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Autonomia differenziata, via libera dal Senato. Schlein: “Ogni strumento per bloccarla”

Il ddl Calderoli approvato con 110 sì. Salvini: "Passo verso Italia più moderna"

Le proteste in Aula durante il voto sull'Autonomia  - Fotogramma

Via libera del Senato all'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Approvato oggi, 23 gennaio, in prima lettura con 110 sì, 64 no e 3 astenuti, il ddl Calderoli. Mentre si completavano le operazioni di voto in Aula, non inquadrati dalle telecamere, alcuni senatori hanno intonato l'inno d'Italia. Motivo per cui il presidente di turno Gian Marco Centinaio ha sospeso l'Aula.

Soddisfatto il leader della Lega Matteo Salvini: "È un passo importante verso un Paese più moderno ed efficiente, nel rispetto della volontà popolare espressa col voto al centrodestra che - ricorda il vicepremier - lo aveva promesso nel programma elettorale, dai referendum di Lombardia e Veneto e dalle richieste dell’Emilia-Romagna e di altre regioni italiane. In questo momento mi sento di rivolgere un pensiero particolare a Bobo Maroni".

"Con l’approvazione dell’autonomia oggi in Senato - rimarca il ministro per gli affari Regionali, Roberto Calderoli - si è compiuto un ulteriore passo avanti verso un risultato storico, importantissimo e atteso da troppo tempo. Avevo previsto che oggi sarebbe stata una bella giornata, e così è stato. Questa è una risposta che dovevo a quelle 14 regioni su 15 a statuto ordinario che ce l’avevano chiesto", sottolinea "con grande soddisfazione".

Di "giornata storica per il Paese" parla il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio Alessandro Morelli. "Dopo anni e anni di battaglie della Lega, siamo finalmente giunti alla prima approvazione di una riforma fondamentale per l’Italia intera, da Sud a Nord, nel pieno rispetto del dettato costituzionale”, afferma il leghista sottolineando come "nell’ambito delle competenze del Dipartimento della Programmazione Economica, da me coordinato, analizzeremo tutti i benefici di questa importante Riforma, nell’attribuzione alle regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni di autonomia seguendo passo passo tutti i benchmark di valutazione. L’autonomia - conclude Morelli - porterà pari dignità in tutta Italia e sarà un incentivo per le Regioni a fare di più e meglio perché il merito e la buona amministrazione saranno determinanti".

Di una "pietra miliare che segna l’accelerata finale verso un traguardo di rinascita per il Paese" parla il governatore del Veneto Luca Zaia. "Il Veneto, la nostra Regione, è stata l’apripista di un percorso che, una volta portato termine, sarà occasione di progresso e giovamento per tutte le realtà territoriali, anche quelle verso le quali rimane indispensabile un’attenzione solidale. L’Autonomia - sottolinea Zaia - sarà il volano, anche in termini di entusiasmo e partecipazione alla vita pubblica, che condividiamo con le nuove generazioni, con i ragazzi che vedono nel cambiamento del Paese le basi per costruire con orgoglio e passione il loro futuro. Ringrazio i Senatori che hanno consentito di coronare questo primo voto positivo del Parlamento. Anche a fronte di tante affermazioni udite in questi giorni - aggiunge poi il governatore leghista - sento di dover ripetere e confermare che l’autonomia non vuole lasciare indietro nessuno, non è la fuga dei ricchi dalla nave in difficoltà. È un nuovo modo di unire e progredire insieme, superando con un moderno regionalismo le rovine di uno statalismo che, questo sì, nei decenni passati ha prodotto territori a differenti velocità”.

Di "un passaggio necessario nella vita della Repubblica" parla il capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri. "Le Regioni, costituite nel 1970, - sottolinea - fanno parte dal ’48 della nostra Costituzione e alcune a statuto speciale, come la Sardegna o la Sicilia, in termini geografici e culturali fanno parte del mezzogiorno. Non si deve avere paura di questa sfida e i Lep, i livelli essenziali di prestazioni e dei servizi, devono essere garantiti in modo uniforme sull'intero territorio nazionale, affinché ogni cittadino italiano abbia gli stessi diritti. Il testo approvato oggi in Senato - rimarca Gasparri - garantisce queste analoghe opportunità nei diversi territori".

"La discussione che c’è stata, anche per iniziativa di Forza Italia con il senatore Occhiuto e altri colleghi, ha introdotto nella normativa queste garanzie fondamentali. Siamo certi - afferma - che sarà una riforma impegnativa ed un banco di prova importante che, con il passaggio definitivo alla Camera, potrà valorizzare i territori in un quadro di unità nazionale. Un passaggio storico che viviamo con spirito positivo, attento, vigile ma anche costruttivo per far sì - conclude - che la maggiore autonomia coincida con la tutela dei diritti di tutti. Il resto è propaganda della sinistra, che, come sempre, semina bugie”.

