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Uber Eats in Italia: il tramonto di un gigante della consegna a domicilio

Uber Eats è una delle più grandi aziende al mondo che offre servizi di food delivery, che ha attraversato il panorama globale lasciando una scia inconfondibile. Nata nel cuore pulsante della Silicon Valley, l’azienda è l’emblema dell’innovazione e della modernità: una storia di successo che ha riscritto le regole del gioco nel settore della ristorazione. Da una singola città statunitense, San Francisco, Uber Eats ha esteso le sue ali in oltre 30 paesi, portando la comodità di un pasto caldo consegnato alla porta di casa a milioni di persone in tutto il mondo.

La sua entusiasmante avventura in Italia ha avuto inizio nel 2016, un’incursione coraggiosa in un mercato storicamente dominato dalla cucina locale e da un amore per la tradizione culinaria. Eppure, Uber Eats ha saputo navigare tra le onde dell’innovazione e della tradizione, creando un ponte tra la comodità della tecnologia e la passione per il buon cibo.

Ma, come un tramonto dopo una giornata luminosa, Uber Eats ha recentemente annunciato il suo ritiro dal territorio italiano a partire dal 15 luglio 2023, ponendo fine a un capitolo avventuroso nella sua storia. Nonostante una crescita esponenziale a livello globale e un modello di business che ha riscritto le regole dell’innovazione, il suolo italiano si è rivelato essere un terreno difficile. Non una sconfitta, ma un ritiro strategico, un’opportunità per ripensare, rinnovarsi e affrontare nuove sfide.

Un capitolo si chiude, ma la storia di Uber Eats è ancora in divenire. Analizziamo insieme le ragioni di questa decisione e il profondo impatto che la sua presenza ha avuto sul nostro Paese.

L’evoluzione di Uber Eats in Italia

Uber Eats ha intrapreso la sua audace espansione nel cuore del Belpaese, prendendo le mosse dalle luccicanti metropoli di Roma e Milano, per poi estendersi ad altre 60 città di media e ampia estensione, scontrandosi con le potenze rivali di Glovo e Deliveroo, nonché confrontandosi con la labirintica tessitura delle normative locali e le acrimonie riguardanti i diritti dei lavoratori.

Ciononostante, malgrado queste sfide, Uber Eats è riuscita a rivendicare un ruolo di protagonista nel teatro della consegna a domicilio, abbracciando incessantemente una filosofia di innovazione. Uber Eats, infatti, ha perpetuamente introdotto e sperimentato funzioni inedite e diversificato i propri servizi con costanza.

Un’espressione vivida di tale indole innovativa è stata l’implementazione della possibilità di ritiro in loco presso il ristorante, offerte speciali e la consegna di viveri, oltre al consueto cibo preparato, durante il periodo del lockdown dovuto alla pandemia.

L’innovazione per Uber Eats

Già nel 2019, l’azienda aveva annunciato l’intenzione di utilizzare droni per le consegne a domicilio all’insegna della velocità e della tecnologia. Ha anche avviato una collaborazione con Apple e Google, offrendo come modalità di pagamento rispettivamente ApplePay e GooglePay. Sempre nel rispetto del suo spirito pionieristico, Uber Eats ha anche introdotto l’opzione di preordine per cenare direttamente nel ristorante, tuttavia questa funzionalità non è mai arrivata in Italia.

Ha sostenuto l’industria della ristorazione nel Paese collaborando con migliaia di ristoranti e permettendo loro di espandere la propria clientela, fornendo allo stesso tempo nuove opportunità di business.

L’impatto di Uber Eats sul mercato italiano

Pur considerando il ritiro, l’effetto di questa azienda sul nostro mercato è stato ed è tuttora significativo perché ha cambiato in modo in cui le persone hanno iniziato a richiedere il cibo pronto direttamente nelle proprie case. Ma ha anche creato nuove opportunità di lavoro per i consegnatari e nuovi canali di vendita per i ristoratori.

Le positive innovazioni hanno però anche sollevato questioni sui diritti e la sicurezza dei Riders e controversie sulla struttura fiscale delle commissioni.

Perché Uber Eats ha cessato di operare in Italia

Nonostante il successo, l’azienda ha affrontato nel nostro Paese numerosissime sfide, prima tra tutte la concorrenza con le altre applicazioni di consegna. Ma non bisogna dimenticare anche la complessità delle leggi locali e le controversie circa i diritti dei lavoratori e i contratti non adeguatamente definiti. L’azienda ha dichiarato in un comunicato stampa ufficiale di aver avuto sempre come modello quello di un business sostenibile, ma le prospettive di crescita non hanno rispecchiato le aspettative originali. L’insieme di questi fattori ha contribuito alla decisione finale di chiudere l’operatività nel nostro Paese.

