Salute e Benessere
Confcooperative: “Più medicina di genere per ridurre...
Confcooperative: “Più medicina di genere per ridurre la mortalità femminile”
Oltre 35mila decessi evitabili ogni anno con personalizzazione di ‘prevenzione e diagnosi precoce’
Un approccio medico innovativo cucito su misura di paziente potrebbe dare un contributo importante nel limitare mortalità femminile. In Italia, infatti, solo tra le donne, sono oltre 35mila le morti all’anno per malattie che potrebbero essere prevenibili. La medicina di genere, che rispetta la differenza tra uomo e donna nel fare ricerca medico-scientifica, diagnosi, prevenzione, fino ad arrivare a cure specifiche, è una scelta che migliora non solo la qualità della vita delle persone, ma aiuta a guarire prima e ad ammalarsi meno. Sono i temi al centro dell’incontro sulla medicina di genere ‘Pari ma non uguali’ organizzato oggi a Roma da Confcooperative, in collaborazione con la Commissione Donne Dirigenti Cooperatrici, Confcooperative Sanità e Cooperazione Salute, per combattere il gender gap anche sul piano della salute, impegno avviato da tempo da Confcooperative. Garantire l’equità nelle cure di genere - spiega una nota - è centrale in una realtà come quella italiana che, rispetto al Pil, è al quattordicesimo posto tra i paesi europei in fatto di investimenti in spesa sanitaria.
“Più del 60% della compagine lavorativa delle nostre associate è donna. L’attenzione crescente da parte di Confcooperative alle pari opportunità in ambiente lavorativo - afferma Anna Manca, presidente della Commissione dirigenti donne cooperatrici e vice-presidente di Confcooperative – si rafforza nell’impegno sul tema della medicina di genere. Un cambiamento culturale prima ancora che scientifico a cui vogliamo dare il nostro contributo mettendo a disposizione l’esperienza di questi anni della Commissione Donne dirigenti cooperatrici con un’azione di informazione, sensibilizzazione e prevenzione basata sulla promozione di stili di vita appropriati, con diagnosi precoce attraverso campagne di screening mirate e con adeguatezza delle cure”.
È su prevenzione e cure personalizzate che punta il sistema cooperativo. “La medicina di genere – aggiunge Michele Odorizzi, presidente di Cooperazione Salute – è un approccio fondamentale che mette insieme il diritto della parità di genere e il tema della prevenzione e della cura. Un approccio che ci restituisce una società più equa e rende più efficace ogni percorso orientato alla salute. Gli iscritti ai nostri piani sanitari integrativi sono, per il 70%, donne e proprio pensando a loro abbiamo creato un’area di tutela per gravidanza e maternità, ma non solo. Il nostro network sanitario, che raccoglie 3.600 strutture, vanta esperienze e progetti di eccellenza sul tema della medicina di genere”.
Il nuovo approccio medico ha nella cooperazione sociosanitaria un alleato importante visto che ogni giorno è impegnata a supportare 7 milioni di cittadini in vari contesti assistenziali a partire dalle loro abitazioni. Grazie a una rete di professionisti del settore - medici, farmacisti, riabilitatori, infermieri, psichiatri, terapisti, tra gli altri - e a una particolare attenzione verso le situazioni di maggiore fragilità e vulnerabilità, le cooperative sociosanitarie sono un veicolo efficace per promuovere la medicina di genere al centro delle comunità, assicurando che nessuno sia trascurato.
“La sinergia tra il settore medico-scientifico, le cooperative sociali e sanitarie e la mutualità integrativa – conclude Giuseppe Milanese, presidente di Confcooperative Sanità – gioca un ruolo chiave nella realizzazione della nostra visione in Confcooperative: trasformare l'approccio alla salute e migliorare la qualità dell'assistenza sul territorio, tenendo conto delle esigenze e delle peculiarità individuali. Il nostro scopo è quello di favorire un modello di salute personalizzato. Un approccio che non si limiti a considerare la patologia, ma che includa anche genere, età, storia personale e contesto sociale”.
