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Cronaca

Fedez, Muschio Selvaggio è di Luis Sal: dalla lite alla...

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Fedez, Muschio Selvaggio è di Luis Sal: dalla lite alla decisione del giudice

Battaglia in tribunale per il controllo del podcast

Fedez e Luis Sal

Fedez 'allontanato' da Muschio Selvaggio: il podcast è per il 50% nella mani dello youtuber Luis Sal e per la restante parte affidata a un custode (per scongiurare la vendita a un terzo), in attesa che lo stallo tra gli ex amici venga risolta in un aula di tribunale. Lo ha deciso il giudice di Milano Amina Simonetti chiamata a decidere sul ricorso con cui Luis Sal, socio alla pari di Fedez, chiedeva il sequestro giudiziario dopo la fine del rapporto con il marito di Chiara Ferragni. Fedez attualmente conduce il podcast con Mr Marra.

Il rapper si esprime dal proprio profilo Instagram. "Il tribunale di Milano non ha 'decretato' che le quote appartenenti a me debbano essere vendute a Luis Sal. Anche perché la causa che deciderà sul merito della vicenda non è ancora iniziata. Un giudice ha stabilito che un custode gestirà le mie quote nell'interesse della società Muschio Selvaggio srl e non nell'interesse di Luis Sal! Di conseguenza non sono stato esautorato da nulla tanto è vero che le puntate continueranno ad andare in onda", scrive Fedez.

"Detto ciò - prosegue - grazie a tutte le persone che sostengono il lavoro di questi 10 mesi a Muschio Selvaggio. Lavoro portato avanti con la sola forza della passione. Abbiamo seguito il solo desiderio di cercare di portare contenuti di qualità. Non è stato un periodo facile per tutte le persone che lavorano a questo progetto. Persone che ringrazio anche quando sembrava un podcast finito".

La rottura tra Fedez e Luis Sal

Il sodalizio tra Fedez e Luis Sal si è interrotto lo scorso anno, dopo la trasferta di Muschio Selvaggio al Festival di Sanremo 2023. La rottura si è consumata con messaggi incrociati tra i due ex soci. "Mi sarebbe piaciuto che fosse stato Luis a dare le spiegazioni per il rispetto di 3 anni di lavoro insieme e per il rispetto nei confronti del pubblico", le parole di Fedez in un video diffuso all'inizio di giugno dello scorso anno. "Il podcast non è nato per guadagnare soldi, abbiamo rifiutato tante entrate in questi anni per evitare di contaminare il contenuto. Per me e Luis era una parentesi di grande libertà. La parentesi di Sanremo è stata più lavorativa che divertente. L'ho voluta io, è stato un progetto che pensavo potesse essere utile. Non siamo stati pagati, i soldi sono stati spesi per il format. E' stata una parentesi impegnativa, Luis inizialmente non era d'accordo ma poi ha detto 'proviamo a farlo'. E' stata un'esperienza caduta in un momento in cui la mia salute mentale non era proprio al top. Alla fine del progetto c'è stata una discussione lavorativa, ho fatto notare a Luis come avessi la sensazione di dovermi far carico di tutto, senza supporto da parte sua. Alla fine della conversazione abbiamo deciso di prenderci qualche settimana per capire cosa fare", ha aggiunto l'artista.

"Non avevo avuto campanelli d'allarme, ma dopo una settimana di riflessione Luis mi ha mandato un messaggio dicendo che il podcast era identificabile soprattutto come un prodotto di Federico, non voleva più fare Muschio Selvaggio e voleva dedicarsi ad altri progetti. Ci sono rimasto male, anche perché avevamo fondato una società qualche settimana prima", ha aggiunto Fedez, spiegando all'epoca che "Luis è ancora nella sigla perché ad oggi il podcast è ancora di Luis, spero si trovi una soluzione perché ad oggi sono io a portare avanti la società. Luis sa che è sempre il benvenuto per fare puntate, i microfoni sono aperti per qualsiasi spiegazione in libertà e trasparenze. Questa situazione mi ha dato molto dispiacere. So che la narrazione è 'Fedez litiga con tutti', mi dispiace che per il lavoro si sia rotto un rapporto che andava oltre. Tenevo molto a Luis, non è stato facile. E' strano ora portare avanti questa cosa da solo, ma non mi sento di buttare 3 anni di lavoro".

