Cronaca
Cappuccino tossico per difendere il posto di lavoro
Bra, Cuneo: ha aggiunto un forte sedativo nel cappuccino della sua collega per farla licenziare e prenderne definitivamente il suo posto.
La dipendente di una compagnia di assicurazioni è stata condannata a quattro anni di reclusione per aver drogato un’ altra dipendente. Per nove mesi ha incorporato forti ansiolitici nel cappuccino della sua collega che beveva tranquillamente. Per paura di essere licenziata in questa compagnia d’assicurazioni, la donna aveva pensato di screditare la sua collega agli occhi del capo, in modo che fosse licenziata e quindi lei stessa rimanesse con posto sicuro.
Drogata tutti i giorni della settimana per nove mesi, è il calvario subito dalla dipendente di questa compagnia di assicurazioni, vittima inerme della sua collega ed amica d’ufficio.
Spaventata dalle voci di corridoio su eventuali licenziamenti, circolate in azienda nel lontano ottobre 2017, questa donna in questi anni ha pensato e messo in atto un piano diabolico giusto per far licenziare l’amica di scrivania e confidente di tutti i giorni. Così ha iniziato a mettere la benzodiazepina, un sedativo, nel caffè che portava ogni giorno dal bar alla sua cara collega. Quest’ultima, per molti mesi, ha quindi sofferto di fortissimi mal di testa, vertigini e sonnolenza senza capirne mai stranamente la causa.
Dieci volte la dose di tranquillante raccomandata
I sintomi erano tali che un giorno, terminato il lavoro, mentre era alla guida della sua auto per tornare a casa, finisce per schiantarsi contro un albero. La vittima ha finalmente consultato così un neurologo che, tra le altre cose, dopo l’anamnesi, non trovando nulla di anormale le consiglia di provare ad interrompere la pausa caffè, poiché i sintomi giungevano e si acutizzavano, puntualmente dopo la bevanda.
In effetti, durante tutto questo periodo di astinenza dalla pausa caffè, i sintomi non si presentano più. Dubbiosa e volendo andare a fondo alla vicenda, decide di riprendere a consumare la bevanda, perché l’insistenza della collega era anomala e sospettosa. In accordo con il medico, ne consuma solo una parte ed il resto lo mette in una provetta, per farla analizzare. Dopo un’ennesima corsa al pronto soccorso, il responso di un laboratorio analisi di Torino: “dentro il cappuccino si trovano quantità elevate di farmaci mirati a provocare stati di sonnolenza, indebolimento muscolare e rallentamento delle attività cerebrali.” Vengono così apposte dai Carabinieri delle microcamere per filmare la disonesta mentre commetteva il reato.
Con prove inconfutabili, ha quindi presentato una denuncia e la sua pseudo collega è stata arrestata e processata. Da parte sua, la società ha rivelato che non era assolutamente previsto alcun piano di licenziamento, all’epoca dei fatti erano addirittura in corso reclutamenti. Oltre il danno la beffa quindi e pensare che dalla paura dell’essere licenziata lo è stata effettivamente per forza di cose.
“Provare invidia è umano, assaporare la gioia per il danno altrui è diabolico.” (Arthur Schopenhauer)
Cronaca
Ferrovie, sciopero del 19 e 20 maggio. Salvini firma la...
La nota con le motivazioni del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti
Il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini ha firmato un'ordinanza di precettazione nei confronti delle sigle sindacali che hanno indetto lo sciopero del trasporto ferroviario tra domenica 19 e lunedì 20 maggio. Lo rende noto il Mit in un comunicato.
Il motivo
La decisione, fanno sapere dal Mit, è maturata "soprattutto in vista dell'importante weekend per gli appassionati di Formula 1, in quanto coincide con la manifestazione sportiva 'Gran Premio del Made in Italy e dell'Emilia-Romagna' all'Autodromo di Imola. L'afflusso di turisti e appassionati stimato è di oltre 200mila persone. Lo sciopero causerebbe notevoli ripercussioni e problemi di ordine e sicurezza pubblica". Sulla base di queste motivazioni il ministro Salvini "ha pertanto disposto il differimento".
Cronaca
Superenalotto, numeri combinazione vincente oggi 16 maggio
Nessun 6 nè 5+1 e jackpot sale a 22,3 milioni
Nessun 6 né 5+1, mentre in 3 hanno centrato il montepremi a disposizione dei punti 5 incassando rispettivamente 57.872,38. Il jackpot stimato per il prossimo concorso a disposizione dei punti 6 raggiunge così quota 22.300.000,00 euro.
