Salute e Benessere
Trapianto di staminali, un podcast dà voce a chi le riceve...
Trapianto di staminali, un podcast dà voce a chi le riceve e a chi le dona
Ogni venerdì su Spotify 'Cellule, si raccontano'. Un progetto di Federazione italiana Adoces patrocinato dal ministero della Salute
La strada in salita che deve percorrere chi ha bisogno di un trapianto di cellule staminali emopoietiche, ma anche i dubbi e le domande di chi vorrebbe donarle. Accompagnare il percorso di entrambi è l'obiettivo del podcast 'Cellule, si raccontano', che dà voce a ex malati, familiari, medici, figure di supporto e assistenza. A ideare il progetto, primo in Italia, è stata la Federazione italiana Adoces, che l'ha sviluppato in collaborazione con Gitmo (Gruppo italiano per il trapianto di midollo osseo, cellule staminali emopoietiche e terapia cellulare), Cns (Centro nazionale sangue), Cnt (Centro nazionale trapianti), Registro italiano donatori Ibmdr e numerosi pazienti, donatori e specialisti. Il podcast debutta oggi 2 febbraio sulla piattaforma Spotify, con il patrocinio del ministero della Salute e dell'Ufficio nazionale per la Pastorale della salute della Cei (Conferenza episcopale italiana), e la partnership di Seisnet e Rad-Uni associazione operatori radiofonici universitari. Ogni venerdì uscirà una nuova puntata.
Il podcast - spiegano i promotori - nasce da un'esigenza concreta, emersa dal vissuto di numerosi ex pazienti che raccontano la solitudine e lo smarrimento provati prima e dopo il trapianto, e dei donatori che desiderano essere informati e sostenuti nella propria scelta. "Per la prima volta - afferma Alberto Bosi, ematologo e presidente Adoces - attraverso questa progettualità si crea una circolarità, un dialogo tra tutte le figure coinvolte nella procedura salvavita del trapianto: è il mondo della donazione di cellule staminali, nella sua interezza e complessità, a raccontarsi e a mobilitarsi per essere di aiuto ai malati e di supporto e stimolo ai donatori". L'iniziativa "coinvolge pazienti e donatori di molte regioni italiane", sottolinea la referente del progetto e segretaria Adoces Alice Vendramin Bandiera, ringraziando "in particolare alla Regione Veneto che ha da subito approvato il programma presentato al recente Bando per il finanziamento di progetti del Terzo settore con risorse del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali".
"Il trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche o Cse - ricorda Massimo Martino, presidente Gitmo - consiste nella reinfusione di Cse di un donatore (il soggetto sano) in un ricevente (il soggetto malato) dopo che il ricevente è stato 'condizionato', cioè preparato con la somministrazione di chemioterapia e/o radioterapia e denominata di 'terapia di condizionamento'. E' un momento molto delicato nel percorso della cura, che durerà molti mesi e che coinvolgerà non solo il paziente, ma tutta la sua famiglia". Le persone sottoposte a un trapianto di staminali ematopoietiche vivono infatti una condizione patologica cronica che provoca un cambiamento della quotidianità, rimarcano gli esperti. Anche dopo la dimissione dall'ospedale, la malattia può limitare la qualità della vita, e incidere sulla routine familiare con dinamiche non sempre comprensibili ai loro cari. 'Cellule, si raccontano' vuole offrire informazioni e sostegno psicologico ai pazienti e a chi vive con loro, tenendo per mano anche i donatori per suggellare "il rapporto vitale" che lega gli uni agli altri.
"Chi salva la vita con la donazione delle cellule staminali non fa un regalo a qualcun altro, ma lo fa prima di tutto a se stesso - ha commentato Marina Marchetto Aliprandi, componente della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza della Camera, in occasione della presentazione del progetto nei giorni scorsi a Palazzo Montecitorio - E' come se si concedesse il lusso di vivere due volte e la Federazione italiana Associazioni donatori cellule staminali emopoietiche ha il grande compito di farsi animatore di iniziative volte a uno scambio sempre maggiore tra persone compatibili. Il podcast 'Cellule, si raccontano' ha proprio l'intento di avvicinare alla donazione grazie al racconto esperienziale di chi attende e chi cede, un legame indissolubile che lega per sempre, per la vita, così come lo è la donazione del cordone ombelicale, ricco di difese immunitarie, pratica ancora fin troppo poco conosciuta cui abbiamo il compito di incoraggiare attraverso un'opportuna comunicazione".
"Per i malati e le famiglie che li supportano è molto importante poter conoscere le esperienze di chi ha vissuto e vive la stessa tragica esperienza - ha osservato Francesco Ciancitto, componente della Commissione Affari sociali della Camera - La solitudine delle cure che spesso si avverte può sicuramente essere alleviata dalla condivisione. Attività informative come questa aiutano anche nella sensibilizzazione alla donazione, per la quale stiamo registrando dati di crescita, ma non ancora soddisfacenti".
