Esteri
Gaza, Netanyahu: “Ucciso il numero 4 di Hamas,...
Gaza, Netanyahu: “Ucciso il numero 4 di Hamas, Israele verso vittoria totale”
Per il premier israeliano "l'offensiva a Rafah è necessaria per distruggere l'esercito terroristico". Ma funzionari israeliani assicurano: "L'operazione non è imminente"
Un’offensiva di Israele su Rafah contro Hamas non è imminente. Lo hanno affermato oggi, lunedì 11 marzo, diversi funzionari israeliani dopo che ieri il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva dichiarato di essere intenzionato a procedere con l’invasione della città della Striscia di Gaza, vicino al confine con l’Egitto.
Secondo quanto riportano i funzionari alla Cnn, "l'esercito israeliano deve ancora costituire le forze necessarie per procedere con l'offensiva e non ha ancora finalizzato i piani per l'evacuazione civile della città". "Mentre il necessario rafforzamento delle forze potrebbe essere messo in atto in breve tempo, si prevede che un'importante evacuazione civile richiederà almeno due settimane. E il governo israeliano non ha ancora approvato i piani presentati dalle forze di difesa israeliane per un'evacuazione e un'incursione", hanno affermato i funzionari sia militari che politici.
Non escludendo un'offensiva a Rafah durante il mese sacro islamico del Ramadan, iniziato domenica sera in tutto il Medio Oriente, funzionari israeliani hanno ripetutamente assicurato a quelli statunitensi che avrebbero effettuato l’evacuazione dei civili prima di lanciare un’offensiva contro quello che Netanyahu ha descritto come “l’ultimo bastione” di Hamas. Secondo le agenzie umanitarie internazionali, più di un milione di palestinesi sfollati interni si stanno rifugiando a Rafah, la città più meridionale di Gaza.
Netanyahu: "Ucciso il numero 4 di Hamas"
Israele ha ucciso il "numero quattro" di Hamas, ha intanto annunciato Netanyahu, riferendosi con molta probabilità al vice leader politico del gruppo terroristico Saleh al-Arouri e promettendo che l'esercito raggiungerà presto gli altri comandanti principali dell'organizzazione palestinese. Le parole del premier arrivano mentre Israele sta indagando sulla sorte del numero tre di Hamas, Marwan Issa, vice capo dell'ala militare del gruppo terroristico, che secondo quanto riferito è stato preso di mira in un attacco aereo ieri mattina. Netanyahu allude alla morte di Marwan Issa anche se non conferma, perché, come dice una fonte israeliana, "ne abbiamo già portati in cielo alcuni per poi scoprire che ci eravamo sbagliati". In un video sui sociali, il premier rivendica: "Siamo sulla strada della vittoria completa, abbiamo già ucciso il numero 4 di Hamas, ora tocca al numero tre, al numero due e al numero uno". "Ci sono stati successi, anche negli ultimi giorni, e ci saranno altri successi", fa eco il ministro della Difesa Yoav Gallant. Issa sarebbe rimasto ucciso in un raid sabato contro i tunnel che si trovano sotto il campo profughi di Nuseirat, nella parte centrale della Striscia.
“Siamo sulla strada verso la vittoria totale. Abbiamo già eliminato il numero quattro di Hamas. Tre, due e uno sono in arrivo”, ha aggiunto Netanyahu. “Sono tutti morti, li raggiungeremo tutti”. Al-Arouri è stato ucciso in un attacco aereo su Beirut all'inizio di gennaio, sebbene Israele non si sia mai assunto ufficialmente la responsabilità dell'attacco.
In un'intervista a Fox News il premier israeliano ha poi sottolineato che il disaccordo percepito tra Usa e Israele, dopo le critiche del presidente americano Joe Biden e della vicepresidente Kamala Harris, "non aiuta a sconfiggere Hamas". "L'essere d'accordo aiuta lo sforzo bellico e i nostri sforzi per ottenere la vittoria e ovviamente il rilascio degli ostaggi”, ha aggiunto. I tentativi di imporre uno Stato palestinese a Israele vanno contro i desideri della stragrande maggioranza dell'opinione pubblica israeliana, ha affermato Netanyahu: “Non sarebbe un problema con me, ma con l’intero popolo di Israele. E' unito come mai prima d’ora, per distruggere Hamas e garantire che non ci sia un altro stato terrorista palestinese come quello che abbiamo avuto a Gaza e che possa minacciare lo Stato di Israele”.
