Diego Armando Maradona è morto a 60 anni
Era una leggenda del calcio argentino e internazionale. Diego Armando Maradona è volato via oggi all’età di 60 anni per arresto cardiaco, secondo quanto riportato dai principali quotidiani argentini Clarin e La Nacion.
Ricorderemo il 25 novembre 2020 come il giorno in cui è morto il calcio. Maradona è stato molto di più di un campione, è stato unico, è stato un eroe del 900, un umile proletario che ha riscattato la sua povera condizione e che tramite il calcio ha regalato gioia e felicità al mondo. Per Napoli è stato tutto, è stato il riscatto, la rivincita, lo scugnizzo che trionfa su tutto, il suo protettore. Un fratello maggiore… Napoli ha messo Maradona accanto a San Gennaro e Caruso. È stato il corazon dell’Argentina, il comandante degli ultimi. Un Che Guevera nel dorato mondo del pallone.
La salma è stata portata nella Casa Rosada, il palazzo Presidenziale di Buenos Aires, dove è allestita la camera ardente. In migliaia in fila fin dall’alba per rendere omaggio al grande campione. L’Argentina ha proclamato tre giorni di lutto nazionale. Lutto cittadino anche a Napoli, dove in centinaia sono scesi in piazza per ricordare il mito del calcio
“Ho due sogni: competere nel Mondiale e vincerlo“, disse il giovane Diego Maradona, intervistato dalla televisione argentina a soli dodici anni. Scomparso a Buenos Aires quando aveva appena festeggiato il suo sessantesimo compleanno ed era allenatore del Gimnasia la Plata, nel 1986, in Messico, durante un Mondiale ad alta quota. Con l’Argentina è stato decisivo dieci volte (cinque gol e assist) in sette incontri. Ma è soprattutto la sua partita contro l’Inghilterra, nei quarti di finale, a forgiare la sua leggenda.
Noi vogliamo ricordarlo così…
In questo duello reso caldo dallo scontro delle due nazioni nelle Falkland, Maradona, detto anche “El Pibe de Oro” segnò prima con la mano (gesto che ha definito “Mano di Dio“) per poi dribblare vittoriosamente l’intera squadra avversaria. Questo obiettivo è stato consacrato come il più bello del XX secolo dalla FIFA nel 2002. Nonostante una Coppa del Mondo del 1982 fallita e una Coppa del Mondo del 1990 persa in finale e segnata dai fischi italiani contro di lui, Diego Maradona (34 gol in 91 presenze) è stato anche votato miglior giocatore nella storia dei Mondiali dal Times, davanti a Pelé e Beckenbauer.
Un’icona a Napoli
Idolo argentino, Diego Maradona lo è stato anche a Napoli, che lo ha ceduto al Siviglia per 7,5 milioni di dollari. Accolto da 75.000 persone al San Paolo nell’estate del 1984, si afferma rapidamente come uno dei migliori giocatori del mondo. Tra il 1987 e il 1990, era al top delle sue abilità. Ha vinto la doppietta Coppa-Campionato 1987, è stato incoronato capocannoniere in Serie A 1988, ha vinto la Coppa UEFA 1989 (con un punteggio di 10/10 dalla Gazzetta nella finale contro lo Stoccarda) e poi uno scudetto nel 1990.
Al Napoli troverà più amore che al Barça (1982-1984), dove ha giocato due stagioni e ha trascorso momenti contrastanti: 38 gol in 58 partite e un titolo di miglior giocatore della Liga, ma anche undici mesi senza competizione a causa di epatite, frattura della caviglia, sospensione. Rimarrà ovviamente nel cuore dei tifosi del Siviglia FC (1992-1993), dove è stato decisivo venti volte in trenta partite di Liga e Copa del Rey. Con la maglia degli Xeneize è esploso a 21 anni, vincendo lo scudetto. Una conferma, già, per chi era stato chiamato in squadra a soli 16 anni. Ha iniziato a 15 anni e 11 mesi con un piccolo bridge alla sua prima azione con i pro dell’Argentinos Juniors. Un club di formazione che lo ha visto registrare 115 gol in 166 partite. Tutto questo gli ha permesso di essere incoronato per cinque volte di seguito miglior direttore del campionato argentino: record senza rivali.
