Politica
Da grana ex Ilva a Europee e G7, le sfide di Meloni
Tanti i temi e i viaggi in agenda per la Presidente del Consiglio
Domani Giorgia Meloni partirà per la Turchia, attesa da Recep Tayyip Erdoğan al palazzo presidenziale di Istanbul per cena: dossier migranti, crisi in Medio Oriente e guerra in Ucraina tra le portate nel menù. A seguire, l'1 febbraio - a proposito di viaggi in agenda - l'attende un Consiglio europeo decisivo, in cui si torna a trattare sulla revisione del bilancio Ue; poi di nuovo in volo per il Giappone, destinazione Tokyo, per il passaggio del testimone del G7 con il presidente Fumio Kishida, perché a Hiroshima, nel maggio scorso, le 'consegne' furono terremotate dall'alluvione in Emilia Romagna, con la premier costretta ad anticipare il rientro per visitare le aree devastate dalla furia del maltempo.
I viaggi saranno tanti e tanti gli impegni, l'effetto moltiplicatore innescato anche dalla presidenza del gruppo dei 7 Grandi del mondo. A marzo, anche se non sono ancora in agenda, possibile visite in Canada e negli States per la premier, sempre in qualità di presidente del G7. Ed è proprio il G7 ad occupare gran parte dello spazio sulla scrivania della presidente del Consiglio, dove figurano però tanti altri dossier delicati: basti pensare all'incandescente situazione di Taranto, con l'ex Ilva che torna a togliere il sonno di chi è chiamato a deciderne la sorte.
Ma il G7 è una carta che può portare al tavolo dell'Italia e della credibilità internazionale di Meloni parecchie fiches per non giocarla al meglio. Dopo il G20 a Roma presieduto da Mario Draghi e che segnò, quanto meno sul piano organizzativo, un successo indiscusso per l'Italia -la 'foto di famiglia' dei leader allargata ai medici e agli infermieri in prima linea nella lotta al Covid destinata a passare alla storia-, la parola d'ordine a Palazzo Chigi è dare il meglio, non solo a livello organizzativo ma soprattutto di risultati, mettendo al centro della presidenza italiana anche l'emergenza migranti e un approccio che, su questo, marchi la differenza rispetto al passato, approccio incarnato, per Meloni, in quel Piano Mattei a cui lavora sin dall'inizio del suo mandato. E che sarà al centro della Conferenza Italia-Africa del 28 e 29 febbraio, a cui prenderà parte anche la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen.
Mentre si attende che la premier sciolga la riserva su una sua possibile candidatura alle europee, in via della Scrofa e a Palazzo Chigi si guarda al prossimo appuntamento elettorale con ottimismo, convinti che si possa puntellare il risultato messo a segno alle politiche se non far meglio, sfondando il tetto del 30%. Spendendosi non solo per i futuri equilibri a Strasburgo e Bruxelles, ma anche per le Regioni che andranno al voto, superando le fibrillazioni che stanno accompagnando i nomi dei governatori in odor di candidatura.
Più o meno risolta la grana Sardegna, la prima regione al voto il 25 febbraio, poi toccherà all'Abruzzo e a seguire sono attesi anche i voti in Piemonte, Umbria, Basilicata, oltre a molti comuni importanti. Quanto si spenderà Meloni in campagna elettorale è ancora tutto da definire, di certo trarrà visibilità dai tanti appuntamenti internazionali in vista ma anche dagli accordi di sviluppo e coesione che la stanno portando in giro per il Paese, al fianco dei governatori: "arriveremo in tutte le Regioni italiane", promette la premier dal suo profilo X. Per decidere della sua discesa in campo, al netto degli umori del suoi vicepremier - decisivi per sciogliere la riserva sulle europee checché se ne dica-, la presidente del Consiglio sostiene di dover soppesare con attenzione l'impegno necessario, per non trarre energia e tempo all'attività di governo.
Eppure in molti in via della Scrofa -dove non si fa mistero di tifare per una sua discesa in campo- ricordano il precedente di Silvio Berlusconi, che affrontò le europee candidandosi da presidente del Consiglio ma mettendoci la faccia solo all'ultimo, per un singolo impegno elettorale. Meloni potrebbe fare lo stesso, ridurre al minimo la presenza sul territorio, forte della sua visibilità di presidente del Consiglio. Anche perché l'agenda di Palazzo Chigi è indubbiamente fitta, tanto più con la presidenza del G7 da onorare.
Ma al netto del gruppo dei 7 Grandi del mondo di cui ha assunto la guida dal primo gennaio, nodi da sciogliere e partite da portare avanti non mancano all'appello. Con tutte le incognite del caso. Tra queste la grana balneari e ambulanti -sulla strada Roma-Bruxelles- e il 'secondo tempo' della riforma del Meccanismo europeo di stabilità, dopo il niet dell'Italia.
I prossimi mesi dovrebbero vedere sul tavolo anche la riforma della giustizia -benché i tempi siano tutt'ora indefiniti- e il premierato, per Meloni "la madre di tutte le riforme", andare avanti nel percorso parlamentare, con lo spettro del referendum che aleggia. Senza dimenticare il capitolo privatizzazioni, con gli occhi puntati su Poste, Mps ed Eni, e l'operazione Ita-Lufthansa, ancora sotto la lente di ingrandimento della Commissione Ue. Mesi intensi per Meloni, con tutte le incognite del caso.
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Omofobia, Roccella: “Italia non firma dichiarazione...
