Esteri
Gaza, raid Israele a Rafah: 16 morti tra cui 9 bambini
Gli attacchi aerei e di artiglieria condotti nella notte e questa mattina all'alba. Due palestinesi uccisi dopo un tentato attacco a soldati israeliani a Hebron
Nuova strage di bambini a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Secondo quanto riferiscono fonti sanitarie, ci sono almeno 18 minori tra le 22 vittime di una serie di attacchi aerei e di artiglieria condotti nella notte dalle forze israeliane nella città palestinese.
In uno dei raid, secondo fonti ospedaliere, sono rimasti uccisi 13 bambini e due donne appartenenti alla stessa famiglia. In un altro raid sulla città sono rimasti uccisi una coppia e il loro bambino di tre anni. Nella notte tre civili erano rimasti uccisi in un raid contro un'abitazione nel campo profughi di Shaboura.
E salgono a 34.097 gli abitanti della Striscia di Gaza rimasti uccisi dal 7 ottobre scorso. Ad aggiornare il bilancio delle vittime è stato il ministero della Salute dell'enclave palestinese. I feriti, ha aggiunto, sono stati 76.980. Lo riporta il Times of Israel.
Attacco a soldati israeliani a Hebron, uccisi 2 palestinesi
Due palestinesi sono stati uccisi dopo un tentato attacco a soldati israeliani a Hebron, in Cisgiordania. Secondo quanto riferito, un assalitore ha tentato di accoltellare un militare, mentre il secondo ha aperto il fuoco. Le Forze di difesa israeliane hanno risposto all'attacco uccidendo i due palestinesi. Nessun soldato è rimasto ferito.
Netanyahu: "Assurdità massima sanzioni Usa a Idf"
"Le sanzioni non devono essere imposte alle forze di difesa israeliane!", ha scritto in un post su X, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, commentando le indiscrezioni secondo cui il segretario di Stato americano Antony Blinken dovrebbe annunciare entro pochi giorni sanzioni contro il battaglione delle forze di difesa israeliane "Netzah Yehuda" per violazioni dei diritti umani nella Cisgiordania occupata. A scriverlo, citando tre fonti statunitensi a conoscenza della questione, è stato Axios. "Nelle ultime settimane ho lavorato contro l’imposizione di sanzioni ai cittadini israeliani, anche nelle mie conversazioni con alti funzionari del governo americano. In un momento in cui i nostri soldati combattono i mostri del terrore, l’intenzione di imporre sanzioni a un’unità dell’Idf è il massimo dell’assurdità e un basso livello morale. Il governo da me guidato agirà con tutti i mezzi contro queste mosse".
Le Forze di difesa israeliane, dal canto loro, non sono al corrente delle notizie secondo cui gli Stati Uniti intendono sanzionare il battaglione Netzah Yehuda, che sarebbe responsabile di violazioni dei diritti umani, ma "se sarà presa una decisione, la valuteremo". Lo ha scritto in un post su X il portavoce delle Idf, Daniel Hagari, sottolineando che, per quanto riguarda gli incidenti 'controversi', le Idf "stanno lavorando e continueranno a lavorare per indagare su ogni evento insolito in modo mirato e in conformità con la legge". Hagari ricorda che i militari inquadrati in quel battaglione "partecipano ora alla guerra nella Striscia di Gaza, con coraggio e professionalità, mantenendo i valori e lo spirito dell'Idf e i principi del diritto internazionale. Negli ultimi anni, le truppe del battaglione sono state al centro delle attività operative 24 ore su 24, per mantenere la sicurezza dei cittadini dello Stato di Israele, oltre ad essere un battaglione leader nell'integrazione delle truppe ultraortodosse nell'Idf".