Le conseguenze per i ristoratori e per i dipendenti

Il fatto che Uber Eats si sia ritirato dal mercato ha avuto un forte impatto sui lavoratori coinvolti e sui ristoratori che collaboravano con l’applicazione. Da una parte i fattorini che hanno dovuto cercare piattaforme alternative di consegna per continuare l’attività e i ristoratori che hanno iniziato a cercare altri canali per raggiungere nuovi clienti o quelli già acquisiti attraverso la app. Sono circa 40 i dipendenti che lavorano negli uffici di Milano ad essere stati licenziati e migliaia i rider sparsi in tutta Italia.

Qual è il futuro delle consegne di cibo a domicilio

Con la partenza definitiva di Uber Eats, il panorama delle consegne a domicilio nell’ambito food si prepara a un nuovo cambiamento. Aziende come Deliveroo e Glovo possono sicuramente consolidare la propria posizione per coinvolgere gli utenti orfani di Uber Eats ma allo stesso tempo potrebbero apparire nuovi attori sul mercato, nel tentativo di approfittare di questo nuovo “spazio” vacante.

Gig economy e diritti del lavoro

L’esempio di Uber Eats ha sollevato l’attenzione sulle questioni relative a un modello di lavoro basato su contratti flessibili e a chiamata, ma senza la tipica protezione dell’impiego tradizionale. Questo dibattito è destinato a intensificarsi e arricchirsi anche dal punto di vista normativo, per cercare un maggiore equilibrio tra flessibilità e sicurezza per i lavoratori temporanei.

Uber Eats e crescita sostenibile

Ma nella pratica, come e perché è stata raggiunta la decisione di uscire dal mercato? Lo studio circa la sostenibilità del business necessita di dati e indicatori che gli esperti di project management utilizzano per valutare le performance. Lo studio può includere analisi dei trend di crescita dei ricavi ma anche i costi necessari per acquisire clienti, le spese sostenute e le previsioni relative al mercato.

Come molte altre aziende della delivery, Uber Eats ha un modello di business con margini ristretti e a questo deve corrispondere necessariamente una crescita rapida e costante per coprire tutti i costi ed essere redditizio. In Italia, tuttavia, questo tipo di mercato è altamente competitivo e con protagonisti consolidati: la crescita così diventa più difficile.

E se la base di clienti di Uber Eats non sembra destinata a crescere in modo sufficientemente rapido o se l’acquisizione dei nuovi clienti rivela costi eccessivi (ad esempio attraverso sconti e promozioni che riducono ulteriormente i margini), la conseguenza è una ulteriore pressione sul profitto complessivo.

Cosa rimane di Uber Eats in Italia

Uber è la società madre che, prima di Uber Eats, si è inizialmente proposta come servizio di car sharing e quindi nel settore della mobilità, dove continua e continuerà ad essere protagonista anche nel nostro Paese. 

Uber garantisce diversi servizi che consentono agli utenti di prenotare viaggi in auto con un conducente direttamente da un’applicazione sullo smartphone, con la possibilità di scegliere anche la tipologia di aiuto. Anche questi servizi hanno dovuto affrontare diverse problematiche, tra cui si sono evidenziate le proteste da parte dei tassisti professionisti e la necessità di rispettare tutte le normative locali. L’azienda ha comunque continuato ad investire nel servizio di mobilità riconoscendo il potenziale di crescita. Ad esempio, in alcune città, gli utenti possono già scegliere di viaggiare con auto elettrica o ibrida ed inoltre l’azienda sta cercando ulteriori modalità per migliorare il proprio impatto ambientale.

L’uscita dal mercato di Uber Eats segna la fine di un’epoca ma il suo impatto sarà duraturo, offrendo riferimenti importanti sia nel settore della food delivery che della gig economy, per quanto riguarda le innovazioni nel mondo del lavoro flessibile e delle consegne a domicilio.

Il vuoto incolmabile che lascia Uber Eats nel nostro Paese

A dispetto di queste possibili prospettive, un senso di perdita pervade i cuori di tutti quegli italiani che hanno utilizzato la piattaforma in questi anni. La verità è che Uber Eats, con il suo servizio impeccabile e la sua presenza ubiqua, lascerà un vuoto che sarà difficile da colmare.

