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Cancer day, in Barilla incontri con dipendenti su...

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Cancer day, in Barilla incontri con dipendenti su prevenzione cancro seno

Rinnovata iniziativa con Breast unit Aou Parma

Cancer day, in Barilla incontri con dipendenti su prevenzione cancro seno

La prevenzione del tumore al seno si fa, in Barilla, sul luogo di lavoro. In occasione della Giornata mondiale contro il cancro, del prossimo 4 febbraio, l’azienda - grazie alla collaborazione con i professionisti della Breast Unit dell’Azienda ospedaliero universitaria di Parma - rinnova per il terzo anno un programma di incontri presso la sede centrale del Gruppo, a Pedrignano (Pr), proprio nei luoghi in cui i dipendenti degli uffici, del pastificio e del molino Barilla passano gran parte del loro tempo. I medici dell’Ospedale Maggiore - spiega una nota - si sono resi disponibili a portare sui luoghi di lavoro di Barilla le loro competenze e la cultura della prevenzione, con la possibilità di richiedere consulenze individuali. Inoltre, materiali informativi digitali sono disponibili sulla Intranet aziendale.

Questo modello verrà presto riproposto anche nello stabilimento Bakery e sughi di Rubbiano (Pr) con l’obiettivo di valutarne l’estensione graduale, nel tempo, ove possibile, anche alle altre realtà produttive in Italia. L’annuncio arriva in occasione del World Cancer Day, promosso dalla Uicc - Union for International Cancer Control - e sostenuta dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo cui, il tumore, come malattia, si può prevenire nel 30-50% dei casi. Inoltre, per alcune tipologie di tumore, come quello alla mammella, una diagnosi precoce aumenta notevolmente le aspettative di vita e la prevenzione, con l’adozione di corretti stili di vita, giocano un ruolo fondamentale.

In Barilla lavorano oltre 8mila persone che, ogni giorno, creano e mantengono il valore aziendale e aiutano l’azienda a concretizzare la sua purpose ‘La gioia del cibo per un mondo migliore’. L’iniziativa mira quindi a chiarire dubbi, approfondire la conoscenza di sé, spiegare quanto sia importante conoscere il proprio corpo e aderire ai programmi di prevenzione. Va in questa direzione anche il programma ‘sì.Mediterraneo’, nato da una collaborazione tra il dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell'università degli Studi di Napoli Federico II e l'università degli Studi di Parma, che ha permesso di sensibilizzare tutte le persone Barilla nel mondo sui benefici della dieta mediterranea (la migliore per prevenire i tumori) e sulle abitudini alimentari corrette.

L’impegno di Barilla va anche verso i consumatori. In prima fila per favorire la diffusione della dieta mediterranea e di corretti stili di vita nel mondo, il Gruppo di Parma, presente in oltre 100 Paesi, esporta ogni anno più di 2 milioni di tonnellate di cibo ispirato alla dieta mediterranea: buono, nutrizionalmente equilibrato e da filiere sostenibili. In particolare, la produzione di pasta e sughi, il necessario per ‘assemblare’ il piatto simbolo della dieta mediterranea, rappresenta oltre il 50% del fatturato.

Come azienda alimentare, l’attenzione per la nutrizione e per la promozione di stili di vita sani vanno di pari passo con il miglioramento costante del profilo nutrizionale dei prodotti, che ha permesso, dal 2010, di riformulare 488 prodotti per ridurre il contenuto di grassi, grassi saturi, sale e/o zucchero o incrementando il contenuto di fibre. Attraverso Giocampus, poi, l’azienda si impegna a sviluppare attività educative e informative per le nuove generazioni: un programma innovativo - unico in Italia - di educazione fisica e alimentare per i bambini tra i 5 ei 14 anni, che in 22 anni ha coinvolto quasi 20mila bambini in attività dedicate all’educazione alimentare, motoria e corretti stili di vita. Da diversi anni, infine, Barilla sostiene la Lilt Milano – Lega italiana per la lotta contro i tumori - attraverso donazioni dei suoi prodotti. Prodotti che arricchiscono il pacco alimenti che ogni mese l’associazione distribuisce ai suoi assistiti di ogni età, che vivono in condizioni di fragilità economica e sociale.

