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Ucraina, cosa succederà nel 2024? Futuro si deciderà a...

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Ucraina, cosa succederà nel 2024? Futuro si deciderà a Mosca, Pechino, Washington e Bruxelles

L'intercettezza rimane, ma su una cosa sembrano essere tutti d'accordo: "La guerra è diventata industriale, continuerà lo stallo in attesa del riarmo del 2025"

Soldati in Ucraina - (Afp)

Come evolverà la guerra in Ucraina nel 2024, oltre la retorica delle parti e l'evidente stanchezza dei soldati di entrambe le fazioni ma anche dei sostentori occidentali di Kiev? In attesa della riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza, chiesta dall'Ucraina dopo i recenti attacchi russi che hanno provocato oltre 30 morti e 150 feriti, l'intercettezza rimane, ma su una cosa sembrano essere tutti d'accordo: "L'andamento della guerra nel 2024 "sarà determinato a Mosca, Kiev, Washington, Bruxelles, Pechino, Teheran e Pyongyang, più che ad Avdiivka, Tokmak, Kramatorsk", come sintetizza Michael Clarke, ex direttore generale del Royal United Services Institute, interpellato dalla Bbc insieme a Barbara Zanchetta, analista del dipartimento di Studi di guerra del King's College di Londra e Ben Hodges, ex comandante delle forze americane in Europa.

Negli ultimi mesi il fronte sembra non essersi spostato. L'anticipata offensiva di Kiev è stata un fallimento. Perfino il Presidente Volodymir Zelensky ha ammesso che sul terreno non c'è stato il successo auspicato. La Russia continua a occupare il 18 per cento del territorio dell'Ucraina. Lungo quasi tutta la linea è di fatto armistizio, a confermare la stanchezza anche di chi è coinvolto in prima linea sul campo.

La guerra continuerà a trascinarsi anche nei prossimi mesi, anticipa Zanchetta. Ma non potrà farlo all'infinito. "L'unico futuro esito prevedibile è una soluzione negoziata che per il momento entrambe le parti continuano a rifiutare", aggiunge. "Le prospettive per una fine del conflitto rimangono negative. Rispetto alla fine dello scorso anno, Vladimir Putin è più forte, più forte politicamente che non militarmente", sottolinea.

"La situazione sul campo di battaglia rimane incerta: di recente l'offensiva invernale ucraina sembra essersi fermata. Ma non c'è stato neanche uno sfondamento della Russia. Più che mai, il risultato dipenderà da decisioni politiche prese a chilometri di distanza dal centro del conflitto, a Washington e a Bruxelles", aggiunge Zanchetta, confermando le parole di Clarke, ricordando che "se l'unità dispiegata dall'Occidente nel 2022 proseguita nel 2023, ora inizia a vacillare", con il nuovo pacchetto di aiuti militari americani bloccato al Congresso e l'Ue ostaggio dell'Ungheria, la situazione è in realtà più stabile di quello che appare.

L'avvio dei negoziati di ammissione dell'Ucraina da parte dell'Ue "è più che solo simbolica, implica il proseguimento del sostegno a Kiev. Un futuro dell'Ucraina nell'Ue sarebbe impossibile con una vittoria piena della Russia". "Anche a Washington è improbabile un completo ribaltamento delle politiche" in sostegno di Kiev, neanche con una eventuale vittoria di Donald Trump. "Anche se indubbiamente il 2024 per l'Ucraina e l'Occidente sarà difficile", precisa l'analista.

Clarke sottolinea poi che il 2023 ha segnato il ritorno di una guerra industriale, vale a dire a un conflitto che modella parti significative, in alcuni casi l'intera economia di un Paese, sulla produzione prioritaria di componenti per la guerra, e caratterizzato da uno scontro fra società, con quello che accade al fronte solo un "sintomo" di questo scontro. Per questo, il corso della guerra nel 2024 sarà determinato lontano dal campo di battaglia.