È un vuoto che va oltre la semplice assenza di un servizio di consegna cibo. È un vuoto che risuona con l’eco di momenti condivisi, di serate tra amici salvate da un pasto inaspettato, di incontri a tarda notte con il solo conforto di un pasto caldo portato alla porta. È un vuoto che parla di innovazione, di cambiamento, di una rivoluzione silenziosa ma palpabile nel modo in cui viviamo e consumiamo.

La partenza di Uber Eats è, in realtà, molto più di una perdita commerciale: è una ferita nell’anima del nostro Paese, un taglio profondo nel tessuto della nostra quotidianità. Si tratta di una perdita di ciò che era diventato un elemento così integrato nelle nostre vite da sembrare quasi scontato.

Non è solo una questione di convenienza, ma di connessione. Un po’ come un sentimento di familiarità, di un senso di comunità che viene meno. Un servizio che, pur essendo globale, ha sempre avuto il potere di farci sentire a casa, ovunque fossimo.

Certo, il mondo non si fermerà. Nuovi servizi emergeranno, vecchi servizi si adatteranno e la vita continuerà. Ma quel vuoto, quel senso di mancanza che Uber Eats ci lascia, sarà difficile da riempire.

E così, mentre ci prepariamo a dire “arrivederci” a Uber Eats, ricordiamoci di quello che era e di come ha cambiato il modo in cui mangiamo, di come ha unito le persone, di come ha toccato le nostre vite. Ricordiamoci di Uber Eats, non solo come un servizio di consegna di cibo, ma come un amico, un compagno, un pezzo del cuore del nostro Paese. Ad maiora!

Concludiamo questo articolo con la nota ufficiale pubblicata sul sito ufficiale, uber.com.

«Il nostro viaggio con Uber Eats è iniziato a Milano nel 2016. Nel corso di questi sette anni abbiamo raggiunto oltre 60 città in tutte le regioni italiane, lavorando con migliaia di ristoranti partner che hanno potuto beneficiare dei nostri servizi per ampliare la loro clientela e le loro opportunità di business, specie in periodi critici come quello dovuto al Covid. In questi sette anni migliaia di corrieri e delivery partner hanno avuto la possibilità di guadagnare attraverso la nostra app in modo facile e immediato. In questi anni, purtroppo, non siamo cresciuti in linea con le nostre aspettative per garantire un business sostenibile nel lungo periodo. Ecco perché oggi siamo tristi di annunciare che abbiamo preso la difficile decisione di interrompere le nostre operazioni di consegna di cibo in Italia tramite l’app Uber Eats. Il nostro obiettivo principale è ora quello di fare il possibile per i nostri dipendenti, in conformità con le leggi vigenti, assicurando al contempo una transizione senza problemi per tutti i nostri ristoranti ed i corrieri che utilizzano la nostra piattaforma. Nonostante questa difficile decisione vogliamo ribadire il nostro impegno verso l’Italia, che non intendiamo assolutamente abbandonare: questa decisione ci consentirà di concentrarci ancora di più sui nostri servizi di mobilità, dove stiamo registrando una crescita importante. Grazie al servizio Uber Black e all’accordo con It Taxi, infatti, ad oggi siamo presenti in 10 città italiane: negli ultimi 12 mesi oltre un milione di italiani e turisti ha utilizzato l’app Uber per muoversi nelle città dove operiamo e quasi 10 mila autisti, tra NCC e taxi, hanno avuto la possibilità di realizzare almeno una corsa sempre attraverso la nostra app. Non solo: dopo il lancio del servizio Taxi in Sardegna annunciato la settimana scorsa, prevediamo di aumentare ulteriormente la nostra presenza nel Paese e di lanciare quattro nuove città entro la fine dell’anno. Vogliamo ringraziare tutti quelli che, in questi anni, ci hanno dato la loro fiducia, collaborazione, affetto, dedizione e passione. Grazie a tutti.»

Animato da un’indomabile passione per il giornalismo, Junior ha trasceso il semplice ruolo di giornalista per intraprendere l’avventura di fondare la sua propria testata, Sbircia la Notizia Magazine, nel 2020. Oltre ad essere l’editore, riveste anche il ruolo cruciale di direttore responsabile, incarnando una visione editoriale innovativa e guidando una squadra di talenti verso il vertice del giornalismo. La sua capacità di indirizzare il dibattito pubblico e di influenzare l’opinione è un testamento alla sua leadership e al suo acume nel campo dei media.

