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Cronaca

Alessia Lautone, direttrice di ‘LaPresse’...

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Alessia Lautone, direttrice di ‘LaPresse’ aggredita a Milano

"L'uomo continuava a fare il gesto di volermi sgozzare. Così, senza motivo", ha denunciato la giornalista su 'X'. La solidarietà della politica

Alessia Lautone

Alessia Lautone, direttrice dell'agenzia di stampa LaPresse, ha denunciato di essere stata aggredita da un uomo questa mattina a Milano, nella zona della Stazione Centrale.

"Sono stata aggredita con spinte e insulti. L'uomo continuava a fare il gesto di volermi sgozzare. Così, senza motivo. Mattinata da incubo in via San Gregorio a Milano", ha scritto la giornalista sul suo profilo X.

La giornalista ha ricevuto la solidarietà di numerosi esponenti politici.

"Solidarietà e vicinanza al direttore dell’agenzia di stampa LaPresse, Alessia Lautone, che oggi è stata aggredita nella zona della stazione Centrale a Milano", dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. "Voglio esprimere affettuosa solidarietà alla direttrice di LaPresse Alessia Lautone, vittima di un’aggressione a Milano da parte di un balordo", dice in una nota il vicepremier e segretario della Lega, Matteo Salvini. "Troppi episodi come questo: purtroppo non credo che l’insicurezza in città sia frutto di una campagna mediatica contro il Comune", commenta Salvini.

"Piena solidarietà alla direttrice dell’agenzia LaPresse, Alessia Lautone, aggredita oggi, con spinte e insulti, in pieno centro a Milano. Un episodio, l’ennesimo, che dimostra ancora una volta in quale grave situazione di totale insicurezza versi la città", scrive in una nota, Licia Ronzulli, senatrice di Forza Italia e vicepresidente del Senato.

"E’ inammissibile che sulla sicurezza l’azione del sindaco Sala sia totalmente fallimentare e non tuteli i cittadini che a Milano rischiano pressoché quotidianamente per la loro incolumità. Il governo e il centrodestra sul tema sicurezza hanno previsto interventi concreti, potenziando i presidi sul territorio e stanziando maggiori risorse per le forze dell’ordine. Sarebbe opportuno che anche il sindaco Sala decidesse finalmente di fare la sua parte a tutela dei milanesi", aggiunge Ronzulli.

"Solidarietà alla direttrice di LaPresse Alessia Lautone per la vile aggressione che ha subito stamattina a Milano", dice il vicepresidente del Senato Gian Marco Centinaio. "La questione della sicurezza in città è sempre più seria. Servono provvedimenti immediati, il sindaco Sala non può ignorare ancora il problema o continuare a cercare palliativi”, osserva il senatore leghista.

"Rivolgo alla direttrice dell'agenzia di stampa LaPresse, aggredita oggi a Milano, le espressioni della più sentita solidarietà. Auspico che il responsabile venga individuato al più presto", afferma il presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana.

"Sono solidale, insieme a tutto il gruppo di Noi moderati, con la direttrice dell’agenzia LaPresse Alessia Lautone. Condanniamo fermamente l’attacco, gestuale, verbale e fisico, da lei subito nelle vie del centro di Milano. È solo uno, e non l’ultimo, di una serie di fatti violenti che stanno interessando la città, e crea sconcerto che proprio Milano sia in testa a classifiche sull’indice di criminalità predatoria, con quasi 7mila reati denunciati ogni 100 mila abitanti e denunce in crescita", afferma Maurizio Lupi, presidente di Noi Moderati. "Ogni cittadino -aggiunge- deve poter essere libero di circolare nelle vie della propria città, senza dover temere per la propria incolumità. Bisogna investire sulla sicurezza”.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

Tatuaggio fa identificare uno dei cadaveri in mare

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Tatuaggio fa identificare uno dei cadaveri in mare

E' stata la foto del tatuaggio a forma di dragone, la cui immagine è stata diffusa dalla stampa, a permettere l'identificazione del cadavere di un uomo, in avanzato stato di decomposizione, trovato, il 13 aprile, dalla Capitaneria di porto di Milazzo, nella zona di mare tra l'isola di Vulcano e il promontorio di Capo Tindari del Comune di Patti (Messina). A contattare via social la Capitaneria è stato un cittadino tunisino che sembrerebbe essere il fratello dell'uomo, riconosciuto attraverso la foto del tatuaggio del dragone. L'uomo ha anche detto che il fratello aveva altri due tatuaggi, la tela di un ragno e uno scorpione, informazioni che finora non erano state diffuse dalla procura.

