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Salute e Benessere

Il sondaggio, salute importante per 1 italiano su 2 anche...

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Il sondaggio, salute importante per 1 italiano su 2 anche tra le nuove generazioni

Costabile (Luiss): "Indicazioni su come affrontare le diverse sensibilità generazionali"

Il sondaggio, salute importante per 1 italiano su 2 anche tra le nuove generazioni

Per la metà della popolazione italiana è importante occuparsi della salute, ma c’è un inedito picco anche tra le giovani generazioni che, forse per la prima volta nella storia, se ne preoccupano tanto quanto i loro genitori. Un’eredità del Covid, probabilmente che, di certo, ha cambiato il concetto stesso di salute: fisica, mentale e relazionale (affettiva e sociale). Un concetto a più dimensioni il cui peso cambia in ragione delle generazioni. È quanto emerge da una ricerca realizzata dalla Luiss (Centro di Ricerca Luiss – X.Ite su tecnologie e comportamenti di mercato) in collaborazione con Merck Italia e presentata a Roma nella sede dell’Università, in occasione del convegno ‘Emerging healthcare trends. A closer look across generations’.

“Il concetto di salute è cambiato in ragione dell'età – sottolinea Michele Costabile, direttore Centro di ricerca Luiss – X.Ite su tecnologie e comportamenti di mercato - Si sono moltiplicati i tipi di salute che ricevono attenzioni e generano ansie, con intensità diverse per le differenti generazioni. Abbiamo quindi esaminato a fondo queste differenze per suggerire a imprese attente, come Merck, ma anche a decisori istituzionali, come affrontare le diverse sensibilità generazionali verso le differenti forme di salute. Siamo di fronte a un cambiamento esponenziale nelle tecnologie che la filiera dell’healthcare rende disponibili, anche e soprattutto sui mercati di consumo. Comprendere attese, resistenze, timori e speranze di consumatori sempre più differenziati per età (e generazioni) è quindi un passaggio obbligato per fare in modo che il potenziale di innovazione tecnologica si traduca in valore sociale e in maggiore salute e benessere".

L’analisi sistematica degli studi esistenti è stata integrata da una raccolta dati, condotta tra gennaio e febbraio 2024 su 3 mila intervistati, che affronta un’ampia gamma di argomenti e tendenze dei consumatori sul tema salute - per esempio, stato di salute, apertura verso le nuove tecnologie, fonti di informazioni - evidenziando come le diverse generazioni adattino i propri comportamenti di salute in base ai propri valori e bisogni. “Il nostro impegno per un futuro sostenibile - osserva Ramon Palou de Comasema, presidente e amministratore delegato Healthcare di Merck Italia - va oltre il semplice ascolto dei bisogni delle diverse generazioni: rappresenta un invito a dar vita tutti insieme a una società più sana, inclusiva e felice. Per fare ciò, è importante favorire il dialogo e lo scambio di esperienze tra i diversi gruppi generazionali: in questo modo si può colmare ogni distanza e generare un mix virtuoso di conoscenze e visioni in grado di creare un valore inestimabile. Attraverso la comprensione, il confronto e la collaborazione, vogliamo favorire un approccio alla salute che risponda alle esigenze di ogni generazione”.

La salute è intesa soprattutto come salute fisica (30%) e mentale (24%) - si legge in una nota - Una parte importante riveste il benessere familiare (21%) mentre più contenuto è il ruolo di benessere sociale e professionale (13% e 12%). Una differenza tra le generazioni più anziane e quelle più giovani riguarda l’importanza che viene attribuita alle diverse componenti di salute: se per i boomer (60-70 anni) e la generazione X (44-59 anni) salute fisica e familiare vengono messe al primo posto, quando si passa alla generazione Y (28-43 anni) e Z (18-27 anni) il benessere mentale, sociale e professionale sono sicuramente annoverati tra gli aspetti più considerati per sentirsi in buona salute.