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Attualità

Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

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Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti di voi, probabilmente, preferirebbero non rivivere certi ricordi. Eppure sentiamo il dovere di ripercorrere fatti come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, perché non possiamo permettere che scivolino nell’oblio.

Un processo fra indignazione e memoria

Il nome di Erich Priebke rimane un simbolo del male: ex ufficiale delle SS, coinvolto in uno dei massacri più atroci del nostro Paese. Nel 1996 lo arrestano in Argentina e lo trasferiscono in Italia. Sembra quasi un film, ma è tutto drammaticamente reale. Il tribunale militare di Roma, in un’aula piccola e soffocante, diventa il palcoscenico di un dibattito giuridico infuocato. La prima sentenza riconosce la colpevolezza di Priebke ma, incredibilmente, dichiara prescritto il reato.

Vi immaginate la rabbia? Familiari delle vittime che protestano, che occupano l’aula, che non riescono ad accettare una conclusione tanto assurda. Eppure quei momenti di tensione hanno contribuito a riaccendere l’attenzione collettiva su un capitolo oscuro della nostra storia. Nel 1997, alla fine, arriva la condanna definitiva all’ergastolo, con un principio che ormai conosciamo bene: i crimini di guerra non vanno in prescrizione.

Sentiamo un fremito nel presentarvi La verità del male – Il processo Priebke, un documentario prodotto da Golem Multimedia, in collaborazione con Rai Documentari e Fondazione Museo della Shoah, che va in onda venerdì 21 marzo in seconda serata su Rai 3. Il racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e Alberto Ferrari, e diretto dallo stesso Ferrari, mette in scena le voci di chi ha vissuto quei giorni intensi: Francesco Albertelli (ANFIM), Giovanni Maria Flick (Ministro della Giustizia di allora), Antonino Intelisano (pubblico ministero del Tribunale Militare) e Riccardo Pacifici, protagonista delle proteste e oggi vice presidente della European Jewish Association. La narrazione di De Cataldo penetra nelle pieghe del passato, mentre la colonna sonora, firmata da Gabriele De Cataldo e il montaggio di Luca Mariani completano un quadro crudo e necessario.

Siamo convinti che un lavoro del genere non sia solo un prodotto televisivo. È un richiamo collettivo a guardare in faccia l’orrore e a non smettere di fare i conti con ciò che è stato. Voi siete pronti a rivivere tutto questo? Noi crediamo che non ci sia scelta: occorre ricordare, sempre.

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Attualità

Mafie, corruzione e innovazione: un viaggio tra resistenza civile, politiche globali e...

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È strano, vero, ritrovarci con tante storie diverse che si intrecciano? Ci fa un po’ girare la testa, perché passiamo dalla lotta contro le mafie qui in Italia a proteste in altre parti del mondo. Eppure, tutto ci appare connesso. Noi stessi sentiamo il bisogno di capire in profondità come questi eventi si influenzino a vicenda. Voi potreste chiedervi: perché accostare tecnologie futuristiche, vicende di repressione politica e corruzione? Forse perché, nel loro complesso, ci mostrano la direzione in cui stiamo andando.

La rincorsa all’AI: soglia del “Sovrumano”

Iniziamo da qualcosa che cattura l’attenzione di tutti: l’intelligenza artificiale. Fino a ieri ci chiedevamo se le macchine potessero mai pensare. Ora siamo arrivati a porci una domanda più inquietante: quando supereranno le nostre abilità? Abbiamo ascoltato il parere di Nello Cristianini, professore all’Università di Bath, che sembra convinto di una prossima svolta. Ci dice che le IA non si limiteranno a eguagliare le nostre competenze, ma potrebbero addirittura superarle. C’è un brivido che corre lungo la schiena. Siamo davvero pronti?

Eppure, questa corsa alla tecnologia non è così astratta. È connessa al modo in cui gestiamo il potere, le libertà individuali e persino la trasmissione del sapere. Senza rendercene conto, l’AI irrompe nella nostra vita con una velocità inaudita. Inquieta, appassiona, spaventa. Ci sentiamo sospesi: da un lato siamo entusiasti di scoprire fin dove possiamo arrivare, dall’altro ci domandiamo se stiamo perdendo di vista i nostri valori più umani.

