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Simone Viola: “Vi racconto mio nonno Scalfari...

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Simone Viola: “Vi racconto mio nonno Scalfari attraverso i ricordi inediti di 100 amici”

Aneddoti, cazziatoni, risate e cocktail: il nipote del fondatore di "Repubblica" ha raccolto le testimonianze di chi ha vissuto a stretto contatto con lui

Simone Viola:

La gaffe di Christian De Sica sulla bigamia di una vita, la procace vicina di casa che sconvolgeva i viaggi in ascensore, le lunghe nuotate al Pellicano, le feste nella casa di Velletri il 14 luglio, i capodanni a casa di Bianchina Riccio, Luca Barbarossa che fa il menestrello, le canzoni al piano con Arbore, le governanti che sapevano a memoria le storie su Calvino, lui e il principe Caracciolo completamente sbronzi. In '100 volte Scalfari', in edicola allegato a 'Repubblica', ci sono decine di storie privatissime del fondatore, che per tutti resta ancora 'il Direttore'. Raccolte dal suo unico e adorato nipote, Simone Viola, 24 anni e un futuro da procuratore sportivo. "Non escludo il giornalismo, ma per ora l’ho praticato per caso", dice all’Adnkronos. Il nonno lo affascinava con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese, il giovane Simone rispondeva con il calcio. "Ne capiva poco, anni fa pensava che Silvio Piola fosse alla Roma, quando era una bandiera della Lazio. Lo sport era l’unica materia in cui potevo giocarmela".

Nel libro, cento ricordi di altrettanti giornalisti, politici, attori, musicisti, collaboratori, amici, le definizioni di Scalfari vanno molto oltre l'ormai frusto soprannome 'Barbapapà': personaggio fiabesco, un attore, terribilmente simpatico, pronto all'immortalità come premio alla carriera, una leggenda, il massimo dello chic, conservatore sempre pronto a ricominciare, il solo capitano, "Voltaire, Pericle e Pannunzio in una sola barba". Secondo Roberto Benigni, "poteva parlare, con la stessa intensità, di De Mita e di Rilke, della Confindustria e dell’Illuminismo", e Simone Viola conferma: "In casa portava il personaggio pubblico, con le telefonate e le visite dei grandi della Storia, ma sapeva essere giocoso e molto affettuoso, allegro e scanzonato".

Amato e temuto sul lavoro, conquistava uomini e donne con fascino e mosse inaspettate, come quando si sdraiò a terra davanti a Paolo Guzzanti: per lasciare 'Repubblica' e andare al 'Corriere' doveva passare sul suo corpo (non lo fece).

Simone Viola nel 2011 si è trasferito a Parigi con la madre Donata, che era diventata corrispondente per il Tg5, e il padre Ettore, che lavorò come grafico a 'Repubblica' ed è nipote di Sandro, uno dei fondatori del giornale nel 1976. “Tornavamo spesso a Roma, e nella casa in campagna di Velletri. Per me il nonno aveva un affetto smisurato, ma in generale amava parlare con i giovani e capire come vedevano il mondo”, commenta con l’Adnkronos l’autore del libro, uscito nell’anno in cui Scalfari ne avrebbe compiuti 100. Vissuti fino all’ultimo con la stessa curiosità: “Quando invecchi non è che smetti di desiderare o desideri di meno, hai solo meno forze per realizzarli, tutti quei desideri”, diceva.

Non mancano le cronache della 'messa cantata', la mitica riunione di redazione, né i traumi per i bigliettini scritti da Scalfari e consegnati a chi prendeva buchi o faceva errori negli articoli. Si narrava che al terzo si era licenziati. In generale, tra un certo benevolo 'patriarcato' (copyright Concita De Gregorio) e i metodi bruschi, si capisce perché non potrebbe più esistere un giornale come la 'Repubblica' di Scalfari: al primo cazziatone, i ventenni di oggi correrebbero a denunciarlo alle Risorse Umane e si metterebbero in malattia per sei mesi. Invece gli ex discepoli rimpiangono certe sfuriate che valevano un master di giornalismo: “era una tecnica studiata per tenere sempre alta la nostra attenzione”, secondo Giorgio Dell’Arti.

Chissà cosa sarebbe successo se il progetto del grande gruppo editoriale europeo, con 'Le Monde', 'El Pais' e 'The Independent' fosse andato in porto. "Ne parlano Bernard Guetta e Marc Semo - spiega Viola - nonno aveva una passione per la Francia e per i suoi giornali. D’altronde me ne accorgevo persino io che ero un ragazzino: tra i miei compagni di medie e liceo francesi c’era un maggiore interesse – e partecipazione – per la politica. Lì i quotidiani hanno ancora un ruolo importante nella società, vengono distribuiti nelle università, e anche in termini di copie vendute l’Italia è rimasta indietro rispetto ad altri Paesi europei".

