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Milano: “La Dolce Vita” dopo la pandemia

“La Dolce Vita a Milano”, dopo la pandemia, in strada come sullo schermo, la straordinaria idea di alcuni operosi giovani studenti dell’antica Mediolanum.
Alcuni amici, un proiettore e una tenda del negozio. Basta poco a Milano per ricreare la magia del cinema. È gratis e per tutti, una libertà impagabile, dopo i rigorosi vincoli della pandemia.

“Dopo due anni di chiusura, volevo incontrare tutti per strada, senza coprifuoco o restrizioni. È un modo per abbattere definitivamente le barriere”, ci spiega un intraprendente studente milanese.

L’idea è semplice e anche l’organizzazione di serate cinematografiche all’aperto non è complicata o difficile da attuare. Tutti sono in fila per dare una mano, portando cibo, bevande, attrezzatura tecnica o supporto morale.

Il vicino bar fornisce con orgoglio elettricità e sedie:“Era una serata qualunque, eravamo seduti in questo bar e, non ricordo bene, volevamo solo vedere un film, stavamo per tornare a casa per guardarlo, ma non avevamo ancora voglia di tornare a nelle nostre dimore e uno di noi, ha avuto l’idea di portare a casa il suo proiettore e chiedere al proprietario del bar di usare i suoi punti vendita”, racconta un altro geniale studente.

I passanti si fermavano stupiti, attratti dal fascio di luce proiettato contro una persiana. Alcuni si sono uniti agli spettatori e questo incontro è diventato rapidamente qualcosa di unico e speciale.

“Noi giovani, sentiamo l’urgenza di ritrovarci per strada, di parlarci e di avere un dialogo, di rivivere finalmente una vita normale, una vita fatta di vere relazioni umane, piuttosto che di incontri con Webinar e film in streaming.”

Nel vario e vasto “menù del cinema di strada”, i più grandi e noti film italiani dai più moderni a quelli intramontabili di un tempo ormai passato, per accontentare amici, ma anche sconosciuti o semplici passanti, turisti curiosi o ragazzini increduli. Per poter offrire spettacolari ore spensierate a persone di qualsiasi età e che per una sera e quelle successive, siano meritatamente ricompensate dei tristi mesi di confinamento, dimenticando in tal modo, quei tediosi giorni difficili…

Non mi piacerebbe sentir dire che ho tentato di stupire, che voglio fare il moralista, che sono troppo autobiografico, che ho cercato nuove vie. Non mi piacerebbe sentir dire che il film è pessimista, disperato, satirico, grottesco. E nemmeno che è troppo lungo. La dolce vita, per me, è un film che lascia in letizia, con una gran voglia di nuovi propositi. Un film che dà coraggio, nel senso di saper guardare con occhi nuovi la realtà e non lasciarsi ingannare da miti, superstizioni, ignoranza, bassa cultura, sentimento. Vorrei che dicessero:<<La Dolce Vita è un film leale>>.
(Federico Fellini)

Una sofisticata esperta in viaggi, turismo e tempo libero, che esplora con passione le frontiere del settore turistico per fornire ai nostri lettori intuizioni uniche e consigli preziosi. Con una profonda conoscenza che va dalle destinazioni esotiche alle gemme nascoste locali, la sua competenza è indispensabile per chi cerca di trasformare ogni viaggio in un’esperienza memorabile. Le sue analisi ricche di sfumature e le sue raccomandazioni su misura sono fondamentali per offrire un panorama completo di tutto ciò che il mondo del turismo ha da offrire.

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Attualità

Processo Priebke: l’ombra del passato che ci parla ancora

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Ci sentiamo afferrare alla gola ogni volta che riemerge un episodio legato ai crimini nazisti. Non è semplice, vero? Molti di voi, probabilmente, preferirebbero non rivivere certi ricordi. Eppure sentiamo il dovere di ripercorrere fatti come l’eccidio delle Fosse Ardeatine, perché non possiamo permettere che scivolino nell’oblio.