Riflessioni dalla Sicilia: il coraggio di dire no

Parallelamente, entriamo in un mondo che abbiamo appena dietro l’angolo, ma che a volte fingiamo di non vedere: quello delle mafie. Oltre 40 miliardi di euro, un giro d’affari colossale qui in Italia. Lì, nella giornata dedicata al ricordo delle vittime di mafia, migliaia di persone hanno sfilato a Trapani insieme a Libera e Don Ciotti. E ci siamo commossi quando abbiamo incontrato i fratelli Lionti, imprenditori di Niscemi. Loro si sono opposti al pizzo e hanno rischiato di essere ammazzati. Vivono sotto scorta, non vogliono lasciare la Sicilia, e continuano a lavorare fianco a fianco con la federazione antiracket. Uno slancio di determinazione che ci fa sentire un po’ più speranzosi.

Il Procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, ha lanciato l’allarme: ci sono sequestri frequenti di armi da guerra. Armi pesanti destinate – dice – a gesti clamorosi. Parla di un mandamento di Cosa Nostra in mano a giovani reclutati con un compenso misero, poche migliaia di euro, per uccidere. Tutto questo scuote la nostra coscienza. E ci fa chiedere se stiamo facendo abbastanza per sostenere chi non si piega.

Corruzione e proteste: drammi condivisi

Potremmo spostarci lontano, in Macedonia, dove un incendio in una discoteca abusiva – un capannone privo di uscite di sicurezza – ha causato 59 vittime e 155 feriti. Una strage che ha scioccato il Paese e che ha scatenato proteste furiose contro la corruzione. Non sono bastati gli arresti dei responsabili e le dimissioni del sindaco. In Serbia, intanto, da quattro mesi non si fermano le manifestazioni iniziate dopo il crollo di una pensilina, costato la vita a 15 persone. Più proteste, più rabbia, più richieste di cambiamento. E noi ci chiediamo: quante altre tragedie dovranno avvenire prima che le istituzioni intervengano davvero?

Tagli e repressione: gli Stati Uniti di Trump

Da un’altra parte del mondo troviamo un altro scontro. Trump vs Campus. Forse alcuni di voi hanno sentito parlare di Mahmoud Khalil, studente siriano di origine palestinese, con una famiglia, una green card e una laurea alla Columbia. La sua detenzione e la minaccia di espulsione hanno sollevato proteste accese a New York. Khalil paga per essere stato un leader delle dimostrazioni a favore della Palestina. E la Columbia rischia pure la perdita di 400 milioni di dollari di fondi federali. Pare che tutti i campus americani siano entrati nel mirino, costretti a tagliare corsi e ricerche su temi sgraditi a Trump: inclusione, riscaldamento globale, ogni cosa giudicata troppo “ribelle”. Sembra un attacco alla libertà di pensiero. A noi pare gravissimo.

Un rifugio per animali (e per noi)

Spostiamoci in Lazio, provincia di Viterbo. Due sorelle gemelle, una avvocata e una medica, hanno deciso di prendersi cura di cani, gatti, pecore non riproduttive e perfino cinghialetti. Hanno creato un rifugio per animali abbandonati, malati o capitati in eredità a chi non li voleva. Sembrava un sogno ingenuo. Invece, con un po’ di donazioni e tanta testardaggine, ci sono riuscite. Noi ammiriamo la loro scelta. Sì, perché ci dimostrano che esiste un modo diverso di vivere e trovare serenità, riscoprendo un contatto autentico con la natura.

I problemi del lago Trasimeno

Nel frattempo, in Umbria, il lago Trasimeno segna un metro e 25 centimetri sotto lo zero idrometrico. Poche piogge e cambiamenti climatici preoccupanti. Il turismo e la pesca ne risentono. Si parla di convogliare l’acqua dal lago Montedoglio, in Toscana, per evitare il peggio. Ma è un progetto da accelerare, prima che arrivi l’estate. Noi, se fossimo in voi, cercheremmo di capire quanto questo specchio d’acqua, il quarto lago d’Italia, rappresenti un patrimonio da non perdere.

Una pausa dai social?

In carne e ossa: secondo alcuni studenti della Civica scuola di cinema di Milano, i “reel” e i video brevissimi su TikTok o simili potrebbero non essere più così irresistibili. C’è voglia di stare insieme, di rallentare. Li vediamo correre e pedalare a mezzanotte per le strade della città, alla ricerca di un contatto vero. Rimane il fatto che, tramite i social, ci si organizza e si condivide ogni novità. È un paradosso che fa sorridere. Ma forse è solo la nostra natura, sempre in bilico tra tecnologia e desiderio di relazione.