Soddisfatto anche Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia per il quale un "primo passo verso l'autonomia corona dopo decenni il desiderio di uno Stato più vicino ai cittadini attraverso la devoluzione dei poteri. Indispensabile in questo senso - sottolinea il vicepresidente della Camera - l'uniformità dei livelli essenziali di prestazioni in tutti i territori italiani per evitare che aumenti la distanza tra Regioni ricche e Regioni povere. Ovvio che occorrerà disporre le risorse economiche necessarie al raggiungimento dell'equiparazione. All'interno di questo percorso - afferma Rampelli - , che il governo Meloni è riuscito ad aprire dopo decenni di sabbie mobili, deve assumere un snodo determinante lo status speciale per Roma Capitale".

Opposizioni in rivolta: "Mobilitazione"

Di segno opposto la reazione dell'opposizione con la segretaria del Pd Elly Schlein che va all'attacco della presidente del Consiglio e annuncia mobilitazione. "La nazionalista Giorgia Meloni vuole passare alla storia per essere la presidente del Consiglio che ha spaccato l'Italia. E' una giornata molto pesante. Meloni avvera il sogno secessionista della Lega. Ha ceduto a questo orrendo baratto per fini politici, per la riforma del premierato che cancella la Repubblica parlamentare, mettendo a repentaglio l'unità nazionale".

"Noi ora proseguiremo la battaglia parlamentare alla Camera ma - annuncia - serve una mobilitazione con tutte le altre forze politiche e sociali innanzitutto per spiegare gli effetti devastanti dell'approvazione di questa riforma". E a chi le chiede se pensa alla raccolta firme per un referendum abrogativo, replica: "Intanto ci batteremo nel passaggio parlamentare ma non escludiamo alcuno strumento per bloccare questa riforma che spacca l'Italia".

Stessi toni arrivano dal leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte: "La battaglia continua in Parlamento e continueremo a farla in tutte le sedi: nelle Istituzioni e nel Paese", afferma andando all'attacco di Meloni che "con il voto al Senato su uno scellerato progetto di Autonomia, spacca il Paese e svende il Sud a Salvini: lasciano in un vicolo cieco i territori più svantaggiati del Paese, anziché rilanciarli per il bene di tutti. Cade la maschera - affonda Conte - : non ci sarà nemmeno un centesimo per finanziare i servizi essenziali nei territori più fragili, visto che il progetto è vincolato all’austerità di bilancio. Rischiamo di avere 20 sistemi regionali in ordine sparso che danneggeranno anche il Nord, con imprese che dovranno fronteggiare un caos amministrativo. Si condannano tanti cittadini a sentirsi italiani di serie B, abbandonati a se stessi, con sanità e servizi essenziali al collasso. Noi non ci rassegniamo".

Di una "secessione dei ricchi" parla anche il vicepresidente del M5S Mario Turco secondo cui "con il ddl sull’autonomia differenziata si gettano le premesse per una ancor più marcata divisione tra Nord e Sud e per la conseguente frammentazione del Paese. Un ddl che - afferma - dopo il primo passaggio parlamentare al Senato, certifica che non ci sarà nemmeno un euro per finanziare i servizi essenziali nel Mezzogiorno. Il tutto ha la firma incredibile del partito della premier, Giorgia Meloni, che per provare a salvare la faccia ha corretto la legge Calderoli prevedendo che a fronte di maggiori funzioni e risorse attribuite alle Regioni che chiedono l’autonomia, ci dovranno essere risorse per garantire i servizi essenziali anche nelle Regioni non coinvolte nel percorso, proprio per non approfondire i divari. Ma - sottolinea Turco - con una riformulazione della correzione, imposta dal Mef, alla fine è stato previsto che questo potrà avvenire solo nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica".

"E così cade la maschera perché - incalza il senatore pentastellato - il riferimento agli equilibri di finanza pubblica, per un Governo che ha praticato solo una cieca austerità, ha tagliato pensioni, sanità e investimenti, si è fatto imporre dalla Germania un Patto di stabilità che comporterà altri tagli, significa soltanto che non sarà messo nemmeno un centesimo per i livelli essenziali delle prestazioni nei territori più fragili, soprattutto nel Meridione”.

Anche il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini teme diseguaglianze con un provvedimento "che non porterà nulla di buono ai lavoratori e ai pensionati che rappresentiamo, a partire dalla messa in discussione del contratto nazionale di lavoro e dal definanziamento dello stato sociale. Ma il danno - prosegue il leader Cgil - sarà prodotto all'intero Paese: aumenteranno i divari tra Nord e Sud; alla competizione sociale si aggiungerà quella territoriale; cresceranno ulteriormente le diseguaglianze, verrà meno la stessa possibilità di una politica industriale e di coesione nazionale. È questa - aggiunge - la naturale conseguenza, da una parte del cosiddetto residuo fiscale che le Regioni più ricche potranno trattenere per sé, dall'altra della frammentazione delle politiche pubbliche su materie di straordinaria rilevanza strategica come ambiente, energia, infrastrutture, ricerca e molte altre ancora".

