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Attacco Iran, nella notte del raid prove di alleanza tra...
Attacco Iran, nella notte del raid prove di alleanza tra Israele e Paesi arabi
Contro la minaccia di Teheran, la cooperazione militare come "formidabile dimostrazione di difesa collettiva": l'analisi del Wall Street Journal
Un'alleanza forgiata in poco tempo, ma che - a conti fatti - si è rivelata essere una "formidabile dimostrazione di difesa collettiva". Così il Wall Street Journal definisce la collaborazione tra Israele e Paesi arabi andata in scena nella notte tra sabato e domenica scorsi, quando l'Iran ha deciso di rispondere dal suo territorio al raid contro il suo consolato a Damasco, lanciando ondate di droni e missili contro lo Stato ebraico. Alleanza che è stata il culmine di anni di sforzi degli Stati Uniti per abbattere le barriere politiche e tecniche che ostacolavano la cooperazione militare tra Israele e i governi arabo-sunniti nel tentativo di contrastare la comune minaccia iraniana.
Ma gli sforzi guidati dagli Stati Uniti per proteggere Israele nei giorni e nelle ore precedenti l'attacco iraniano hanno dovuto superare numerosi ostacoli, compresi i timori dei Paesi del Golfo di essere visti come alleati di Israele in un momento in cui le relazioni sono tese, per usare un eufemismo, a causa della guerra a Gaza.
Le forze statunitensi ed israeliane hanno intercetto la maggior parte degli oltre 300 droni e missili lanciati verso Israele. Ma sono stati in grado di farlo, scrive il Wsj, anche perché i Paesi arabi hanno trasmesso silenziosamente informazioni sui piani di attacco di Teheran, hanno aperto il loro spazio aereo agli aerei da guerra, hanno condiviso informazioni sul tracciamento radar e, come nel caso della Giordania, hanno dato una mano con i propri caccia.
Il progetto Usa, una 'Nato' in versione mediorientale
Il progetto americano - una sorta di versione mediorientale della Nato, ma meno formale - per costruire un sistema di difesa aerea integrato per la regione risale a decenni fa. Dopo anni di false partenze e progressi minimi, l'iniziativa ha preso slancio dopo gli accordi di Abramo del 2020 mediati dall'amministrazione Trump, che hanno portato all'instaurazione di rapporti ufficiali tra Israele da una parte e gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein dall'altra.
Due anni dopo, il Pentagono ha spostato Israele dal Comando Europeo al Comando Centrale, che comprende il resto del Medio Oriente, una mossa che ha consentito una maggiore cooperazione militare con i governi arabi sotto l'egida degli Stati Uniti. "Il passaggio di Israele a Centcom è stato un punto di svolta", rendendo più semplice condividere l'intelligence e fornire un allarme tempestivo tra i Paesi, ha affermato l'analista del Washington Institute, Dana Stroul.
Nel marzo 2022, il generale della Marina Frank McKenzie, allora massimo comandante degli Stati Uniti nella regione, convocò un incontro segreto tra alti funzionari militari di Israele e dei Paesi arabi sulle crescenti capacità missilistiche e di droni dell'Iran. I colloqui, che si tennero a Sharm El Sheikh, in Egitto, hanno visto per la prima volta ufficiali israeliani e arabi intorno a un tavolo sotto gli auspici militari statunitensi per discutere del contrasto all'Iran.
L'aiuto dei Paesi arabi a Tel Aviv
Due giorni prima del raid di sabato scorso, le autorità iraniane hanno informato le controparti dell'Arabia Saudita e di altri Paesi del Golfo sui tempi del loro attacco su larga scala contro Israele in modo che quegli stessi Stati potessero salvaguardare il proprio spazio aereo. L'informazione è stata trasmessa tempestivamente agli Stati Uniti, dando a Washington e Tel Aviv un'informazione che si è rivelata cruciale.
