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Rielli: “Ne ‘Il fuoco invisibile’ la...

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Rielli: “Ne ‘Il fuoco invisibile’ la follia collettiva scatenata dall’arrivo della Xylella”

Lo scrittore: "Contento di essere entrato nella dozzina, ma non ci penso troppo"

Rielli:

Un libro a più voci, un romanzo fatto di persone e fatti veri che ricostruisce "come si arriva a una follia collettiva e a una caccia alle streghe". Daniele Rielli è uno dei dodici scrittori della dozzina del premio Strega annunciata lo scorso 5 aprile al Tempio di Adriano di Roma. Con il suo 'Il fuoco invisibile. Storia umana di un disastro naturale', presentato da Antonio Pascale, mette in scena sottoforma anche di romanzo familiare l'arrivo in Puglia, nel 2013, della Xylella, un batterio che ha sterminato milioni di ulivi nel Salento. Un batterio che ha modificato il paesaggio millenario di un territorio che ha vissuto quasi in simbiosi con le sue antichissime piante. Originario di Calimera, piccolo paese della Grecìa salentina in provincia di Lecce, Rielli indaga una realtà inizialmente nebulosa a partire proprio dalla morte degli ulivi della sua famiglia.

Ora però che il suo libro concorrerà alle fasi finali del riconoscimento più ambito del nostro panorama letterario, si schermisce. Essere entrato nella dozzina, dice infatti intervistato dall'AdnKronos, "ovviamente mi ha fatto piacere, sono contento. Io, comunque, tendo a cercare di fare il meglio possibile quando scrivo. Un autore non può controllare ciò che viene dopo, quindi è meglio non pensarci troppo", afferma Rielli aggiungendo che "tutto quello che aiuta la diffusione del libro a raggiungere più lettori è sempre molto bene accetto".

Soffermandosi sui danni provocati dal batterio proveniente dalla Costa Rica, Rielli spiega che la situazione ora, a distanza di poco più di un decennio, è in parte cambiata. "La malattia - dice infatti - continua ad avanzare ma più lentamente. Adesso c'è un sistema di monitoraggio e di contenimento molto più evoluto rispetto ai primi anni". Un tempo in cui la diffusione dell'epidemia è stata devastante perché non c'erano strategie di difesa efficaci. "Non c'era proprio niente", taglia corto Rielli che ricorda: "Per anni il contenimento, che adesso dovrebbe essere più severo rispetto a come viene attuato, è stato combattuto perché una larga parte della società salentina e delle Istituzioni non volevano che si tagliassero gli alberi. La malattia si è diffusa grazie a questo atteggiamento assurdo che ha delle ragioni culturali che esploro nel libro".

Un testo che, sottolinea Rielli, "racconta un microcosmo”. Al di là dell'arrivo in Puglia della Xylella, "la malattia delle piante più grave e diffusa del mondo", questa vicenda è "la metafora di qualcosa di più grande, ovvero di che cosa succede a una comunità quando la maggior parte dei suoi componenti comincia a credere a cose che non sono assolutamente vere. Quando poi di conseguenza si verifica il disastro, si incolpa qualcuno che fa da capro espiatorio. In un certo senso è una storia vecchia come il mondo che fa però impressione perché è successa oggi. Nella storia della Xylella il capro espiatorio è stato rappresentato dagli scienziati accusati di aver diffuso la malattia solo perché l'avevano scoperta".

La malattia degli ulivi salentini ha messo a nudo "la crisi di una collettività quasi nella sua interezza. Il 99% della popolazione non dava credito alle tesi scientifiche e pensava che la Xylella fosse un complotto. Si è verificato il collasso cognitivo di una comunità che ha interessato tutti, cominciando dalla popolazione per arrivare alle Istituzioni. La magistratura in quel caso non si è distinta per lucidità e anche l'amministrazione di Michele Emiliano ha delle gravissime responsabilità. Di sicuro si può dire che non ci sia stato un politico che abbia avuto il coraggio di andare contro il sentire popolare di quel momento e di fare ciò che era necessario. E' stato un fallimento complessivo al là di casi isolati di agricoltori illuminati".