"Pensare che sfide cruciali come la conversione ecologica del nostro sistema produttivo e la transizione digitale possano essere affrontate con scelte diverse per ciascuna Regione vuol dire non avere la consapevolezza della fase storica che stiamo attraversando. Per non parlare della regionalizzazione della Scuola, che tra tutti i difetti di questo Disegno di legge rappresenta, a nostro avviso, il più pericoloso per l'unità e l'identità culturale dell'Italia”, aggiunge Landini che preannuncia , "non da soli, ma insieme a tutti coloro che si sono battuti fin dall'inizio contro questa scelta sbagliata e controproducente", una opposizione che metterà in campo "tutti gli strumenti che la democrazia mette a disposizione, per impedire che il Governo spacchi il Paese e ne comprometta il futuro”.

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Politica

Europee, Meloni in campo: “Scrivete Giorgia sulla...

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Salvini si videocollega in strada con la figlia Mirta. La presidente del Consiglio punge: "Ci ha preferito il ponte"

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni (Fotogramma)

A Pescara, poco più di un mese fa, mimò il gesto di chi calza l'elmetto. A distanza di un mese, sempre a Pescara, Giorgia Meloni quell'elmetto lo indossa davvero, pronta a scendere in campo per le elezioni europee dell'8 e 9 giugno, capolista in tutte le circoscrizioni. L'annuncio, atteso ma ormai diventato un 'segreto di Pulcinella', arriva in chiusura di un intervento di ben 73 minuti, in cui la leader di FdI puntella tutte le battaglie portate avanti in questi 18 mesi al governo del Paese. Seduti in prima fila i leader di centrodestra, tutti eccetto uno: Matteo Salvini, che si videocollega da via del Corso, con la figlia Mirta al suo fianco, gli 'impegni improrogabili' che hanno fatto saltare la sua presenza a Pescara sono legati all'ultima domenica da trascorrere in famiglia prima di dare il via alla maratona elettorale. "Ci ha preferito il ponte…", punge Meloni, che però corregge subito il tiro: "Scherzo ovviamente, so quanto è importante trovare il tempo da dedicare alla famiglia". Nel pomeriggio arriva la telefonata tra i due, per fare il punto sulla kermesse e darsi appuntamento a Roma, fanno sapere dai rispettivi staff.

Sorridente, ma a tratti un po' tesa, Meloni dal palco vista mare spiega che gli otoliti continuano a darle il tormento: "Mi sembra di essere su un ottovolante", confessa. "Ma tranquilli, ce la faccio", rincuora la platea, tanto da essere ancora una volta pronta a mettersi in gioco. "Mi sono sempre considerata un soldato e i soldati, quando devono, non esitano a schierarsi in prima linea". "Siamo di fronte a una battaglia decisiva, un vero e proprio bivio che non consente di sbagliare la scelta o di tirarsi indietro. Tutti devono essere pronti a fare la loro parte e io, come sempre, intendo fare la mia". Trainando la corsa di FdI alle europee e intestandosi una battaglia per l'intero centrodestra: "Vogliamo fare in Europa esattamente quello che abbiamo fatto in Italia il 25 settembre del 2022: creare una maggioranza che metta insieme le forze di centrodestra e mandare finalmente all'opposizione la sinistra anche in Europa".

Per centrare l'obiettivo, la presidente del Consiglio spinge sull'acceleratore. Incurante di chi guardava come fumo negli occhi a una sua possibile discesa in campo, decide di calarsi nell'arena dando alla sua corsa il massimo della personalizzazione: "Scrivete sulla scheda Giorgia, semplicemente Giorgia", raccomanda a chi vorrà votarla. Un'astuzia da campagna elettorale, resa possibile dalla legge, spiegherà poi ai cronisti un po' interdetti dalla scelta il ministro Francesco Lollobrigida.

"Non toglierò un solo minuto all'azione di governo"

"C'è la possibilità, nelle elezioni di ogni tipo – spiega infatti il responsabile delle Politiche agricole -, di dare all'elettore la scelta se mettere il nome per esteso oppure semplificarlo quando è chiarito in fase di presentazione di candidatura come è sostituibile il nome. Accade in tutte le elezioni", in queste "ci sarà scritto 'Giorgia Meloni detta Giorgia'". Un piccolo artificio tecnico e le jeux sont faits.