Con un attacco iraniano quasi certo, la Casa Bianca ha ordinato al Pentagono di riposizionare le risorse aeree e di difesa missilistica nella regione e ha preso l'iniziativa di coordinare le misure difensive tra Israele e i governi arabi, secondo un alto funzionario israeliano. "La sfida era portare tutti questi Paesi attorno a Israele" in un momento in cui lo Stato ebraico è isolato nella regione - ha aggiunto -. Era una questione diplomatica". I Paesi arabi hanno offerto il loro aiuto perché hanno visto i benefici della cooperazione con gli Stati Uniti e Israele, a patto di mantenere un basso profilo, ha detto Yasmine Farouk del Carnegie Endowment for International Peace. "I Paesi del Golfo - ha spiegato - sanno che non hanno ancora lo stesso livello di sostegno che Israele riceve dagli Stati Uniti e vedono ciò che hanno fatto come un modo per ottenerlo in futuro".
Non è chiaro se il conflitto tra Israele e Iran metterà ulteriormente a dura prova i legami relativamente nuovi tra Israele e alcuni Stati arabi, evidenzia il Nyt, secondo cui sebbene la guerra a Gaza questi rapporti li abbia raffreddati, sembra che nessuno dei governi arabi che hanno recentemente stretto legami con Israele sia pronto ad abbandonarli del tutto o, come nel caso dell'Arabia Saudita, ad escluderli definitivamente.
"Riad ha ammesso suo coinvolgimento in difesa Israele"
E proprio l'Arabia Saudita avrebbe ammesso il suo coinvolgimento nella difesa di Israele contro l'attacco iraniano di sabato sera. Media ebraici citano una fonte della famiglia reale saudita, secondo cui le forze di Riad hanno partecipato all'operazione grazie alla quale sono stati intercettati i droni e i missili iraniani lanciati contro Israele. Operazione che ha coinvolto Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Giordania, mentre dagli Emirati sarebbero arrivate informazioni di intelligence sui piani di Teheran.
Emirati Arabi "non hanno partecipato a intercettazione missili e droni"
Gli Emirati Arabi Uniti non hanno quindi partecipato all'intercettazione dei missili e dei droni iraniani, ha reso noto un funzionario israeliano al Times of Israel. La stessa notizia è stata confermata all'Adnkronos da fonti emiratine, secondo le quali Abu Dhabi non ha alcuna volontà di entrare in contrapposizione con gli iraniani. Secondo la fonte israeliana, le notizie di un'ampia partecipazione araba alla difesa dello Stato ebraico sono esagerate.
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Tragedia in Cina, crolla carreggiata in autostrada: 24 morti
Trenta i feriti, venti i veicoli coinvolti nel crollo del tratto di strada nella provincia del Guangdong lungo circa 18 metri
Tragedia in Cina dove il crollo di una carreggiata di un'autostrada nella provincia di Guangdong, nel sud del Paese, ha causato la morte di 24 persone. 20 i veicoli coinvolti nel crollo, hanno riferito le autorità locali, secondo cui almeno una trentina di persone sono rimaste ferite, mentre sarebbero 20 i veicoli coinvolti nel crollo. Le immagini diffuse sui social mostrano auto travolte da terra e fango, probabilmente dopo una frana.
Alle operazioni di soccorso partecipano circa 500 uomini dei servizi di emergenza. Il tratto di strada crollato era lungo circa 18 metri e copriva un'area di circa 184 metri quadrati. Ancora sconosciute le cause del crollo, ma nei giorni scorsi nella regione erano state registrate piogge torrenziali.
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Ucraina, Shoigu: “Più armi per la guerra contro...
Così il ministro della Difesa russo dopo una riunione con la leadership militare e un resoconto fatto dal capo di Stato maggiore, il generale Valery Gerasimov. Ancora missili su Odessa
La Russia ha bisogno di più armi per la guerra in Ucraina. E' il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, a chiedere uno sforzo ulteriore alla macchina bellica. "Per mantenere il ritmo richiesto dell'offensiva... è necessario aumentare il volume e la qualità delle armi e degli equipaggiamenti militari forniti alle truppe, in primo luogo le armi", dice Shoigu dopo una riunione con la leadership militare e un resoconto fatto dal capo di Stato maggiore, il generale Valery Gerasimov.
