Transizione ecologica-energetica in agricoltura: il ruolo dell’innovazione
Indagine di Nomisma sulle aziende del settore
Gli obiettivi delineati dall’Unione Europea nel Green Deal verso la transizione ecologica e il raggiungimento della neutralità climatica al 2050 richiedono sforzi e impegni che passano anche dalle imprese agricole e alimentari. Secondo un'indagine Nomisma, nel corso degli ultimi anni, il 71% delle imprese agroalimentari ha già effettuato investimenti per la transizione eco-energetica e un altro 13% è in procinto di farli, primariamente con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici (oltre una su due); nella filiera tabacchicola spiccano inoltre interventi, attuati e in attuazione, per la sostenibilità finalizzati a ridurre i consumi d’acqua (con un’attivazione doppia rispetto alle aziende agroalimentari nel complesso) nonché le emissioni di CO2. I risultati dell’indagine sulle imprese agricole e alimentari italiane (con un focus specifico su quelle tabacchicole) sono stati presentati oggi a Roma in occasione del convegno organizzato in collaborazione con Philip Morris Italia 'La transizione ecologica-energetica nel settore agroalimentare: strumenti, best practices, politiche a supporto'.
In tema di innovazione, la digitalizzazione a supporto della produzione agricola è già una realtà e l’integrazione con macchine agricole e strumenti rendono l’attività produttiva più sostenibile: il 32% delle aziende agricole intervistate ha dichiarato infatti di utilizzare macchine con guida assistita o semi-automatica con Gps integrato (55% nel tabacco), un 25% di avere centraline meteo aziendali (con una diffusione nettamente più capillare nella filiera tabacchicola, dove arriva a coprire il 61%) e, nel 19% dei casi, sistemi per il supporto alle decisioni per la difesa fito-sanitaria (29% tra i tabacchicoltori). Si tratta per altro di strumenti che, contestualmente al contributo per la sostenibilità, sono in grado di migliorare la produttività e la resa (lo pensa 4 aziende su 10), ma anche la qualità dei prodotti. Dall’altro lato, però, non mancano i punti di attenzione: il 24% delle imprese ritiene, infatti, che per un’adozione più ampia di tali innovazioni digitali servano competenze specifiche e più formazione, così come i costi di acquisto siano ancora troppo elevati (timori che in alcuni specifici comparti, come quello del tabacco, trovano una significativa accentuazione).
In questo contesto, la possibilità di usufruire di incentivi per l’adozione delle innovazioni digitali rappresenta la miglior soluzione per 1 impresa su 2, seguita dalla semplificazione della burocrazia collegata (per il 27% degli intervistati) mentre al terzo posto si colloca la collaborazione all’interno della filiera mediante gli accordi di filiera. In particolare, quello degli accordi di filiera rappresenta uno strumento che può accelerare la transizione eco-energetica perché permettono una programmazione della produzione e, quindi, il ritorno degli investimenti (lo pensa il 32% delle aziende intervistate, percentuale che sale al 59% tra le imprese tabacchicole), ma anche la condivisione di buone pratiche agricole tra le aziende che partecipano all’accordo (22%), così come l’accesso a progetti innovativi (18%).
Nello specifico, i dati dell’indagine nel comparto tabacchicolo confrontati ad altre categorie, confermano quanto il modello di filiera integrata Coldiretti-Philip Morris Italia, una best practice nel nostro Paese e in Europa, possa non solo accelerare il ritorno degli investimenti, ma anche favorire iniziative per la transizione eco-energetica. Le aziende del comparto tabacchicolo infatti risultano ben posizionate rispetto alla media dei rispondenti nell’adozione di macchine con guida assistita/semi-automatica/Gps integrato, di centraline meteo, nonché di sistemi per il supporto alle decisioni per difesa fitosanitaria.
“La filiera del tabacco in termini di investimenti e adozione di tecnologie per la sostenibilità si colloca già su livelli molti alti rispetto al settore agricolo nel suo complesso - dice Gennarino Masiello, presidente Ont - Per le aziende del tabacco emerge inoltre una sensibilità particolare per gli investimenti verso l’efficientamento della risorsa idrica, per la riduzione delle emissioni di CO2 e per la tutela del suolo, mentre la produzione di energia rinnovabile e il supporto digitale alla produzione sono già una realtà in gran parte delle imprese. Si tratta tuttavia di un posizionamento che, come emerso anche in un recente rapporto del centro studi Divulga, non caratterizza in maniera trasversale tutte le aziende del tabacco, ma tende ad essere invece un tratto fortemente distintivo per quelle che si trovano all’interno di accordi di filiera integrati, come quello tra Coldiretti e Philip Morris Italia”.