Giuliano Amato spiega come nasce il suo soprannome, 'Dottor Sottile', negli anni in cui lavorava a stretto contatto con Bettino Craxi, decisamente non amato da Scalfari: "La definizione nasce di fronte alla necessità in cui lo ponevo di distinguere tra i suoi giudizi negativi (a cui non rinunciava) e quel che di positivo gli mettevo davanti, inducendolo tuttavia a far convivere le due cose l'una accanto all'altra".

Tra l'invidia (ricambiata) di Renzo Piano, i ricordi scritti da Ugo Intini ed Ernesto Assante - recentemente scomparsi - ecco l’amico adolescente di Simone Viola che assiste alla scena di una chiamata di Papa Francesco "come fosse lo zio Peppino che telefona a casa". Lo stretto rapporto tra Scalfari e Bergoglio è ormai noto, ed è stato anche oggetto di uno sketch di Maurizio Crozza ("L'ho fatto vedere a mio nonno, non ho mai capito se fosse divertito o contrariato", confida Viola), e nel libro è raccontato dall’arcivescovo Vincenzo Paglia, dalla segretaria del Direttore e pure dalla loro corrispondenza, pubblicata integralmente: "Carissima Santità, ho ricevuto il suo graditissimo regalo per il mio compleanno. Lei sa quanto io Le sia affezionato. Mi cruccio di non poterla incontrare ma come sa, non esco più da casa. Le ricordo che il mio ultimo pensiero prima di addormentarmi è per Lei e continuerà a essere così finché vivrò. Un fraterno abbraccio. Eugenio Scalfari".

(di Giorgio Rutelli)

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Mistero e verità nascoste in ‘L’amore non lo...

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Il romanzo parte dall'incontro tra un uomo e una donna legati da un patto. Un incontro durante il quale ogni settimana uno sconosciuto, affascinante e misterioso, racconta a Silvia la sua verità

Mistero e verità nascoste in 'L'amore non lo vede nessuno'di Giovanni Grasso

L'incontro tra un uomo e una donna legati da un patto. Un incontro durante il quale ogni settimana uno sconosciuto, affascinante e misterioso, racconta a Silvia la sua verità. Un'ora per svelare i particolari inconfessabili della storia che lo ha legato a sua sorella Federica, morta pochi giorni prima in un incidente stradale. Da parte sua Silvia si è impegnata a scoprire l'identità del suo interlocutore. E' questo lo spunto narrativo dal quale prende le mosse 'L'amore non lo vede nessuno' (Rizzoli), l'ultimo libro del giornalista e scrittore Giovanni Grasso, dal 2015 consigliere del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la stampa e la comunicazione.

Un espediente che consente all'autore di indagare a fondo il senso autentico della vita e che mette i lettori di fronte alla necessità "di perdonare e di perdonarci", come si legge nella quarta di copertina. Il racconto che mano a mano l'uomo misterioso consegna a Silvia è davvero attendibile? La donna può fidarsi di lui? Sono queste le domande che animano i lettori del libro di Grasso che, per Rizzoli, ha già pubblicato 'Il caso Kaufmann' nel 2019, 'Icaro. Il volo su Roma' nel 2021 e 'Il segreto del tenente Giardina' nel 2023.

Domande che in realtà si riassumono in un unico grande interrogativo che aleggia sull'intero racconto: "Da dove viene l'amore?". Un quesito che non sembra avere una risposta certa tanto che, si legge ancora nel libro, "se sapessimo rispondere a questa domanda, avremmo svelato il mistero della vita". Una cosa, però, è certa. La ricerca della verità porterà Silvia ad affrontare le contraddizioni e i segreti che hanno caratterizzato il mondo in cui ha vissuto Federica. Un mondo in cui "è facile smarrire il confine tra innocenza e colpevolezza".

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Till Lindemann e i Rammstein nella nuova edizione del libro...

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Il giornalista romano pubblica per Arcana la versione aggiornata del suo 'L & R - L'Enigma Lindemann e Rammstein'

La copertina di 'L & R - L'Enigma Lindemann e Rammstein'

Prima con i Rammstein, poi con il side project omonimo, e ora con l'appena inaugurata carriera solista firmata 'a suo nome'. Till Lindemann, frontman della band tedesca di industrial metal, ha sconvolto negli anni il pubblico nei modi più svariati: performance tra fiamme e oscenità, videoclip choc, testi imbevuti delle più turpi perversioni, tragedie e serial killer. Intrecciando tutto con la potenza dei brani sostenuti dalla lingua madre, il tedesco, senza evitare accuse e polemiche. Si è creato così l’enigma: può una band con tali connotati vivere un successo di critica e pubblico internazionale senza precedenti? Questo e altro viene analizzato in 'L & R - L'Enigma Lindemann e Rammstein' il volume scritto dal giornalista romano Alessio Belli per i tipi di Arcana e in pubblicazione, in un’edizione rivista e aggiornata, il 26 aprile prossimo.