La Russia da mesi esercita una pressione costante in particolare lungo il fronte orientale. Le forze di Mosca hanno guadagnato terreno, costringendo Kiev a scelte conservative e a abbandonare alcune posizioni. Ora, però, il quadro potrebbe progressivamente cambiare. L'Ucraina riceverà le armi che gli Stati Uniti invieranno dopo il varo dell'ultimo maxipacchetto da 61 miliardi di dollari. La Russia, che secondo analisti e esperti potrebbe sferrare una nuova offensiva tra fine primavera e inizio estate, nelle prossime settimane dovrà confrontarsi con nemici più preparati.
Ancora missili su Odessa
Intanto, si registra un nuovo attacco missilistico russo su Odessa, il secondo in tre giorni. Secondo quanto riferito dal governatore della città nel sud dell'Ucraina, almeno tre persone sono morte e altrettante sono rimaste ferite nell'ultimo raid, che ha provocato anche danni alle infrastrutture civili.
Bimbi ucraini deportati in Russia, telefonata Yemark-Zuppi
"Ho avuto un colloquio telefonico con il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Matteo Zuppi. Ho sottolineato che nel quadro del dialogo diplomatico con tutti gli stati, l'Ucraina presta costantemente particolare attenzione alla questione del ritorno dei bambini deportati illegalmente dalla Russia". Lo ha scritto su X, Andriy Yermak, capo dell'ufficio del presidente Volodymyr Zelensky.
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Covid, Zhang sfida ancora la Cina: la battaglia del...
Lo scienziato, cacciato dal laboratorio, torna a far parlare di sé con una rara iniziativa pubblica di dissenso nel gigante asiatico
Sfida ancora la Cina di Xi Jinping il virologo cinese che all'inizio della pandemia di coronavirus, nel gennaio 2020, pubblicò la prima sequenza del Sars-Cov-2 senza l'autorizzazione di Pechino. Zhang Yongzhen torna a far parlare di sé con una rara iniziativa pubblica di dissenso nel gigante asiatico. Lo scorso fine settimana, ricostruisce il Telegraph, gli è stato impedito l'ingresso nel suo laboratorio a Shanghai.
Nel frattempo sui social hanno iniziato a rimbalzare foto di un uomo che dorme sotto la pioggia davanti alla porta del centro. Domenica si è messo seduto fuori dallo Shanghai Public Health Clinical Center, che sostiene che il laboratorio di Zhang sia stato chiuso per "motivi di sicurezza", con la possibilità di spazi alternativi durante i lavori di ristrutturazione.
Eppure secondo una dichiarazione diffusa online da Zhang e poi sparita, ma visionata dall'Associated Press citata dalla stampa internazionale, allo scienziato sarebbe stato offerto un altro spazio, ma solo dopo lo 'sfratto' e senza gli standard necessari per le sue ricerche. E nel post su Weibo fatto sparire, Zhang assicura che non mollerà dopo le misure scattate per lui e per il suo team.
E' "sconfortante vedere queste continue vessazioni e punizioni nei confronti di Zhang", ha commentato con il Telegraph Stuart Neil, virologo del King’s College London coinvolto nel lavoro di ricerca per tracciare le origini del Covid e convinto che "senza il coraggio di Zhang" ci sarebbe voluto molto più tempo per "la diffusione del primo vaccino" contro il Covid.
Scienziati che lavorano con collaboratori in Cina hanno denunciato al giornale come dopo la pandemia le collaborazioni internazionali siano divenute sempre più difficili. Il Guardian scrive che oggi Zhang, raggiunto al telefono, ha sottolineato come per lui - già rimosso dal Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive - sarebbe "inopportuno" parlare.