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Studio, immunoterapia a 2 braccia funziona su artrite...
Una rivoluzione per la terapia dell’artrite reumatoide. Potrebbe arrivare dai risultati di una ricerca italo-tedesca pubblicata su 'Nature Medicine' e siglata dal gruppo della professoressa Maria Antonietta D’Agostino, direttore della Uoc di Reumatologia della Fondazione policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs e ordinario di Reumatologia all’Università Cattolica, e del professor Georg Schett, dell’Università Friedrich-Alexander di Erlangen-Norimberga (Fau).
Lo studio ha esplorato un nuovo possibile approccio terapeutico a questa malattia autoimmune, che consiste nell’organizzare una sorta di appuntamento al buio tra le cellule B e le cellule T, le due protagoniste della risposta immunitaria. L'incontro si conclude con l’eliminazione delle cellule B malate (cioè quelle che producono gli anticorpi responsabili dell’infiammazione e della distruzione delle articolazioni), da parte delle cellule T suppressor. A organizzare questa sorta di 'imboscata immunitaria' è il blinatumomab (o Blina), un immunoterapico già usato per il trattamento di alcuni tumori del sangue. Nel caso dell’artrite reumatoide il suo impiego è sperimentale, ma in questa ricerca ha ottenuto un effetto straordinario e inedito sul piano del risultato terapeutico.
"Nei sei pazienti con artrite reumatoide multi-resistente al trattamento (tra i quali anche una paziente italiana), ai quali è stato somministrato in via compassionevole e sperimentale Blina - spiega D’Agostino - il farmaco ha prodotto un rapido declino dell’attività di malattia, riducendo il livello di anticorpi circolanti e migliorando l’infiammazione dei tessuti sinoviali, come abbiamo documentato all’ecografia, alla Fapi-Pet-Tac e con l’analisi trascrittomica dell’infiammazione della membrana sinoviale. La terapia è stata molto ben tollerata: i pazienti hanno presentato solo un temporaneo rialzo della temperatura alla prima infusione, ma nessun segno di sindrome da rilascio delle citochine". Sofisticate analisi di laboratorio (come la citometria a flusso ad alta dimensione) hanno confermato che il miglioramento clinico è dovuto ad un reset immunitario, consistente nell’eliminazione delle cellule B ‘cattive’ (cioè con la memoria ‘attivata’ a produrre continuamente auto-anticorpi), che vengono rimpiazzate da cellule B ‘buone’.
"Questi risultati, molto promettenti per l’entità della risposta e la tollerabilità del farmaco - commenta D’Agostino - suggeriscono la potenziale utilità di questo approccio terapeutico nelle forme più gravi di artrite reumatoide, resistenti alla terapia. Potrebbe essere l’inizio di una nuova era di trattamento per altre malattie autoimmuni mediate dalle cellule B, dal lupus, alla sclerodermia. La via del T-cell engager per distruggere i linfociti B, produttori di auto-anticorpi, che mantengono lo stato di attività di malattia e responsabili della mancata risposta ai farmaci attualmente utilizzati, potrebbe dunque portare a una nuova maniera di aggredire le patologie autoimmuni, sfruttando l’azione del nostro stesso sistema immunitario. È lo stesso concetto utilizzato dalla terapia con Car-T, nella quale i linfociti T vengono ‘attivati’ per distruggere i linfociti B auto-reattivi”.
Il Blina è un anticorpo monoclonale bispecifico, cioè ‘a due braccia', una forma di immunoterapia che provoca la distruzione delle cellule B ad opera delle cellule T suppressor, facilitandone l’incontro. È insomma un farmaco ‘facilitatore’, che avvicina tra loro queste due categorie di cellule, rendendo più efficace l’eliminazione da parte linfociti T nei confronti delle cellule B ‘deviate’, cioè con la memoria bloccata nella produzione incontrollata di anticorpi rivolti contro le articolazioni, nel caso dell’artrite reumatoide.
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Aviaria, negativi test su carne venduta in negozi Usa
Sono negativi i test per l'influenza aviaria H5N1 sulla carne venduta nei negozi al dettaglio in Usa. Lo ha riferito il Dipartimento dell'Agricoltura americano (Usda), che nei giorni scorsi aveva avviato dei controlli e delle verifiche su campioni di carne proveniente dagli allevamenti bovini dove erano stati segnalati casi di H5N1. I laboratori nazionali dei servizi veterinari del Food Safety Inspection Service (Fsis) hanno testato 30 campioni di carne macinata, acquistati nei punti vendita al dettaglio negli stati con mandrie di bovini da latte risultati positivi. I campioni sono stati inviati ai National Veterinary Services Laboratories (Nvsl) per i test Pcr. Ieri - si legge nella nota pubblicata sul sito dell'Usda - i Nvsl hanno riferito che tutti i campioni erano risultati negativi per il virus H5N1. Questi risultati riaffermano che l'approvvigionamento di carne è sicuro".