Differenze generazionali importanti si ritrovano anche nella valutazione del proprio stato di salute. Se per le generazioni più anziane lo stato di salute mentale e sociale è considerato buono, stessa cosa non può dirsi per i più giovani, che invece riportano una migliore salute fisica, a eccezione delle conseguenze del Covid. La pandemia ha infatti colpito maggiormente la salute dei giovani: il 35% della generazione Z ha dichiarato che il covid ha influenzato moltissimo la percezione dello stato di salute contro il 22% dei Boomers. In assoluto gli italiani nel post pandemia si dimostrano sempre più attenti alla propria salute che. Per la maggioranza, indirizza è capace di indirizzare le proprie scelte, presenti e future, in un’alleanza tra alimentazione equilibrata, sonno e cura di sé, in maggior misura dalle generazioni più anziane rispetto alle più giovani.

Terapia psicologica e pausa dalla tecnologia sono esigenze di salute più frequentemente sentite dalle generazioni più giovani. La pausa dalla tecnologia è una necessità più frequente nella Gen Y (59,5%) con proporzioni analoghe per Gen X e Gen Z, rispettivamente 56,5% e 50%. L’atteggiamento verso la tecnologia varia nelle diverse generazioni e per i diversi tipi di tecnologia. Più della metà degli intervistati esprime un giudizio favorevole sull’utilizzo di cartella clinica elettronica (61%) e dispositivi indossabili (51%), meno frequenti sono invece le opinioni favorevoli sull’uso di telemedicina (45%) e intelligenza artificiale (39%). In genere, le generazioni più anziane tendono ad essere meno pronte all’impiego di nuove tecnologie nella cura della salute. Il gradiente generazionale è più marcato per l’uso dell’intelligenza artificiale (accettato dal 45% dei Gens Z e dal 30% dei Boomers) e dei dispositivi indossabili (58% e 42%), rispetto a telemedicina (45% e 40% d) e cartella clinica elettronica (65% dei Gens Z e 55% dei Boomers).

Punto in comune per tutti - riporta la nota - è la fonte di informazione per la salute. Circa il 75% degli intervistati dichiara di rivolgersi in prima battuta al proprio medico di base o specialista per informazioni riguardo la propria salute. Percentuale che sale fino all’88.3% per i rispondenti più senior (Boomer) e si riduce a circa il 70,8% per le Generazioni Y e Z. La seconda fonte più utilizzata in Italia è Internet, nonostante sia ritenuta molto o estremamente affidabile solo dal 16,7% del campione. Solo la generazione dei Boomer sembra favorire il farmacista alla ricerca di informazioni online.

Rispetto alle valutazioni di affidabilità delle fonti le generazioni sono concordi nel ritenere il farmacista molto o estremamente affidabile, secondo solo al medico di base o specialista. Al contrario, Internet è ritenuto poco o per niente affidabile dal 40,3% degli intervistati. Questa percentuale aumenta per la generazione di boomer (49,1%), e si riduce progressivamente fino alla Gen Z (35.7%). Solo Gen Z, invece, dichiara di utilizzare Chat Gpt (5.7%) più dei mezzi tradizionali come radio e televisione (4.6%). A fidarsi di più delle risposte da parte dell’AI Generativa la Gen Y (15.8%), la Gen Z (14%), la Gen X (11.4%) e infine i Boomer (5.4%).

I social media, infine, sono la fonte di informazione ritenuta meno affidabile da tutti i rispondenti (65%). Un punto di forza della ricerca è stata l’analisi della generazione Alpha, quella dei nati a partire dal 2010, la cui percezione sul tema salute non era stata precedentemente approfondita dalle analisi condotte sul territorio nazionale. Secondo i genitori della generazione Alpha (6% Gen Z, 45,2% Gen Y, 45,7% Gen X, 3,1% Boomer), la loro salute comprende innanzi tutto la componente fisica, seguita dalla salute mentale, il benessere familiare e sociale, ed infine dal successo scolastico. Gen X e Boomers attribuiscono un peso molto più simile a salute fisica e mentale quando fanno riferimento ai propri figli che non quando rispondono per sé stessi. Il 33,6% dei genitori della Gen Alpha ritiene che la pandemia abbia influenzato molto la percezione di salute del figlio e l'integrazione di intelligenza artificiale, telemedicina, dispositivi indossabili e cartella clinica elettronica per i propri figli è vista più favorevolmente che per sé stessi.