Haniyeh da Erdogan: colloqui su trasferimento ufficio politico a Istanbul
"Colloqui sono in corso tra Turchia e Hamas per trasferire il quartier generale dell'organizzazione dal Qatar alla Turchia". Lo scrive il sito saudita al-Sharq, all'indomani dell'incontro a Istanbul tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, mentre si fanno più insistenti le voci secondo cui la leadership politica del gruppo sta valutando l'ipotesi di lasciare Doha. Ieri il Wall Street Journal aveva scritto che Hamas ha contattato almeno due Paesi, uno dei quali sarebbe l'Oman.
Hamas: aiuti Usa luce verde a continua aggressione Israele
"Questo sostegno, che viola il diritto internazionale, è una licenza e una luce verde a governo sionista estremista (israeliano) per continuare la sua brutale aggressione contro il nostro popolo". Così in una nota Hamas ha commentato il via libera arrivato ieri sera dalla Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti a nuovi aiuti militari a Israele.
Sorella Haniyeh accusata di istigazione al terrorismo
Una sorella del leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, è stata incriminata con l'accusa di istigazione al terrorismo. L'atto d'accusa contro Sabah al-Salem Haniyeh, 57 anni, residente nella città meridionale di Tel Sheva, si basa su due messaggi WhatsApp inviati a decine di suoi contatti, tra cui lo stesso Haniyeh, in cui "loda, incoraggia e sostiene" le azioni di Hamas del 7 ottobre. Il 10 ottobre, la donna ha inviato un messaggio a due gruppi WhatsApp, uno dei quali aveva 116 membri e l'altro con nove membri, dicendo loro di far girare una preghiera che avrebbe aiutato a "distruggere il nemico". Per questo messaggio e per un altro messaggio inviato il 9 ottobre sono stati formulati due capi d'accusa per identificazione con un'organizzazione terroristica, che comporta una condanna a tre anni di carcere, e tre capi d'accusa per incitamento al terrorismo che comporta una pena detentiva di cinque anni. L'atto d'accusa è depositato presso la Corte del Magistrato di Beersheba. Lo riporta il 'Times of Israel'.
Israele convoca ambasciatori Paesi che hanno votato per riconoscimento Palestina
Israele convoca oggi gli ambasciatori di sei paesi che hanno votato a favore della risoluzione delle Nazioni Unite per il pieno riconoscimento di uno stato palestinese. Giappone, Francia, Corea del sud, Malta, Slovenia ed Ecuador hanno sostenuto il testo sul quale gli Stati Uniti giovedì hanno posto il veto. Il portavoce del ministero degli Esteri, Oren Marmorstein, ha annunciato che i loro ambasciatori riceveranno una "forte protesta" oggi.
Il messaggio privo di ambiguità che verrà consegnato, ha anticipato, è che "un gesto politico nei confronti del palestinesi e l'appello a riconoscere uno stato palestinese a sei mesi dal massacro del 7 ottobre equivale ad un premio per il terrorismo. Israele non accoglierà la nascita di uno stato terroristico che metterà in pericolo i suoi cittadini". Quei paesi, ha aggiunto, dovrebbero invece concentrarsi sul premere su Hamas affinché rilasci gli ostaggi sequestrati il 7 ottobre.
Una "protesta identica" verrà poi formulata anche nei riguardi di altri paesi che hanno sostenuto l'iniziativa, ha ancora annunciato. In sede di votazione, Regno Unito e Svizzera si erano astenuti, mentre avevano appoggiato il testo - oltre ai primi sei destinatari della protesta - anche Russia, Cina, Algeria, Sierra Leone, Mozambico e Guyana.
Esteri
Berlusconi a caccia con Putin: quando il leader russo...