Un team di giornalisti altamente specializzati che eleva il nostro quotidiano a nuovi livelli di eccellenza, fornendo analisi penetranti e notizie d’urgenza da ogni angolo del globo. Con una vasta gamma di competenze che spaziano dalla politica internazionale all’innovazione tecnologica, il loro contributo è fondamentale per mantenere i nostri lettori informati, impegnati e sempre un passo avanti.

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Pressione alta, il ruolo del Dna: lo studio

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Maxi-studio internazionale apre a diagnosi di precisione, cure su misura e all'identificazione di nuovi bersagli terapeutici

Uno sfigmomanometro per misurare la pressione - FOTOGRAMMA

La pressione alta dipende certo dai cattivi stili di vita, ma sulla probabilità di ammalarsi di ipertensione - un fattore di rischio chiave per le patologie cardiovascolari - pesa anche il Dna. In un maxi studio sui dati di oltre un milione di persone, il più grande mai condotto finora sull'argomento, ricercatori e collaboratori dei National Institutes of Health-Nih americani hanno scoperto oltre 2mila regioni del genoma umano (loci genomici) legati alla pressione sanguigna, comprese 113 nuove regioni. Il lavoro è pubblicato su 'Nature Genetics' e secondo gli autori permetterà di capire meglio come viene regolata la pressione del sangue, nonché di identificare possibili bersagli per nuovi farmaci.

"Il nostro studio aiuta a spiegare una percentuale molto maggiore di differenze tra la pressione sanguigna di due persone rispetto a quanto precedentemente noto", afferma Jacob Keaton, sezione Informatica sanitaria di precisione del National Human Genome Research Institute (Nhgri), primo autore della ricerca alla quale hanno contribuito più di 140 scienziati di oltre 100 università, istituti e agenzie governative. I ricercatori sono riusciti anche a calcolare un punteggio di rischio poligenico, che combina gli effetti di tutte le varianti genomiche presenti in una persona, per prevederne la pressione e il pericolo ipertensione. "Conoscere il rischio di un paziente di sviluppare ipertensione potrebbe portare a trattamenti su misura, che hanno maggiori probabilità di essere efficaci", sottolinea Keaton.

Tra i nuovi loci genomici scoperti, molti si trovano in geni che svolgono un ruolo nel metabolismo del ferro, confermando precedenti evidenze secondo cui alti livelli di ferro possono contribuire alle malattie cardiovascolari, precisano gli autori. Gli scienziati hanno inoltre confermato l'associazione tra pressione sanguigna e varianti del gene Adra1A, che codifica per un recettore cellulare detto adrenergico, già target di farmaci per la pressione. Ecco perché gli autori ritengono che altre varianti genomiche individuate nella nuova ricerca potrebbero diventare bersagli farmacologici per sviluppare nuove terapie.

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Cardiologi: “Ecg con Ai è salto in avanti, screening...

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Cardiologi:

Lo studio sull'efficacia dell'uso di nuovi Ecg con intelligenza artificiale nel prevenire i decessi individuando pazienti ad alto rischio mortalità, "ci dice che non si deve avere paura e non si deve essere scettici rispetto all'uso dell'Ai nella pratica clinica. Questa ricerca e altre del genere forniscono una indicazione importante sul tema della prevenzione. Se un medico, grazie appunto all'Ai, riceve un alert su un paziente specifico può dedicargli più attenzione, si può identificare uno scompenso cardiaco, si possono usare farmaci antiaritmici in modo selettivo, ma anche individuare aritmie maligne. L'Ecg intelligente ci permette un salto in avanti con uno screening più approfondito rispetto a quello che si esegue di routine, riducendo anche i costi e l'inappropriatezza". Così all'Adnkronos Leonardo De Luca, vice presidente Anmco, l'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, e direttore della struttura complessa di Cardiologia del Policlinico San Matteo di Pavia.

Rispetto alle innovazioni, in Italia "c'è un problema culturale", avverte De Luca. "Secondo un nostro censimento di tutte le strutture cardiologiche pubbliche, convenzionate e private presenti in Italia - spiega - parliamo di 790 strutture, solo nel 20% sono presenti strumenti di telemedicina, teleconsulto e telerefertazione. Il Pnrr doveva intervenire proprio su queste settore e sull'ammodernamento del parco tecnologico".