Gli esperti dell'Usda hanno ricordato come i processi messi in atto dal Fsis, che si occupa della fase operativa dei controlli sulla carne che poi arriva al consumatore (da prima della macellazione fino a quando l'animale è una carcassa), prevedono che l'esemplare superi l'ispezione e abbia determinate caratteristiche prima di entrare nella catena alimentare dell'uomo. "L'Agricultural Research Service (Ars) - conclude la nota - condurrà uno studio sulla cottura della carne e utilizzerà un surrogato del virus iniettato nella carne, portandola a temperature diverse per determinare i tempi di riduzione della quantità di virus. I risultati verranno pubblicati non appena saranno disponibili".
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Infezioni batteriche, da Shionogi antibiotico di nuova...
Al congresso Escmid presentati i dati di uno studio in real-world di cefiderocol in pazienti adulti critici
Shionogi, in occasione del 34.esimo Congresso europeo di Microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid Global 2024), ha presentato nuovi dati clinici positivi tratti dal più ampio studio europeo in real-world evidence (Perseus) su cefiderocol (Fetcroja*), una cefalosporina siderofora di ultima generazione, nel trattamento delle infezioni batteriche da patogeni Gram-negativi resistenti ai carbapenemi in pazienti in condizioni critiche. Perseus - riporta una nota - è uno studio osservazionale retrospettivo multicentrico che valuta l’efficacia e la sicurezza in real-world di cefiderocol in pazienti adulti con infezioni batteriche causate da germi Gram-negativi.
L’analisi ha rilevato che i pazienti trattati con cefiderocol mostrano complessivamente una elevata percentuale di successo clinico (endpoint primario composito definito come la guarigione clinica e/o la sopravvivenza al giorno 28 del 78,5%) dell’84,3%, e una mortalità per tutte le cause del 21,5%. La maggior parte dei pazienti aveva infezioni del tratto respiratorio (47,9%) causate principalmente da Pseudomonas aeruginosa (66.7%), Klebsiella pneumoniae (10.0%) e Stenotrophomonas maltophilia (7.7). Inoltre, il 19,5% presentava infezioni polimicrobiche.
Lo studio - dettaglia la nota - ha incluso 261 pazienti adulti in condizioni critiche con opzioni terapeutiche limitate trattati con cefiderocol per non più di 28 giorni nell’ambito del programma Early access di Shionogi in Spagna. Di questi, il 64,8% era resistente a tutti gli antibiotici testati e il 44,4% aveva avuto un fallimento terapeutico con antibiotici utilizzati precedentemente. I pazienti hanno ricevuto cefiderocol per più di 72 ore consecutive dopo la diagnosi confermata di infezione batterica da germi Gram-negativi. I pazienti inclusi nell’analisi erano in condizioni critiche, con quasi due terzi (63,2%) in terapia intensiva, il 47,1% in ventilazione meccanica e il 28% in shock settico. In questi 261 pazienti, cefiderocol è stato generalmente ben tollerato, con sei pazienti che hanno presentato una reazione avversa al farmaco.
“La crescente resistenza delle infezioni batteriche da germi Gram-negativi alle terapie attuali ne rende difficile il trattamento – dichiara Carlo Tascini, direttore della Clinica di malattie infettive dell’Università di Udine - Le evidenze cliniche in real-world risultano particolarmente rilevanti quando si studia l'uso degli antibiotici nei confronti di patogeni multiresistenti ai farmaci, a causa delle difficoltà di condurre studi clinici randomizzati. Questi nuovi dati rafforzano l'importanza di cefiderocol e contribuiscono al numero crescente di evidenze real-world nel trattamento dei pazienti con infezioni da patogeni difficili da trattare e resistenti ad altri antibiotici in particolare nel contesto delle infezioni da P. aeruginosa”.
“Shionogi è impegnata da 60 anni nello sviluppo di farmaci antinfettivi e nel contrasto alla crescente minaccia dell’antibiotico-resistenza, una delle sfide riconosciute come prioritarie per la sanità pubblica – sottolinea Simona Falciai, General Manager di Shionogi Italia - Cefiderocol è incluso nell'elenco dei farmaci essenziali dell'Organizzazione mondiale della sanità e in Italia è il primo antibiotico ad aver ricevuto dall’Aifa la designazione di farmaco innovativo in forma piena. I dati appena presentati al Congresso Escmid confermano il suo importante valore terapeutico nel trattamento di quelle infezioni che ad oggi hanno ancora limitate opzioni di cura".