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Esteri

Mo, gen. Tricarico, attacco Israele?: “Non escluso...

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Mo, gen. Tricarico, attacco Israele?: “Non escluso drone partito da territorio iraniano”

'Forse un ruolo dei dissidenti nella risposta israeliana'

(Gen. Leonardo Tricarico - Fotogramma)

"La risposta di Israele è il minimo, e forse sotto il minimo, per poter raccontare di aver risposto all'attacco dell'Iran". Lo afferma all'Adnkronos il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica e attuale presidente della fondazione Icsa, riguardo all'attacco di Israele contro l'Iran.

Riguardo all'attacco alla base Isfahan, il generale Tricarico osserva: "Credo che, se si è trattato di un drone, sia un drone che non è partito da Israele, ipotesi questa assolutamente inconcepibile dal punto di vista militare considerata la velocità molto limitata dei droni, la loro vulnerabilità, la distanza così importante e il fatto che non avesse bisogno dei sensori elettro-ottici per individuare un obiettivo sicuramente già nella lista degli obiettivi dell'esercito israeliano". Secondo l'ex capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica "se di drone si trattava potrebbe essere partito dal territorio iraniano ad opera di gruppi della dissidenza, in questo momento, a sostegno dell'azione di Israele".

Per il gen. Tricarico "auspicabilmente e verosimilmente la questione con l'Iran dovrebbe essere chiusa mentre non ci sono elementi per ritenere che sia esaurita la bellicosità dei gruppi riconducibili all'Iran disseminati in Siria, Libano, Yemen e Iraq. Particolarmente delicata pare la condizione del Libano perché vi sono dislocate le forze, espressione dell'Iran, più consistenti e militarmente capaci che però ormai la popolazione non tollera e la cui presenza viene guardata con insofferenza dalla popolazione libanese". "Il riacutizzarsi del confronto militare in quell'area - osserva il gen. Tricarico - potrebbe destabilizzare l'intero Libano anche se, dal punto di vista israeliano, neutralizzare Hezbollah in Libano significherebbe far rientrare, nel proprio luogo di residenza, decine di migliaia di israeliani perché in una zona ritenuta pericolosa".

Il generale Tricarico osserva che "un'evoluzione che comporti una guerra tradizionale tra Iran e Israele è quasi impossibile", ma "se le tensioni dovessero sfociare in un confronto armato" sarebbe caratterizzato da "numerose anomalie prima tra tutte l'intensificazione di gruppi armati riconducibili all'Iran e dislocati nell'area".

"Un'altra ipotesi è quella del terrorismo, che potrebbe essere scatenato con una chiamata alle armi e potrebbero essere un obiettivo non solo Israele ma tutte le società occidentali considerate ostili all'Iran e al mondo sciita - conclude il gen. Tricarico - Senza considerare i Paesi vicini geograficamente all'Iran e con o quali si sta materializzando, per ora a livello solo concettuale, un'alleanza che comprende Israele ed è ostile all'Iran".

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Israele, governo approva l’operazione a Rafah –...

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(Fotogramma)

Il Gabinetto di guerra israeliano ha approvato all'unanimità l'operazione a Rafah, di cui l'esercito ha preparato i piani, dopo l'interruzione dei negoziati tra Israele e Hamas. Una volta evacuata la popolazione in un'azione definita dall'Idf "limitata e temporanea", l'operazione militare dovrebbe cominciare entro pochi giorni. Le famiglie palestinesi hanno iniziato a fuggire dalle zone orientali della città Rafah dopo l'ordine di evacuazione da parte dell'esercito israeliano che ha lanciato volantini e inviato messaggi alla popolazione. Hamas nel frattempo si prepara all'offensiva israeliana.

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Cooperante palestinese a Rafah: ”La gente è impazzita...

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Sami Abu Omar è fuggito con la sua famiglia da Khan Yunis e ora, dopo l'ordine di evacuazione, parla di situazione gravissima, di persone che non sano cosa fare e di prezzi alle stelle.

Cooperante palestinese a Rafah: ''La gente è impazzita e non sa dove andare''

A Rafah ''la gente è impazzita, non sa più dove andare''. E' ''una situazione gravissima'' quella che il cooperante palestinese Sami Abu Omar descrive ad Adnkronos dopo ''l'annuncio da parte dell'esercito israeliano di voler invadere Rafah''. Lui, come moltissimi altri, a Rafah aveva trovato rifugio insieme alla famiglia dopo che a dicembre era stato costretto a lasciare la sua casa a Khan Yunis, poi distrutta nei raid israeliani. Oggi ha visto arrivare ''i volantini lanciati su Rafah dai droni per chiedere a chi si trovava a est di Rafah di andare verso ovest''. Ovvero, ''hanno chiesto a centomila persone che si trovano a est di Rafah di andare verso la zona vicino al mare''. Ma, spiega, ''si tratta di una zona già strapiena di gente, dove sono concentrate quelle persone che sono venute dal nord, da Gaza city e da altre città'' dell'enclave palestinese. ''Sono a Rafah e vedono persone che vanno avanti e indietro, c'è molto traffico, davvero non si sa che fare'', aggiunge.

