Economia
Bonus prima casa anche per chi è già proprietario di un...
Bonus prima casa anche per chi è già proprietario di un immobile: quando scatta l’obbligo di vendita
Il bonus prima casa può essere fruito anche da chi è già proprietario di un immobile. Obbligatoria la rivendita in due situazioni: se per il precedente acquisto sono state già applicate le agevolazioni fiscali e se l’immobile posseduto è nello stesso Comune del nuovo. Tutte le regole e le condizioni da rispettare
Il bonus prima casa si applica anche se si è già proprietari di un immobile, ma nel rispetto di specifiche condizioni.
In linea generale, si ha diritto alle agevolazioni prima casa una sola volta. Chi ha già acquistato un’abitazione beneficiandone, dovrà impegnarsi alla rivendita della stessa entro il termine di un anno dal nuovo acquisto.
L’obbligo di rivendita si applica però anche a chi è già proprietario di un immobile nel Comune in cui è situato quello che si intende acquistare, anche se non sono state applicate le agevolazioni fiscali.
Un focus di regole e requisiti per l’accesso al bonus prima casa.
Il bonus prima casa spetta una sola volta: le regole per chi è già proprietario di un immobile
La normativa in materia di bonus prima casa, disciplinata dalla Tariffa parte I, nota II bis del DPR n. 131/1986, è stata più volte rivista con il fine di rendere più agevole, in presenza di tutti i requisiti richiesti, l’accesso alle agevolazioni fiscali.
Tra le modifiche più di rilievo quelle che hanno interessato i contribuenti già possessori di immobili acquistati beneficiando della riduzione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali.
Dal 1° gennaio 2016 è infatti possibile fruire una seconda volta del bonus prima casa, a patto però di impegnarsi alla rivendita dell’immobile già posseduto.
Nell’atto di acquisto dell’immobile sul quale si richiede l’applicazione delle agevolazioni fiscali è necessario quindi inserire una specifica dichiarazione in merito all’impegno di alienazione dell’abitazione in proprio possesso entro il termine di 12 mesi.
La vendita dell’immobile già in possesso del contribuente può avvenire anche prima dell’acquisto della nuova casa e, in tal caso, si avrà diritto ad un credito d’imposta da utilizzare in compensazione pari all’imposta di registro o all’IVA corrisposta per il primo acquisto agevolato. Anche in questo caso è necessario che la nuova casa sia acquistata entro un anno.
Bonus prima casa per un solo immobile nello stesso Comune
L’impegno alla rivendita interessa non solo chi ha già beneficiato del bonus prima casa, ma anche chi è già proprietario di un’abitazione all’interno del Comune in cui si intende effettuare il nuovo acquisto.
Nell’atto di compravendita è infatti richiesto al contribuente di dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge di un immobile in proprietà, uso, usufrutto o abitazione, all’interno dello stesso territorio comunale.
Se si è invece già proprietari di un’abitazione nel Comune, scatta la possibilità di accedere al bonus prima casa con il vincolo della vendita della stessa entro un anno.
Dalla casa in un Comune diverso alla nuda proprietà: quando il bonus prima casa spetta senza vincoli
L’obbligo di rivendita non si applica a chi è già proprietario di un immobile, acquistato senza i benefici prima casa, in un Comune differente.
In tal caso l’accesso al bonus prima casa è libero e svincolato da ulteriori condizioni.
Anche la titolarità della sola nuda proprietà su un immobile nello stesso Comune in cui è situata l’abitazione che si intende acquistare non prevede condizioni extra per l’accesso al bonus prima casa.
A specificarlo è l’Agenzia delle Entrate nella guida dedicata alle agevolazioni fiscali, evidenziando come il nudo proprietario non ha il possesso dell’immobile, che resta in capo all’usufruttuario. Una regola che tuttavia si applica a condizione che la nuda proprietà non sia stata acquistata beneficiando del bonus prima casa.
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“Oltre ai morti ‘sul’ lavoro - ha precisato Luzzi - sono da conteggiare anche i morti ‘per’ lavoro, quei 7.000 all’anno deceduti per le conseguenze della propria attività lavorativa, poi ci sono le malattie professionali, le aggressioni sui luoghi di lavoro e anche questioni ancora non evidenti come i rischi dello smart working”.
“Sono numeri grossi, anche se in linea con quelli della maggior parte dei paesi europei, ma che ci spingono a fare qualcosa, come lo sta facendo Confsal con più risorse alla sicurezza e qualità alle proposte”, ha concluso il segretario di Feder.Agri.
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“Serve ancora molto lavoro per la definitiva applicazione della parità di genere nel lavoro, in tutti gli ambiti: istruzione, ricerca, sanità - ha detto Serafini - per questo noi abbiamo firmato un contratto centrato sulla dignità dei lavoratori, anche se è ancora un contratto ponte e si può migliorare”.
“Molto di può fare grazie ai fondi del Pnrr, che portano ossigeno anche nel mondo dell’istruzione e aprono a nuove situazioni prospettiche in tutti i settori lavorativi”, ha aggiunto la segretaria di Snals.