Il balzo tecnologico, favorito anche dall'Ai, può essere un rischio nel far aumentare la richiesta di offerta sanitaria 'hi-tech'? "C'è il rischio, come c'è un rischio di esagerare con l'interpretazione dei dati che arrivano dai vari software oggi a disposizione - risponde il primario di Cardiologia - Questo studio dimostra che proprio l'Ai applicata a un esame importante e ormai consolidato come l'Ecg può ridurre la mortalità del paziente ospedalizzato, ma c'è da considerare anche l'effetto Hawthorne, che accade quando c'è una variazione del comportamento in presenza di qualcuno che ti osserva. Questo - chiarisce - potrebbe essere accaduto nello studio quando il medico, che sa di partecipare a un ricerca, è più attento ai dati e all'osservazione clinica del paziente. Magari è più sensibile all'alert dell'Ai e interviene istantaneamente. Ma al di là di questa considerazione, davvero ormai con intelligenze artificiali che passano in rassegna milioni di dati e immagini in pochissimo tempo, siamo in presenza di una rivoluzione nel campo della cardiologia, e non solo".

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Nuovo cancro seno ereditario, Aiom: “Passo avanti per...

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Nuovo cancro seno ereditario, Aiom:

E' "un passo avanti importante sulla strada della diagnosi di precisione" lo studio dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano, pubblicato su 'Jama Network Open', che ha scoperto una nuova forma ereditaria di cancro al seno, associata al gene Cdh1. A spiegare all'Adnkronos Salute il valore del lavoro dei senologi Ieo è Francesco Perrone, presidente dell'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) e direttore dell'Unità Sperimentazioni cliniche dell'Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale di Napoli.

In donne operate per un tumore lobulare del seno, gli autori hanno definito una nuova sindrome chiamata 'carcinoma mammario lobulare ereditario', associata a mutazioni patogenetiche del gene Cdh1. Una forma di cancro e che si differenzia integralmente - sottolineano i ricercatori - dalla classica sindrome del carcinoma mammario ereditario causata dalle note mutazioni dei geni Brca1 e Brca2. I cosiddetti 'geni Jolie', che hanno spinto l'attrice americana e più di recente la supermodella Bianca Balti a ricorrere alla chirurgia preventiva per scongiurare il rischio cancro. Per i senologi Ieo, "le donne con un tumore lobulare, con età sotto i 45 anni, o con storia familiare positiva o con tumore lobulare bilaterale, dovrebbero essere tutte testate per il gene Cdh1".

Su questo punto Perrone precisa: "Non faccio anticipazioni sui contenuti delle future linee guida Aiom, che sono frutto di un processo lungo e complesso, e che sono valide una volta approvate dall'Istituto superiore di sanità e pubblicate". Ciò premesso, lo studio dell'Irccs fondato da Umberto Veronesi indica "una nuova potenziale possibilità di fare diagnosi di precisione", afferma l'oncologo. Le conclusioni del lavoro, puntualizza, aprono all'eventualità di "aggiungere, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico già disponibile per cercare di identificare tumori che hanno una causa ereditaria". Un'opportunità molto importante per i pazienti con mutazioni genetiche a rischio cancro, ma anche per i loro familiari, sui quali potrà essere cercata la stessa mutazione, valutando strategie personalizzate di prevenzione.

La nuova ricerca dell'Ieo, commenta il presidente Aiom, "è uno studio sicuramente importante su un tema molto importante che è quello delle forme ereditarie di cancro. In questo caso una forma di cancro della mammella, il carcinoma lobulare, che non è la più frequente", rimarca Perrone. L'oncologo si complimenta pertanto con gli autori anche "per la capacità di mettere insieme una grande casistica, iniziata prima del 2000", così da produrre risultati abbastanza 'pesanti' da poter sperare di orientare in futuro la diagnosi oncologica di precisione.

"Al momento - ribadisce il numero uno dell'associazione oncologi medici - mi sembra che il senso di questa pubblicazione possa essere quello di aggiungere potenzialmente, nei prossimi anni, qualcosa all'armamentario diagnostico di cui disponiamo per individuare i tumori con una causa ereditaria. Che ciò si potrà tradurre in una modifica della terapia o della prognosi è molto presto per dirlo, però è una cosa importante. Con i più noti e importanti 'geni Jolie' - ricorda infatti Perrone - quello che accade" già oggi "è che si fa una diagnosi di un tumore che è legato a un'anomalia di questi geni, e quindi si può poi discutere e ragionare anche per la prevenzione del cancro nei familiari che potrebbero avere la stessa mutazione. Un elemento, questo, molto importante".

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