In buona sostanza, se la transizione eco-energetica può trovare nell’innovazione tecnologica e digitale una leva strategica di sviluppo, la stessa diffusione di tali strumenti innovativi necessita di cambiamenti strutturali che interessano l’intero Sistema Paese e che, secondo le imprese, devono principalmente riguardare la riduzione della burocrazia (per 6 intervistati su 10), il miglioramento della politica energetica (nel 33% dei casi e 41% nel tabacco), gli investimenti nelle infrastrutture ambientali (25%) e la promozione dello sviluppo di progetti con fondi pubblici (23%). Per le imprese tabacchicole inoltre risulta fondamentale accelerare la digitalizzazione del Paese, motore abilitante per l’accesso alle tecnologie digitali e all’innovazione.
“Le aziende agricole sono protagoniste indiscusse di questo processo - osserva il presidente della Commissione Agricoltura del Senato, Luca De Carlo - Nessuna transizione è possibile senza il contributo essenziale del settore primario che tuttavia è 'stretto' tra svolta green e aumento dei costi delle materie prime. È per questo indispensabile sostenere ogni investimento utile ad innovare i processi produttivi e a generare energia rinnovabile”.
“Gli obiettivi di sostenibilità che pone il Green Deal, per quanto condivisibili, sono decisamente ambiziosi e non possono essere lasciati solo in capo agli agricoltori senza prevedere strumenti e interventi specifici a supporto. Ecco perché abbiamo chiesto, e ottenuto, che l’Europa destinasse una quota importante dei fondi del Next Generation Eu agli investimenti in innovazione e per la transizione energetica nelle aziende agricole”, conclude Paolo De Castro, presidente del Comitato Scientifico di Nomisma.
Economia
Superbonus, “spesi 123 miliardi a beneficio solo 4%...
L’onere medio per edificio residenziale a carico dello Stato è stato di 247.819 euro. Avrebbe favorito maggiormente i proprietari di immobili con una buona/elevata capacità di reddito
Sfiorano i 123 miliardi di euro gli oneri totali del superbonus a carico dello Stato fino al 31 agosto scorso per meno di 500mila immobili beneficiari dal luglio 2020, pari al 4% del totale dei 12,2 milioni di edifici residenziali italiani. Lo rileva l’Ufficio studi della Cgia
"In un momento così delicato, dove con la prossima legge di bilancio verranno chiesti sacrifici a tutti, aver speso oltre 6 punti di Pil per efficientare uno sparuto numero di abitazioni, fa arrabbiare chiunque abbia un minimo di buon senso", afferma in una nota.
I dati
Secondo la Cgia, il superbonus "stando alle prime indiscrezioni, sembrerebbe aver favorito maggiormente i proprietari di immobili con una buona/elevata capacità di reddito, anziché rivolgersi in via prioritaria alle famiglie meno abbienti che, in linea di massima, presentano una probabilità maggiore di risiedere in abitazioni in cattivo stato di conservazione e con un livello di efficienza energetica molto basso".
Sempre a livello nazionale, l’onere medio per edificio residenziale a carico dello Stato è stato di 247.819 euro. Il picco massimo lo scorgiamo in Valle d’Aosta con 401.040 euro per immobile: seguono la Basilicata con 299.963 euro, la Liguria con 298.314 euro, la Lombardia con 296.107 euro e la Campania con 294.679 euro. Chiudono la graduatoria il Veneto con un costo medio per intervento di 194.913 euro per edificio, la Sardegna con 187.440 e, infine, la Toscana con 182.919 euro
Il tutto con risultati ambientali modesti. "Non tutti, comunque, sono concordi nel ritenere che il Super Ecobonus 110% contribuirà in misura importante ad abbattere le emissioni di inquinanti. Ancorché non ci siano valutazioni scientifiche rigorose sotto il profilo ambientale, l’abbattimento di CO2 sarebbe molto contenuto" afferma l'Ufficio studi citando la Banca d'Italia. "Le prime evidenze dimostrerebbero che nello scenario migliore i benefici ambientali del Superbonus compenserebbero i costi finanziari sostenuti in quasi 40 anni".