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Snami, guardia medica riferimento indispensabile per...
Il sindacato risponde a servizio Tv sulle presunte carenza della continuità assistenziale
"Con profonda preoccupazione notiamo una mancanza di completezza nell'affrontare la complessità e l'importanza della guardia medica nell'assistenza sanitaria pubblica. Il servizio di guardia medica è stato istituito per interventi non differibili che non richiedono un intervento immediato di emergenza-urgenza e nel tempo è diventato un punto di riferimento indispensabile e strategico per l’intera collettività”. Così, il responsabile nazionale del Sindacato nazionale autonomo dei medici italiani (Snami) Continuità assistenziale, Giancarmelo La Manna, risponde - in una nota - al servizio televisivo di ‘Furoi dal coro’', su Rete 4, sulle presunte carenze della continuità assistenziale.
“L'invecchiamento della popolazione e l'aumento delle patologie croniche - aggiunge Federico Di Renzo, responsabile nazionale Snami medici in formazione e specializzazione - si contrappongono a una riduzione delle risorse destinate alle strutture ospedaliere e ai pronto soccorso, senza un potenziamento delle risorse territoriali, come il servizio di guardia medica, che hanno subito ulteriori tagli e chiusure. Questa situazione ha comportato una carenza di camici bianchi nei presidi territoriali e, in particolare, nel servizio di guardia medica, causando un impoverimento organizzativo e dell’offerta sanitaria, vedi visite domiciliari”.
Nella trasmissione, “la citazione della sentenza della Cassazione che condanna un sanitario in servizio nella continuità assistenziale - spiega La Manna - si riferisce a un caso particolare e straordinario che non raffigura la regolarità dell’attività del servizio. Si tende quindi a rappresentare un tentativo di discredito nei confronti dei numerosi colleghi che svolgono regolarmente un prezioso servizio. In buona sostanza - conclude - si cerca un ago nel pagliaio per esigenze televisive e, di fatto, si coinvolge una intera categoria”.
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Zanzara della malaria in Italia dopo oltre 50 anni: la...
Dallo studio dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale locale e della Basilicata emerge "la necessità di rafforzare la sorveglianza in tutto il Mezzogiorno"
La zanzara della malaria ritrovata in Puglia dopo oltre 50 anni. E' il risultato di uno studio dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e della Basilicata, pubblicato su PubMed. "La scoperta ha una forte rilevanza e impatto sanitario, evidenziando un aumento della ricettività delle aree meridionali del Paese", scrivono gli autori. Nel settembre del 2022 un unico esemplare di 'Anopheles maculipennis' fu raccolto nel comune di Lecce e identificato molecolarmente come Anophelse sacharovi. Questa rilevazione ha portato ad attuare nel settembre 2023 un'indagine entomologica mirata.
"Ogni anno vengono segnalati casi di malaria importata nei paesi europei, il rischio di introduzione del plasmodium della malaria da parte di portatori di gametociti tra i viaggiatori provenienti da Paesi endemici dovrebbe essere preso in maggiore considerazione - avvertono gli autori -. I nostri risultati consentono di ripensare e costruire nuovi modelli per la previsione e l'espansione della malaria. Inoltre, per prevenire il rischio di reintroduzione della malattia, va considerata la necessità di rafforzare la sorveglianza dell'anofelismo residuo in tutto il Mezzogiorno".
Le indagini sono state condotte concentrandosi sugli allevamenti di animali, i maneggi e potenziali siti di riproduzione della zanzara.