Un processo fra indignazione e memoria

Il nome di Erich Priebke rimane un simbolo del male: ex ufficiale delle SS, coinvolto in uno dei massacri più atroci del nostro Paese. Nel 1996 lo arrestano in Argentina e lo trasferiscono in Italia. Sembra quasi un film, ma è tutto drammaticamente reale. Il tribunale militare di Roma, in un’aula piccola e soffocante, diventa il palcoscenico di un dibattito giuridico infuocato. La prima sentenza riconosce la colpevolezza di Priebke ma, incredibilmente, dichiara prescritto il reato.

Vi immaginate la rabbia? Familiari delle vittime che protestano, che occupano l’aula, che non riescono ad accettare una conclusione tanto assurda. Eppure quei momenti di tensione hanno contribuito a riaccendere l’attenzione collettiva su un capitolo oscuro della nostra storia. Nel 1997, alla fine, arriva la condanna definitiva all’ergastolo, con un principio che ormai conosciamo bene: i crimini di guerra non vanno in prescrizione.

Sentiamo un fremito nel presentarvi La verità del male – Il processo Priebke, un documentario prodotto da Golem Multimedia, in collaborazione con Rai Documentari e Fondazione Museo della Shoah, che va in onda venerdì 21 marzo in seconda serata su Rai 3. Il racconto, scritto da Giancarlo De Cataldo e Alberto Ferrari, e diretto dallo stesso Ferrari, mette in scena le voci di chi ha vissuto quei giorni intensi: Francesco Albertelli (ANFIM), Giovanni Maria Flick (Ministro della Giustizia di allora), Antonino Intelisano (pubblico ministero del Tribunale Militare) e Riccardo Pacifici, protagonista delle proteste e oggi vice presidente della European Jewish Association. La narrazione di De Cataldo penetra nelle pieghe del passato, mentre la colonna sonora, firmata da Gabriele De Cataldo e il montaggio di Luca Mariani completano un quadro crudo e necessario.

Siamo convinti che un lavoro del genere non sia solo un prodotto televisivo. È un richiamo collettivo a guardare in faccia l’orrore e a non smettere di fare i conti con ciò che è stato. Voi siete pronti a rivivere tutto questo? Noi crediamo che non ci sia scelta: occorre ricordare, sempre.

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Attualità

Mafie, corruzione e innovazione: un viaggio tra resistenza civile, politiche globali e...

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È strano, vero, ritrovarci con tante storie diverse che si intrecciano? Ci fa un po’ girare la testa, perché passiamo dalla lotta contro le mafie qui in Italia a proteste in altre parti del mondo. Eppure, tutto ci appare connesso. Noi stessi sentiamo il bisogno di capire in profondità come questi eventi si influenzino a vicenda. Voi potreste chiedervi: perché accostare tecnologie futuristiche, vicende di repressione politica e corruzione? Forse perché, nel loro complesso, ci mostrano la direzione in cui stiamo andando.

La rincorsa all’AI: soglia del “Sovrumano”

Iniziamo da qualcosa che cattura l’attenzione di tutti: l’intelligenza artificiale. Fino a ieri ci chiedevamo se le macchine potessero mai pensare. Ora siamo arrivati a porci una domanda più inquietante: quando supereranno le nostre abilità? Abbiamo ascoltato il parere di Nello Cristianini, professore all’Università di Bath, che sembra convinto di una prossima svolta. Ci dice che le IA non si limiteranno a eguagliare le nostre competenze, ma potrebbero addirittura superarle. C’è un brivido che corre lungo la schiena. Siamo davvero pronti?

Eppure, questa corsa alla tecnologia non è così astratta. È connessa al modo in cui gestiamo il potere, le libertà individuali e persino la trasmissione del sapere. Senza rendercene conto, l’AI irrompe nella nostra vita con una velocità inaudita. Inquieta, appassiona, spaventa. Ci sentiamo sospesi: da un lato siamo entusiasti di scoprire fin dove possiamo arrivare, dall’altro ci domandiamo se stiamo perdendo di vista i nostri valori più umani.