Economia
Manovra, Confsal: “Prevedere meccanismo di...
"Il piano di bilancio a medio termine prevede una serie di misure che andranno a declinarsi all’ombra del Pnrr, cogliamo l’occasione per sollecitare non solo l'erogazione di nuovi fondi, ma soprattutto la spesa effettiva, anche introducendo meccanismi premiali per gli implementatori virtuosi". Ad affermarlo è il segretario generale della Confsal, Angelo Raffaele Margiotta dopo che ieri presso la Sala Mappamondo della Camera dei deputati, si è svolta l’Audizione formale della Confsal davanti alle Commissioni riunite Bilancio dei due rami del Parlamento in ordine all'esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine.
"Il fatto che si sia assunta una nuova variabile di riferimento, la spesa netta aggregata - sottolinea Margiotta - deve fungere da stimolo per il governo a perseguire gli obiettivi di politica economica a tutela dei lavoratori e delle lavoratrici, in linea con le disposizioni europee per realizzare una spending review oculata, accompagnata da un’efficace compliance fiscale e da investimenti efficienti nella crescita a sostegno del potere d’acquisto e quindi della domanda interna".
"E’ necessario prevedere - prosegue - un meccanismo di cristallizzazione degli scaglioni Irpef, per poter agire direttamente con misure a protezione dei redditi medio-bassi, fino alla totale abolizione della “tassa sulla povertà. Il taglio del cuneo fiscale e contributivo dovrà essere il volano per creare i margini per garantire ai lavoratori e alle imprese una contrattazione collettiva di qualità, basata su un minimo retributivo tabellare di almeno 9 euro e su tutto un sistema di tutele per i lavoratori di cui, ad oggi, la maggior parte dei Ccnl sono sforniti. Fondamentale è anche destinare le risorse necessarie al rinnovo dei contratti pubblici per adeguare il potere d’acquisto alle dinamiche inflazionistiche". Dalla tax compliance, aggiunge, "dovrebbe arrivare un tesoretto di 2,2 miliardi da spendere per la riduzione della pressione fiscale nella prossima Legge di Bilancio. Ci auguriamo che dette risorse siano effettivamente impiegate per garantire detto fine e che sia incoraggiato - tramite un conto di debito per imposte e contributi sospesi - il comportamento virtuoso di aziende che, nonostante periodi di crisi temporanei, si impegnino a preservare i livelli occupazionali e retributivi", conclude Margiotta.
Economia
G7, Marcegaglia (B7): “Per piena inclusione donne...
“C’è ancora molta strada da fare per arrivare a una piena inclusione delle donne, abbiamo visto che tante cose sono migliorate ma se guardiamo, per esempio, l’imprenditoria femminile, nei grandi settori del futuro la presenza di donne è ancora molto bassa”. Ad affermarlo a margine della Ministeriale G7 sulle Pari Opportunità in corso a Matera è stata Emma Marcegaglia, Chair di B7 Italy, uno degli Engagement Group espressione del settore privato e delle confederazioni industriali che afferiscono ai paesi coinvolti. Durante l’appuntamento è emerso come puntare su diversità e inclusione sia la strada migliore per generare profitti.
“In settori come l’ingegneria e quelli relativi all’Ai la presenza di donne è ancora molto bassa – ha spiegato Marcegaglia - a questo aggiungiamo il fatto che ci sono ancora molte donne che non partecipano alla vita lavorativa. Quello che stiamo chiedendo è che ci sia un cambiamento culturale a partire dalle famiglie, perché a volte ci sono degli stereotipi, per esempio che le ragazze non siano brave a studiare matematica o che non abbiano capacità di leadership. Questo non è vero. In secondo luogo servono politiche che aiutino le donne, soprattutto nel mettere insieme lavoro e vita privata. Per esempio possono aiutare i congedi parentali o avere a disposizione asili che funzionino a buon prezzo".
"Occorre - aggiunge - un impegno anche dalle imprese, che devono concedere part-time e altre forme che siano di supporto. Ci vuole inoltre un’organizzazione diversa che permetta anche alle donne di diventare imprenditrici. Soprattutto serve un accesso facilitato all’educazione nelle materie scientifiche, che sono quelle che possono essere più importanti per il futuro. Se non ci sarà un cambiamento per le donne, il rischio demografico in Italia diventerà sempre più alto”.