
Israele riapre valico Kerem Shalom, Unrwa: "Non riceviamo aiuti"
Israele ha riapertointanto il valico di Kerem Shalom con la Striscia, chiuso domenica a seguito dell'attacco nel quale erano rimasti uccisi quattro militari. Il Coordinatore delle attività governative nei Territori ha dichiarato che il valico è stato riaperto questa mattina ai camion per l'ingresso a Gaza, secondo le "direttive adottate a livello politico". "Non stiamo ricevendo alcun tipo di aiuti nella Striscia di Gaza. Sono presenti operazioni militari nell'area del valico di Rafah, ci sono bombardamenti continui. Nella Striscia di Gaza non è entrato carburante e né aiuti, un disastro per la risposta umanitaria", ha scritto su X l'Unrwa.
Le preoccupazioni Usa
Washington si oppone a un'offensiva su larga scala preparata dalle truppe israeliane a Rafah, e ha chiarito che non sosterrà un attacco senza un piano per proteggere i civili ed evitare un’espansione della catastrofe umanitaria in corso nell’enclave palestinese. "Siamo particolarmente concentrati sull'uso finale delle bombe e sull'impatto che potrebbero avere in ambienti densamente popolati, come abbiamo visto in alcune parti di Gaza", ha detto il funzionario, aggiungendo che non è stata prese una decisione definitiva riguardo alla spedizione.
L'alto funzionario ha dichiarato al quotidiano che gli Stati Uniti hanno avuto un paio di incontri virtuali con alti funzionari israeliani negli ultimi mesi per esprimere le loro preoccupazioni riguardo a una potenziale operazione a Rafah e per presentare alternative su come Israele potrebbe colpire Hamas nella città senza ricorrere ad un'invasione su larga scala. I colloqui proseguiranno, ma la Casa Bianca ha ritenuto che non fossero sufficienti a far passare le proprie preoccupazioni, ha dichiarato l'alto funzionario. "Quando il mese scorso i leader israeliani sembravano avvicinarsi ad una decisione sull'operazione, abbiamo iniziato a rivedere attentamente i trasferimenti proposti di particolari armi a Israele che avrebbero potuto essere utilizzate a Rafah", ha dichiarato il funzionario.
La stessa fonte è sembrata confermare una notizia secondo cui gli Stati Uniti avrebbero ritardato un trasferimento a Israele di JDAM, Joint Direct Attack Munition, sistemi in grado di trasformare bombe a caduta libera in bombe guidate, chiarendo però che questo è avvenuto molto prima rispetto alla spedizione ritardata la scorsa settimana. "Per alcuni altri casi, presso il Dipartimento di Stato - e questo include i kit JDAM - stiamo continuando la revisione. Nessuno di questi casi riguarda trasferimenti imminenti. Si tratta di trasferimenti futuri", afferma il funzionario, sottolineando che le spedizioni di armi in esame provengono da fondi precedentemente stanziati e non fanno parte degli aiuti che il Congresso ha approvato per Israele il mese scorso. "Siamo impegnati a garantire che Israele riceva ogni dollaro stanziato nel supplemento", sottolinea l'alto funzionario dell'amministrazione, ricordando che gli Stati Uniti hanno appena approvato altri 827 milioni di dollari di armi e attrezzature per Israele.
Israele controlla il valico di Rafah
Ieri Israele ha effettuato quella che gli Stati Uniti hanno descritto come un’operazione “limitata” a Rafah, prendendo il controllo del valico di frontiera con l’Egitto dalla quale passano gli aiuti umanitari per la popolazione. "Questa sembra essere un'operazione limitata, ma ovviamente molto dipende da ciò che verrà dopo", ha detto il portavoce del Dipartimento di Stato Matt Miller. “Hanno detto chiaramente che vogliono condurre lì una grande operazione militare. Abbiamo chiarito che siamo contrari a tale operazione”.
Capo della Cia in Israele
Gli attivisti che in Israele manifestano per il rilascio degli ostaggi a Gaza hanno bloccato l'autostrada Ayalon a Tel Aviv durante le ore di punta questa mattina. I manifestanti - tra loro i parenti degli ostaggi - hanno bloccato il traffico in direzione nord allo svincolo di Rokach chiedendo un accordo con Hamas per il rilascio dei rapiti, mentre è atteso l'arrivo in Israele del capo della Cia Bill Burns. Lo riporta il Times of Israel.
Trovata altra fossa comune a Gaza
Una terza fossa comune con 49 corpi recuperati finora è stata scoperta all'interno del complesso che ospita l'ospedale di al-Shifa a Gaza City. Lo ha riferito l'agenzia di stampa palestinese Wafa, secondo cui sono sette le fosse comuni rinvenute finora negli ospedali di Gaza, conteggiando quella al Kamal Adwan ed altre tre al Nasser, per un totale di 520 corpi recuperati.
Esteri
Milei chiama “corrotta” la moglie di Sanchez,...