Riflessioni dalla Sicilia: il coraggio di dire no

Parallelamente, entriamo in un mondo che abbiamo appena dietro l’angolo, ma che a volte fingiamo di non vedere: quello delle mafie. Oltre 40 miliardi di euro, un giro d’affari colossale qui in Italia. Lì, nella giornata dedicata al ricordo delle vittime di mafia, migliaia di persone hanno sfilato a Trapani insieme a Libera e Don Ciotti. E ci siamo commossi quando abbiamo incontrato i fratelli Lionti, imprenditori di Niscemi. Loro si sono opposti al pizzo e hanno rischiato di essere ammazzati. Vivono sotto scorta, non vogliono lasciare la Sicilia, e continuano a lavorare fianco a fianco con la federazione antiracket. Uno slancio di determinazione che ci fa sentire un po’ più speranzosi.

Il Procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, ha lanciato l’allarme: ci sono sequestri frequenti di armi da guerra. Armi pesanti destinate – dice – a gesti clamorosi. Parla di un mandamento di Cosa Nostra in mano a giovani reclutati con un compenso misero, poche migliaia di euro, per uccidere. Tutto questo scuote la nostra coscienza. E ci fa chiedere se stiamo facendo abbastanza per sostenere chi non si piega.

Corruzione e proteste: drammi condivisi

Potremmo spostarci lontano, in Macedonia, dove un incendio in una discoteca abusiva – un capannone privo di uscite di sicurezza – ha causato 59 vittime e 155 feriti. Una strage che ha scioccato il Paese e che ha scatenato proteste furiose contro la corruzione. Non sono bastati gli arresti dei responsabili e le dimissioni del sindaco. In Serbia, intanto, da quattro mesi non si fermano le manifestazioni iniziate dopo il crollo di una pensilina, costato la vita a 15 persone. Più proteste, più rabbia, più richieste di cambiamento. E noi ci chiediamo: quante altre tragedie dovranno avvenire prima che le istituzioni intervengano davvero?

Tagli e repressione: gli Stati Uniti di Trump

Da un’altra parte del mondo troviamo un altro scontro. Trump vs Campus. Forse alcuni di voi hanno sentito parlare di Mahmoud Khalil, studente siriano di origine palestinese, con una famiglia, una green card e una laurea alla Columbia. La sua detenzione e la minaccia di espulsione hanno sollevato proteste accese a New York. Khalil paga per essere stato un leader delle dimostrazioni a favore della Palestina. E la Columbia rischia pure la perdita di 400 milioni di dollari di fondi federali. Pare che tutti i campus americani siano entrati nel mirino, costretti a tagliare corsi e ricerche su temi sgraditi a Trump: inclusione, riscaldamento globale, ogni cosa giudicata troppo “ribelle”. Sembra un attacco alla libertà di pensiero. A noi pare gravissimo.

Un rifugio per animali (e per noi)

Spostiamoci in Lazio, provincia di Viterbo. Due sorelle gemelle, una avvocata e una medica, hanno deciso di prendersi cura di cani, gatti, pecore non riproduttive e perfino cinghialetti. Hanno creato un rifugio per animali abbandonati, malati o capitati in eredità a chi non li voleva. Sembrava un sogno ingenuo. Invece, con un po’ di donazioni e tanta testardaggine, ci sono riuscite. Noi ammiriamo la loro scelta. Sì, perché ci dimostrano che esiste un modo diverso di vivere e trovare serenità, riscoprendo un contatto autentico con la natura.

I problemi del lago Trasimeno

Nel frattempo, in Umbria, il lago Trasimeno segna un metro e 25 centimetri sotto lo zero idrometrico. Poche piogge e cambiamenti climatici preoccupanti. Il turismo e la pesca ne risentono. Si parla di convogliare l’acqua dal lago Montedoglio, in Toscana, per evitare il peggio. Ma è un progetto da accelerare, prima che arrivi l’estate. Noi, se fossimo in voi, cercheremmo di capire quanto questo specchio d’acqua, il quarto lago d’Italia, rappresenti un patrimonio da non perdere.