Prende così ancora più piede l'ipotesi, avanzata già nei primi giorni dopo il ritrovamento, che l'uomo facesse parte di un gruppo di 18 tunisini partiti dalla città di Biserta, fra il 5 e il 6 febbraio, e naufragati al largo della Sardegna. Del naufragio, il 23 marzo, aveva chiesto informazioni, inviando una mail alla Capitaneria di porto di Cagliari, il Consolato della Repubblica Tunisina di Roma che aveva allegato anche la lista dei nomi delle 18 persone scomparse. Indagini sono ancora in corso per accertare definitivamente l'identità del cadavere e, tramite la Capitaneria di Porto di Milazzo, la procura, guidata da Angelo Vittorio Cavallo, ha avviato contatti con il Consolato per avere ulteriori elementi utili ai fini dell'identificazione.

Altri tre cadaveri di tre uomini sono stati ritrovati fra il 17 marzo e il 19 aprile a largo delle isole Eolie e a Rodia di Messina. Anche in questo caso le procure competenti stanno svolgendo indagini per identificarli.

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Cronaca

Vetro nel minestrone, richiamato un lotto

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Il provvedimento riguarda il minestrone classico (850 grammi) 'Valle degli orti'

Un piatto di minestrone

Presenza di vetro in confezioni di minestrone che vengono richiamati dal mercato. Il provvedimento riguarda il minestrone classico (850 grammi) 'Valle degli orti' prodotto da Frosta, il lotto è il numero L4043F10. Secondo le indicazioni del ministero della Salute, il richiamo è dovuto "alla presenza di un corpo estraneo (vetro)".

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Cronaca

Depistaggio Borsellino, la difesa al contrattacco

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L'avvocato Seminara

(dall'inviata Elvira Terranova).- Più che un'arringa difensiva sembra un atto di accusa. Contro quei magistrati che si occuparono delle indagini sulla strage di via D'Amelio, definiti "superficiali", ma anche contro chi ha dichiarato in vari processi "attendibile" il falso collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino. Parla di "troppe contraddittorietà sulla sparizione dell'agenda rossa del giudice Paolo Borsellino" e ricorda che i due poliziotti che difende erano solo l'ultima ruota del carro. Va all'attacco sin dalle prime parole del suo intervento, l'avvocato Giuseppe Seminara, legale di Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, due dei tre poliziotti accusati di calunnia aggravata in concorso nel processo d'appello sul depistaggio sulla strage di via D'Amelio.

"Si contesta agli imputati l'aggravante di avere agito per occultare la responsabilità di altri soggetti nella strage di via D'Amelio - dice Seminara- Questa aggravante viene contestata anche a Ribaudo e a Mattei, rispettivamente agente e vice sovrintendente della Polizia di Stato. Cioè, stiamo parlando degli ultimi due gradi della scala gerarchica che rispetto al vertice hanno una tale distanza che parlare di comunicabilità è un'offesa a quello che pensiamo possa avvenire nella normalità". E aggiunge: "Si tratta di due soggetti che fanno parte degli ultimi gradini della scala gerarchica e contestare queste accuse è quanto meno singolare". Poi aggiunge: "L'imputato ha fede nella giustizia. Il rappresentante dell'accusa, a mio parere, ha perso la fede verso la giurisdizione. Sostenere l'attendibilità per l'unghia del piede di Vincenzo Scarantino è qualcosa di aberrante. I giudici in diverse occasioni, dalle sentenze Borsellino, uno, bis e ter, hanno riconosciuto l'attendibilità di Scarantino. E' incredibile quante volte gli avvocati hanno urlato vendetta rispetto a quel tipo di procedimento".

Sono tre, in tutto, i poliziotti imputati, con l'accusa di aver costruito a tavolino falsi pentiti, inducendoli a mentire, per depistare le indagini sulla strage di via D'Amelio. Si tratta di Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei. Al termine della requisitoria il procuratore generale di Caltanissetta, Fabio D'Anna ha chiesto 11 anni e 10 mesi di carcere per Mario Bo e 9 anni e 6 mesi ciascuno per Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Le stesse pene richieste nel processo di primo grado. Il tribunale di Caltanissetta, in primo grado, il 12 luglio 2022, aveva dichiarato prescritte le accuse contestate a Bo e Mattei, mentre Ribaudo venne assolto.