Il bilancio della difesa in Russia è triplicato dal 2021 e il prossimo anno assorbirà il 30% della spesa pubblica. Questo renderà la guerra in Ucraina "una impresa più lunga e traumatica di quando l'Europa non abbia mai vissuto dalla metà del secolo scorso. L'anno che verrà dimostrerà se la Russia, e i suoi fornitori Iran e Corea del Nord - o l'Ucraina - e i suoi sostenitori occidentali - sono in grado e pronti a rispettare le richieste voraci di una guerra industriale", sottolinea.

Non è vero che c'è stallo al fronte. Ma che entrambe le parti sono in grado di combattersi fino allo stallo, con entrambe che cercano di prendere iniziativa strategica. Le forze russe nei prossimi mesi potranno cercare di spingere lungo l'intera linea del fronte, "almeno per prendere il controllo di tutto il Donbass". L'Ucraina cercherà a sua volta di sfruttare il successo che ha avuto nel riprendere il controllo del Mar Nero Occidentale e lanciare altre sorprese militari per togliere equilibrio ai russi in alcune zone.

"Ma in sintesi, il 2024 appare come un anno di consolidamento sia per Kiev che per Mosca. Alla Russia mancano gli equipaggiamenti e i militari addestrati per lanciare una offensiva strategica almeno fino alla primavera del 2025 e l'Ucraina dipende dagli aiuti finanziare e militari occidentali per rimanere in guerra il prossimo anno mentre anche Kiev sta potenziando la sua forza intrinseca per creare le condizioni per una serie di offensive in futuro".

Ben Hodges, ex comandante delle forze americane in Europa, sottolinea che la Russia manca delle capacità di sfondamento decisive per rompere la linea del fronte e farà quello che potrà per mantenere quello che occupa ora, usando il tempo per rafforzare le sue difese scommettendo sull'indebolimento della determinazione occidentale a sostenere l'Ucraina. Ma l'Ucraina non si fermerà. E' in gioco la sua sopravvivenza. E mentre gli Stati Uniti indeboliscono la loro determinazione, - anche se ai primi del prossimo anno approveranno il pacchetto di aiuti - molti Paesi europei la rafforzano.

Quindi nei prossimi mesi l'Ucraina sarà in grado di ricostituire unità distrutte da mesi di combattimenti, renderà più efficace il suo sistema di reclutamento, aumenterà la produzione di munizioni e armi, migliorerà la sua abilità a operare contro le capacità elettroniche delle forze russe di disturbo, intercettazione e localizzazione. Ed entro l'estate l'Ucraina sarà in grado di usare gli F-16 per la prima volta. E le forze di Kiev faranno il possibile per rendere difficile alla Russia la gestione della Crimea, in particolare per la marina e le basi dell'aeronautica a Sebastopoli e la base logistica di Dzankoy. "L'Ucraina non dispone di risorse illimitate, in particolar modo di munizioni di artiglieria e di armi di precisione a lungo raggio. Ma i soldati russi sono stanno messi peggio. La guerra è un test per la volontà e per la capacità logistica. Il sistema logistico russo è fragile e sotto pressione continua da parte dell'Ucraina", conclude.

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Berlusconi a caccia con Putin: quando il leader russo...

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Lo racconta Fabrizio Cicchitto al Corriere: "Cav restò turbato da gesto e vomitò dietro un albero"

Berlusconi a caccia con Putin: quando il leader russo strappò cuore al capriolo e glielo donò