Scendendo più nel dettaglio, Rielli chiarisce che "la Xylella è sempre stata raccontata come la malattia degli ulivi, ma in realtà si tratta di un patogeno vegetale, un batterio, che colpisce più piante. Nel Salento c'erano principalmente ulivi ma mano a mano che la malattia si diffonde può colpire specie nuove. Questo è un problema per tutta l'agricoltura italiana e in prospettiva anche europea". Un allarme largamente sottovalutato fin da quando si manifestarono i primi effetti dannosi della diffusione. Il fatto è, mette in guardia lo scrittore, che "questa malattia continua ad avanzare ed è un problema. Mi sembra che chi ha la responsabilità di averla lasciata diffondersi in prima battuta, tenda adesso a non parlarne più. Sottovaluta la questione perché, diversamente, dovrebbe affrontare le proprie responsabilità. Una malattia come questa andava estirpata o contenuta in un territorio più ridotto possibile, invece ne è nata la caccia alle streghe che racconto nel libro”.

(di Carlo Roma)

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Libri, Santo Versace alla Lum per presentare...

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Libri, Santo Versace alla Lum per presentare 'Fratelli. Una famiglia italiana'

Martedì 21 maggio alle 11, presso l’Aula Aldo Rossi dell’Università Lum, a Casamassima (Ba), Santo Versace presenterà agli studenti il volume da titolo: 'Fratelli. Una famiglia italiana'. Nell’ambito dell’evento l’imprenditore, cui verrà conferito il Sigillo Accademico, terrà una lectio magistralis su 'La famiglia, l’impresa, la crescita'. L’intervento, moderato dal giornalista Vito Marinelli, sarà introdotto da Antonello Garzoni, Rettore della Lum ed Economista Aziendale e da Pasquale Lettieri, critico d’arte.

Santo Versace, fratello di Donatella e di Gianni che è stato uno dei più celebri stilisti del mondo fondatore dell'omonima casa di moda, scomparso nel 1997, è presidente della Fondazione Santo Versace, ente filantropico nato per sostenere e aiutare le persone che vivono in condizioni di fragilità e di disuguaglianza sociale.

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A Milano va in scena l’assenza nelle Polaroid di...

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Sabato 18 maggio l'apertura negli spazi dell'Opificio della Fotografia

A Milano va in scena l'assenza nelle Polaroid di Patrizio Cipollini

Fra le forme di fotografia analogica la Polaroid si afferma anno dopo anno fra le più tenaci, per longevità ed espressività. Lo conferma la mostra 'Ai lembi dell'assenza' che il polaroider romano Patrizio Cipollini inaugura sabato 18 maggio presso l'Opificio della Fotografia, uno degli spazi più stimolanti di Milano, in collaborazione con Casa Museo Spazio Tadini. E' un percorso attraverso 140 polaroid che propone al pubblico uno sguardo intimo e riflessivo sul tema - appunto - dell'assenza ma che punta a stimolare anche una riflessione critica sulla relazione tra la fotografia istantanea e il concetto stesso di assenza, esaltato da una immagine istantanea che - a differenza del digitale - si afferma sotto gli occhi dei soggetti in una forma 'fisica', ma poi inevitabilmente si deteriora nel tempo con i soggetti che possono addirittura scomparire, e quindi risultare completamente assenti. Insomma, la Polaroid piace per la sua istantanea (ma lenta rispetto al digitale) matericità e, nel tempo, può trasformarsi invece in una concreta mancanza.

Come si spiega nella nota di presentazione "l'assenza in questa mostra a volte è giocata come negazione della presenza umana, come per esempio nella serie sui sex toys, i papaveri, i pontili e i dittici architettonici o naturali; a volte si muove tra soggetti viventi in spazi quasi astratti o vuoti; altre si veste di forme e posizioni erotiche mancanti della figura completa; altre ancora abita polaroid deteriorate nel tempo in cui quasi tutto o tutto è scomparso. Si propone di esplorare narrazioni personali quanto sociali, ricordando la complessità e la profondità delle relazioni umane".

“Ai lembi dell’assenza” si inserisce in un contesto ampio di riflessione: come evidenziato da alcuni teorici come Rosalind Krauss e Geoffrey Batchen, l'assenza nelle immagini fotografiche si trasforma in una sorta di presenza silenziosa, che parla delle nostre esperienze umane con un'intensità senza tempo.