La ministra: "Noi in prima linea contro discriminazione". Schlein attacca: "Posizione inaccettabile"
"Noi siamo molto chiari: il nostro governo ha firmato la dichiarazione europea contro omofobia, bifobia e transfobia. Non abbiamo invece firmato e non firmeremo nulla che riguardi la negazione dell’identità maschile e femminile, che tante ingiustizie ha già prodotto nel mondo in particolare ai danni delle donne". Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, illustra la posizione del governo in relazione alla dichiarazione Ue e respinge le accuse dell'opposizione.
"Ancora una volta la sinistra non ha il coraggio delle proprie posizioni e preferisce nascondersi dietro le solite bugie. Il governo italiano è in prima linea contro ogni discriminazione in tutto il mondo, da qualsiasi parte provenga, mentre la sinistra usa la sacrosanta lotta contro le discriminazioni legate all’orientamento sessuale come foglia di fico per nascondere il suo vero obiettivo, e cioè il gender", dice Roccella.
"Se la sinistra ed Elly Schlein vogliono riproporre la legge Zan, il gender e la possibilità di dichiararsi maschio o femmina al di là della realtà biologica, abbiano il coraggio di dirlo con chiarezza. Se è il gender che vogliono, lo propongano apertamente e lo facciano in campagna elettorale, così da consentire agli elettori di esprimersi anche su questo", afferma.
"Che vergogna questo governo che, nella giornata internazionale contro l'omotransfobia, decide di non firmare una dichiarazione per le politiche europee a favore delle persone lgbtq+. Non è accettabile", l'attacco della segretaria Pd Elly Schlein. "Il Pd continuerà a battersi per una legge contro l’omotransfobia e per assicurare i pieni diritti alle famiglie lgbtq+, a cominciare dal riconoscimento dei figli -aggiunge-. Quest’anno il governo non ha firmato la dichiarazione per fare campagna elettorale sulla pelle delle persone discriminate". "L'Italia proprio oggi non ha firmato la dichiarazione UE per promuovere politiche in favore delle persone lgbtqia+ perché secondo il governo Meloni 'ricalca il ddl Zan'. Tradotto: perché chiede di rispettare diritti umani fondamentali. E questa destra vuole continuare a violarli", scrive su X il deputato Pd e responsabile Diritti del Pd Alessandro Zan.
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Europee, Mannheimer: “Mancato duello tv...
Lo dice il sondaggista all'Adnkronos: "Sicuramente avrebbe attirato voti sui partiti principali delle due aree di riferimento"
Il mancato confronto tv Meloni-Schlein "in qualche modo giova gli altri partiti...". Ne è convinto il sondaggista Renato Mannheimer, che spiega all'Adnkronos: ''Si avvantaggiano sicuramente gli altri. Non è che il confronto televisivo avrebbe spostato voti dalla destra alla sinistra e viceversa, ma sicuramente avrebbe attirato voti sui partiti principali, da parte dei sostenitori di quei partiti'', Fratelli d'Italia e Pd.
Il 'duello' tra la segretaria dem e la presidente di Fdi, sottolinea il sociologo, "serviva a mobilitare all'interno della destra e della sinistra. Mi spiego: se uno di sinistra vede la Schlein in tv, si entusiasma e la vota. Stesso discorso vale per la Meloni''. Mannheimer non ha dubbi e insiste: con l'annullamento del faccia a faccia Meloni-Schlein ''si avvantaggiano gli altri, ma voglio vedere che confronti ci saranno'', fallito questo.
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Attentato Robert Fico, Cacciari: “Violenza figlia...
"Non vedo nessun parallelismo, però, con la violenza politica degli anni '70"
L'attentato al premier slovacco Robert Fico, con lo spettro della violenza politica che torna ad affacciarsi sul Vecchio Continente. La protesta che divampa nelle aule universitarie italiane ed europee a sostegno della causa palestinese. I focolai di guerra, dall'Ucraina al Medio Oriente, che tengono il mondo col fiato sospeso. C'è chi parla di un ritorno degli anni '70 per descrivere le tensioni che pervadono lo scenario politico contemporaneo. Non la pensa però così il filosofo Massimo Cacciari, che parlando con l'Adnkronos fornisce la sua lettura politica dei recenti avvenimenti: "Non vedo nessun parallelismo con la violenza politica degli anni '70, che era essenzialmente determinata da un conflitto intestino politico all'interno di diversi Stati, tra forze di estrema sinistra e l'establishment. Oggi - osserva Cacciari - non vedo movimenti extraparlamentari".
Gli spari contro il primo ministro slovacco sono una tragica conseguenza del processo di "indebolimento" dell'Europa, dice il saggista. "L'Europa in quanto tale è un'entità che ha sempre meno significato politico" e all'interno dei diversi Stati europei "il mancato ancoraggio a un'idea forte di Europa crea instabilità e sommovimento politico". Ad aggravare la situazione, secondo Cacciari, è l'assenza "di una leadership europea forte e questo produce una situazione generale di grande incertezza e instabilità".
Anche sul fronte delle proteste studentesche i paragoni con gli anni '70 sono azzardati, riflette il filosofo ed ex sindaco di Venezia: "Le proteste universitarie degli anni '70 erano determinate da un orientamento antisistema, mentre quelle attuali derivano da una reazione, per certi versi comprensibilissima, nei confronti delle modalità con cui si sta svolgendo il conflitto israelo-palestinese".
"Le forme di questa contestazione - sottolinea Cacciari - sono discutibilissime, ma il movente è grande come una casa: nessuno si muove davanti a un massacro di donne e bambini che prosegue da mesi". Nelle manifestazioni universitarie a cui stiamo assistendo "manca totalmente la componente antisistema, anche ideologica, che era propria delle lotte studentesche anni '70". Inoltre "rispetto al passato, le forze politiche attuali sulle questioni essenziali non hanno nulla da dirsi l'una contro l'altra: il loro è un conflitto puramente verbale ed elettorale, un conflitto fasullo", conclude.