Lopalco: "Nessun allarmismo, ma sorveglianza"
"La presenza di zanzare del genere anofele, quelle cioè in grado di trasmettere la malaria, è una informazione da tenere nella giusta considerazione" dice all'Adnkronos Salute, Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all'università del Salento. "Si fa la sorveglianza della circolazione delle zanzare per questo motivo. Niente allarmismi, quindi". Si tratta, per Lopalco, in ogni caso, di "un altro segnale di preoccupazione sui cambiamenti che il clima e le modificazioni dell'ambiente stanno comportando. Certamente non parliamo di rischio immediato di riportare la malaria in Italia. Ma è un avvertimento che impone di prendere seri provvedimenti per migliorare ancora di più la sorveglianza delle zanzare e ridurne la circolazione''.
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Sorriso ‘social’ perfetto e subito, è boom per...
Aumentano le richieste per la tecnica che consente di avere un sorriso 'spettacolare' senza i tempi lunghi e il fastidio delle cure ortodontiche, "ma non mancano i rischi", spiega l'odontoiatra Raoul D'Alessio
Un sorriso perfetto e candido, senza l'ombra di un difetto, da sfoggiare sui social rapidamente senza aspettare, per eventuali correzioni, i tempi spesso lunghi di cure ortodontiche comunque meno 'spettacolari'. C'è questo dietro l'aumento di richieste per l'applicazione delle cosiddette 'faccette dentali', che rivestono il dente e che permettono di avere un risultato estetico "ottimale, con uno standard elevatissimo, grazie alle tecnologie e ai materiali di cui disponiamo oggi". E l'età di chi le richiede "si sta molto abbassando, parliamo anche di 14-15 anni". Un fenomeno non senza rischi, "se la scelta non viene fatta con la necessaria valutazione dell'odontoiatra", spiega all'Adnkronos Salute Raoul D'Alessio, noto professionista della capitale che è anche docente del master della Società italiana di odontoiatria forense (Siof) dedicato all'etica della professione. E convito assertore "dell'estetica, in odontoiatria e non solo, che è fortemente legata all'etica, nella sua corretta applicazione".
Il social, "con la necessità di mostrare la propria immagine tanto perfetta da rasentare l'irrealtà - continua D'Alessio - sono sicuramente all'origine di questo aumento di richieste, cresciute negli ultimi 5 anni di un buon 30%. Per molti sono particolarmente importanti, infatti, gli elementi di rapidità della 'correzione del sorriso' con questa metodologia, che grazie all'elevato miglioramento tecnologico, oggi può permettere l'applicazione delle faccette in 2 sedute, con uno standard estetico elevatissimo".
In generale, quindi, precisa l'odontoiatra, "rappresentano una soluzione assolutamente innovativa. Con le nuove tecniche, usando le faccette in zirconio, in soli 0,2 millimetri e con una preparazione poco invasiva, che non danneggia lo smalto, è possibile avere un dente praticamente perfetto. Si tratta di una soluzione utilissima per la correzione dei denti in caso di discromie, rotture, spazi irregolari, denti malformati o irregolari".
Tecniche molto 'performanti' dunque, scelte però anche in casi in cui potrebbero essere necessarie, invece, cure ortodontiche più lunghe. "Questa ricerca di un risultato più immediato fa sì che alcune volte non vengano fatte le necessarie analisi e approfondimenti sulla salute della bocca. Il paziente si accontenta dei soli risultati estetici. E questo può avere conseguenze legate ai mancati interventi funzionali. In nome dell'immediatezza e della perfezione (indotta da immagini spesso irrealistiche proposte in rete) si rischia di fare danni involontari, utilizzando tecniche non adatte al caso", aggiunge D'Alessio che è anche coordinatore nazionale dei presidenti provinciali del Sindacato unitario specialità ortodonzia (Suso).
Le faccette possono essere di diversi materiali, con costi diversi, quelle di ceramica, ormai 'datate' rispetto ai nuovi prodotti, costano, ognuna, dai 600 ad oltre 1.500 euro. "Ma si può arrivare a oltre 2mila euro l'una se parliamo di faccette digitali, ultrasottili in zirconio. Ovviamente si può usare un solo elemento per una discromia. Ma la linea più diffusa è coprire da canino a canino, sopra e sotto, quindi 12 denti", conclude l'esperto.