Noi della Redazione di Sbircia la Notizia Magazine, che abbiamo avuto il privilegio e l’onore di averlo conosciuto, attraverso la sua incomparabile fama nel mondo, il Super Campione, il Pibe de Oro, con l’intramontabile motto: “Maradona è meglio di Pelé“
Con le sue ottime qualità, la sua straordinaria forza, la sua stupefacente bravura, la sua incomparabile maestria, la sua contagiosa gioia di vivere, proprio per la riconoscenza e il rispetto che gli dobbiamo, per ciò che lui ci ha dato, ne faremo un simbolo, un modello incancellabile il cui ricordo resterà indelebile nei nostri cuori e la nostra mente per sempre. Unendoci all’infinito dolore della famiglia, di tutti i suoi tifosi e simpatizzanti, degli amici e di chi lo ha amato, speriamo che le nostre sincere parole di cordoglio vi rechino conforto…

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Cronaca
Frankie Dettori, la leggenda dell’ippica travolta dai debiti: perché il fantino ha...

Sbalordisce, no? Inutile negarlo: quando si sente nominare Frankie Dettori, vengono subito in mente piste prestigiose, cavalli eccezionali e incalcolabili successi. E invece, nelle ultime ore, il suo nome è legato a una notizia che ha scosso il mondo delle corse: la bancarotta, annunciata da lui stesso dopo una lunga disputa con l’ente di riscossione britannico (HMRC).
Ci ha colpito leggere le sue parole: “Sono addolorato e imbarazzato. Non sono riuscito a risolvere la questione delle tasse non pagate”. Chiunque avrebbe sperato in un accordo, e invece Dettori – che in passato aveva persino venduto alcuni trofei per tamponare la situazione – ha dovuto prendere questa decisione, definendola “importante” e dagli effetti devastanti per il suo futuro finanziario.
Un mito nato tra Milano e la passione sarda
Sì, era il 1970 quando veniva alla luce a Milano, con un’eredità ingombrante: suo padre è Gianfranco Dettori, anche lui fantino di tutto rispetto. Ma Lanfranco è andato oltre, diventando una vera icona del galoppo mondiale, al punto da guadagnare intorno ai 20 milioni di euro nel corso di una carriera stellare. Non dimentichiamo la sua identità sarda: sulla spalla destra svettano le quattro teste dei mori, un segno di appartenenza che lui ha sempre difeso con orgoglio.
Dal gin con la Regina al bacio di Camilla
Non era così insolito vederlo alla corte di Elisabetta II: la sovrana nutriva una profonda passione per l’ippica e lo invitò a Buckingham Palace per un gin tonic. Più di recente, nel giugno 2023, Dettori ha conquistato la sua nona Royal Ascot, festeggiata con un bacio di Camilla davanti a un Re Carlo III un po’ spiazzato.
Oggi, Dettori vive in California, ma questa bancarotta rischia di segnare un nuovo capitolo inatteso nella sua storia incredibile. Non ha esitato a lanciare un monito: prendersi cura delle proprie finanze prima che sia troppo tardi. Un avvertimento che, forse, vale per tutti. E a noi resta un dubbio pungente: come si rialzerà una leggenda di tale calibro? Non resta che attendere.
Cronaca
Addio a Pietro Genuardi, quando un volto amato diventa leggenda della TV italiana

Qualcuno se lo ricorda così, con quel modo brusco, un po’ spigoloso… quel tipo che magari sulle prime ti stava quasi antipatico, ma poi, bastavano un paio di battute, e ti scappava da ridere. Di quelle risate vere, piene. Altri invece, sì, lo sentivano proprio come uno di famiglia. Giorno dopo giorno, lì, in salotto, mentre la vita scorreva tra una puntata di Centovetrine e una scena del Paradiso delle Signore. Un volto che diventava un’abitudine, una compagnia, una certezza.
E adesso arriva questa notizia che ti prende a schiaffi, proprio mentre non te l’aspetti, e lascia un vuoto assurdo, che non riesci a spiegarti, figurarsi a raccontarlo. Pietro Genuardi se n’è andato a 62 anni, dopo aver combattuto una malattia di quelle cattive, una lotta silenziosa, crudele, al Policlinico Umberto I di Roma.