Una pausa dai social?

In carne e ossa: secondo alcuni studenti della Civica scuola di cinema di Milano, i “reel” e i video brevissimi su TikTok o simili potrebbero non essere più così irresistibili. C’è voglia di stare insieme, di rallentare. Li vediamo correre e pedalare a mezzanotte per le strade della città, alla ricerca di un contatto vero. Rimane il fatto che, tramite i social, ci si organizza e si condivide ogni novità. È un paradosso che fa sorridere. Ma forse è solo la nostra natura, sempre in bilico tra tecnologia e desiderio di relazione.

Tradizioni giapponesi: spade e cicatrici dorate

Avete mai sentito parlare dei fabbri di katane? In Giappone ne sono rimasti solo 80, custodi di un’arte che esiste da mille anni. Le spade dei samurai non erano concepite come strumenti d’offesa, ma come protezione contro le forze negative. Poi c’è il kintsugi, la riparazione dei vasi rotti con oro fuso. Qualcosa che ci fa riflettere: le ferite si trasformano in elementi preziosi della nostra storia. E noi ci emozioniamo davanti a una cultura che, pur essendo proiettata al futuro, difende le proprie radici.

Come eravamo: Giappone 1963

Concludiamo con un salto indietro. L’archivio di TV7 ci mostra un Giappone del 1963 lanciato verso la modernità: treni rapidi, città in fermento, costruzioni vertiginose. Eppure il confronto con le tradizioni, il ruolo delle geishe e i ritmi antichi era già allora un enigma. Forse è sempre la stessa storia: un popolo in bilico tra evoluzione e rispetto delle proprie origini.

Alla fine di questo viaggio, abbiamo la sensazione di un’umanità che lotta, a volte soffre, e cerca risposte in mille direzioni. Siamo convinti che voi, come noi, abbiate bisogno di queste storie: per trovare il coraggio di resistere o per custodire un ricordo prezioso. Noi, tutti insieme, non dovremmo mai smettere di cercare un equilibrio tra innovazione e radici, tra legalità e libertà. Il resto è un percorso da costruire, un passo alla volta.

Tutto questo e molto altro nel prossimo appuntamento su Rai 1 con TV7, venerdì 21 marzo, a mezzanotte!

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Attualità

Pino Daniele, 70 anni di musica e di cuore, Napoli abbraccia il suo Mascalzone Latino

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Quella voce. Eh, lo sappiamo, è impossibile dimenticarla. Rauca, rotta, bella proprio perché imperfetta. È passato già un sacco di tempo, dieci anni precisi che Pino se n’è andato via da qui, ma è come se non fosse successo davvero. A Napoli, per noi, Pino Daniele è ancora dappertutto, sta in ogni vicolo, sta in ogni voce che urla un pezzetto di “Napule è” o di “Je so’ pazzo”. Perché lui fa questo, no? Ci fa sentire uniti, vicini, fa venir voglia di abbracciarsi forte e cantare anche se stoni, anche se non sai tutte le parole.

Quest’anno avrebbe fatto 70 anni. Settant’anni. E noi, sapete, ci emozioniamo un sacco pensando a lui così grande, con quei suoi occhi sempre un po’ malinconici ma pieni di vita. Non è facile festeggiare senza la persona che vorresti fosse ancora lì, però ci siamo detti che sì, ne vale la pena. E Napoli si è messa in moto, perché Napoli lo sa fare bene. Incontri, musica, mostre, gente che parla, che ricorda. E poi c’è stato un concerto dal vivo, di quelli che ti si ficcano dentro e ti fanno dire: sì, questa città lo ha amato davvero, lo ama ancora. E noi lo amiamo con lei.