Lo racconta Fabrizio Cicchitto al Corriere: "Cav restò turbato da gesto e vomitò dietro un albero"
Non è passato inosservato il crudo racconto di caccia con protagonisti Silvio Berlusconi e Vladimir Putin, ricordato oggi al Corriere da Fabrizio Cicchitto, ex capogruppo del Popolo della Libertà alla Camera. Negli anni in cui il Cavaliere era vicino al presidente russo, più volte suo ospite in Sardegna e nelle sue dimore, capitò poi che il leader dell'ex Urss -in grande confidenza con l'italiano- lo invitò per una battuta di caccia assieme, durante la vacanza in una dacia del fondatore di Forza Italia, invitato in Russia. Una storia che risale a tanti anni fa, ai primi anni del duemila, e che lasciò, secondo il racconto di Cicchitto, alquanto contrariato lo stesso Berlusconi. "Putin mi ha detto Silvio, 'andiamo a caccia'. Ho pensato 'a caccia? Non ho mai toccato un fucile'. Ma lui insisteva e allora l’ho accompagnato -fu il racconto di Berlusconi riportato oggi da Cicchitto- . Quando siamo arrivati nel bosco mi ha dato un fucile e mi è venuta l’ansia. Mentre camminavamo nella neve, Putin ha visto due caprioli e mi ha fatto cenno di mirarne uno. 'Quello è il tuo. Spara'. Gli ho fatto capire che manco morto avrei sparato. Allora ha sparato lui a entrambi e li ha uccisi".
Seguì l'episodio che lasciò di stucco l'ex premier italiano. "Putin mi ha guardato soddisfatto e mi ha detto 'oggi ti offrirò un cibo straordinario'. È sceso giù dal pendio per andare verso gli animali, impugnando un coltello e ha squartato una bestia estraendogli il cuore. Poi si è fatto consegnare da un uomo della scorta un vassoio di legno, me lo ha dato e ci ha messo sopra quel pezzo di carne sanguinante e mi ha detto 'sarà un pasto eccezionale'. Mi è venuto un colpo. Mi sono nascosto dietro un albero e ho vomitato".
Esteri
Israele ‘spegne’ al-Jazeera, blitz negli uffici...
La tv: "Decisione criminale". Hamas: "Violazione palese della libertà di stampa e rappresaglia per il lavoro della rete"
Blitz negli uffici di al-Jazeera a Gerusalemme Est dopo la decisione del governo israeliano di 'spegnere' la tv satellitare in Israele. Secondo le notizie dei media israeliani sarebbero state sequestrate attrezzature. Al-Jazeera ha denunciato come i fornitori di servizi via cavo e via satellite abbiano rimosso il canale.
Il ministro israeliano delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, ha firmato il bando alle trasmissioni dopo che il governo di Benjamin Netanyahu ha dato il via libera allo stop delle attività della rete, in linea con una legge passata ad aprile dalla Knesset. "Le nostre disposizioni entreranno in vigore immediatamente - afferma Karhi in dichiarazioni rilanciate dal Times of Israel - E' passato troppo tempo e ci sono stati troppi impedimenti legali inutili per fermare finalmente la macchina ben oleata di istigazione di al-Jazeera, che nuoce alla sicurezza dello Stato". "La propaganda di Hamas, coloro che istigano contro Israele, che danneggiano le sicurezza di Israele e dei soldati delle Idf, non trasmetteranno più da Israele e saranno sequestrate le attrezzature", aggiunge Karhi.
La decisione del governo israeliano "è criminale": commenta al Jazeera in una nota pubblicata su X. La tv del Qatar accusa: "Condanniamo e denunciamo questo atto criminale di Israele che viola il diritto umano di accesso all'informazione".
La decisione di Israele è una "violazione palese della libertà di stampa", una "rappresaglia" per il lavoro della rete. Parola di Hamas, che - riporta la stessa tv satellitare - chiede alle organizzazioni internazionali per la libertà di stampa e i diritti umani di "condannare" le mosse israeliane e "adottare misure punitive". In un comunicato diffuso su Telegram il gruppo, che nel 2007 prese il controllo della Striscia di Gaza, afferma che la "chiusura di al-Jazeera è una misura repressiva e una rappresaglia per il ruolo professionale del canale nell'esporre i crimini e le violazioni dell'occupazione a Gaza e in Cisgiordania".