"Sulla sparizione dell'agenda rossa, si è detto che non è stata Cosa nostra, ma questo interesse ad avere l'agenda rossa è compatibile e finalizzato al compimento della strage? - si chiede l'avvocato Seminara - Il fatto che qualcuno avesse interessa a prendere l'agenda significa che questo qualcuno è partecipe alla strage? Sull'agenda rossa quanti elementi abbiamo avuto"'. Seminara parla di "contraddittorietà" su "una questione già molto discutibile e contraddittoria", cioè la sparizione dell'agenda rossa del giudice Borsellino. Scomparsa subito dopo la strage del 19 luglio 1992. "Questa borsa di Borsellino prima di arrivare nella stanza di Arnaldo La Barbera", l'ex dirigente della Squadra mobile di Palermo, "dove arriva, potrebbe avere percorso altre vie e potrebbe essere stata portata in procura", dice Seminara.

"Sull'agenda rossa purtroppo abbiamo un tale numero di circostanze che ci impedisce di poterla ritenere un elemento rilevante ai fini del presupposto dell'appartenenza di soggetti estranei a Cosa nostra nella fase di programmazione ed esecuzione della strage. In linea teorica ipotizziamo che vi sia stata una corrispondenza di interessi. E' pacifico che un gruppo di soggetti partecipanti all'attività criminale possa avere avuto un interesse diverso, ma in che cosa si è concretizzato? Quando abbiamo potuto estrapolare un elemento oggettivo che possa farci giungere alla prova che rispetto alla fase dell'esecuzione della strage vi sia stato l'intervento di istituzioni o soggetti esterni?". E sottolinea: "L'interesse ad avere l'agenda rossa è compatibile al compimento della strage? Sull'agenda rossa quanti elementi abbiamo avuto? Sono stati aggiunti elementi di criticità a una situazione già contraddittoria. Noi ipotizziamo che vi sia stata una corrispondenza di interessi di soggetti partecipanti all'attività criminale".

Il legale ha iniziato il suo intervento ricordando le vittime della strage ma anche le 'vittime collaterali', cioè quei sette innocenti condannati ingiustamente all'ergastolo proprio per le accuse del falso pentito Scarantino. "A 30 anni e oltre dall'eccidio della strage di via D'Amelio questa difesa ritiene di rinnovare il proprio cordoglio per le vittime e i loro familiari. Ma così come ho fatto in primo grado intendo esprimere anche la partecipazione al dolore dei cittadini ingiustamente condannati. Perché si sgombri il campo, per tutti questi soggetti, appartenenti o meno ad associazioni criminali", dice Seminara.

Ricorda anche l'ex Procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra e l'ex dirigente della Squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, morti, più volte citati dall'accusa nel corso del processo. "Ci è stato detto di non fare un processo ai morti, dal procuratore Tinebra al dottore La Barbera, ma si perde di vista un'altra cosa: manca la possibilità di avere il loro contributo che per noi sarebbe stato di grandissimo aiuto. Perché avrebbe consentito di contrastare molti dei passi che hanno riguardato i collaboratori di giustizia del processo di primo grado", dice l'avvocato Giuseppe Seminara. E sull'ex capo del gruppo investigativo 'Falcone e Borsellino' La Barbera, aggiunge: "Non vi e' possibilità di pensare che Arnaldo Barbera, con la sua lunga esperienza, non avesse fatto cancellare ogni prova per evitare che la sua carriera venisse notevolmente compromessa".

La seconda parte della sua arringa difensiva è stata dedicata ai collaboratori di giustizia Francesco Di Carlo, Vincenzo Onorato e Vito Galatolo ritenuti "inattendibili" con le loro dichiarazioni. Il processo proseguirà martedì prossimo, 7 maggio, per la conclusione dell'arringa difensiva dell'avvocato Seminara e per ascoltare la difesa del poliziotto Mario Bo, l'avvocato Giuseppe Panepinto. La sentenza dovrebbe essere emessa il 4 giugno.

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