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Salute e Benessere

Pressione alta, il ruolo del Dna: lo studio

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Maxi-studio internazionale apre a diagnosi di precisione, cure su misura e all'identificazione di nuovi bersagli terapeutici

Uno sfigmomanometro per misurare la pressione - FOTOGRAMMA

La pressione alta dipende certo dai cattivi stili di vita, ma sulla probabilità di ammalarsi di ipertensione - un fattore di rischio chiave per le patologie cardiovascolari - pesa anche il Dna. In un maxi studio sui dati di oltre un milione di persone, il più grande mai condotto finora sull'argomento, ricercatori e collaboratori dei National Institutes of Health-Nih americani hanno scoperto oltre 2mila regioni del genoma umano (loci genomici) legati alla pressione sanguigna, comprese 113 nuove regioni. Il lavoro è pubblicato su 'Nature Genetics' e secondo gli autori permetterà di capire meglio come viene regolata la pressione del sangue, nonché di identificare possibili bersagli per nuovi farmaci.

"Il nostro studio aiuta a spiegare una percentuale molto maggiore di differenze tra la pressione sanguigna di due persone rispetto a quanto precedentemente noto", afferma Jacob Keaton, sezione Informatica sanitaria di precisione del National Human Genome Research Institute (Nhgri), primo autore della ricerca alla quale hanno contribuito più di 140 scienziati di oltre 100 università, istituti e agenzie governative. I ricercatori sono riusciti anche a calcolare un punteggio di rischio poligenico, che combina gli effetti di tutte le varianti genomiche presenti in una persona, per prevederne la pressione e il pericolo ipertensione. "Conoscere il rischio di un paziente di sviluppare ipertensione potrebbe portare a trattamenti su misura, che hanno maggiori probabilità di essere efficaci", sottolinea Keaton.

Tra i nuovi loci genomici scoperti, molti si trovano in geni che svolgono un ruolo nel metabolismo del ferro, confermando precedenti evidenze secondo cui alti livelli di ferro possono contribuire alle malattie cardiovascolari, precisano gli autori. Gli scienziati hanno inoltre confermato l'associazione tra pressione sanguigna e varianti del gene Adra1A, che codifica per un recettore cellulare detto adrenergico, già target di farmaci per la pressione. Ecco perché gli autori ritengono che altre varianti genomiche individuate nella nuova ricerca potrebbero diventare bersagli farmacologici per sviluppare nuove terapie.

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Cardiologi: “Ecg con Ai è salto in avanti, screening...

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Cardiologi:

Lo studio sull'efficacia dell'uso di nuovi Ecg con intelligenza artificiale nel prevenire i decessi individuando pazienti ad alto rischio mortalità, "ci dice che non si deve avere paura e non si deve essere scettici rispetto all'uso dell'Ai nella pratica clinica. Questa ricerca e altre del genere forniscono una indicazione importante sul tema della prevenzione. Se un medico, grazie appunto all'Ai, riceve un alert su un paziente specifico può dedicargli più attenzione, si può identificare uno scompenso cardiaco, si possono usare farmaci antiaritmici in modo selettivo, ma anche individuare aritmie maligne. L'Ecg intelligente ci permette un salto in avanti con uno screening più approfondito rispetto a quello che si esegue di routine, riducendo anche i costi e l'inappropriatezza". Così all'Adnkronos Leonardo De Luca, vice presidente Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, e direttore della struttura complessa di Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.

Rispetto alle innovazioni, in Italia "c'è un problema culturale", avverte De Luca. "Secondo un nostro censimento di tutte le strutture cardiologiche pubbliche, convenzionate e private presenti in Italia - spiega - parliamo di 790 strutture, solo nel 20% sono presenti strumenti di telemedicina, teleconsulto e telerefertazione. Il Pnrr doveva intervenire proprio su queste settore e sull'ammodernamento del parco tecnologico".