Linda, la moglie, Jacopo, il figlio, Gabriella e Pippo, i suoi genitori, hanno messo insieme poche parole, semplici, quasi a voler chiedere scusa per tutto l’affetto ricevuto. Un grazie sofferto, delicato, e si sente tutto quello che provano, perché sì, ci siamo passati tutti, lo sappiamo com’è dover salutare qualcuno che ci ha fatto stare bene così tante volte. Ed eccoci qui a pescare tra i ricordi, quel sorriso che ci è scappato, quella volta in cui ci ha fatto girare le scatole, o magari ci ha fatto commuovere senza dircelo troppo chiaramente. Pietro, lui sì che era uno che parlava diretto, uno vero, uno che lo sentivi vicino, senza maschere, senza inutili giri di parole.
Un’assenza che fa rumore
La triste notizia della sua morte, avvenuta venerdì 14 marzo, arriva dopo mesi in cui l’attore non compariva più nel cast de Il Paradiso delle Signore. Stando a quanto raccontato dai famigliari, la diagnosi era arrivata già da un po’, quando Genuardi aveva deciso di condividere la sua lotta su vari canali social. Il percorso di cura si prospettava lungo, con la prospettiva di un trapianto di midollo che potesse dargli nuove speranze.

Dover abbandonare il set, per lui, non è stato soltanto un dovere clinico, ma pure un sacrificio doloroso verso un lavoro che amava profondamente. Aveva scritto di dover affrontare un secondo ciclo di chemioterapia e che presto non lo avremmo più visto in onda. Quelle parole, lette mesi fa, lasciavano trapelare un misto di coraggio e timore, come se ci si preparasse a un viaggio duro ma inevitabile.
La strada dal teatro all’horror
Non tutti ricordano che l’attore, milanese di nascita, aveva iniziato la sua avventura formandosi al Piccolo Teatro di Milano, diplomandosi nel 1987. Una base solida, forgiata sotto la guida di registi di rilievo come Massimo Castri e Beppe Navello. Scelte artistiche di grande spessore, che lo spinsero presto a sperimentare anche nel cinema di genere: a fine anni ’80, eccolo in film horror come Le porte dell’inferno, Paganini Horror o Killer Crocodile. Un percorso forse inusuale, che gli spalancò però le porte di un panorama cinematografico articolato e in continua evoluzione.
Tra cinema e televisione: un talento dai mille volti
Nel corso degli anni ’90, lo abbiamo visto misurarsi con registi del calibro di Dario Argento e Luigi Magni e prendere parte a commedie come Facciamo fiesta o film dal tono più drammatico come Naja. Ogni progetto sembrava cucirgli addosso una sfaccettatura diversa, segno di un attore poliedrico che amava passare da un genere all’altro senza paura.
Eppure, la sua popolarità presso il grande pubblico ha conosciuto un’esplosione definitiva con le soap. Prima Vivere, poi – e soprattutto – il ruolo di Ivan Bettini in Centovetrine. Genuardi è rimasto in questa produzione dal 2001 al 2014 e chi lo ha seguito in quelle vicende interminabili, piene di intrighi e passioni, non può che conservare in mente il suo volto come un’icona di quell’epoca televisiva.
Dopo la lunga avventura su Mediaset, c’è stato l’ingresso in Rai. Dal 2019 Genuardi è diventato il magazziniere Armando Ferraris, figura centrale nella quotidianità della soap pomeridiana Il Paradiso delle Signore. Ruolo che gli ha regalato un nuovo pubblico, forse più eterogeneo, continuando a confermare la sua bravura. Questo fino a pochi mesi fa, quando la malattia ha preteso tempo, energie, speranze. Ha deciso di fermarsi, seppur a malincuore, salutando il team di Rai 1 e migliaia di spettatori che si erano affezionati a quel personaggio generoso, dal cuore grande.
Un autore attento anche al sociale
Dietro la telecamera, Genuardi coltivava altre passioni: non solo attore, ma anche autore e regista teatrale, con all’attivo opere come Vite provvisorie, Bum Bum liberi tutti, Cambiostagione, Funerale all’Italiana. Aveva realizzato ben tre spot per l’OMS, dedicati a importanti tematiche sociali e collaborava con testimonial noti, cercando di sfruttare la sua visibilità per veicolare messaggi di valore. Un impegno concreto, che dimostrava una sensibilità al di là della finzione scenica.