Un ricordo inciso nella pietra: la targa a Palazzo Mirelli

Ci siamo trovati in tarda mattinata davanti a Palazzo Mirelli, in via Santa Maria La Nova, curiosi di vedere con i nostri occhi la targa che la Municipalità 2 di Napoli ha voluto dedicare a Pino. Sulla facciata dell’edificio adesso spiccano parole intense, che raccontano come lì siano nate canzoni indimenticabili. Immaginatevelo, ragazzo timido ma deciso, che scrive i primi appunti di “Napule è” o “Terra mia”. Fa venire la pelle d’oca pensare che quei muri abbiano ascoltato gli accordi iniziali di brani che avrebbero poi segnato la storia della musica italiana.

Non siamo riusciti a trattenere un moto di commozione: il legame tra Pino e Napoli non è mai stato qualcosa di superficiale. È un rapporto profondo, che ha plasmato tanto l’artista quanto la sua gente. E adesso, grazie a questa targa, siamo tutti consapevoli di respirare le sue radici semplicemente camminando per la città.

La mostra “Spiritual”: immergersi nel suo mondo interiore

Spostandoci nel pomeriggio, ci siamo diretti verso il Palazzo Reale per l’anteprima stampa di “Pino Daniele Spiritual”, la mostra curata dal figlio Alessandro. L’apertura al pubblico partirà a breve e continuerà per parecchie settimane. È un percorso multimediale, costruito su documenti inediti, materiali video privati e strumenti cari a Pino. Sapete cosa si respira lì dentro? Un senso di intimità che avvicina chi guarda alla vera essenza dell’artista.

Ci siamo ritrovati di fronte a sezioni tematiche come “Terra mia” e “Le radici e le ali”, che mettono a fuoco il legame indissolubile tra le strade partenopee e la creatività di Pino. Alessandro ha ribadito più volte quanto Napoli e suo padre fossero un tutt’uno. Condividiamo questa idea con voi: quando ascoltiamo la sua musica ci pare di vedere la gente, i colori e l’energia di una città in perenne movimento. Ecco perché la mostra si chiama “Spiritual”: rievoca quello spirito profondo che anima ogni canzone di Pino.

Un tributo filatelico e un inedito da brividi

Tra un evento e l’altro, ci ha sorpreso la notizia di un tributo filatelico lanciato da Poste Italiane. Hanno realizzato un folder con due cartoline commemorative, accompagnate da un annullo postale speciale. A prima vista potrebbe sembrare un semplice gadget, ma in realtà racconta un altro pezzetto dell’unione fra Pino e la sua terra. L’idea di un timbro dedicato a un cantautore è più unica che rara, e sottolinea come il segno lasciato da Pino vada ben oltre la musica.

Poi, d’un tratto, è arrivata la chicca: un brano inedito. “Una parte di me”, scritto da Pino nel 2009 e dedicato al figlio Francesco, è stato reso pubblico proprio in queste ore. Lo abbiamo ascoltato con grande curiosità. La sua voce profonda, che torna a parlarci dopo tanto, ci regala un’emozione pura: l’abbiamo percepita come la carezza di un amico che non se n’è mai andato del tutto.

Je Sto Vicino a Te Forever: la grande notte in Piazza del Gesù

La vera esplosione di gioia si è scatenata di sera, quando piazza del Gesù si è riempita di migliaia di persone accorse per il concerto tributo “Je Sto Vicino a Te Forever – Puorteme a casa mia”. Lo scenario era perfetto: una festa popolare a cielo aperto, luci calde, volti sorridenti. La regia artistica è stata affidata a Nello Daniele, fratello di Pino e musicista che ha voluto farci sentire l’anima di quel Neapolitan Power capace di mescolare il dialetto con il blues, il rock con la tradizione napoletana.

Vi confessiamo che abbiamo sentito i brividi quando è iniziato il primo brano, perché sembrava di rivedere Pino laggiù, in fondo al palco, con la chitarra in mano. Magia pura. La serata è stata anche l’occasione per svelare la medaglia-plettro in argento coniata dalla Zecca dello Stato, un oggetto da collezione che unisce passione musicale e arte orafa.