A stretto giro, la replica di Luis Sal 'condita' dalla celeberrima frase "dillo alla mamma, dillo all'avvocato", diventata un tormentone sui social. "Gli argomenti dovevano essere la cosa più importante, già si parlava abbastanza di Fedez e Muschio Selvaggio non doveva essere un altro luogo in cui si parlasse di lui. Con il passare del tempo, queste premesse vengono a mancare. Gliel'ho fatto notare da amico, glielo hanno fatto notare anche gli utenti nei commenti", ha detto Luis Sal. Dopo il Festival di Sanremo, secondo la ricostruzione di Luis Sal, il rapporto è andato in tilt. Fedez avrebbe chiesto a Luis Sal di cedere le quote della società e avrebbe prospettato una puntata in cui lo YouTuber avrebbe dovuto scusarsi per le assenze nei precedenti episodi. "Mi trovo a dovermi difendere" in ambito legale "e dalle cose non vedere che Federico dice su di me. Trovo a dovermi difendere in un giochino, che Federico è molto bravo a fare e al quale non voglio partecipare. Federico, non voglio giocare: non giochiamo più, dillo alla mamma... dillo all'avvocato...".

Tutto finito? Macché. Terza puntata con Fedez e i bilanci: "Se questo senso di oppressione nei miei confronti era così latente da tanto tempo, perché hai deciso di fondare una società insieme a me due settimane prima di lasciarla? Chiedendomi successivamente 600mila euro per una società che non vale neanche la metà di quei soldi, vietandomi di dare spiegazioni e minacciando di raccontare la tua verità se io avessi osato dire che tu avevi abbandonato il podcast per dedicarti ad altri progetti?, le parole del rapper il 9 giugno 2023.

A novembre, gli ultimi aggiornamenti degli ex soci. "Non c'è stato alcun accordo, tantomeno di riservatezza, ed anzi siamo in causa (fatta da Federico) e mi sto difendendo", le parole di Luis Sal. Pronta la replica del rapper. "Confermo, non c'è nessun accordo di riservatezza, non c'è nulla -la chiosa di Fedez- E quando c'è una società al 50% tendenzialmente le cose si risolvono davanti a un giudice, almeno fra adulti". Oggi, la decisione del giudice.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

Cronaca

Grandinata su Roma, chicchi come nocciole imbiancano le...

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Intorno alle 21 strade coperte di ghiaccio nel quadrante sud

La strada ricoperta di grandine

Grandinata oggi, 2 maggio, su Roma. Intorno alle 21 chicchi di ghiaccio grandi come nocciole hanno interrotto il silenzio della serata romana colpendo con violenza vetture in sosta e in transito e imbiancando in pochi minuti le strade della zona Sud-ovest della Capitale.

Un fuggi fuggi è stato innescato dalla grandinata tra i pedoni che, pur se muniti di ombrello, sono corsi a ripararsi sotto i cornicioni per evitare quelli che sembravano veri e propri 'prioettili' sparati all'impazzata dal cielo. Il fenomeno tuttavia si è esaurito in pochi minuti risolvendosi in un acquazzone che ha sciolto il ghiaccio ripulendo le strade.

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Cronaca

Superenalotto, estrazione di oggi 2 maggio: i numeri della...

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Centrati tre '5' da oltre 50mila euro

Giocata al superenalotto - Fotogramma

Nessun '6' né '5+1' all'estrazione del Superenalotto di oggi 2 maggio. Realizzati, invece, tre '5' che vincono 57.954,17 euro ciascuno. Le schedine vincenti sono state giocate una online, un'altra in una tabaccheria di Eraclea (Ve) e un'altra ancora presso un tabacchi di Fiumicino (Roma). Il jackpot per il prossimo concorso sale a 98,4 milioni di euro.

Con quanti punti si vince

Al SuperEnalotto si vince con punteggi da 2 a 6, passando anche per il 5+. L'entità dei premi è legata anche al jackpot complessivo. In linea di massima:

- con 2 numeri indovinati, si vincono orientativamente 5 euro;

- con 3 numeri indovinati, si vincono orientativamente 25 euro;

- con 4 numeri indovinati, si vincono orientativamente 300 euro;

- con 5 numeri indovinati, si vincono orientativamente 32mila euro;

- con 5 numeri indovinati + 1 si vincono orientativamente 620mila euro.

Ho vinto o no?

E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle ultime 30 estrazioni.

Il prezzo di una schedina

La schedina minima nel concorso del SuperEnalotto prevede 1 colonna (1 combinazione di 6 numeri). La giocata massima invece comprende 27.132 colonne ed è attuabile con i sistemi a caratura, in cui sono disponibili singole quote per 5 euro, con la partecipazione di un numero elevato di giocatori che hanno diritto a una quota dell'eventuale vincita. In ciascuna schedina, ogni combinazione costa 1 euro. L'opzione per aggiungere il numero Superstar costa 0,50 centesimi.

La giocata minima della schedina è 1 colonna che con Superstar costa quindi 1,5 euro. Se si giocano più colonne basta moltiplicare il numero delle colonne per 1,5 per sapere quanto costa complessivamente la giocata.

I numeri vincenti di oggi 2 maggio

Ecco la combinazione vincente del concorso di oggi del Superenalotto: 14, 43, 54, 69, 80, 90. Numero Jolly: 1. Numero SuperStar: 57.

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Cronaca

Regeni, uno degli 007 imputati partecipò a sopralluogo dove...