Nella sfera personale, Genuardi era stato sposato con l’attrice Gabriella Saitta, con cui aveva avuto un figlio, Jacopo, nel 1991. Successivamente, aveva vissuto una relazione con l’attrice Valentina Botto, terminata nel 2007. E poi l’incontro con Linda Ascierto, assistente di volo, al suo fianco dal matrimonio del 2020 fino all’ultimo respiro. Sono stati momenti di condivisione e di coraggio, come testimoniano i ringraziamenti che Linda ha voluto rivolgere a chi ha sostenuto Pietro durante il periodo di ricovero.
Un’eredità di passione
La scomparsa di Pietro Genuardi non lascia soltanto un vuoto nella programmazione televisiva, ma anche un vuoto emotivo in chi ha creduto nel suo talento. Pensare che non rivedremo più i suoi occhi intensi sullo schermo fa male. Eppure, il ricordo di quei personaggi rimane vivo. Le interpretazioni, dal teatro all’horror, dalle commedie ai drammi, continueranno a circolare: Dellamore Dellamore, Bastardi, Un’insolita vendemmia, Mi rifaccio il trullo, Show Me What You Got, Brave ragazze, Il destino degli uomini, Viaggio a sorpresa. Un elenco che suggerisce la sua voglia di sperimentare, di buttarsi in avventure sempre diverse.
Siamo di fronte a un addio che ci fa riflettere sulla fragilità della vita. E se da un lato ci rattrista, dall’altro ci ricorda quanta luce possa portare un attore dentro le nostre case. Genuardi ci ha lasciato questo: la certezza che il suo sorriso e il suo carisma sopravviveranno a lungo, scritti nella storia recente della televisione italiana. E nel mezzo del nostro dolore, siamo grati di averlo incontrato in scena. Un saluto che, anche se pieno di malinconia, non spegne l’eredità di un artista che ha saputo regalare emozioni vere, intense, a tutti noi.
Cronaca
Delitto di Garlasco, l’amico del fratello di Chiara Poggi ora è indagato: giovedì sarà...

Avviso di garanzia per omicidio in concorso con persona ignota o con Stasi, già condannato in via definitiva a 16 anni di carcere. Stabiliti test salivari e tampone coattivo. L’avvocato difensore: “È sconvolto e incredulo”.
Colpo di scena nel caso dell’omicidio di Garlasco. Martedì 11 marzo, si torna a parlare di Andrea Sempio, in relazione alla morte di Chiara Poggi, uccisa nella sua abitazione di via Pascoli a Garlasco, in provincia di Pavia, il 13 agosto 2007. Per quel delitto è stato già definitivamente condannato a 16 anni l’ex fidanzato Alberto Stasi, che sta terminando di scontare la pena presso il carcere di Bollate, a Milano. Sempio, che all’epoca aveva 19 anni ed era amico del fratello di Chiara, tra il 2016 e il 2017 era finito sotto la lente di ingrandimento dei legali di Stasi per via di un Dna rinvenuto sotto le unghie della vittima. Le accuse, all’epoca, furono archiviate dalla Procura di Pavia.
Oggi, attraverso nuove analisi genetiche, sarebbe emerso (come anticipa il Tg1) un avviso di garanzia, notificato a Sempio nei giorni scorsi dai carabinieri. L’accusa, stando ai documenti esaminati dal Tg1, è di omicidio in concorso con persone ignote o con lo stesso Alberto Stasi.
“Il mio assistito è sbalordito e profondamente turbato” dichiara l’avvocato Massimo Lovati, difensore di Sempio. Giovedì (e non mercoledì, come inizialmente si credeva) il giovane dovrà presentarsi presso i carabinieri di Milano, reparto Scientifico, per essere sottoposto a test salivare e tampone. Dopo il diniego di Sempio a concedere volontariamente il campione, il giudice per le indagini preliminari di Pavia – competente sul delitto di Garlasco – ha imposto l’esame. Da quanto trapela, l’operazione durerà poco e soltanto in un secondo momento si procederà al confronto tra le due tracce genetiche.