Il libro non è una biografia incentrata sulla vita dei musicisti ma l’analisi dei temi e degli aspetti più significativi dei Rammstein e dell’attività artistica del leader, affrontando nella maniera più ampia e approfondita le peculiarità del musicista. Sotto il martellare elettronico c’è un profondo legame con i temi della famiglia, dell’infanzia e un’acuta disamina della malvagità dell’uomo, senza dimenticare il rapporto con l’Alto. Il volume scritto da Belli tenta di risolvere l’enigma Till e Rammstein fornendo al lettore diverse chiavi di lettura e di ipotesi, rivolgendosi a un pubblico ampio.

"Libro come dialogo, dibattito e confronto - scrive Belli nell'introduzione all'appendice -. Così è stato, dopo la prima edizione del 2020, grazie agli scambi avuti con persone con cui all’inizio condividevo 'solo' l’amore per i musicisti tedeschi. Negli anni successivi la pubblicazione, i Rammstein e Till Lindemann hanno continuato l’attività artistica, pubblicando in alcuni frangenti dell’ottima musica. Aggiungo così a 'L & R un’appendice, 'Den perfekten Moment', divisa in due parti. La prima, 'Rammstein: il Tempo e l’Addio', è incentrata su 'Zeit', ultimo capitolo discografico della formazione teutonica. La seconda, 'Till Lindemann: il mio Cuore, la mia Lingua', è focalizzata sull’attività del frontman in questi ultimi, intensi, anni".

Non occorre essere fan dei Rammstein per apprezzarne il contenuto. Anzi: anche un lettore meno avvezzo ai sei musicisti tedeschi può godere facilmente dell’analisi completa e dettagliata fornita dall’autore. Con uno sguardo lucido e appassionato, Belli esamina attentamente ogni aspetto della carriera discografica di Till Lindemann e dei Rammstein, arricchendo il testo con interviste e approfondimenti che vanno a scavare nella storia della band e del cantante. In questa nuova edizione di ‘L & R - L'Enigma Lindemann e Rammstein’ è stata inoltre aggiunta un'appendice intenta ad analizzare quanto fatto dalla band dopo la pubblicazione del disco omonimo del 2019, l’uscita dell’ultimo album 'Zeit' nell’aprile del 2022 e le mosse del loro cantante a seguito della fine dei Lindemann.

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Mostre, ‘Ritrovamenti’ di Steven Meek a...

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Fino al 10 maggio alla galleria Interno 11A

Mostre, 'Ritrovamenti' di Steven Meek a Bracciano

Un oggetto più comune sulla terra diventa qualcosa di meraviglioso sotto l’acqua, ridefinito dalla luce che filtra e si irradia sotto la superficie marina. E' questa l'idea, e l'esperienza, alla base delle opere di Steven Meek nella mostra "Ritrovamenti" ospitata da Christian Castro all'interno di Proyecto Empegno, un'iniziativa di arte contemporanea che dal 2019 si muove tra il Cile e l'Italia.

"La bellezza dell’oggetto marino è data dalla sua vita amorosa, la sua lavorazione costante, costantemente desiderato e levigato dal mare - scrive Milos Zahradka Maiorana, curatore della mostra dell'artista statunitense che da anni vive, lavora ed insegna in Italia - In questo contesto, gli oggetti recuperati dall'artista dal mare, principalmente plastiche e metalli, testimoni della cultura del consumo e dello scarto, vengono trasfigurati in totem affascinanti. Da scarti diventano coralli o perle incastonate".

"Nonostante il lato soft gli oggetti creati da Meek non sfociano mai in bricolage sentimentali post-vacanza ma mantengono un sobrietà legata al minimalismo Americano, recuperando le geometrie di Donald Judd e i rottami monumentali di John Chamberlain - continua il curatore - Nel contesto delle sculture, il realismo si manifesta nella presenza non mediata dei materiali usati. Sono oggetti indigesti che resistono all'assimilazione completa ed una certa aura di violenza persiste. Le sculture - conclude - diventano così nodi in cui si intrecciano fasce di luce differenti, ogni pezzo fungendo da punto di convergenza per le tensioni tra perdita e desiderio, tra l'attrazione verso gli oggetti e la loro reale insufficienza.”

La mostra di Steven Meek rimarrà aperta fino al prossimo 10 maggio alla galleria Interno 11A, Via Agostino Fausti 37 a Bracciano.

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