Salute e Benessere
Aisla Lombardia, in piazza per contributo e sostegno a...
Aisla Lombardia, in piazza per contributo e sostegno a pazienti e caregiver
Più di 30 associazioni unite nella protesta corale di domani a Milano
Con l'obiettivo di difendere i diritti delle persone con disabilità e dei caregiver, le sezioni di Bergamo, Brescia, Milano, Como, Cremona, Sondrio e Varese di Aisla, l'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, si uniscono alla protesta indetta da Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) e Fand (Associazione italiana diabetici) che si terrà a Milano domani 16 aprile, alle 11 in piazza Duca D'Aosta, davanti al Consiglio regionale della Lombardia. Per garantire la massima sicurezza dei partecipanti - si legge in una nota - sarà presente un'ambulanza dotata di personale medico. Aisla, raccomandando alle persone con Sla di rimanere a casa al fine di evitare potenziali rischi elevati, invita e incoraggia i propri soci, volontari, sostenitori e tutti i cittadini a unirsi a questa importante manifestazione al fine di dare voce ai malati di Sla.
Dopo mesi di intensi dialoghi e sollecitazioni - spiega Aisla - quella di domani è una manifestazione corale che vede unite più di 30 associazioni lombarde che hanno tentato e sperato fino all'ultimo di evitare di costringere le persone con disabilità e le loro famiglie a manifestare in piazza. La questione di fondo riguarda le misure B1 e B2 per la disabilità gravissima e grave, sostenute dal Fondo nazionale per la non autosufficienza e dai fondi regionali: un sostegno di estrema importanza per le famiglie che sono già duramente provate dalla disabilità con la quale convivono. Nonostante il primo ravvedimento, che ha scongiurato la significativa riduzione dei contributi che la Giunta regionale aveva deliberato all'unanimità a fine dicembre, a oggi non ci sono ancora risposte concrete per risolvere il problema nel suo complesso. E' essenziale che venga assicurata l'erogazione dell'assegno di cura fino a maggio 2025, e cioè per tutte le 12 mensilità che in Lombardia decorrono ogni anno dal mese di giugno, ma il ravvedimento attuale assicura solo i contributi fino alla fine dell'anno in corso.
La situazione più critica - continua la nota - riguarda coloro che si trovano in una condizione di aggravamento e corrono il rischio di essere esclusi dalla misura B1, a causa delle liste d'attesa istituite dalla Regione Lombardia, che afferma di non avere fondi sufficienti. Questa situazione è "inaccettabile - afferma Aisla - e richiede un'azione prioritaria, soprattutto per coloro che si trovano nella cosiddetta condizione di dipendenza vitale. Stiamo parlando di una misura che riguarda famiglie con gravi disabilità ed appare evidente che le liste d'attesa non dovrebbero essere tollerate per nessuno. Tra queste, esiste una categoria di persone che si trova in una condizione estrema, la cosiddetta dipendenza vitale. In questa circostanza, il supporto al caregiver assume una rilevanza cruciale per la sopravvivenza stessa. E' essenziale - conclude Aisla - garantire che queste famiglie ricevano il supporto necessario, senza ritardi o complicazioni".
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Pressione alta, il ruolo del Dna: lo studio
Maxi-studio internazionale apre a diagnosi di precisione, cure su misura e all'identificazione di nuovi bersagli terapeutici
La pressione alta dipende certo dai cattivi stili di vita, ma sulla probabilità di ammalarsi di ipertensione - un fattore di rischio chiave per le patologie cardiovascolari - pesa anche il Dna. In un maxi studio sui dati di oltre un milione di persone, il più grande mai condotto finora sull'argomento, ricercatori e collaboratori dei National Institutes of Health-Nih americani hanno scoperto oltre 2mila regioni del genoma umano (loci genomici) legati alla pressione sanguigna, comprese 113 nuove regioni. Il lavoro è pubblicato su 'Nature Genetics' e secondo gli autori permetterà di capire meglio come viene regolata la pressione del sangue, nonché di identificare possibili bersagli per nuovi farmaci.
"Il nostro studio aiuta a spiegare una percentuale molto maggiore di differenze tra la pressione sanguigna di due persone rispetto a quanto precedentemente noto", afferma Jacob Keaton, sezione Informatica sanitaria di precisione del National Human Genome Research Institute (Nhgri), primo autore della ricerca alla quale hanno contribuito più di 140 scienziati di oltre 100 università, istituti e agenzie governative. I ricercatori sono riusciti anche a calcolare un punteggio di rischio poligenico, che combina gli effetti di tutte le varianti genomiche presenti in una persona, per prevederne la pressione e il pericolo ipertensione. "Conoscere il rischio di un paziente di sviluppare ipertensione potrebbe portare a trattamenti su misura, che hanno maggiori probabilità di essere efficaci", sottolinea Keaton.
Tra i nuovi loci genomici scoperti, molti si trovano in geni che svolgono un ruolo nel metabolismo del ferro, confermando precedenti evidenze secondo cui alti livelli di ferro possono contribuire alle malattie cardiovascolari, precisano gli autori. Gli scienziati hanno inoltre confermato l'associazione tra pressione sanguigna e varianti del gene Adra1A, che codifica per un recettore cellulare detto adrenergico, già target di farmaci per la pressione. Ecco perché gli autori ritengono che altre varianti genomiche individuate nella nuova ricerca potrebbero diventare bersagli farmacologici per sviluppare nuove terapie.
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Cardiologi: “Ecg con Ai è salto in avanti, screening...