Il balzo tecnologico, favorito anche dall'Ai, può essere un rischio nel far aumentare la richiesta di offerta sanitaria 'hi-tech'? "C'è il rischio, come c'è un rischio di esagerare con l'interpretazione dei dati che arrivano dai vari software oggi a disposizione - risponde il primario di Cardiologia - Questo studio dimostra che proprio l'Ai applicata a un esame importante e ormai consolidato come l'Ecg può ridurre la mortalità del paziente ospedalizzato, ma c'è da considerare anche l'effetto Hawthorne, che accade quando c'è una variazione del comportamento in presenza di qualcuno che ti osserva. Questo - chiarisce - potrebbe essere accaduto nello studio quando il medico, che sa di partecipare a un ricerca, è più attento ai dati e all'osservazione clinica del paziente. Magari è più sensibile all'alert dell'Ai e interviene istantaneamente. Ma al di là di questa considerazione, davvero ormai con intelligenze artificiali che passano in rassegna milioni di dati e immagini in pochissimo tempo, siamo in presenza di una rivoluzione nel campo della cardiologia, e non solo".

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Nuovo cancro seno ereditario, Aiom: “Passo avanti per...

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Nuovo cancro seno ereditario, Aiom:

E' "un passo avanti importante sulla strada della diagnosi di precisione" lo studio dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, pubblicato su 'Jama Network Open', che ha scoperto una nuova forma ereditaria di cancro al seno, associata al gene Cdh1. A spiegare all'Adnkronos Salute il valore del lavoro dei senologi Ieo è Francesco Perrone, presidente dell'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e direttore dell'Unità Sperimentazioni cliniche dell'Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli.

In donne operate per un tumore lobulare del seno, gli autori hanno definito una nuova sindrome chiamata 'carcinoma mammario lobulare ereditario', associata a mutazioni patogenetiche del gene Cdh1. Una forma di cancro e che si differenzia integralmente - sottolineano i ricercatori - dalla classica sindrome del carcinoma mammario ereditario causata dalle note mutazioni dei geni Brca1 e Brca2. I cosiddetti 'geni Jolie', che hanno spinto l'attrice americana e più di recente la supermodella Bianca Balti a ricorrere alla chirurgia preventiva per scongiurare il rischio cancro. Per i senologi Ieo, "le donne con un tumore lobulare, con età sotto i 45 anni, o con storia familiare positiva o con tumore lobulare bilaterale, dovrebbero essere tutte testate per il gene Cdh1".

Su questo punto Perrone precisa: "Non faccio anticipazioni sui contenuti delle future linee guida Aiom, che sono frutto di un processo lungo e complesso, e che sono valide una volta approvate dall'Istituto superiore di sanità e pubblicate". Ciò premesso, lo studio dell'Irccs fondato da Umberto Veronesi indica "una nuova potenziale possibilità di fare diagnosi di precisione", afferma l'oncologo. Le conclusioni del lavoro, puntualizza, aprono all'eventualità di "aggiungere, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico già disponibile per cercare di identificare tumori che hanno una causa ereditaria". Un'opportunità molto importante per i pazienti con mutazioni genetiche a rischio cancro, ma anche per i loro familiari, sui quali potrà essere cercata la stessa mutazione, valutando strategie personalizzate di prevenzione.

La nuova ricerca dell'Ieo, commenta il presidente Aiom, "è uno studio sicuramente importante su un tema molto importante che è quello delle forme ereditarie di cancro. In questo caso una forma di cancro della mammella, il carcinoma lobulare, che non è la più frequente", rimarca Perrone. L'oncologo si complimenta pertanto con gli autori anche "per la capacità di mettere insieme una grande casistica, iniziata prima del 2000", così da produrre risultati abbastanza 'pesanti' da poter sperare di orientare in futuro la diagnosi oncologica di precisione.

"Al momento - ribadisce il numero uno dell'associazione oncologi medici - mi sembra che il senso di questa pubblicazione possa essere quello di aggiungere potenzialmente, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico di cui disponiamo per individuare i tumori con una causa ereditaria. Che ciò si potrà tradurre in una modifica della terapia o della prognosi è molto presto per dirlo, però è una cosa importante. Con i più noti e importanti 'geni Jolie' - ricorda infatti Perrone - quello che accade" già oggi "è che si fa una diagnosi di un tumore che è legato a un'anomalia di questi geni, e quindi si può poi discutere e ragionare anche per la prevenzione del cancro nei familiari che potrebbero avere la stessa mutazione. Un elemento, questo, molto importante".

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