Allo stesso tempo, il primo ministro ha dichiarato che c’è un ampio accordo tra lui e Biden, concordando entrambi sul fatto che i civili debbano essere evacuati da Rafah prima di un'operazione dell'Idf. “Il presidente ed io siamo d’accordo che dobbiamo distruggere Hamas - ha detto - Non possiamo lasciare un quarto dell'esercito terroristico di Hamas a Rafah. Abbiamo accordi sugli obiettivi fondamentali, ma abbiamo anche disaccordi. Alla fine è Israele che deve decidere e, lasciare intatte le forze di Hamas lì, è quella la linea rossa. Non possiamo lasciare che Hamas sopravviva”.
Ancora scontri a Khan Younis
Sul fronte della cronaca, l'esercito israeliano ha riferito di nuovi scontri nel quartiere Hamad, nella città meridionale di Khan Younis. Le truppe hanno circondato il quartiere, ucciso i combattenti e localizzato tunnel sotterranei, secondo una dichiarazione su X dell'Idf, che ha aggiunto che "uno di essi conduceva a una stanza dove sono stati trovati cibo e armi". I militari hanno detto ancora che un altro tunnel conduceva ad armi e a una fabbrica di cemento utilizzata per produrre componenti per la costruzione di tunnel. Entrambi sono stati distrutti in attacchi aerei. Le truppe hanno inoltre fatto irruzione in diverse località e effettuato arresti, sequestrando armi di precisione, barili di esplosivi, granate, elmetti tattici e materiale di intelligence.
E sale ad almeno 31.112 il numero dei palestinesi che hanno perso la vita nella Striscia di Gaza nei raid aerei israeliani dal 7 ottobre. Lo rende noto il ministero della Sanità governato da Hamas aggiungendo che altri 72.760 palestinesi sono rimasti feriti. Nelle ultime 24 ore i morti sono stati 67 e i feriti 106, riferiscono le autorità di Gaza. Tra le vittime anche due bambini morti a causa della grave malnutrizione e disidratazione presso l'ospedale Kamal Adwan di Beit Lahia, nel nord di Gaza. Lo riferiscono fonti locali riprese da al Jazeera. Il numero totale di bambini morti di fame nella Striscia sale così a 27.
Cipro, nave con 200 tonnellate cibo per Gaza bloccata per 'difficoltà tecniche
Resta bloccata a Cipro "per difficoltà tecniche" la nave con 200 tonnellate di aiuti che avrebbe dovuto salpare ieri sera per la Striscia di Gaza. Lo ha detto il portavoce del governo di Nicosia, Konstantinos Letymbiotis, citato dall'agenzia di stampa cipriota Cna, precisando che l'ora esatta della partenza - che avverrà comunque non prima di stasera - non verrà resa pubblica per "motivi di sicurezza".
Hamas, pugno di ferro contro chi collabora con Israele per sicurezza aiuti
Il sito Internet Al-Majd vicino a Hamas ha avvertito i palestinesi della Striscia di Gaza di non collaborare con gli israeliani per garantire la sicurezza dei convogli impegnati nella consegna di aiuti umanitari. Chi lo farà, scrive sito citando un funzionario della sicurezza di Hamas, verrà considerato come "un collaborazionista" e trattato "con il pugno di ferro". L'avvertimento segue l'indiscrezione secondo cui Israele starebbe valutando di armare alcuni clan palestinesi nella Striscia di Gaza per aumentare la sicurezza durante la distribuzione di aiuti. "Il tentativo dell'occupazione di comunicare con i leader e i clan di alcune famiglie che operano all'interno della Striscia di Gaza è considerato una collaborazione diretta con l'occupazione ed è un tradimento della nazione che non tollereremo", afferma il sito Internet collegato ad Hamas, citando il funzionario.