"Molti lavori di fotografi americani del XX secolo, come Robert Mapplethorpe, Nan Goldin o Sally Mann solo per citarne alcuni, hanno aperto nuove prospettive sull'espressione emotiva, l'utilizzo della bellezza come strumento estetico ed emotivo e l'enfasi sulla fotografia come oggetto fisico. Questi elementi hanno influenzato profondamente la fotografia contemporanea, aprendo spazi di riflessione sul tempo, l’erotismo, la mortalità, l'intimità, la bellezza, l’assenza”. - scrive l’ideatrice e curatrice della mostra Federicapaola Capecchi - Da qui siamo partiti io e Patrizio Cipollini. Per mesi abbiamo indagato e navigato insieme la mia idea, ispirata dal suo corpo di lavoro di 30 anni e abbiamo trovato molte strade da percorrere … infatti credo questa sarà la prima mostra di una serie”.

Le polaroid in mostra sono sia cicli che immagini indipendenti. Durante l'apertura della mostra - che si chiude il 16 giugno - Patrizio Cipollini tiene due workshop: il primo è 'Lift Off' in calendario il 25 e 26 maggio, il secondo “Instant … stereo e 3d” si terrà il 15 e 16 giugno.

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‘Ostiawood’, il primo romanzo di Daniele Orazi:...

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Il racconto del patinato mondo del cinema che può essere una giungla, attraverso gli occhi di Andy, personaggio che ha vissuto un’adolescenza travagliata nella Ostia degli anni Ottanta

'Ostiawood', il primo romanzo di Daniele Orazi:

Il protagonista si chiama Adriano Schroeder, ma tutti lo chiamano Andy, e ama il suo lavoro: l’agente cinematografico. Nel suo primo romanzo 'Ostiawood', Daniele Orazi racconta il patinato mondo del cinema che può essere una giungla, attraverso gli occhi di Andy, personaggio che ha vissuto un’adolescenza travagliata nella Ostia degli anni Ottanta. Andy, cresciuto da albino tra criminalità e bullismo, ha accumulato una notevole collezione di traumi. Tuttavia, il passato appartiene al passato: oggi è il rispettato e ammirato fondatore della W, un’agenzia che rappresenta attori e attrici famosi ed emergenti.

Il libro "è ispirato anche a quello che mi è successo nella vita, sia privata che professionale. C’è tanto di quello che ho vissuto e visto negli anni Ottanta", racconta all'Adnkronos Orazi, da 35 anni nel mondo del cinema come manager. Ed è proprio la passione per il suo lavoro che lo ha spinto in questa nuova avventura di scrittore: "In maniera un po' divertente e comica ho pensato di far conoscere meglio questa professione intorno alla quale c'è sempre un alone di mistero".

Iniziamo con il chiarire che "l’agente non è l’ufficio stampa ma è un ruolo specifico che ha bisogno di essere riconosciuto. Oggi, rispetto al passato, è una professione un po’ più nota anche grazie alla serie 'Call My Agent' di Sky" ma sono ancora tanti i falsi miti da sfatare. Uno fra tutti? "Che si guadagnano tanti soldi. Non è così. Per essere precisi: prendiamo il 10% degli importi degli artisti", risponde Orazi.

Il protagonista del romanzo è l'agente di alcuni artisti che, spiega l'autore, "rappresentano un po' i cliché del cinema che noi tutti conosciamo. C'è la giovane starlet , l'attore impegnato e la vecchia diva, ognuno con le sue esigenze e i suoi capricci". La forza di Andy "sta nel riconoscere che quei capricci in realtà, in quel momento preciso rappresentano per l'artista una questione di vita o di morte". L’agente "sta nel mezzo: deve capire l’artista e le esigenze del mercato puntando sempre al risultato, ovvero la performance. L’obiettivo è sempre quello di illuminare l’arte".

'Ostiawood', dunque, è una commedia scritta da chi il mondo del cinema lo conosce davvero e il messaggio "che mi piacerebbe arrivasse è per i giovani, ovvero che le cose si ottengono se dietro c'è lavoro e costanza. Se il nostro protagonista è riuscito ad emergere da un quartiere periferico e svantaggiato degli anni 80, diventando un uomo di successo allora ci può riuscire chiunque ma bisogna veramente volerlo. Dietro a dei grandi risultati c'è sempre tanto sacrificio", ricorda Orazi. I diritti d’autore saranno devoluti alle associazioni non-profit Every Child Is My Child e Pen Paper Peace. (di Loredana Errico)

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