Quali punteggi vincono
Al SuperEnalotto si vince con punteggi da 2 a 6, passando anche per il 5+. L'entità dei premi è legata anche al jackpot complessivo. In linea di massima:
- con 2 numeri indovinati, si vincono orientativamente 5 euro;
- con 3 numeri indovinati, si vincono orientativamente 25 euro;
- con 4 numeri indovinati, si vincono orientativamente 300 euro;
- con 5 numeri indovinati, si vincono orientativamente 32mila euro;
- con 5 numeri indovinati + 1 si vincono orientativamente 620mila euro.
Ho vinto o no?
E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle ultime 30 estrazioni.
Quanto costa una schedina
La schedina minima nel concorso del SuperEnalotto prevede 1 colonna (1 combinazione di 6 numeri). La giocata massima invece comprende 27.132 colonne ed è attuabile con i sistemi a caratura, in cui sono disponibili singole quote per 5 euro, con la partecipazione di un numero elevato di giocatori che hanno diritto a una quota dell'eventuale vincita. In ciascuna schedina, ogni combinazione costa 1 euro. L'opzione per aggiungere il numero Superstar costa 0,50 centesimi.
La giocata minima della schedina è 1 colonna che con Superstar costa quindi 1,5 euro. Se si giocano più colonne basta moltiplicare il numero delle colonne per 1,5 per sapere quanto costa complessivamente la giocata.
Come scoprire se ho vinto
E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle estrazioni precedenti.
I numeri dell'estrazione vincente di oggi
La combinazione vincente del SuperEnalotto: 10, 11, 27, 31, 66, 83; Numero Jolly 25; SuperStar 57.
Cronaca
Chico Forti, chi è e perché era in prigione in Usa: la...
Il 1 marzo scorso l'annuncio di Giorgia Meloni da Washington: "Rientrerà in Italia"
Ultime settimane negli Usa per Chico Forti, il 65enne trentino detenuto per quasi 24 anni a Miami dopo una condanna all'ergastolo senza appello per l'omicidio dell'imprenditore australiano Dale Pike, ha lasciato oggi il carcere per essere trasferito in una struttura federale per l'immigrazione, ultimo passaggio prima del trasferimento in un carcere italiano.
Dal wind surf all'accusa di omicidio
Enrico Forti, detto Chico prima di essere arrestato era un campione di windsurf, documentarista e produttore televisivo. Ma la sua carriera venne interrotta bruscamente nel 1998 quando viene accusato dell'omicidio di Pike.
Dal 15 giugno 2000, giorno del verdetto, Forti si dice vittima di un complotto. Pike fu trovato morto in un boschetto che limita una spiaggia, a poca distanza dal parcheggio dove lui stesso aveva chiesto a Forti di accompagnarlo, dopo averlo prelevato all'aeroporto. La morte fu fatta risalire tra le ore 20 e le 22 del giorno precedente, poco tempo dopo il suo commiato da Chico Forti.
La sentenza
Secondo la sentenza, non appellabile, Forti è stato condannato all'ergastolo per "aver personalmente e/o con altra persona o persone allo stato ancora ignote, agendo come istigatore e in compartecipazione, ciascuno per la propria condotta partecipata, e/o in esecuzione di un comune progetto delittuoso, provocato, dolosamente e preordinatamene, la morte di Dale Pike".
La storia di Forti è legata a doppio filo all’omicidio di Gianni Versace, avvenuto il 15 luglio 1997, a Miami Beach, due chilometri in linea d’aria dal luogo dove, sette mesi dopo (il 15 febbraio 1998), fu trovato cadavere Dale Pike, ucciso fra l’altro con lo stesso tipo di pistola che esplose i suoi colpi mortali contro Versace; due proiettili alla testa, come per Pike.
La battaglia per il rientro e l'annuncio di Meloni
Per anni la famiglia di Forti, soprattutto l'anziana madre, si è battuta per un suo rientro in Italia. Nel marzo 2021, un primo spiraglio era stato annunciato dall'allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio: "Chico Forti è stato trasferito in un altro penitenziario americano, dove si collocano i detenuti in attesa di trasferimento", le parole di Di Maio. Ma poi qualcosa si è inceppato. Fino alla svolta, annunciata dalla premier Giorgia Meloni lo scorso 1 marzo dagli Usa: "Sono felice di annunciare che, dopo 24 anni di detenzione negli Stati Uniti, è stata appena firmata l'autorizzazione al trasferimento in Italia di Chico Forti".
Un passaggio cruciale al quale sono seguiti una serie di adempimenti burocratici. Oggi, l'ultimo: la firma dell'accordo di Forti con il giudice federale statunitense per scontare il resto della pena in Italia.