Tensioni con la Giordania
Si scalda intanto il fronte giordano. Le restrizioni imposte dalle autorità israeliane ai fedeli musulmani alla moschea di al-Aqsa durante il mese sacro del Ramadan rischiano infatti di fare ''esplodere'' la situazione. Lo ha affermato il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi citato dai media statali. La Giordania, ha aggiunto, respinge la decisione di Israele di limitare l'accesso alla moschea citando ragioni di sicurezza legate alla guerra in corso nella Striscia di Gaza. Simili restrizioni, ha proseguito Safadi, rappresentano una limitazione della libertà di culto.
Proprio oggi l’esercito israeliano ha arrestato almeno 25 palestinesi, tra cui ex detenuti e minori, in una serie di raid condotti durante la notte in diverse città della Cisgiordania. I raid si sono concentrati nei governatorati di Ramallah ed el-Bireh, Qalqilya, Salfit e Betlemme. Lo riferisce la Società dei Prigionieri Palestinesi e la Commissione per gli Affari dei Detenuti e degli Ex Detenuti, secondo cui sono 7.530 i palestinesi arrestati dal 7 ottobre.
'Incidenti' nel Mar Rosso al largo dello Yemen
L'agenzia per la sicurezza marittima britannica Ambrey ha detto di essere a conoscenza di ''un incidente con missili'' a ovest della città portuale di Hodeidah in Yemen, nel Mar Rosso. L'Ukmto, l'agenzia del Regno Unito per le operazioni commerciali marittime, ha invece dichiarato di aver ricevuto una segnalazione di un ''incidente a 71 miglia nautiche a sud-ovest del porto di Saleef, nello Yemen''.
Dall'inizio della rappresaglia israeliana sulla Striscia di Gaza per l'attacco subito da Hamas il 7 ottobre, i miliziani yemeniti Houthi hanno sferrato una serie di attacchi contro navi ritenute vicine a Israele nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden sostenendo di agire ''in solidarietà con il popolo palestinese''.
Esteri
Ucraina, sventato piano per omicidio Zelensky: “Mosca...
I servizi di Kiev annunciano di aver smantellato una rete coordinata da Mosca
Un piano per uccidere il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è stato sventato dai servizi segreti di Kiev. Lo Sbu, l'agenzia dei servizi ucraini, ha reso noto oggi di aver smantellato una rete di agenti dell'Fsb, i servizi di sicurezza russi, che stava preparando l'operazione per uccidere Zelensky. Nel piano, secondo le news diffuse dallo Sbu su Telegram, coinvolti anche due colonnelli del dipartimento ucraino per la sicurezza, che avrebbero fornito informazioni determinanti ai russi.
Il piano, secondo Kiev, con la supervisione dell'Fsb da Mosca avrebbe dovuto portare all'eliminazione di Zelensky e di altre figure di primo piano come 'regalo' a Vladimir Putin, per l'insediamento del presidente russo. L'Fsb, in particolare, avrebbe cercato di reclutare militari, destinati a compiere materialmente l'azione, tra i reparti impiegati per la protezione del presidente. Il piano avrebbe previsto il rapimento di Zelensky e poi la sua eliminazione. Con il presidente, sarebbero finiti nel mirino il capo dei servizi di sicurezza Vasyl Malyuk, il capo dell'intelligence Kyryll Budanov e altri funzionari e militari di alto livello.
Il piano, secondo i servizi ucraini, prevedeva una lunga e accurata attività di osservazione con raccolta di informazioni per individuare il domicilio principale degli altri obiettivi. Le coordinate avrebbero quindi permesso di condurre un attacco missilistico a colpo sicuro. Dopo il raid, l'area interessata sarebbe stata raggiunta da droni, che avrebbero dovuto portare il secondo attacco in base un copione che la Russia ha già sperimentato in diverse città dell'Ucraina. L'operazione sarebbe quindi stata chiusa con il lancio di un secondo missile, destinato a devastare ulteriormente l'area e a eliminare, se possibile, le tracce relative all'impiego di droni.
Esteri
Hacker filorussi attaccano siti di Giorgia Meloni e di due...