L'ordine di evacuazione arrivato oggi è stato quindi un colpo durissimo per persone che già avevano partecipato a un ''esodo di massa'' nei mesi scorsi. Inoltre, ''oggi i prezzi sono saliti alle stelle - racconta il cooperante - Se ieri le speranze di una tregua avevano portato a un grande calo dei prezzi, con un sacco di farina che costava 10 shekel, dopo l'annuncio di un'invasione vicina lo stesso sacco di farina costa adesso 100 shekel. Lo stesso vale per il gasolio, ieri costava 20 shekel al litro, oggi 50''.

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Rafah, con incursione Israele a rischio la vita di 600mila...

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L'organizzazione avverte: "L’intero sistema degli aiuti umanitari sarebbe bloccato, la comunità internazionale non può continuare a distogliere lo sguardo"

Bimbi a Rafah - Afp

Non c’è più tempo per proteggere i bambini a Rafah: l’incombente attacco di terra sta costringendo centinaia di migliaia di persone alla fuga e impedendo gli sforzi per portare aiuti umanitari nell'“ultimo rifugio” di Gaza. E' l’allarme lanciato da Save the Children, che ricorda che oggi, 6 maggio, le forze israeliane hanno emesso degli ordini di trasferimento chiedendo ai civili nella parte orientale di Rafah di spostarsi nella cosiddetta “zona umanitaria” israeliana di Al-Mawasi, che, secondo quanto riferito, viene contemporaneamente ampliata. Allo stesso tempo, gli ordini invitano i civili a non spostarsi verso Gaza City e l'area di Wadi Gaza, lasciando la popolazione senza opzioni.

Gli ordini seguono una notte di intensi bombardamenti a Rafah, che hanno ucciso almeno 22 persone, tra cui otto bambini. Sempre ieri sera, gli attacchi al valico di Kerem Shalom avrebbero ucciso 3 persone. Non c'è stato alcun dialogo tra le autorità israeliane e le agenzie umanitarie attraverso strutture formali di coordinamento umanitario prima dell'espansione della cosiddetta “zona umanitaria” ad Al-Mawasi, evidenzia il comunicato.

“Speravamo che questo giorno non arrivasse mai - ha dichiarato Inger Ashing, direttrice generale di Save the Children International - Per settimane abbiamo avvisato che non esiste un piano di evacuazione fattibile per sfollare e proteggere legalmente i civili. Per settimane abbiamo avvertito delle conseguenze devastanti che tutto ciò avrà sui bambini e sulla nostra capacità di assisterli in una situazione già molto complessa. Per settimane abbiamo chiesto un'azione preventiva. Invece, la comunità internazionale ha distolto lo sguardo. Ora non può più farlo".

"L'incursione annunciata non solo metterà a rischio la vita di oltre 600.000 bambini, ma nel migliore dei casi interromperà e nel peggiore causerà il collasso del sistema degli aiuti umanitari che attualmente lotta per mantenere in vita la popolazione di Gaza - prosegue - L’intervento umanitario in questo momento è concentrato a Rafah, l'unico valico consentito alle agenzie umanitarie come Save the Children. Ora il sistema di coordinamento istituito a Rafah è a rischio di interruzione, i magazzini, i veicoli, gli uffici, gli alloggi del personale. Non c'è nessun posto sicuro a Gaza e, con le attuali restrizioni, non c'è nessun posto dove le persone possano accedere ai beni di prima necessità per sopravvivere. L'allontanamento forzato delle persone da Rafah e l'ulteriore interruzione degli aiuti segneranno probabilmente il destino di molti bambini".

"Avevamo già esaurito le parole per descrivere la situazione catastrofica di Rafah, ma il prossimo capitolo la porterà a livelli indescrivibili - continua l'organizzazione - Più della metà della popolazione di Gaza è fuggita a Rafah e non ha un posto sicuro dove andare. Molti sono feriti o semplicemente troppo vecchi, malati o deboli per fuggire di nuovo. Le famiglie cercano disperatamente di evitare che i loro figli muoiano di fame e la malnutrizione sta già mietendo vittime. L'intera popolazione di Gaza sta sperimentando la fame estrema e sappiamo che l'imminente incursione avrà un impatto sull'accesso dei bambini a cibo, acqua e cure mediche nel momento in cui ne hanno più bisogno. La negazione dell'accesso umanitario è una grave violazione contro i bambini, la fame non deve mai essere usata come arma di guerra".

"Chiediamo a tutti gli Stati di agire ora per proteggere i civili e prevenire ulteriori atrocità a Rafah. Il governo di Israele deve rispettare il divieto di trasferimento forzato e di deportazione dei civili previsto dal diritto internazionale umanitario e fornire ai civili i beni di prima necessità per la sopravvivenza - prosegue - Ora più che mai abbiamo bisogno di un cessate il fuoco immediato e definitivo, attuato dalle parti in conflitto. C'è molto di più che può e deve essere fatto per salvare le vite dei bambini".

Save the Children fornisce servizi e supporto essenziali ai bambini palestinesi dal 1953. L’Organizzazione ha messo in atto tutte le misure possibili per sostenere il proprio personale, tenerlo al sicuro e continuare a supportare i bambini e le famiglie nella Striscia di Gaza. Tuttavia, queste opzioni sono limitate dalla condotta delle ostilità: nessun luogo è sicuro a Gaza, anche per il nostro personale e i nostri partner, conclude il comunicato.

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