Madrid: "Gravissime le parole del presidente argentino alla convention di Vox"
"Gravissime" le parole del presidente argentino Javier Milei, che alla convention del partito di estrema destra spagnolo Vox oggi a Madrid ha definito "corrotta" Begona Gomez, la moglie del premier Pedro Sanchez. Per questo il governo spagnolo ha richiamato per consultazioni "sine die" l'ambasciatrice in Argentina, María Jesús Alonso. Lo ha annunciato il ministro degli Esteri Josè Manuel Albares, affermando che l'esternazione del presidente di estrema destra argentino "non ha precedenti nella storia delle relazioni internazionali", e ha chiesto da Milei "le scuse" per il suo attacco.
Durante il suo intervento alla convention 'Europa Viva 24', Milei ha detto: "Non sanno che tipo di società e di Paese il socialismo può produrre e che tipo di gente frega al potere e quali livelli di abuso può generare. Anche se la moglie è corrotta, diciamo sporca, si prende cinque giorni di tempo per pensarci".
Le parole del presidente populista argentino si riferiscono al fatto che Sanchez alla fine del mese scorso aveva annunciato di voler prendere del tempo per riflettere sulle possibili dimissioni dopo le accuse di corruzione rivolte alla moglie da un sindacato dell'ultra destra. Accuse archiviate come infondate nel giro di pochi giorni dalla procura di Madrid.
Esteri
Iran, poteri al vice presidente ed elezioni entro 50...
I timori di un epilogo drammatico crescono ora dopo ora e gli osservatori analizzano lo scenario che si aprirà in caso di eventuale scomparsa di Raisi
L'Iran attende con il fiato sospeso notizie dal luogo dell'incidente dell'elicottero con a bordo il presidente, Ebrahim Raisi, e il ministro degli Esteri, Hossein Amir-Abdollahian. I timori di un epilogo drammatico crescono ora dopo ora e gli osservatori analizzano lo scenario che si aprirà in caso di eventuale scomparsa di Raisi. La Costituzione iraniana, in caso di morte improvvisa del presidente, prevede che ne assuma i poteri il primo vice presidente - che ora è Mohammad Mokhber - con l'approvazione della Guida Suprema, Ali Khamenei.
Secondo la gerarchia politica della Repubblica islamica, il capo dello Stato è la Guida e il presidente è considerato il capo del governo ed il secondo nella linea di comando. La Costituzione stabilisce inoltre, con in carica il primo vice presidente, che entro 50 giorni il Paese vada alle elezioni per eleggere un nuovo presidente.
Esteri
Raisi, il discepolo di Khamenei con ombre nel passato
Venne eletto presidente al primo turno delle elezioni del 18 giugno 2021 con quasi 18 milioni di voti
Nato nel 1960 a Mashad, la seconda città più importante dell'Iran, Ebrahim Raisi - a bordo dell'elicottero da ore oggetto di ricerche delle squadre di soccorso nella provincia dell'Azerbaigian orientale - venne eletto presidente al primo turno delle elezioni del 18 giugno 2021 con quasi 18 milioni di voti (il 61,9% delle preferenze). E' stato studente di teologia e giurisprudenza islamica della Guida Suprema, Ali Khamenei. Appena ventenne - sulla scia degli eventi della rivoluzione - venne nominato procuratore generale di Karaj, uno dei sobborghi di Teheran.
Procuratore capo della capitale dal 1989 al 1994, vice capo della magistratura dal 2004, poi procuratore generale, nel 2016 Raisi venne messo da Khamenei a capo della 'Astan Quds Razavi', una delle più grandi fondazioni religiose del Paese che sovrintende al santuario dell'Imam Reza di Mashad. Tre anni dopo divenne capo della magistratura. Fa parte dell'Assemblea degli Esperti, l'organo che elegge la Guida Suprema.
Sposato con Jamileh Alamolhoda, docente all'Università Shahid Beheshti di Teheran, e padre di due figlie, può vantare anche un legame di parentela (è il genero) con la guida della preghiera del venerdì a Mashad, l'influente ayatollah Ahmad Alamolhoda. Sanzionato dall'Amministrazione Trump per i suoi presunti abusi nel campo dei diritti umani, per l'opposizione all'estero è legato indissolubilmente alla cosidetta 'commissione della morte', un tribunale speciale voluto dall'ayatollah Khomeini in persona che nel 1988 condannò al patibolo - secondo il Center for Human Rights in Iran - migliaia di prigionieri politici iraniani.
Intervistato sulle purghe, Raisi negò qualsiasi coinvolgimento e alla sua prima conferenza stampa dopo le elezioni sostenne di aver "sempre" difeso i "diritti umani". Assai più intransigente si mostrò verso gli attivisti dell'Onda Verde che nel 2009 protestavano contro la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad. "A coloro che parlano di 'compassione islamica e perdono', noi rispondiamo: continueremo ad affrontare i rivoltosi fino alla fine e - diceva - sradicheremo questa sedizione".
Il 19 giugno, giorno della conferma della sua vittoria alle presidenziali, promise di fare del suo "meglio per migliorare i problemi della popolazione" e due giorni dopo rispose con un secco "no" a un giornalista che gli chiedeva se fosse disposto a incontrare il presidente americano Joe Biden.