Tradizioni giapponesi: spade e cicatrici dorate

Avete mai sentito parlare dei fabbri di katane? In Giappone ne sono rimasti solo 80, custodi di un’arte che esiste da mille anni. Le spade dei samurai non erano concepite come strumenti d’offesa, ma come protezione contro le forze negative. Poi c’è il kintsugi, la riparazione dei vasi rotti con oro fuso. Qualcosa che ci fa riflettere: le ferite si trasformano in elementi preziosi della nostra storia. E noi ci emozioniamo davanti a una cultura che, pur essendo proiettata al futuro, difende le proprie radici.

Come eravamo: Giappone 1963

Concludiamo con un salto indietro. L’archivio di TV7 ci mostra un Giappone del 1963 lanciato verso la modernità: treni rapidi, città in fermento, costruzioni vertiginose. Eppure il confronto con le tradizioni, il ruolo delle geishe e i ritmi antichi era già allora un enigma. Forse è sempre la stessa storia: un popolo in bilico tra evoluzione e rispetto delle proprie origini.

Alla fine di questo viaggio, abbiamo la sensazione di un’umanità che lotta, a volte soffre, e cerca risposte in mille direzioni. Siamo convinti che voi, come noi, abbiate bisogno di queste storie: per trovare il coraggio di resistere o per custodire un ricordo prezioso. Noi, tutti insieme, non dovremmo mai smettere di cercare un equilibrio tra innovazione e radici, tra legalità e libertà. Il resto è un percorso da costruire, un passo alla volta.

Tutto questo e molto altro nel prossimo appuntamento su Rai 1 con TV7, venerdì 21 marzo, a mezzanotte!

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Attualità

Pino Daniele, 70 anni di musica e di cuore, Napoli abbraccia il suo Mascalzone Latino

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Quella voce. Eh, lo sappiamo, è impossibile dimenticarla. Rauca, rotta, bella proprio perché imperfetta. È passato già un sacco di tempo, dieci anni precisi che Pino se n’è andato via da qui, ma è come se non fosse successo davvero. A Napoli, per noi, Pino Daniele è ancora dappertutto, sta in ogni vicolo, sta in ogni voce che urla un pezzetto di “Napule è” o di “Je so’ pazzo”. Perché lui fa questo, no? Ci fa sentire uniti, vicini, fa venir voglia di abbracciarsi forte e cantare anche se stoni, anche se non sai tutte le parole.

Quest’anno avrebbe fatto 70 anni. Settant’anni. E noi, sapete, ci emozioniamo un sacco pensando a lui così grande, con quei suoi occhi sempre un po’ malinconici ma pieni di vita. Non è facile festeggiare senza la persona che vorresti fosse ancora lì, però ci siamo detti che sì, ne vale la pena. E Napoli si è messa in moto, perché Napoli lo sa fare bene. Incontri, musica, mostre, gente che parla, che ricorda. E poi c’è stato un concerto dal vivo, di quelli che ti si ficcano dentro e ti fanno dire: sì, questa città lo ha amato davvero, lo ama ancora. E noi lo amiamo con lei.

Un ricordo inciso nella pietra: la targa a Palazzo Mirelli

Ci siamo trovati in tarda mattinata davanti a Palazzo Mirelli, in via Santa Maria La Nova, curiosi di vedere con i nostri occhi la targa che la Municipalità 2 di Napoli ha voluto dedicare a Pino. Sulla facciata dell’edificio adesso spiccano parole intense, che raccontano come lì siano nate canzoni indimenticabili. Immaginatevelo, ragazzo timido ma deciso, che scrive i primi appunti di “Napule è” o “Terra mia”. Fa venire la pelle d’oca pensare che quei muri abbiano ascoltato gli accordi iniziali di brani che avrebbero poi segnato la storia della musica italiana.

Non siamo riusciti a trattenere un moto di commozione: il legame tra Pino e Napoli non è mai stato qualcosa di superficiale. È un rapporto profondo, che ha plasmato tanto l’artista quanto la sua gente. E adesso, grazie a questa targa, siamo tutti consapevoli di respirare le sue radici semplicemente camminando per la città.

La mostra “Spiritual”: immergersi nel suo mondo interiore

Spostandoci nel pomeriggio, ci siamo diretti verso il Palazzo Reale per l’anteprima stampa di “Pino Daniele Spiritual”, la mostra curata dal figlio Alessandro. L’apertura al pubblico partirà a breve e continuerà per parecchie settimane. È un percorso multimediale, costruito su documenti inediti, materiali video privati e strumenti cari a Pino. Sapete cosa si respira lì dentro? Un senso di intimità che avvicina chi guarda alla vera essenza dell’artista.