Non è passato inosservato il crudo racconto di caccia con protagonisti Silvio Berlusconi e Vladimir Putin, ricordato oggi al Corriere da Fabrizio Cicchitto, ex capogruppo del Popolo della Libertà alla Camera. Negli anni in cui il Cavaliere era vicino al presidente russo, più volte suo ospite in Sardegna e nelle sue dimore, capitò poi che il leader dell'ex Urss -in grande confidenza con l'italiano- lo invitò per una battuta di caccia assieme, durante la vacanza in una dacia del fondatore di Forza Italia, invitato in Russia. Una storia che risale a tanti anni fa, ai primi anni del duemila, e che lasciò, secondo il racconto di Cicchitto, alquanto contrariato lo stesso Berlusconi. "Putin mi ha detto Silvio, 'andiamo a caccia'. Ho pensato 'a caccia? Non ho mai toccato un fucile'. Ma lui insisteva e allora l’ho accompagnato -fu il racconto di Berlusconi riportato oggi da Cicchitto- . Quando siamo arrivati nel bosco mi ha dato un fucile e mi è venuta l’ansia. Mentre camminavamo nella neve, Putin ha visto due caprioli e mi ha fatto cenno di mirarne uno. 'Quello è il tuo. Spara'. Gli ho fatto capire che manco morto avrei sparato. Allora ha sparato lui a entrambi e li ha uccisi".

Seguì l'episodio che lasciò di stucco l'ex premier italiano. "Putin mi ha guardato soddisfatto e mi ha detto 'oggi ti offrirò un cibo straordinario'. È sceso giù dal pendio per andare verso gli animali, impugnando un coltello e ha squartato una bestia estraendogli il cuore. Poi si è fatto consegnare da un uomo della scorta un vassoio di legno, me lo ha dato e ci ha messo sopra quel pezzo di carne sanguinante e mi ha detto 'sarà un pasto eccezionale'. Mi è venuto un colpo. Mi sono nascosto dietro un albero e ho vomitato".

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Israele ‘spegne’ al-Jazeera, blitz negli uffici...

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La tv: "Decisione criminale". Hamas: "Violazione palese della libertà di stampa e rappresaglia per il lavoro della rete"

al Jazeera - (Afp)

Blitz negli uffici di al-Jazeera a Gerusalemme Est dopo la decisione del governo israeliano di 'spegnere' la tv satellitare in Israele. Secondo le notizie dei media israeliani sarebbero state sequestrate attrezzature. Al-Jazeera ha denunciato come i fornitori di servizi via cavo e via satellite abbiano rimosso il canale.

Il ministro israeliano delle Comunicazioni, Shlomo Karhi, ha firmato il bando alle trasmissioni dopo che il governo di Benjamin Netanyahu ha dato il via libera allo stop delle attività della rete, in linea con una legge passata ad aprile dalla Knesset. "Le nostre disposizioni entreranno in vigore immediatamente - afferma Karhi in dichiarazioni rilanciate dal Times of Israel - E' passato troppo tempo e ci sono stati troppi impedimenti legali inutili per fermare finalmente la macchina ben oleata di istigazione di al-Jazeera, che nuoce alla sicurezza dello Stato". "La propaganda di Hamas, coloro che istigano contro Israele, che danneggiano le sicurezza di Israele e dei soldati delle Idf, non trasmetteranno più da Israele e saranno sequestrate le attrezzature", aggiunge Karhi.

La decisione del governo israeliano "è criminale": commenta al Jazeera in una nota pubblicata su X. La tv del Qatar accusa: "Condanniamo e denunciamo questo atto criminale di Israele che viola il diritto umano di accesso all'informazione".

La decisione di Israele è una "violazione palese della libertà di stampa", una "rappresaglia" per il lavoro della rete. Parola di Hamas, che - riporta la stessa tv satellitare - chiede alle organizzazioni internazionali per la libertà di stampa e i diritti umani di "condannare" le mosse israeliane e "adottare misure punitive". In un comunicato diffuso su Telegram il gruppo, che nel 2007 prese il controllo della Striscia di Gaza, afferma che la "chiusura di al-Jazeera è una misura repressiva e una rappresaglia per il ruolo professionale del canale nell'esporre i crimini e le violazioni dell'occupazione a Gaza e in Cisgiordania".