La decisione segue l’avviso di garanzia ricevuto dall’indagato la settimana scorsa, con l’invito a sottoporsi ai prelievi, finalizzati a un raffronto con quelli isolati sotto le unghie della vittima.
C’era il Dna di Sempio sotto le unghie di Chiara?
Una nuova consulenza affidata a un genetista tedesco potrebbe riaprire il fascicolo sull’omicidio di Chiara Poggi. Proprio i risultati di questa tecnica innovativa di estrazione e analisi del Dna consentirebbero di riesaminare, come già avvenuto nel 2016, la posizione di Andrea Sempio. Lo studio della difesa di Stasi, supportato da ulteriori analisi della Procura di Pavia, ha infatti rimesso in discussione l’omicidio di Chiara Poggi.
Alla fine del 2016, la difesa di Stasi – allora rappresentata dal professor Angelo Giarda e dal figlio Fabio – aveva condotto indagini autonome per cercare di ottenere una revisione del processo. Sotto accusa finì Sempio, amico del fratello di Chiara. Il suo Dna fu “recuperato” da una bottiglietta d’acqua e da una tazzina di caffè, e poi paragonato a una traccia genetica maschile rinvenuta sotto le unghie della vittima. Tuttavia, il tentativo non portò a risultati concreti: la Procura di Pavia, allora diretta da Mario Venditti, archiviò, criticando la metodologia utilizzata. Ora, a otto anni di distanza e dopo 30 mesi di lavoro, la difesa di Stasi – avvocati Antonio De Renzis e Giada Bocellari – insieme al genetista tedesco Lutz Roewer e al professor Ugo Ricci ha rivalutato con attenzione le indagini genetiche iniziali, che avevano fatto puntare il dito contro Sempio. Secondo la difesa di Stasi, la nuova traccia di Dna sarebbe “ben leggibile”, mentre per il genetista Francesco De Stefano, incaricato in passato di esaminare alcuni reperti della vittima, si tratterebbe di un campione contaminato.
La rinnovata analisi, resa possibile dalle recenti tecnologie in campo genetico, sembra ora aver convinto la Procura di Pavia a riprendere in mano la posizione di Sempio, che a suo tempo aveva mostrato uno scontrino di un parcheggio a Vigevano per la mattina del delitto. Dopo un primo rigetto del gip, la decisione di riaprire il fascicolo precedentemente archiviato è arrivata da un secondo giudice per le indagini preliminari (a seguito di una sentenza della Cassazione). Sempio, oggi 37enne, si è rifiutato di fornire il campione salivare per il Dna, e di conseguenza il gip ha imposto l’esame – previsto per giovedì – con annesso avviso di garanzia. Assistito dall’avvocato Massimo Lovati, l’uomo si trova ora a dover rispondere di omicidio in concorso con altri o con Alberto Stasi (già giudicato separatamente), “per aver causato la morte di Chiara Poggi colpendola ripetutamente al capo e al volto con un oggetto contundente, provocandone il decesso”.
In passato, il pubblico ministero aveva smontato le presunte incongruenze di Sempio in relazione al giorno dell’omicidio, così come l’ipotesi di un suo invaghimento di Chiara. “In conclusione, se è (pur non condivisibile, ma) umanamente comprensibile l’intento di fare qualunque cosa per difendersi da un’accusa gravissima, anche a processo chiuso dopo tutti i gradi di giudizio ordinario, nel caso specifico – evidenziava il gip di Pavia – è comunque necessario fermarsi di fronte all’assenza di consistenza degli elementi presentati dalla difesa di Stasi” per individuare un colpevole alternativo. “Esclusa – scrive il gip nel decreto di archiviazione di dieci pagine – qualsiasi rilevanza della consulenza genetica prodotta dalla difesa, non rimangono indizi a carico di Sempio”.
La difesa di Alberto Stasi
“Siamo estremamente favorevoli all’iniziativa e alle indagini promosse dalla Procura di Pavia e attendiamo sviluppi con la ragionevole speranza che la verità possa finalmente emergere e si possa giungere a un senso di giustizia” dichiarano gli avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis, difensori di Alberto Stasi.
I genitori di Chiara Poggi
“Io e mio marito abbiamo appreso la notizia oggi guardando il Tg1. Non abbiamo, né desideriamo, aggiungere altro” ha commentato Rita Preda insieme al marito Giuseppe.