Ci siamo ritrovati di fronte a sezioni tematiche come “Terra mia” e “Le radici e le ali”, che mettono a fuoco il legame indissolubile tra le strade partenopee e la creatività di Pino. Alessandro ha ribadito più volte quanto Napoli e suo padre fossero un tutt’uno. Condividiamo questa idea con voi: quando ascoltiamo la sua musica ci pare di vedere la gente, i colori e l’energia di una città in perenne movimento. Ecco perché la mostra si chiama “Spiritual”: rievoca quello spirito profondo che anima ogni canzone di Pino.

Un tributo filatelico e un inedito da brividi

Tra un evento e l’altro, ci ha sorpreso la notizia di un tributo filatelico lanciato da Poste Italiane. Hanno realizzato un folder con due cartoline commemorative, accompagnate da un annullo postale speciale. A prima vista potrebbe sembrare un semplice gadget, ma in realtà racconta un altro pezzetto dell’unione fra Pino e la sua terra. L’idea di un timbro dedicato a un cantautore è più unica che rara, e sottolinea come il segno lasciato da Pino vada ben oltre la musica.

Poi, d’un tratto, è arrivata la chicca: un brano inedito. “Una parte di me”, scritto da Pino nel 2009 e dedicato al figlio Francesco, è stato reso pubblico proprio in queste ore. Lo abbiamo ascoltato con grande curiosità. La sua voce profonda, che torna a parlarci dopo tanto, ci regala un’emozione pura: l’abbiamo percepita come la carezza di un amico che non se n’è mai andato del tutto.

Je Sto Vicino a Te Forever: la grande notte in Piazza del Gesù

La vera esplosione di gioia si è scatenata di sera, quando piazza del Gesù si è riempita di migliaia di persone accorse per il concerto tributo “Je Sto Vicino a Te Forever – Puorteme a casa mia”. Lo scenario era perfetto: una festa popolare a cielo aperto, luci calde, volti sorridenti. La regia artistica è stata affidata a Nello Daniele, fratello di Pino e musicista che ha voluto farci sentire l’anima di quel Neapolitan Power capace di mescolare il dialetto con il blues, il rock con la tradizione napoletana.

Vi confessiamo che abbiamo sentito i brividi quando è iniziato il primo brano, perché sembrava di rivedere Pino laggiù, in fondo al palco, con la chitarra in mano. Magia pura. La serata è stata anche l’occasione per svelare la medaglia-plettro in argento coniata dalla Zecca dello Stato, un oggetto da collezione che unisce passione musicale e arte orafa.

Tanti artisti, un solo cuore

Abbiamo poi perso il conto di quanti musicisti si siano alternati sul palco. Mario Biondi, con la sua voce calda e avvolgente, i 99 Posse, che hanno portato un’energia travolgente, e poi Serena Autieri come padrona di casa e cantante a sorpresa. E quanta carica hanno trasmesso Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Eugenio Finardi, Michele Zarrillo, Morgan, i Negrita, Enzo Gragnaniello, Francesco Baccini, Rossana Casale, gli Audio 2, Nina Zilli, Ivan Granatino, Letizia Gambi Womanity Quintet, Lina Simons, Natalino (gruppo cileno). Un mosaico di suoni e stili così vari da riflettere l’anima eclettica del Mascalzone Latino.

Durante la serata, sul palco sono saliti non solo musicisti ma anche scrittori e attori: Maurizio De Giovanni, Gaetano Amato, Patrizio Rispo. Ognuno ha condiviso un ricordo, una lettura, una frase capace di farci rivivere momenti autentici. A un certo punto è sembrato che l’intera piazza fosse un’unica voce pronta a omaggiare un uomo che, oltre a essere un grande artista, rimane un simbolo di Napoli.

Oltre i confini partenopei: tutta l’Italia abbraccia Pino

Possiamo dire che l’evento non si è fermato ai confini napoletani. Emittenti radiofoniche e trasmissioni TV nazionali hanno aperto spazi dedicati a Pino Daniele, trasmettendo i suoi brani e intervistando chi lo ha conosciuto da vicino. Rai, media partner dell’iniziativa, ha garantito la registrazione della serata in piazza del Gesù per mandarla in onda più avanti. E sui social, milioni di interazioni: foto, video, frasi tratte dalle canzoni, il tutto a comporre un coro immenso di affetto.

Alcuni fan hanno raccontato che in altre città, da Milano a Palermo, si sono ritrovati nei club a diffondere musica di Pino e a commentarne l’eredità artistica. È come se l’Italia intera si fosse fermata un istante, pronta a dare spazio a quel groove napoletano inconfondibile che sfocia in un universale sentimento di appartenenza.