Anche l'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani deplora "la decisione del governo israeliano". "Media liberi e indipendenti sono essenziali per garantire trasparenza e responsabilità. Ora ancor di più alla luce delle rigide restrizioni sulle notizie da Gaza - si legge in un post su X - La libertà di espressione è un diritto umano fondamentale. Sollecitiamo il governo a revocare il divieto".

Reporters sans frontières denuncia l'ordine di chiusura di al-Jazeera in Israele. Rsf "condanna con fermezza una legislazione liberticida che censura la rete per la sua copertura della guerra a Gaza", si legge su X. "Israele cerca in tutti i modi di mettere a tacere al-Jazeera per la sua copertura della realtà sulle sorti dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza dal 7 ottobre", dall'attacco in Israele e dall'avvio delle operazioni militari israeliane contro Hamas nella Striscia, commenta Jonathan Dagher, responsabile dell'ufficio Medio Oriente di Rsf.

Dagher bolla come "inaccettabili il voto del Parlamento israeliano per censurare al-Jazeera e le affermazioni diffamatorie di Benjamin Netanyahu rispetto ai suoi giornalisti". Rsf "chiede alle autorità israeliane di porre fine al loro accanimento violento contro al-Jazeera". "Una simile legge di censura, sotto la copertura delle regole democratiche, prendendo di mira implicitamente un mezzo d'informazione, crea un precedente pieno di minacce per il giornalismo in Israele", aggiunge Dagher.

Rsf ricorda che dall'inizio del conflitto tra Israele e Hamas, sono stati uccisi 103 giornalisti (tre di al-Jazeera, due nella Striscia e uno in Libano) in raid israeliani, almeno 22 dei quali mentre stavano lavorando.

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Ucraina, Panebianco: “La guerra va male e gli...

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L'editorialista: "Vladimir Putin ci vede ben cotti e pronti per essere serviti a tavola"

Macerie in Ucraina - (Afp)

"Ben cotti e pronti per essere serviti a tavola. È ciò che, probabilmente, Vladimir Putin pensa di noi occidentali mentre osserva le nostre mosse. Di fronte alle sfide internazionali le democrazie nulla possono se non hanno dietro di sé, compatte o quasi, le opinioni pubbliche. E quella compattezza Putin, di sicuro, non la vede. A parole, c’è consapevolezza in Occidente di quanto catastrofica, e non solo per gli ucraini, sarebbe una vittoria russa in Ucraina. A parole". Lo scrive Angelo Panebianco in un editoriale sul Corriere della Sera, secondo cui "i fatti dicono altro, i fatti dicono che i governi occidentali faticano a mantenere un fronte unito sulla crisi ucraina e faticano a farlo perché le loro opinioni pubbliche sono divise".

"Mentre la guerra va male per l’Ucraina gli occidentali mandano segnali contraddittori, anche se coerenti con le rispettive tradizioni nazionali. Se Emmanuel Macron ribadisce che se le cose si mettessero davvero male gli occidentali dovrebbero intervenire direttamente in Ucraina, gli altri governi europei (tedeschi e italiani in testa) ne prendono le distanze, lo smentiscono: armi sì, soldati sul terreno no, mai. A parte il fatto che queste divisioni fanno capire quanto ci sia di chimerico in tanti bei discorsi sulla difesa comune europea, come si pensa che divergenze di questa portata vengano interpretate dagli strateghi del Cremlino?", sottolinea l'editorialista.

Secondo Panebianco, "in ogni caso è una specie di miracolo il fatto che finora non ci siano state diserzioni, che nessun governo europeo abbia rotto il fronte, abbia smesso di sostenere l’Ucraina. Tenuto conto del fatto che al loro interno sono presenti consistenti correnti di opinione che, in nome della pace, vorrebbero regalare l’Ucraina a Putin. Credendo o fingendo di credere che, mangiata l’Ucraina, la Russia sarebbe finalmente sazia, non avrebbe ancora appetito".

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