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Mostrate in aula nel processo le foto del colonnello Usham Helmi lungo la strada che dal Cairo conduce ad Alessandria d’Egitto

L'immagine mostrata in aula durante il processo per la morte di Regeni - Adnkronos

Uno degli 007 egiziani imputato nel processo per il sequestro e l’omicidio di Giulio Regeni era presente al sopralluogo del 10 febbraio 2016 con i team investigativi lungo la strada dove fu ritrovato il corpo del ricercatore friulano. È quanto emerso dalle testimonianze degli investigatori dello Sco e del Ros sentiti oggi nel corso dell’udienza davanti alla Prima Corte d’Assise di Roma dove sono mostrate anche le foto che ritraggono l’ufficiale egiziano sul luogo del ritrovamento. Uhsam Helmi, secondo quanto riferito dai testi, ha partecipato anche a quasi tutti gli incontri dei team investigativi italiani e egiziani quando erano in corso le indagini sul caso Regeni. “Quello con gli occhiali da sole è il colonnello Helmi, era presente molto spesso”, ha confermato in aula il colonnello del Ros dei carabinieri Loreto Biscardi.

A processo oltre a Uhsam Helmi ci sono anche il generale Sabir Tariq, i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif per il reato di sequestro di persona pluriaggravato, e nei confronti di quest'ultimo i pm contestano anche il concorso in lesioni personali aggravate e il concorso in omicidio aggravato. Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Sergio Colaiocco il direttore del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato Vincenzo Nicolì ha ricostruito in aula l’avvio delle indagini. “Venivamo da un’esperienza positiva di scambi con la polizia egiziana, eravamo riusciti a interrompere qualche anno prima un traffico di migranti e le aspettative in partenza erano quelle di chiarire la vicenda. All’inizio ci fu una apparente collaborazione, ci consentirono di assistere alle assunzioni di testimonianze ma noi - ha spiegato - cercavamo riscontri oggettivi. Fin da subito le autorità egiziane furono informate che ciò che era emerso dall’autopsia svolta in Italia non era compatibile con le loro ipotesi investigative come l’incidente stradale”.

Mano a mano che si andava avanti ci furono prospettate altre ipotesi come il coinvolgimento di Giulio Regeni in un traffico di opere d’arte rubate, altre che riguardavano la sua sfera sessuale, poi quella di uno scontro fisico con una persona davanti all’ambasciata. Tutto queste ipotesi investigative della polizia egiziana - ha spiegato Nicolì - non erano però assolutamente riscontrate. Proprio quando il 24 marzo 2016 decidiamo di far rientrare il team investigativo, con i nostri uomini che erano in aeroporto, ho sentito la notizia che gli egiziani sostenevano di aver trovato gli assassini di Giulio Regeni e allora li ho chiamati per dirgli di non partire e di rimanere lì”.

“Poi ci fu la riunione che si svolse in due giorni, il 7-8 aprile 2016. La parte italiana in quell’occasione ha dato conto delle richieste fatte dal nostro Paese rimaste inevase, soprattutto sui dati tecnici. Nel corso dell’incontro dopo l’intervento del professor Fineschi che aveva eseguito l’autopsia eseguita sul corpo del ricercatore, il clima divenne più rigido. Dopo questo incontro ci fu il ritiro dell’ambasciatore da parte dell’Italia”, ha spiegato. Nel corso dell’udienza durante la testimonianza del funzionario dello Sco Alessandro Gallo sono state mostrate in aula anche le foto che erano state scattate ai corpi dei cinque uomini indicati dalla polizia egiziana come responsabili della morte di Regeni e uccisi a loro dire durante un conflitto a fuoco.

Emerge un’incompatibilità tra le immagini del pulmino e dei corpi con la ricostruzione di un conflitto a fuoco”, è stato spiegato dall’investigatore. Inoltre “dall’analisi sul telefono trovato addosso a uno dei cinque uomini è emerso che, a mezz’ora della scomparsa di Giulio, si trovava a 100 km dal centro del Cairo”.

Legale famiglia Regeni: "Da Egitto ostruzionismo e depistaggi"

"E’ emersa l'assoluta mancata collaborazione egiziana, l'ostruzionismo e i depistaggi. L'inizio della ricostruzione di queste difficoltose indagini al Cairo, e anche il clima di intimidazione". Così l'avvocato Alessandra Ballerini, legale di parte civile della famiglia di Giulio Regeni, al termine dell’udienza davanti alla Prima Corte di Assise di Roma. "C'erano molte contestazioni da parte degli egiziani e molto ostruzionismo. Abbiamo capito le informalità con cui sentivano questi testimoni, non venivano fatti i verbali. Ai nostri investigatori di fatto era impedito di fare domande dirette, e anche chiedere agli egiziani di fare delle domande se questi non le ritenevano pertinenti o più che altro le ritenevano scomode non le ponevano ai ‘testi’", ha sottolineato.

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