Tanti artisti, un solo cuore

Abbiamo poi perso il conto di quanti musicisti si siano alternati sul palco. Mario Biondi, con la sua voce calda e avvolgente, i 99 Posse, che hanno portato un’energia travolgente, e poi Serena Autieri come padrona di casa e cantante a sorpresa. E quanta carica hanno trasmesso Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Eugenio Finardi, Michele Zarrillo, Morgan, i Negrita, Enzo Gragnaniello, Francesco Baccini, Rossana Casale, gli Audio 2, Nina Zilli, Ivan Granatino, Letizia Gambi Womanity Quintet, Lina Simons, Natalino (gruppo cileno). Un mosaico di suoni e stili così vari da riflettere l’anima eclettica del Mascalzone Latino.

Durante la serata, sul palco sono saliti non solo musicisti ma anche scrittori e attori: Maurizio De Giovanni, Gaetano Amato, Patrizio Rispo. Ognuno ha condiviso un ricordo, una lettura, una frase capace di farci rivivere momenti autentici. A un certo punto è sembrato che l’intera piazza fosse un’unica voce pronta a omaggiare un uomo che, oltre a essere un grande artista, rimane un simbolo di Napoli.

Oltre i confini partenopei: tutta l’Italia abbraccia Pino

Possiamo dire che l’evento non si è fermato ai confini napoletani. Emittenti radiofoniche e trasmissioni TV nazionali hanno aperto spazi dedicati a Pino Daniele, trasmettendo i suoi brani e intervistando chi lo ha conosciuto da vicino. Rai, media partner dell’iniziativa, ha garantito la registrazione della serata in piazza del Gesù per mandarla in onda più avanti. E sui social, milioni di interazioni: foto, video, frasi tratte dalle canzoni, il tutto a comporre un coro immenso di affetto.

Alcuni fan hanno raccontato che in altre città, da Milano a Palermo, si sono ritrovati nei club a diffondere musica di Pino e a commentarne l’eredità artistica. È come se l’Italia intera si fosse fermata un istante, pronta a dare spazio a quel groove napoletano inconfondibile che sfocia in un universale sentimento di appartenenza.

L’eredità di Pino: non solo note, ma un pezzo di anima

In fondo, perché ci emozioniamo tanto parlando di lui? Forse perché le sue canzoni sono le nostre canzoni, la colonna sonora di momenti che abbiamo vissuto in prima persona. Spesso abbiamo l’impressione che Pino Daniele sia stato un alfiere di Napoli e, al tempo stesso, un viaggiatore che dialogava con il mondo intero. Dal dialetto napoletano al blues, dal jazz al pop, la sua fusione di generi ha segnato una svolta nella canzone d’autore italiana.

Tutto ciò traspare nitidamente nelle parole di chi lo ricorda come un innovatore visionario, capace di unire le diverse culture musicali in un linguaggio unico. E ci piacerebbe che voi, pensando al suo percorso umano, coglieste il senso più profondo di queste celebrazioni: Pino Daniele rappresenta l’esempio di un artista che non si è mai chiuso, ma ha sempre cercato nuove ispirazioni.

Quando parliamo di Pino, parliamo inevitabilmente di Napoli, perché qui – tra i suoni dei vicoli e la luce del mare – lui ha trovato la sua vera identità. Questo anniversario, a dieci anni dalla scomparsa e a settanta dalla sua nascita, è la prova tangibile che le sue radici e i suoi sogni non se ne andranno mai. Anzi, continueranno a vibrare in ogni accordo e in ogni voce che lo omaggerà.

E voi, siete pronti ad accogliere ancora la sua musica? Noi siamo convinti che Pino Daniele appartenga a tutti e che la sua eredità continuerà a influenzare chiunque desideri scrivere, comporre o semplicemente amare la musica con la stessa passione che lui ci ha insegnato. E forse, in mezzo a una folla che canta “Napule è” senza sosta, lo sentiamo ancora suonare. In fondo, il Mascalzone Latino non se n’è mai andato davvero.

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