L’eredità di Pino: non solo note, ma un pezzo di anima

In fondo, perché ci emozioniamo tanto parlando di lui? Forse perché le sue canzoni sono le nostre canzoni, la colonna sonora di momenti che abbiamo vissuto in prima persona. Spesso abbiamo l’impressione che Pino Daniele sia stato un alfiere di Napoli e, al tempo stesso, un viaggiatore che dialogava con il mondo intero. Dal dialetto napoletano al blues, dal jazz al pop, la sua fusione di generi ha segnato una svolta nella canzone d’autore italiana.

Tutto ciò traspare nitidamente nelle parole di chi lo ricorda come un innovatore visionario, capace di unire le diverse culture musicali in un linguaggio unico. E ci piacerebbe che voi, pensando al suo percorso umano, coglieste il senso più profondo di queste celebrazioni: Pino Daniele rappresenta l’esempio di un artista che non si è mai chiuso, ma ha sempre cercato nuove ispirazioni.

Quando parliamo di Pino, parliamo inevitabilmente di Napoli, perché qui – tra i suoni dei vicoli e la luce del mare – lui ha trovato la sua vera identità. Questo anniversario, a dieci anni dalla scomparsa e a settanta dalla sua nascita, è la prova tangibile che le sue radici e i suoi sogni non se ne andranno mai. Anzi, continueranno a vibrare in ogni accordo e in ogni voce che lo omaggerà.

E voi, siete pronti ad accogliere ancora la sua musica? Noi siamo convinti che Pino Daniele appartenga a tutti e che la sua eredità continuerà a influenzare chiunque desideri scrivere, comporre o semplicemente amare la musica con la stessa passione che lui ci ha insegnato. E forse, in mezzo a una folla che canta “Napule è” senza sosta, lo sentiamo ancora suonare. In fondo, il Mascalzone Latino non se n’è mai andato davvero.

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Villa Mondragone, prestigioso centro congressi e di rappresentanza dell’Università di Roma Tor Vergata, sarà protagonista delle Giornate di Primavera 2025...

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Delitto di Garlasco: nuovi sviluppi nelle analisi di DNA e impronte

I tamponi custoditi presso il Dipartimento di Medicina dell’Università di Pavia, insieme alle impronte raccolte nella villetta di via Pascoli...

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SuperEnalotto: Roma festeggia un jackpot da record

Una semplice schedina dal costo di appena 3 euro ha portato un’immensa fortuna alla città di Roma, con una straordinaria...

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Che Dio ci Aiuti 8: salta la puntata di marzo e ci si chiede il perché

Siamo tutti qui a domandarci che fine abbia fatto Che Dio ci Aiuti 8. Avete notato anche voi quel vuoto...

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La Promessa, trame di venerdì 21 marzo 2025: una cena romantica e una bugia pericolosa

Quando guardiamo La Promessa, ogni volta è la stessa storia: ansia, agitazione, cuore che va a mille. Giuro, sembra sempre...

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Talenti over 60: The Voice Senior riaccende i riflettori in prima serata

Ci ritroviamo davanti allo schermo con un misto di curiosità ed entusiasmo. Vogliamo lasciarci travolgere dalla nuova puntata di The...

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Lotta e memoria: la vicenda dei saetta che ci coinvolge tutti

Senza troppi giri di parole, noi sentiamo un brivido ogni volta che pensiamo a un padre e a un figlio...

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Un Posto al Sole, trame UPAS di venerdì 21 marzo 2025: fratture tra fratelli e nuovi...

Non si nascondono più malumori. Venerdì 21 marzo, la frattura tra i fratelli Gagliotti rischia di diventare insanabile: un episodio...

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Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti...

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Acqua e ghiacciai in primo piano: la nostra immersione a ‘Radio di Bordo’ su Rai Radio1

Vi siete mai fermati a riflettere su quanta vita scorra dentro una goccia d’acqua? Noi sì e questa riflessione ci...

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Il nostro Tango: emozioni e sorprese in seconda serata

Ci siamo chiesti se foste pronti per qualcosa di diverso, un viaggio che vi coinvolgesse davvero. E allora eccoci: venerdì...

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Mafie, corruzione e innovazione: un viaggio tra resistenza civile, politiche globali e...

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Salute, Nutripiatto: al Mim i risultati del progetto di educazione alimentare nelle...

Sono stati presentati oggi a Roma, al ministero dell’Istruzione e del merito (Mim), i risultati di ‘Nutripiatto’, il programma di...