Anche l'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani deplora "la decisione del governo israeliano". "Media liberi e indipendenti sono essenziali per garantire trasparenza e responsabilità. Ora ancor di più alla luce delle rigide restrizioni sulle notizie da Gaza - si legge in un post su X - La libertà di espressione è un diritto umano fondamentale. Sollecitiamo il governo a revocare il divieto".
Reporters sans frontières denuncia l'ordine di chiusura di al-Jazeera in Israele. Rsf "condanna con fermezza una legislazione liberticida che censura la rete per la sua copertura della guerra a Gaza", si legge su X. "Israele cerca in tutti i modi di mettere a tacere al-Jazeera per la sua copertura della realtà sulle sorti dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza dal 7 ottobre", dall'attacco in Israele e dall'avvio delle operazioni militari israeliane contro Hamas nella Striscia, commenta Jonathan Dagher, responsabile dell'ufficio Medio Oriente di Rsf.
Dagher bolla come "inaccettabili il voto del Parlamento israeliano per censurare al-Jazeera e le affermazioni diffamatorie di Benjamin Netanyahu rispetto ai suoi giornalisti". Rsf "chiede alle autorità israeliane di porre fine al loro accanimento violento contro al-Jazeera". "Una simile legge di censura, sotto la copertura delle regole democratiche, prendendo di mira implicitamente un mezzo d'informazione, crea un precedente pieno di minacce per il giornalismo in Israele", aggiunge Dagher.
Rsf ricorda che dall'inizio del conflitto tra Israele e Hamas, sono stati uccisi 103 giornalisti (tre di al-Jazeera, due nella Striscia e uno in Libano) in raid israeliani, almeno 22 dei quali mentre stavano lavorando.
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Ucraina, Panebianco: “La guerra va male e gli...
L'editorialista: "Vladimir Putin ci vede ben cotti e pronti per essere serviti a tavola"
"Ben cotti e pronti per essere serviti a tavola. È ciò che, probabilmente, Vladimir Putin pensa di noi occidentali mentre osserva le nostre mosse. Di fronte alle sfide internazionali le democrazie nulla possono se non hanno dietro di sé, compatte o quasi, le opinioni pubbliche. E quella compattezza Putin, di sicuro, non la vede. A parole, c’è consapevolezza in Occidente di quanto catastrofica, e non solo per gli ucraini, sarebbe una vittoria russa in Ucraina. A parole". Lo scrive Angelo Panebianco in un editoriale sul Corriere della Sera, secondo cui "i fatti dicono altro, i fatti dicono che i governi occidentali faticano a mantenere un fronte unito sulla crisi ucraina e faticano a farlo perché le loro opinioni pubbliche sono divise".
"Mentre la guerra va male per l’Ucraina gli occidentali mandano segnali contraddittori, anche se coerenti con le rispettive tradizioni nazionali. Se Emmanuel Macron ribadisce che se le cose si mettessero davvero male gli occidentali dovrebbero intervenire direttamente in Ucraina, gli altri governi europei (tedeschi e italiani in testa) ne prendono le distanze, lo smentiscono: armi sì, soldati sul terreno no, mai. A parte il fatto che queste divisioni fanno capire quanto ci sia di chimerico in tanti bei discorsi sulla difesa comune europea, come si pensa che divergenze di questa portata vengano interpretate dagli strateghi del Cremlino?", sottolinea l'editorialista.
Secondo Panebianco, "in ogni caso è una specie di miracolo il fatto che finora non ci siano state diserzioni, che nessun governo europeo abbia rotto il fronte, abbia smesso di sostenere l’Ucraina. Tenuto conto del fatto che al loro interno sono presenti consistenti correnti di opinione che, in nome della pace, vorrebbero regalare l’Ucraina a Putin. Credendo o fingendo di credere che, mangiata l’Ucraina, la Russia sarebbe finalmente sazia, non avrebbe ancora appetito".