Si tratta di una trovata elettorale che la premier investe di un forte valore simbolico. "Se gli italiani pensano che stia facendo bene – dice infatti mentre la sala gremita scandisce il suo nome - chiedo loro di andare a votare, chiedo loro di scegliere Fratelli d'Italia e chiedo loro di scrivere sulla scheda il mio nome, il mio nome di battesimo: scrivete Giorgia. La cosa che personalmente mi rende più fiera è che la maggior parte dei cittadini che si rivolge a me continua a chiamarmi Giorgia, semplicemente Giorgia. Non presidente, non Meloni, ma Giorgia. Perché io sono e sarà sempre una di voi: il potere non mi cambierà, il Palazzo non mi isolerà", promette in quell'Abruzzo che sembra portarle fortuna.

La campagna elettorale, però, non la vedrà giocare nel ruolo da protagonista, tutt'altro. Per lei sarà 'light', ristretta, come già accaduto nel 2009, quando Silvio Berlusconi, candidato alle europee ma al timone di Palazzo Chigi, prese parte solo al comizio finale, forte del ruolo da presidente del Consiglio costantemente sotto i riflettori. "Su una cosa voglio essere chiara e so che mi capirete – rimarca la premier -: io non toglierò un solo minuto dell'attività del governo per fare campagna elettorale sul mio nome. Il mio compito è risolvere i problemi di questa nazione e questo intendo fare anche in campagna elettorale".

Anche Arianna Meloni in campo per la campagna elettorale

Dunque l'affondo sul Pd. "Siccome, per fortuna, non sono la segretaria del Partito Democratico – dice -, penso di poter confidare nel fatto che il mio partito sarà del suo meglio per darmi una mano in questa campagna elettorale". Lo schema di gioco, del resto, è già pronto. Incentrato sul 'modello Pescara', con i panel di discussione che hanno animato la 'tre giorni' della conferenza programmatica replicati in tutta Italia, protagonisti ministri, sottosegretari e nomi di peso del partito di via della Scrofa.

Compreso quello di Arianna Meloni, la più fedele dei fedelissimi, responsabile della segreteria politica e del tesseramento di FdI, decisiva per le sorti del partito ma sempre convintamente e per scelta nell'ombra. Non correrà nemmeno stavolta, ma darà una mano in campagna elettorale prendendo parte a un evento in Salento.

L'obiettivo, dichiarato, resta quello di replicare il voto messo a segno alle politiche, il 26%. Ma qui, tra i delegati e i militanti di FdI che hanno riempito le tre sale di Pescara, nessuno fa mistero di puntare più in alto: con il nome di 'Giorgia' sulla scheda, il tetto del 30% potrebbe essere a portata di mano. (dall'inviata Ileana Sciarra)

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Giorgia Meloni, Mantovano: “Mai a rischio la sua...

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Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio riferisce in merito a notizie giornalistiche sulla presenza di due uomini vicino all'auto dell'ex compagno della premier, Andrea Giambruno

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano (Fotogramma)

"La sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio". Lo sottolinea il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, in riferimento a notizie giornalistiche che parlavano della presenza di due uomini nei pressi dell'auto dell'ex compagno della presidente del Consiglio, Andrea Giambruno.

"Dell'episodio accaduto sotto l'abitazione del presidente del Consiglio nella notte tra il 30 novembre e il 1 dicembre, mentre il presidente Meloni era impegnata in una missione all'estero, ho puntualmente riferito - quale Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica - nella mia ultima audizione al Copasir il 4 aprile scorso. Non ho difficoltà a ribadire quanto già chiarito nella sede parlamentare propria, e cioè che gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell'intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento nell'episodio di appartenenti ai Servizi".

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Europee, Calenda si candida: “La scelta di Meloni...

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"In tutte le circoscrizioni"

Carlo Calenda (Fotogramma)

Il leader di Azione Carlo Calenda si candida alle elezioni Europee. "Dopo aver consultato il Direttivo del partito, i o ed Elena Bonetti abbiamo deciso di accettare la sfida e candidarci insieme in tutte le circoscrizioni - annuncia - per dare ancora più forza alla squadra di straordinaria qualità che abbiamo messo in campo da settimane, con un programma netto e chiaro e l'obbligo per tutti i candidati di aderire al gruppo Renew. Siamo europei e lo dimostreremo l'8 e il 9 giugno" aggiunge.

"Dobbiamo opporci al progetto di Giorgia Meloni"

"Nei mesi scorsi ho più volte sollecitato pubblicamente tutti i leader politici a firmare un accordo per non candidarsi alle Europee" dice. "Schlein e Tajani hanno già scelto la strada della candidatura diretta. Ma la discesa in campo della presidente del Consiglio e la sua piattaforma antieuropea e sovranista, cambiano completamente lo scenario. Dobbiamo opporci con tutti i mezzi al progetto di 'una piccola Italia in una piccola Europa' di Giorgia Meloni. È necessario rispondere a questa sfida antieuropea mettendosi direttamente in gioco".

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