Lo studio sull'efficacia dell'uso di nuovi Ecg con intelligenza artificiale nel prevenire i decessi individuando pazienti ad alto rischio mortalità, "ci dice che non si deve avere paura e non si deve essere scettici rispetto all'uso dell'Ai nella pratica clinica. Questa ricerca e altre del genere forniscono una indicazione importante sul tema della prevenzione. Se un medico, grazie appunto all'Ai, riceve un alert su un paziente specifico può dedicargli più attenzione, si può identificare uno scompenso cardiaco, si possono usare farmaci antiaritmici in modo selettivo, ma anche individuare aritmie maligne. L'Ecg intelligente ci permette un salto in avanti con uno screening più approfondito rispetto a quello che si esegue di routine, riducendo anche i costi e l'inappropriatezza". Così all'Adnkronos Leonardo De Luca, vice presidente Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, e direttore della struttura complessa di Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.
Rispetto alle innovazioni, in Italia "c'è un problema culturale", avverte De Luca. "Secondo un nostro censimento di tutte le strutture cardiologiche pubbliche, convenzionate e private presenti in Italia - spiega - parliamo di 790 strutture, solo nel 20% sono presenti strumenti di telemedicina, teleconsulto e telerefertazione. Il Pnrr doveva intervenire proprio su queste settore e sull'ammodernamento del parco tecnologico".
Il balzo tecnologico, favorito anche dall'Ai, può essere un rischio nel far aumentare la richiesta di offerta sanitaria 'hi-tech'? "C'è il rischio, come c'è un rischio di esagerare con l'interpretazione dei dati che arrivano dai vari software oggi a disposizione - risponde il primario di Cardiologia - Questo studio dimostra che proprio l'Ai applicata a un esame importante e ormai consolidato come l'Ecg può ridurre la mortalità del paziente ospedalizzato, ma c'è da considerare anche l'effetto Hawthorne, che accade quando c'è una variazione del comportamento in presenza di qualcuno che ti osserva. Questo - chiarisce - potrebbe essere accaduto nello studio quando il medico, che sa di partecipare a un ricerca, è più attento ai dati e all'osservazione clinica del paziente. Magari è più sensibile all'alert dell'Ai e interviene istantaneamente. Ma al di là di questa considerazione, davvero ormai con intelligenze artificiali che passano in rassegna milioni di dati e immagini in pochissimo tempo, siamo in presenza di una rivoluzione nel campo della cardiologia, e non solo".
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Nuovo cancro seno ereditario, Aiom: “Passo avanti per...
E' "un passo avanti importante sulla strada della diagnosi di precisione" lo studio dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, pubblicato su 'Jama Network Open', che ha scoperto una nuova forma ereditaria di cancro al seno, associata al gene Cdh1. A spiegare all'Adnkronos Salute il valore del lavoro dei senologi Ieo è Francesco Perrone, presidente dell'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e direttore dell'Unità Sperimentazioni cliniche dell'Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli.
In donne operate per un tumore lobulare del seno, gli autori hanno definito una nuova sindrome chiamata 'carcinoma mammario lobulare ereditario', associata a mutazioni patogenetiche del gene Cdh1. Una forma di cancro e che si differenzia integralmente - sottolineano i ricercatori - dalla classica sindrome del carcinoma mammario ereditario causata dalle note mutazioni dei geni Brca1 e Brca2. I cosiddetti 'geni Jolie', che hanno spinto l'attrice americana e più di recente la supermodella Bianca Balti a ricorrere alla chirurgia preventiva per scongiurare il rischio cancro. Per i senologi Ieo, "le donne con un tumore lobulare, con età sotto i 45 anni, o con storia familiare positiva o con tumore lobulare bilaterale, dovrebbero essere tutte testate per il gene Cdh1".
Su questo punto Perrone precisa: "Non faccio anticipazioni sui contenuti delle future linee guida Aiom, che sono frutto di un processo lungo e complesso, e che sono valide una volta approvate dall'Istituto superiore di sanità e pubblicate". Ciò premesso, lo studio dell'Irccs fondato da Umberto Veronesi indica "una nuova potenziale possibilità di fare diagnosi di precisione", afferma l'oncologo. Le conclusioni del lavoro, puntualizza, aprono all'eventualità di "aggiungere, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico già disponibile per cercare di identificare tumori che hanno una causa ereditaria". Un'opportunità molto importante per i pazienti con mutazioni genetiche a rischio cancro, ma anche per i loro familiari, sui quali potrà essere cercata la stessa mutazione, valutando strategie personalizzate di prevenzione.
La nuova ricerca dell'Ieo, commenta il presidente Aiom, "è uno studio sicuramente importante su un tema molto importante che è quello delle forme ereditarie di cancro. In questo caso una forma di cancro della mammella, il carcinoma lobulare, che non è la più frequente", rimarca Perrone. L'oncologo si complimenta pertanto con gli autori anche "per la capacità di mettere insieme una grande casistica, iniziata prima del 2000", così da produrre risultati abbastanza 'pesanti' da poter sperare di orientare in futuro la diagnosi oncologica di precisione.
"Al momento - ribadisce il numero uno dell'associazione oncologi medici - mi sembra che il senso di questa pubblicazione possa essere quello di aggiungere potenzialmente, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico di cui disponiamo per individuare i tumori con una causa ereditaria. Che ciò si potrà tradurre in una modifica della terapia o della prognosi è molto presto per dirlo, però è una cosa importante. Con i più noti e importanti 'geni Jolie' - ricorda infatti Perrone - quello che accade" già oggi "è che si fa una diagnosi di un tumore che è legato a un'anomalia di questi geni, e quindi si può poi discutere e ragionare anche per la prevenzione del cancro nei familiari che potrebbero avere la stessa mutazione. Un elemento, questo, molto importante".