Intervento immediato dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale: non risulterebbero disservizi
Nuovi attacchi cyber contro siti italiani. A rivendicarli gli hacker filorussi del gruppo Noname. Nel mirino il sito personale della presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dei ministeri dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture.
A quanto si apprende, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) ha avvisato subito i target, l’autorità politica e indicato le misure di mitigazione per far fronte agli eventuali attacchi. Non risulterebbero disservizi ai siti contro i quali il gruppo aveva rivendicato azioni ma del resto, come sempre in questi casi, i gruppi filorussi puntano alla propaganda contro i Paesi che aiutano l’Ucraina.
Esteri
Russia, Putin ha giurato: ufficialmente in carica per i...
"Periodo difficile ma diventeremo ancora più forti", ha detto nel suo discorso
Il presidente russo Vladimir Putin ha prestato giuramento ed è entrato ufficialmente nuovamente in carica per un quinto mandato di sei anni. Lo ha annunciato il presidente della Corte costituzionale Valery Zorkin. I primi due mandati come presidente sono durati quattro anni, ma dopo le modifiche apportate alla Costituzione russa il mandato è stato esteso a 6 anni.
E' ''un periodo difficile'' quello che sta attraversando la Russia, ma ''insieme lo attraverseremo con dignità e diventeremo ancora più forti'', ha dichiarato il presidente russo nel suo discorso di insediamento al Cremlino. ''Supereremo tutti gli ostacoli e daremo vita a tutti i nostri progetti'', ha aggiunto Putin, affermando che ''guardiamo avanti con fiducia, pianifichiamo il nostro futuro, stiamo già realizzando nuovi progetti per renderci ancora più dinamici, ancora più potenti''.
Putin si è poi detto favorevole a ''un dialogo con gli Stati occidentali'', ma che sia ''alla pari''. "Noi non rifiutiamo il dialogo con gli Stati occidentali'', anzi ''siamo stati e saremo aperti a rafforzare buone relazioni con tutti i paesi che vedono nella Russia un partner affidabile e onesto'', ha affermato.
Per quanto riguarda i paesi occidentali ''la scelta è loro'' e ''un dialogo, anche su questioni di sicurezza e stabilità strategica, è possibile''. Ma a condizione che questo dialogo non sia condotto ''da una posizione di forza'', ma ''senza alcuna arroganza, presunzione ed esclusività personale, ma solo ad armi pari, nel rispetto degli interessi reciproci''. Putin ha invece parlato di dialogo non possibile se i Paesi occidentali ''intendono continuare a cercare di frenare lo sviluppo della Russia, continuare la politica di aggressione''.
Secondo la Commissione elettorale centrale russa, alle elezioni del 15-17 marzo scorsi Putin ha ottenuto l'87,28% dei voti. L’attuale mandato di Putin terminerà quindi il 7 maggio 2030.
In Cina primo viaggio all'estero
Sarà in Cina la prima visita all'estero di Vladimir Putin dopo il suo insediamento, ha reso noto il consigliere per la politica estera, Yusi Ushakov, precisando che le date del viaggio saranno annunciate a breve. In seguito, Putin si recherà in Turchia. "Lo abbiamo promesso ai cinesi. Loro lo hanno proposto. E' una sorta di risposta alla prima visita ufficiale di Xi Jinping lo scorso anno dopo la sua elezione", ha spiegato Ushakov.
Grande maggioranza ambasciatori Ue assente
La "grande maggioranza" degli ambasciatori degli Stati membri dell'Ue in Russia "non partecipa" alla cerimonia di insediamento del presidente russo Vladimir Putin all'inizio del suo quinto mandato, "incluso l'ambasciatore dell'Ue". Lo dice il portavoce per gli Affari Esteri dell'Ue Peter Stano, durante il briefing con la stampa a Bruxelles. "Pochi Stati membri hanno deciso di procedere autonomamente - aggiunge Stano - alla fine è loro competenza decidere se essere presenti o meno, ma la grande maggioranza degli Stati membri" non è andata alla cerimonia. Stano non ha fornito la lista degli Stati membri presenti e assenti all'insediamento di Vladimir Putin, perché, trattandosi di decisioni di Stati sovrani, esulano dalla "competenza" della Commissione.